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Pensieri, Fioretti e Preghiere del Santo Curato d'Ars, (Giovanni M. Vianney) per i Sacerdoti e per TUTTI

Ultimo Aggiornamento: 02/06/2023 14:27
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09/04/2016 23:28
 
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OMELIE DEL SANTO CURATO D'ARS - La Misericordia di Dio






“Si avvicinavano a Lui tutti i pubblicani e i peccatori per ascoltarlo”

(Mc 7,35)

Il modo in cui Gesù Cristo si comportava, durante la sua vita mortale, ci mostra la grandezza della sua misericordia verso i peccatori. Vediamo che tutti loro vengono a tenergli compagnia; ed egli, ben lontano dal respingerli o allontanarsi da loro, al contrario, fa di tutto per trovarsi in mezzo ad essi, allo scopo di attirarli verso il Padre suo. Egli li va a cercare servendosi dei rimorsi di coscienza, li riconduce per mezzo della sua grazia e li conquista con i suoi modi amorosi. Li tratta con tanta bontà, che prende perfino le loro difese contro gli scribi e i farisei che vogliono biasimarli, e che sembrano non sopportare di vederli vicino a Gesù Cristo.
Ma egli va ancora più lontano, egli vuole giustificarsi per la condotta che tiene nei loro riguardi, con una parabola che dipinge, come meglio non si potrebbe, la grandezza del suo amore per i peccatori, dicendo loro: “Un buon pastore che aveva cento pecore, avendone persa una, lascia tutte le altre per correre dietro a quella che si è smarrita, e, avendola ritrovata, se la carica sulle spalle per evitarle la fatica del cammino; poi, avendola riportata al suo ovile, invita tutti i suoi amici a rallegrarsi con lui, per aver ritrovato la pecora che credeva perduta”.

Egli aggiunge ancora la parabola di una donna che, avendo dieci dramme e avendone perduta una, accende la sua lampada per cercarla in tutti gli angoli della casa, e, avendola ritrovata, invita tutte le sue amiche per festeggiare. “Così, egli dice loro, tutto il cielo si rallegra per il ritorno di un peccatore che si converte e che fa penitenza. Io non sono venuto per i giusti, ma per i peccatori; coloro che sono sani non hanno bisogno del medico, mentre ne hanno bisogno i malati”.

Vediamo che Gesù Cristo applica a se stesso queste vive immagini della grandezza della sua misericordia verso i peccatori. Ah! fratelli miei, che felicità è per noi, sapere che la misericordia di Dio è infinita! Quale violento desiderio dovremmo sentir nascere in noi, di andare a gettarci ai piedi di un Dio che ci accoglierà con tanta gioia! No, fratelli miei, se ci danneremo, non avremo scuse, quando Gesù Cristo ci mostrerà, lui stesso, che la sua misericordia è sempre stata abbastanza grande per perdonarci, in misura dei nostri bisogni. E per darvene un’idea, oggi voglio mostrarvi:

1° - la grandezza della misericordia di Dio verso i peccatori;
2° - ciò che noi dobbiamo fare, da parte nostra, per meritare la felicità di ottenerla.

Sì, fratelli miei, tutto è consolante, tutto è allettante nella condotta che Dio usa nei nostri riguardi. Sebbene siamo molto colpevoli, la sua pazienza ci attende, il suo amore ci invita a uscire dal peccato per ritornare a lui, la sua misericordia ci accoglie fra le sue braccia. Riguardo alla sua pazienza, il profeta Isaia ci dice che il Signore ci aspetta per usarci misericordia. 

Non appena abbiamo peccato, meriteremmo di essere puniti: “Nulla, egli dice, è più confacente al peccato, della punizione; da quando l’uomo si è ribellato contro Dio, tutte le creature domandano vendetta, dicendo: Signore, vuoi che facciamo perire questo peccatore che ti ha oltraggiato? Vuoi, gli dice il mare, che io lo inghiottisca nei miei abissi? La terra gli dice: Signore, vuoi che spalanchi le mie viscere per farlo discendere ancora vivo negli inferi? L’aria gli dice: Signore, permetti che io lo soffochi? Il fuoco gli dice: Ah! per favore, lascia che lo bruci! E così pure tutte le altre creature chiedono vendetta con grandi grida. Il tuono e il fulmine vanno fino al trono di Gesù Cristo per chiedergli il potere di investirli e di divorarli. “Ma no, riprende a dire il buon Gesù, lasciateli sulla terra fino al momento deciso dal Padre mio; forse avrò la felicità di vedere che si convertono”. Se questo peccatore si smarrisce di più, questo tenero Padre versa calde lacrime e non cessa di perseguitarlo con la sua grazia, facendo nascere in lui violenti rimorsi di coscienza. “O Dio di misericordia, grida sant’Agostino, essendo ancora peccatore, mi allontanavo da te ogni giorno di più, i miei passi e tutte le mie vie erano come altrettante nuove cadute nel male, le mie passioni si accendevano sempre più, ma, nonostante ciò, tu avevi pazienza e mi aspettavi. O pazienza del mio Dio! è da tanti anni che ti sto offendendo e tu non mi hai ancora punito: da cosa può derivare questo lungo ritardo? Ahimè! Signore, deriva dal fatto che tu vuoi che io mi converta, e che ritorni a te con la penitenza”.

Ma è mai possibile, fratelli miei, che malgrado il desiderio che il buon Dio ha di salvarci, noi ci perdiamo del tutto volontariamente? Sì, fratelli miei, se vogliamo ripercorrere le differenti epoche del mondo, vediamo dappertutto la terra ricoperta delle misericordie del Signore, e gli uomini avvolti dai suoi benefici. No, fratelli miei, non è il peccatore che ritorna a Dio per chiedergli perdono; ma è Dio stesso che corre dietro al peccatore e lo fa ritornare a Sé. Volete un bell’esempio di ciò? Vedete come si è comportato con Adamo. Dopo il suo peccato, invece di punirlo, come meritava, per essersi ribellato al suo Creatore che gli aveva accordato tanti privilegi, che lo aveva adornato di tante grazie, che lo aveva destinato a un fine tanto felice, come era quello di essere suo amico e di non mai morire… Adamo, dopo il suo peccato, fugge dalla presenza di Dio; ma il Signore, come un padre desolato che ha perso suo figlio, corre a cercarlo e lo chiama, quasi piangendo: “Adamo, Adamo, dove sei? Perché fuggi la presenza del tuo Creatore?”. Ha tanto desiderio di perdonarlo, che a mala pena gli dà il tempo di chiedere perdono; ma gli promette subito il suo perdono e che gli invierà il suo Figlio, che nascerà da una Vergine, e che riparerà alla perdita che il peccato ha fatto subire a lui e a tutti i suoi discendenti, e che questa riparazione si farà in un modo mirabile.

Infatti, fratelli miei, senza il peccato di Adamo, non avremmo mai avuto la felicità di avere Gesù Cristo come Salvatore, né di riceverlo nella santa Comunione, e neppure di averlo a nostra disposizione nelle nostre chiese. Durante tutti i secoli in cui il Padre Eterno aspettò prima di mandare il suo Figlio sulla terra, Egli non cessò di rinnovare queste consolanti promesse, per bocca dei suoi patriarchi e dei suoi profeti. O carità (di Dio) verso i peccatori, quanto sei grande! Vedete, fratelli miei, la bontà di Dio verso i peccatori? Potremmo ancora disperare di essere perdonati?

Dal momento che il Signore ci testimonia così chiaramente il desiderio di perdonarci, se noi persistiamo a rimanere nel peccato, è certo solo colpa nostra.

Vedete come si comporta con Caino, dopo che quello aveva ucciso il suo fratello?Lo va a trovare, per farlo tornare in se stesso, al fine di poterlo perdonare; poiché bisogna necessariamente chiedere perdono, se vogliamo che egli ce lo accordi… Ah! Dio mio, ma non è troppo? “Caino, Caino, che cosa hai fatto? Chiedimi perdono, perché io possa perdonarti”. Caino non vuole, egli dispera della sua salvezza, si indurisce nel suo peccato. Tuttavia vediamo che il buon Dio lo lasciò a lungo sulla terra, per dargli il tempo di convertirsi, se lo avesse voluto.

Guardate ancora la sua misericordia verso il mondo intero: allorché i crimini commessi dagli uomini ebbero coperta la terra e l’ebbero imbevuta del succo delle passioni più infami, il Signore si vide costretto a punirli. Ma, prima di passare all’azione, quante precauzioni, quanti avvertimenti, quanti ritardi! Egli li minacciò molto prima di punirli, allo scopo di sensibilizzarli e di farli rientrare in se stessi. Vedendo che i loro crimini aumentavano sempre di più, inviò loro Noè, al quale comandò di costruire un’arca… e di dire a tutti coloro che gli avessero chiesto il perché di quella costruzione, che il Signore stava per far perire il mondo intero con un diluvio universale, ma che, se avessero voluto convertirsi e fare penitenza, egli avrebbe cambiato il suo decreto. Poi, infine, vedendo che tutti questi avvertimenti non servivano a niente, ma che ci si prendeva gioco delle sue minacce, si vide costretto a punirli. Tuttavia, vediamo che il Signore dice che si pentì di averli creati: e anche ciò ci dimostra la grandezza della sua misericordia. E’ come se avesse detto: avrei preferito non crearvi proprio piuttosto che vedermi costretto a punirvi. Ditemi, fratelli miei, tenendo conto che si tratta di un Dio, poteva spingere più oltre la sua misericordia?

Fratelli miei, vedete dunque che Dio attende i peccatori perché facciano penitenza, e li invita per mezzo dei movimenti interiori della grazia e per mezzo della voce dei suoi ministri. Guardate anche, come si comporta verso Ninive, questa grande città peccatrice. Prima di punire i suoi abitanti, ordina al suo profeta Giona di andare, a suo nome, per annunciare loro che entro quaranta giorni li avrebbe puniti. Ma Giona, invece di recarsi a Ninive, fuggì dalla parte opposta. Egli cerca di attraversare il mare, ma, Dio, ben lungi dal lasciare i Niniviti senza avvertimento, prima di punirli, fa un miracolo per conservare in vita il suo profeta, per tre giorni e tre notti, nel seno di una balena, che, alla fine dei tre giorni, lo vomitò sulla terra ferma. Allora il Signore disse a Giona: “Va’ e annuncia alla grande città, a Ninive, che fra quaranta giorni perirà”. Egli non aggiunge nessuna condizione. Il profeta allora, partito, annunciò a Ninive che tra quaranta giorni sarebbe stata distrutta. A questa notizia, tutti si dedicano alla penitenza e alle lacrime, dall’ultimo cittadino fino allo stesso re. 
“Forse, diceva loro il re, il Signore avrà ancora pietà di noi”. Il Signore, vedendoli ricorrere alla penitenza, era come se si rallegrasse per il piacere di poterli perdonare. Giona, vedendo che il tempo per la punizione era scaduto, si ritirò fuori della città, aspettando che il fuoco dal cielo cadesse su di essa. Ma vedendo che non accadeva nulla, gridò: “Ah! Signore, mi farai forse passare per un falso profeta? Piuttosto fammi morire. Lo so bene che tu sei troppo buono, tu non chiedi altro che di perdonare!”. “E che Giona! gli rispose il Signore, tu vorresti forse che io facessi perire tante persone che si sono umiliate davanti a me? Oh! no, no, Giona, non ne avrei il coraggio; al contrario, continuerò ad amarli e a conservarli in vita”.

Ecco qual è precisamente, fratelli miei, la condotta che Gesù Cristo tiene nei nostri riguardi; sembra che qualche volta Egli voglia punirci senza nessuna misericordia, ma al minimo segno di pentimento, ci perdona e ci ridona la sua amicizia. Guardate cosa fece, quando decise di far scendere il fuoco su Sodoma, Gomorra e le città confinanti. Sembrava non volersi decidere, senza prima aver consultato il suo servo Abramo, come se volesse sapere da lui cosa dovesse fare. “Abramo, gli disse il Signore, i crimini di Sodoma e di Gomorra sono giunti fino al mio trono, non posso più sopportarli, sto per farli perire tutti, mandando un fuoco dal cielo”. “Ma Signore, gli rispose Abramo, punirai i giusti insieme ai peccatori?”. “Oh! no, no, gli disse il Signore”. “Ebbene, ribatte Abramo, se ci fossero a Sodoma trenta giusti, la puniresti, Signore?”. “No, gli dice, se ne trovo trenta, perdono a tutta la città, per quei trenta giusti”. 
Poi Abramo arrivò fino a dieci giusti. Ahimè! cosa strana! in una città così grande, non si trovarono neppure dieci giusti. Vedete come il Signore sembrava prenderci gusto a consultare il suo servo su ciò che bisognasse fare. Vedendosi costretto a punirli, inviò subito un angelo per avvisare Lot di uscire, lui con tutta la sua famiglia, per non punirli insieme ai colpevoli. Ah! Dio mio, quanta pazienza! quanti ritardi prima di passare all’esecuzione!

Volete sapere qual è il peccato che ha costretto il Signore a far cadere sulla terra tanti castighi? Ahimè! è stato quel maledetto peccato dell’ impurità, di cui la terra era tutta ricoperta. Volete vedere quanto Dio indugia prima di punire? 
Osservate ciò che fece riguardo a Gerico. Egli ordinò a Giosuè di far portare l’arca dell’alleanza, che era uno strumento che dimostrava la grandezza della misericordia del Signore. Volle che fosse trasportata dai preti, che sono i depositari delle sue misericordie. 
Poi comandò di fare per sette giorni, il giro attorno alle mura della città, facendo suonare le stesse trombe che si usavano per annunciare l’anno del giubileo, che era un anno di riconciliazione e di perdono. Tuttavia, vediamo che queste stesse trombe che annunciavano il suo perdono, fecero crollare le mura della città, per insegnarci che, se noi non vogliamo approfittare delle grazie che il buon Dio vuole accordarci, diventiamo maggiormente colpevoli; ma che, se avremo la felicità di convertirci, Egli prova una gioia così grande che viene ad accordarci il suo perdono, più prontamente di quando una madre tira fuori dal fuoco il suo bambino. Abbiamo visto dunque, fratelli miei, che, dall’inizio del mondo, fino alla venuta del Messia, non c’è stato altro che misericordia, grazia e benefici. 

Tuttavia possiamo affermare che, sotto la legge della grazia, i benefici di cui ha colmato il mondo sono ancora molto più abbondanti e molto più preziosi. Quale misericordia ha nutrito mai il Padre Eterno che, non avendo che un unico Figlio, ha acconsentito a fargli perdere la vita per salvare tutti noi! Ahimè! fratelli miei, se ripercorriamo tutta la passione di Gesù Cristo con un cuore riconoscente, quante lacrime non verseremo? Vedendo il tenero Gesù nella mangiatoia, e tutto il resto… Vediamo che la misericordia del Padre non potrebbe spingersi oltre, poiché, avendo un Figlio, lo sacrifica per salvarci, quel Figlio che è tutto ciò che ha di più caro. Ma se poi passiamo a considerare l’amore del Figlio, che diremo? Egli accetta così volentieri di soffrire tanti tormenti, e la stessa morte, per acquistarci la felicità del cielo! Ahimè! fratelli miei, che cosa non ha fatto per noi nei giorni della sua vita mortale?

Il Signore Gesù, non contento di chiamarci a sé con la sua grazia, e di fornirci tutti i mezzi per santificarci, guardate come corre dietro le sue pecorelle smarrite; percorre le città e le campagne per cercarle, e per radunarle nel luogo della sua misericordia. Guardate come lascia i suoi apostoli, per andare ad attendere la samaritana presso il pozzo di Giacobbe, dove sapeva che sarebbe venuta; egli la previene, comincia a parlarle, affinché il suo linguaggio pieno di dolcezza , unito alla sua grazia, la commuova e la consoli; le chiede acqua da bere, affinché ella chieda a lui qualcosa di ben più prezioso, cioè la sua grazia. Fu così contento di aver guadagnato quest’anima che, allorché i suoi apostoli lo pregarono di prendere cibo: “Oh! no, disse loro”. E sembrava voler dire: “Ah! no, no, io non penso affatto al nutrimento del corpo, tanta è la mia gioia per aver guadagnato un’anima a mio Padre!”.

Guardatelo nella casa di Simone il lebbroso; non è per mangiare che ci va; ma perché sapeva che vi avrebbe incontrato una Maddalena peccatrice: ecco, fratelli miei, cos’è che lo condusse a quella festa. Considerate la gioia che dimostra sul suo viso vedendo la Maddalena ai suoi piedi, che li bagna con le sue lacrime e li asciuga con i suoi capelli, per tutto il tempo del pasto. Ma il Salvatore, da parte sua, la ripaga molto bene: egli riversa a piene mani la sua grazia nel suo cuore. 
Vedete come prende le sue difese contro coloro che si scandalizzano: va così oltre che, non contento di perdonarle tutti i suoi peccati, cacciando i sette demoni che quella aveva nel suo cuore, vuole perfino sceglierla come una delle sue spose; vuole che ella l’accompagni nel corso della sua passione e che, “in tutto il mondo dove questo vangelo sarà predicato, si racconti ciò che ha fatto verso di lui”; non vuole affatto che si parli dei suoi peccati, perché quelli sono ormai tutti perdonati per l’applicazione del suo sangue adorabile, che avrebbe sparso. 
Guardatelo mentre prende la strada per Cafarnao per andare a trovare un altro peccatore nel suo ufficio: si tratta di san Matteo, di cui vuol fare uno zelante apostolo. Chiedetegli perché prende la via di Gerico, ed egli vi risponderà: perché vi abita un uomo di nome Zaccheo, che passa per un pubblico peccatore, e, che vuole andare a vedere se lo potrà salvare. Per fare di lui un perfetto penitente, egli fa come un buon padre che ha perduto il suo figlio, egli lo chiama: “Zaccheo, gli grida, scendi; perché è proprio da te che oggi voglio alloggiare, vengo a portarti la mia grazia”. E’ come se gli avesse detto: “Zaccheo, abbandona questo orgoglio e questo attaccamento ai beni di questo mondo; discendi, cioè scegli l’umiltà e la povertà".

Per farlo ben capire, dice a tutti coloro che erano con lui: “Oggi questa casa riceve la salvezza”. Oh! mio Dio! quanto è grande la tua misericordia verso i peccatori! Chiedetegli ancora, perché ha attraversato quella pubblica piazza: “Ah! vi risponderà, è perché aspetto quella donna adultera che devono portare per farla lapidare; e io vado a prendere la sua difesa contro i suoi nemici, per toccarle il cuore e convertirla”. Guardate questo tenero Salvatore vicino a questa donna, come si comporta, come prende la sua difesa? Vedendola circondata da quella marmaglia di gente che non aspettava che il segnale per accopparla, il Salvatore sembra dire loro: “Un momento, fate agire prima me, dopo agirete voi a vostra volta”. Si china per terra, scrive, ma non la sua sentenza di condanna ma di assoluzione. Alzatosi in piedi, li fissa. Non sembra forse dire loro: “Adesso che questa donna è stata perdonata, ella non è più una peccatrice, ma una santa penitente: chi tra di voi è uguale a lei? 
Se siete senza peccato, scagliatele contro la prima pietra". Tutti quei perfetti ipocriti, vedendo che Gesù Cristo leggeva nella loro coscienza, si ritirarono, prima i più vecchi, che senza dubbio erano i più colpevoli, poi tutti gli altri. Gesù Cristo, vedendola sola, le dice con bontà: “Donna, chi sono coloro che ti hanno condannata?”, come se le dicesse: Una volta che io ti ho perdonata, chi è colui che oserebbe condannarti? “Ah! Signore, le rispose quella peccatrice, nessuno”. Ebbene! va e non peccare più.

Guardate ancora cosa egli prova, vedendo quella donna che, da dodici anni, aveva una perdita di sangue. Ella si getta umilmente ai suoi piedi; “poiché, diceva, se potessi solo toccare il lembo del suo mantello, sono sicura che sarei guarita”. Gesù Cristo voltandosi, con un’aria di bontà dice: “Chi è che mi tocca? Vai, figlia mia, abbi fiducia, sei guarita sia nell’anima che nel corpo”. Guardatelo, come prova compassione per la sventura di quel padre che gli presenta suo figlio, posseduto dal demonio fin dall’infanzia…

Guardatelo mentre piange, avvicinandosi alla città di Gerusalemme, che era la figura dei peccatori che non vogliono più lasciarsi toccare il cuore. Vedete come versa le sue lacrime per la perdita eterna di quella città. “Oh! quante volte, ingrata Gerusalemme, ho voluto radunarti nel seno della mia misericordia, come una gallina raduna i suoi piccoli sotto le sue ali; ma tu non hai voluto. O Gerusalemme ingrata! che hai ucciso i profeti e fatto morire i servi di Dio! oh! se almeno oggi volessi ancora ricevere la grazia che vengo a porgerti!". Vedete, fratelli miei, come il buon Dio piange la perdita delle nostre anime quando vede che non vogliamo convertirci? Dopo tutto quello che vediamo che Gesù Cristo ha fatto per salvarci, come potremo disperare della sua misericordia? 
Dal momento che il suo più grande piacere è quello di perdonarci, per quanto i nostri peccati si siano moltiplicati, se vorremo lasciarli e pentirci, possiamo essere sicuri di ottenere il perdono. Quand’anche le nostre colpe fossero quanto tutte le foglie delle foreste, saremmo perdonati se il nostro cuore fosse veramente contrito. Per convincervi di ciò, eccovi un bell’esempio. 

Leggiamo nella storia, che un giovane, di nome Teofilo, che era sacerdote, fu accusato presso il suo vescovo e deposto da una dignità di cui era stato insignito. Questo affronto lo indusse a nutrire un tale furore, che egli chiamò in suo aiuto il demonio. Questo spirito maligno gli apparve in una forma ordinaria, promettendogli di fargli riacquistare la sua dignità perduta, se avesse voluto rinunciare subito a Gesù e a Maria. Quello, essendo accecato dal furore, accettò e consegnò al demonio una rinuncia scritta di suo pugno. Il giorno seguente, il vescovo, avendo riconosciuto il suo errore, lo fece chiamare in chiesa, gli chiese perdono per aver creduto troppo facilmente a ciò che gli avevano riferito su di lui, e lo ristabilì nella sua dignità. Il prete, si trovò in grande imbarazzo per l’accaduto; restò per molto tempo lacerato dai rimorsi della sua coscienza. G
li venne in mente di fare ricorso alla santa Vergine, vedendosi tanto indegno di chiedere lui stesso perdono al buon Dio. Si recò dunque davanti a un’immagine della santa Vergine, pregandola di ottenergli il perdono presso il suo divin Figlio; e per questo digiunò per quaranta giorni e pregò incessantemente. Al termine dei quaranta giorni, la santa Vergine gli apparve, dicendogli che aveva ottenuto il perdono. Quello rimase molto consolato per tale grazia, ma gli restava ancora una spina molto profonda, difficile da estrarre: era il biglietto che aveva consegnato al demonio. Pensò che il buon Dio non avrebbe rifiutato questa grazia alla sua Madre. Continuò a pregarla per tre giorni, e una mattina, al suo risveglio, trovò il biglietto posato sopra il suo petto. Pieno di riconoscenza, si reca in chiesa e, davanti a tutti rende pubblica la grazia che il buon Dio gli aveva accordata per intercessione della sua santa Madre. Facciamo anche noi lo stesso: se ci riconosciamo troppo colpevoli per chiedere perdono al buon Dio, rivolgiamoci alla santa Vergine e saremo certi del nostro perdono.

Per stimolarvi ulteriormente ad avere una grande fiducia nella misericordia di Dio che è infinita, eccovi un altro esempio che ci offre il vangelo, e che ci dimostra che davvero la misericordia di Dio è infinita: è il racconto del figliol prodigo che, dopo aver domandato a suo padre tutti i beni che gli spettavano, si recò in un paese straniero. Qui dissipò tutti i suoi beni vivendo come un libertino e un dissoluto. La sua cattiva condotta lo ridusse a una tale miseria, che si ritenne felice di recuperare i resti dei porci, ma nessuno gliene dava. Riflettendo un giorno sulla grandezza della sua miseria, disse al padrone presso cui lavorava, guardando i porci: “Dammi almeno ciò che mangiano gli animali più ributtanti”. Quale grado di miseria, fratelli miei, è paragonabile a questa? Eppure nessuno gli dava ciò che chiedeva. Vedendosi costretto a morire di fame, e vivamente colpito per il suo stato infelice, apre gli occhi e si ricorda di avere un padre così buono, che lo amava tanto. 
Prende la risoluzione di ritornare nella casa paterna, dove i servi più umili avevano pane in abbondanza, più di quanto gliene occorresse. Diceva fra sé: “Ho fatto molto male ad abbandonare il padre mio, che mi amava tanto; ho dissipato tutti i miei beni conducendo una vita cattiva; sono vestito di logori stracci e sporco, come potrebbe mio padre riconoscermi come figlio? Ma mi getterò ai suoi piedi, li bagnerò con le mie lacrime e gli domanderò solamente di mettermi nel numero dei suoi servi”. Eccolo che si alza e parte, tutto occupato nel pensare allo stato infelice in cui il suo libertinaggio lo aveva ridotto. Suo padre, che da lungo tempo piangeva per la sua perdita, vedendolo venire da lontano, dimenticò la sua tarda età e la cattiva condotta di quel figlio e si gettò al suo collo per abbracciarlo. Questo povero figlio, molto stupito per l’amore che il padre suo nutriva verso di lui: “Ah! padre mio, gridò, ho peccato contro di te e contro il cielo! non merito più di essere chiamato tuo figlio, mettimi solo nel numero dei tuoi servi”. “No, no, figlio mio, gridò il padre, tutto pieno di gioia per aver avuto la felicità di ritrovare suo figlio, che credeva perduto, no, figlio mio, è tutto dimenticato, pensiamo solo a rallegrarci. Ordina che gli si portino i vestiti di prima, per rivestirlo, che gli si metta un anello al dito e i calzari ai piedi, che si ammazzi il vitello grasso e si faccia festa; “perché il mio figlio era morto ed è risuscitato, era perduto ed è stato ritrovato”. Bella immagine è questa, fratelli miei, della misericordia di Dio verso i peccatori più miserabili!

Infatti, allorché abbiamo la disgrazia di peccare, ci allontaniamo da Dio e ci riduciamo, seguendo le nostre passioni, in uno stato più miserabile di quello dei porci, che sono gli animali più sudici! Oh! mio Dio! Davvero il peccato è qualche cosa di raccapricciante! Come si può avere il coraggio di commetterlo? Ma, per quanto miserabili noi possiamo essere, non appena prendiamo la decisione di convertirci, alla prima prova della nostra conversione, le viscere della sua misericordia sono toccate dalla compassione. Questo tenero Salvatore corre, per mezzo della sua grazia, incontro ai peccatori, li abbraccia, favorendoli delle consolazioni più deliziose. Infatti, mai un peccatore prova maggiore piacere, dell’istante in cui abbandona il peccato per donarsi al buon Dio. Allora gli sembra che niente lo possa più fermare: né preghiere, né penitenze; niente gli sembra troppo duro. O momento delizioso! quanto saremmo felici se avessimo la fortuna di comprendere ciò! Ma, ahimè! noi non corrispondiamo affatto alla grazia, e allora questi momenti di felicità scompaiono nel nulla! Gesù Cristo dice ai peccatori, per bocca dei suoi ministri: “Si rivesta questo cristiano che si è convertito, con l’abito che indossava prima, cioè la grazia del battesimo che egli ha perso; lo si rivesta di Gesù Cristo, della sua giustizia, delle sue virtù e dei suoi meriti”.

Ecco, fratelli miei, il modo in cui Gesù Cristo ci tratta, quando abbiamo la fortuna di abbandonare il peccato per donarci a lui. Ah! fratelli miei, quale motivo di fiducia per un peccatore, sebbene tanto colpevole, il sapere che la misericordia di Dio è infinita! No, fratelli miei, non è la grandezza dei nostri peccati, né il loro numero, che deve spaventarci; ma solamente dobbiamo temere di non avere le disposizioni che si richiedono da noi. Sentite, fratelli miei, eccovi un altro esempio che vi mostrerà che, per quanto possiamo essere colpevoli, noi siamo sicuri di venire perdonati, basta solo chiederlo al buon Dio. Leggiamo in una storia che un gran principe, nella sua estrema malattia, fu attaccato da una terribile tentazione di sfiducia nella bontà e nella misericordia di Dio. 
Il sacerdote che in quel momento l’assisteva, vedendo questa sua perdita di fiducia, faceva tutto quello che poteva per ispirargliela, dicendogli che mai il buon Dio ha rifiutato il perdono a colui che glielo abbia domandato. “No, no, dice il malato, non v’è più perdono per me, ho fatto troppo male”. Il sacerdote, vedendo che non aveva più risorse per convincerlo, si mise a pregare. Proprio in quell’istante il buon Dio gli pose sulla bocca quelle parole che il santo re profeta pronunciò prima di morire: “Principe, disse quello, ascoltate il profeta penitente; voi siete peccatore come lui, perciò dite sinceramente, come lui: Signore, abbi pietà di me, perché i miei peccati sono molto grandi, ed è precisamente la grandezza dei miei peccati il motivo che ti impegnerà a perdonarmi”. A queste parole il principe, come risvegliandosi da un sonno profondo, si ferma un momento in un trasporto di gioia, ed emettendo un profondo sospiro: “Ah! Signore, è proprio per me che queste parole sono state pronunciate! 
Sì, Dio mio, appunto perché ho fatto tanto male, tu avrai pietà di me!”. 
Si confessa e riceve i sacramenti versando torrenti di lacrime; offre con gioia il sacrificio della sua vita, e muore avendo tra le mani il suo crocifisso che bagna con le sue lacrime. Infatti, fratelli miei, cosa sono mai i nostri peccati se li confrontiamo con la misericordia di Dio? Sono come un granellino davanti a una montagna. 
O mio Dio, come si può acconsentire a dannarsi, dal momento che costa così poco salvarsi e che Gesù Cristo desidera tanto la nostra salvezza?... 

Tuttavia, fratelli miei, se il buon Dio è così buono da attenderci e da accoglierci, non dobbiamo però stancare la sua pazienza: se egli ci chiama, se ci invita ad andare a lui, bisogna, da parte nostra, andargli incontro; se ci accoglie, bisogna poi restargli fedeli. Ahimè! fratelli miei, forse da più di cinque o sei anni il buon Dio ci sta chiamando; perché persistiamo nei nostri peccati? Egli è sempre disposto ad offrirci la sua grazia, perché non abbandoniamo il peccato? Infatti, fratelli miei, sant’Ambrogio ci dice: “Il buon Dio, per quanto buono e misericordioso sia, mai ci perdonerà, se noi non gli chiediamo perdono, se non uniamo la nostra volontà a quella di Gesù Cristo”.

Ma qual è, fratelli miei, la volontà che Dio richiede da noi? Vi rispondo subito: è una volontà che corrisponda alle sante sollecitudini della sua misericordia, che ci faccia dire, come a san Paolo: “Voi avete sentito dire quale è stata la mia condotta e le mie azioni, prima che Dio mi facesse la grazia di convertirmi. Perseguitavo la Chiesa di Gesù Cristo con tanta crudeltà, che ne provo orrore io stesso, ogni volta che ci penso. Chi avrebbe potuto credere che in un certo momento Gesù Cristo avrebbe deciso di chiamarmi a sé? Fu in quel momento in cui venni circondato da una luce; e intesi una voce che mi disse: “Saulo, Saulo, perché mi perseguiti?”. Ahimè! fratelli miei, quante volte il buon Dio ha fatto anche a noi la medesima grazia? Quante volte, ormai immersi nel peccato o accingendoci a peccare, abbiamo sentito una voce interiore che ci gridava: “Ah! figlio mio, perché mi vuoi fare soffrire e vuoi perdere la tua anima?”.
Eccovi un bell’esempio di ciò. Leggiamo nella storia che un figlio, in un impeto di collera, uccise suo padre. Egli ne concepì un tale rimorso che gli sembrava di ascoltare continuamente una voce che gli gridava: “Ah! figlio mio, perché mi hai ucciso?”. 

Questo fatto lo turbò così fortemente, che andò lui stesso a denunciarsi alla giustizia. Non soltanto, fratelli miei, dobbiamo abbandonare il peccato perché il buon Dio è tanto buono da perdonarci, ma dobbiamo anche piangere di riconoscenza. Abbiamo un bell’esempio di ciò nella persona del giovane Tobia, guidato e riportato dall’angelo; ciò che dimostra quanto piaccia a Dio che lo si ringrazi. Leggiamo nel vangelo che quella donna che da dodici anni era afflitta da una perdita di sangue, essendo stata guarita da Gesù Cristo, volendo per riconoscenza mostrare a tutto il mondo la bontà di Dio verso di lei, fece piazzare davanti alla sua casa una bella statua rappresentante una donna vicino a Gesù Cristo che l’aveva guarita. Diversi autori ci dicono che nei pressi della statua nasceva un’erba sconosciuta a tutti, che quando raggiungeva l’altezza della frangia del mantello, guariva ogni genere di malattia.

Vedete san Matteo: per ringraziare Gesù Cristo della grazia che gli aveva fatta, lo invitò a casa sua e gli rese tutti gli onori che poteva. Guardate anche il lebbroso samaritano: vedendosi guarito, ritorna sui suoi passi, si getta ai piedi di Gesù Cristo per ringraziarlo del dono che gli aveva appena fatto. Sant’Agostino ci dice che la principale azione di grazie, consiste nel fatto che la vostra anima sia sinceramente riconoscente verso la bontà di Dio, donandosi tutta a lui, con ogni sua capacità di amare. Vedete il Salvatore, quando ebbe guarito i dieci lebbrosi, notando che solo uno tornava a ringraziarlo: “E gli altri nove, disse Gesù Cristo, non sono stati anche essi guariti?”. 
Come se avesse detto loro: “Perché mai gli altri non vengono a ringraziarmi?”. San Bernardo ci dice che dobbiamo essere molto riconoscenti verso il buon Dio, perché ciò lo impegna ad accordarci molte altre grazie. Ahimè! fratelli miei, quante grazie dovremmo rendere a Dio per averci creati, per averci riscattati con la sua morte e con la sua passione, per averci fatto nascere nel seno della sua Chiesa, mentre tanti altri vivono e muoiono fuori del suo seno. Sì, fratelli miei, poiché la bontà e la misericordia di Dio sono infinite, cerchiamo di trarne profitto, e così gusteremo la felicità di essergli graditi, e di conservare le nostre anime nella sua grazia: questo ci procurerà la felicità di gioire della sua santa Presenza, con tutti i beati, nel cielo. E’ ciò che vi auguro.






Fraternamente CaterinaLD

"Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
(fr. Carlos Alfonso Azpiroz Costa OP
Maestro dell’Ordine)
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