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In ricordo di Padre Enrico Zoffoli, difensore dell'Eucarestia

Ultimo Aggiornamento: 22/09/2015 19:18
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16/06/2009 17:37
 
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In ricordo di P. Enrico Zoffoli
3 settembre 1915
+16 giugno 1996

Non temere!

(Preghiera riparatrice di P. Enrico Zoffoli)

padre Zoffoli


Chi conosce a fondo se stesso, questi è un vero umile di cuore.

Nella meditazione quotidiana della Passione santissima di Gesù Cristo
imparerete la Carità, la Pazienza, la Mansuetudine verso gli altri.

San Paolo della Croce

 



Nella foto, p. Zoffoli è ritratto a Lisieux, in pellegrinaggio
presso la casa di S. Teresina


Gesù, Verbo incarnato, Dio come il Padre, mi compiaccio della Tua felicità infinita ed eterna, che nessuno degli orrori di questo mondo ha mai potuto e potrà alterare.

Mi rallegro pensando che - Risorto e Glorioso - vivi in una sovrana condizione di impassibilità che, invece di renderTi indifferente alle nostre sciagure, Ti consente di essere e rivelarTi sempre più misericordioso con tutti.


Mi conforta la certezza che sotto le specie eucaristiche la tua umanità resta invulnerabile nonostante la brutale violenza delle profanazioni a cui ti esponi, la glaciale freddezza del nostro comportamento, l'insopportabile disinvoltura del nostro modo di trattarTi, la volubilità dei nostri umori, la tempesta dei nostri dubbi, gli scandali con i quali ritardiamo e spesso assecondiamo il cadere di molte anime che Ti cercano.


Nei nostri Tabernacoli, l'ineffabile modo di essere "secondo la sostanza" della Tua realtà umana ti rende inattaccabile; le specie sacramentali Ti fanno da schermo contro ogni satanico tentativo di offenderTi, di umiliarTi...


Possono imbrattare, trafiggere, calpestare, incenerire soltanto l'involucro della proprietà del pane, mai però Te che - per essa - sei presente, commiserando la nostra inguaribile cecità interiore; sempre disposto ad attendere la nostra resa alla tua sovrumana pazienza.


Mi sembrano gravi certe responsabilità del clero, in alto e in basso, nel cedere ad una equivoca pietà eucaristica in cui s'annidano illusioni della fantasia ed insidie del sentimento, scarso spirito di fede ed insofferenza della disciplina ecclesiale... Ma, soprattutto, il folle impulso irenista di assimilare la Liturgia cattolica della "Transustanziazione" e del "Sacrificio" al culto protestante della "Cena comunitaria" e della pura "memoria" della Croce.


So che gli elementi essenziali del dogma sono salvi; ma l'intelligenza del "Tuo Mistero" è resa stranamente confusa, scialba, sterile dalla "presa" di mani non consacrate, che inseriscono il Dono dei Doni nel contesto di ogni banale pasto umano, terminando il processo di desacralizzazione che cerca di dissolvere il cristianesimo.


Ma Tu resti sempre il "Pane degli angeli": l'insipienza dei pastori indegni e dei fedeli esaltati non ti raggiunge; la gigantesca ondata delle nostre irriverenze non potrà mai travolgerTi...


In questo momento di oscurità e di apostasia mi sento a Te vicino, non per consolarmi, ma per inabissarmi e restare ancorato nel fondo del Tuo amore immenso, onnipossente, che ha già vinto il mondo.


La mia angoscia, offerta come partecipazione alla Tua agonia redentrice, contiene in germe il tuo stesso immancabile trionfo sulla pervicacia umana.


Tu, che sei la stessa Gioia sussistente, concedimi che tale angoscia, per quanto amara, sia almeno serena, perseverante, meritoria, mitigata dalla dolcezza del Tuo sguardo, premiata col dono di una fiducia sempre filiale delle Tue promesse.

Amen

[Modificato da Caterina63 16/06/2009 17:40]
Fraternamente CaterinaLD

"Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
(fr. Carlos Alfonso Azpiroz Costa OP
Maestro dell’Ordine)
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Pensiero cattolico da custodire e diffondere

 

Nel contesto della teologia tomistica e
delle aberrazioni del pensiero contemporaneo
Di padre Enrico Zoffoli(*)
della Congregazione della Passione di Gesù Cristo (1915-1996)

I – Premesse fondamentali

Per misericordia suole intendersi quel nobile sentimento dell’anima che fa partecipare alle sofferenze fisiche e morali del prossimo, inducendo a soddisfarne le necessità a sollevarlo dalla infelice condizione in cui versa.
 
Si tratta di un dovere di solidarietà umana imposto dalla legge naturale che riflette la Legge Eterna. La misericordia infatti è un attributo eminentemente divino, ed è anzi primario rispetto ad altri che riguardano i rapporti di Dio col mondo.
 
In realtà, la radicale insufficienza della creatura umana – essenzialmente relativa e contingente – costituisce la tipica miseria che – potrebbe dirsi – muove Dio a compassione, ossia a trarla dal fondo del suo nulla, conservarla nell’esistenza, stimolarne le energie, ripararne le perdite, finalizzarne le azioni; in breve: soccorrerla supplendo a tutti i suoi limiti.
 
Ciò vale per le “cose”, ma assai più per la “persona umana”, capace di riconoscerlo, sì da sentirsi obbligata all’adorazione, alla gratitudine, al totale abbandono in Lui, Principio e Fine di tutta la sua vita. Per questo, Dio è particolarmente misericordioso con l’uomo, il solo che nel mondo possa essere realmente sia misero che felice. Come egli può essere misero, perché capace di abusare del proprio arbitrio ed essere perciò causa della sua miseria; così Dio può essere veramente misericordioso con lui, sollecitandolo alla resipiscenza, stimolandolo alla conversione, pazientando fino a quel limite estremo fissato dalla volontà umana che, se debitrice a Lui di tutto il proprio bene, è anche responsabile di tutto il proprio male nell’ostinato rifiuto del suo amore.
 
Assolutamente primaria, dunque, l’opera della misericordia nei rapporti di Dio col mondo e specialmente con l’uomo. Egli infatti, Causa Prima, tutto pone, nulla suppone; tutto dà, nulla esige; mentre la creatura – causa seconda – non può non supporre, valendosi solo di quanto possiede per puro dono di Dio; ossia esercitando le facoltà da Lui ricevute, trafficando i suoi talenti.
 
Perciò, l’intervento della giustizia di Dio che esige è posteriore all’iniziativa del tutto gratuita della sua misericordia che dona, rendendo possibile la risposta della creatura, comunque questa si comporti. Risposta dell’uomo, soggetto autocosciente e libero, responsabile di azioni del tutto “sue”, come “suo” è il fine scelto, che Dio può realizzare solo premiando o punendo, secondo le esigenze, della sua giustizia.
 
Egli pertanto non può essere giusto con l’uomo se non dopo essere stato con lui misericordioso; né può essere misericordioso senza tener conto della sua dignità di “persona”, capace di finalizzare se stesso assecondando liberamente i piani della misericordia di Dio. La quale perciò si rivela assai più rispettando l’autonomia dell’uomo nel renderlo “causa” (sia pure seconda) del proprio bene, che trattandolo come soggetto esclusivamente passivo, che tutto riceve da Dio senza nulla dare a se stesso.
 
Segue che la misericordia usata da Dio con l’uomo non prescinde totalmente dalla sua giustizia, com’è vero che Egli può esercitare la sua giustizia soltanto subordinandola alla sua misericordia nel trionfo dell’Amore quale unico atto del Bene assoluto.
 
II – Il linguaggio biblico

Appunto nel Bene assoluto, ch’è l’Essere sussistente, si fondono le due perfezioni-cardine attribuite al Dio Vivente dalla Rivelazione ebraico-cristiana, a livello della natura e della grazia. Dio Vivente, Creatore e Provvidenza, ignorato dalla filosofia classica: monistica nei Presocratici e in Plotino e dualistica in Platone e Aristotele; mentre la trascendenza di Dio fondata sull’analogia dell’ente, nel distinguere Dio dal mondo, consente di affermare la dipendenza del mondo da Dio econcilia l’unità con la distinzione, escludendo sia l’identità del monismo che la separazione del dualismo. Non altri i presupposti metafisici di una misericordia necessariamente giusta e di una giustizia sapientemente misericordiosa.
 
È quanto sottende il linguaggio biblico nel narrare la drammatica storia d’Israele, nel corso della quale Dio parla ai Patriarchi e ai Profeti, si sceglie un popolo, lo guida con le sue leggi, ripetutamente lo difende, perdona e salva … ; ma neppure manca di riprenderlo, punirlo, umiliarlo con guerre e deportazioni, finché non lo colpisce definitivamente nella distribuzione di Gerusalemme, nell’incendio del tempio, nell’abolizione del suo culto …
 
La dottrina e l’esempio di Gesù confermano tutto con impressionante evidenza contro l’opinione corrente, che presenta un Dio giusto e implacabile solo nel contesto dell’Antico Testamento; mentre sarebbe esclusivamente misericordioso e tollerante quello del Nuovo.
 
In realtà, se Gesù, mite e umile di cuore, è venuto a salvare il mondo sotto le sembianze del “buon Pastore”, del “Medico” e soprattutto della “Vittima”, tuttavia condanna decisamente il vizio, sferza i profanatori del tempio, inveisce contro l’ipocrisia di scribi e farisei, dichiara di neppur conoscere le vergini infingarde, esclude dal Regno chi respinge la sua missione e nell’ultimo giudizio maledice quanti non l’hanno amato …
 
Dunque, lo stile di Dio non cambia: nel caso, dovrebbe contraddirsi. È certo anzi che, nel clima della grazia instaurato per merito della mediatrice espiatrice di Cristo, misericordia e giustizia acquistano il massimo risalto: dando di più, secondo la sua misericordia, Dio esige anche di più, seconda la sua giustizia: Egli è l’Ordine, la Verità, l’Essere, quale oggi certa pseudo-cultura teologica e catechistica stenta a riconoscere… Appunto essa attribuisce alla Chiesa del Concilio un totale capovolgimento dei rapporti tra Dio e l’uomo, da cui risulta un Dio trasfigurato perché fatto per l’uomo e a lui subordinato secondo un antropocentrismo che spinge alle estreme conseguenze l’immanentismo dell’umanesimo ateo.

III – L’Amore misericordioso

I Santi, sensibilissimi agl’impulsi della Grazia, compresi nel dovere di corrispondervi, convinti di non sempre riuscirvi, non hanno mai cessato di esaltare la misericordia di Dio, inesauribile nel dare; e, insieme, di temere la sua giustizia, rigorosa nell’esigere … Sicché la filiale confidenza in Lui si è sempre conciliata con la diffidenza di sé e il timore di offenderlo e meritare alla fine il suo eterno rifiuto. Stato d’animo contenuto tra i due eccessi dell’orgoglio che presume e del pessimismo che dispera: in questo esilio della vita, non potevano concepire diversamente il cammino verso la Patria.
 
Abbondante, in quest’ultimo secolo, la letteratura agiografica ispirata all’ Amore misericordioso di Dio. Teresa di Lisieux ha lasciato il suo stupendo “atto di offerta” a Lui; e, dopo non molto, suor Faustina Kowalska (+ 1938) ha lanciato il suo “messaggio della divina Misericordia”, seguìta da Madre Speranza che, a Collevalenza, ha promosso la costruzione di un immenso e ricco santuario dedicato all’Amore misericordioso.
 
In questo tormentato declino del secondo millennio del Cristianesimo, è veramente provvidenziale il risveglio nelle anime del nucleo più vitale della Rivelazione quale appunto il mistero di una Misericordia che ispira l’intera economia della salvezza.
 
Mistero che, sottolineando la liberalità dell’amore di Dio per l’uomo, suppone la condizione di miseria in cui egli è caduto peccando: queste le componenti essenziali della storia dei rapporti tra Dio e l’uomo. Esse costituiscono la nota dominante nelle fonti della Rivelazione, nei documenti del Magistero, nella catechesi dei Padri, nella letteratura cristiana più varia e diffusa …
 
La risonanza di tale verità, nella Chiesa, è stata salutare; ma la reazione della cultura laica non è stata meno cieca e radicale nell’approfondire il solco scavato dall’immanentismo ateo di questi ultimi secoli. Nefasta la sua influenza anche in ambienti cattolici, dove la celebrazione della misericordia di Dio va facendo dimenticare ed anzi escludere la sua giustizia e, in ultima analisi, negare la stessa realtà dell’inferno.
 
Si vuole far credere che soltanto la misericordia conviene a Colui che è il Bene per essenza, l’Amore infinito, Fonte della vita e della gioia … ; mentre la giustizia si opporrebbe alla sua infinita maestà e ricchezza, porrebbe l’uomo a livello di un Dio immaginato e temuto come un “nume” geloso della sua potenza, vindice della sua gloria … Si tenta d’insinuare che l’uomo, comunque si comporti, lascerebbe Dio indifferente, sempre disposto a beneficiarlo … La violazione della sua legge non offenderebbe Lui, nuocendo soltanto all’uomo: Dio, pertanto, sarebbe sempre pronto a soccorrerlo e riparare i danni da lui provocati e subiti, purché l’uomo lo voglia, come alla fine non potrà non volerlo, vinto dalla inesauribile clemenza del Sommo Bene, pronto a soddisfare ogni suo desiderio, trionfare su tutti gli errori, le resistenze e l’ostinazione della volontà umana, come appunto si vorrebbe esigere dall’Amore Misericordioso.
 
Ora, il messaggio della divina Misericordia interpretato superficialmente si è prestato purtroppo a tali aberrazioni, facendo respingere un Dio giusto e quanto comporta la sua giustizia nel contesto della Rivelazione cristiana. Vero tradimento di un messaggio eminentemente evangelico, che nella sua inoppugnabile logica è stato sempre giustificato dalla più sana teologia cattolica e vissuto dai Santi nella luce di una mediazione del Cristo che è redentrice soltanto perché espiatrice. Basteranno pochi e rapidi richiami per intuire la verità dell’Amore veramente misericordioso di Dio.
        
IV – L’unico vero Dio

Innanzi tutto sarebbe contraddittorio un Dio capace soltanto di amare il bene e incapace di odiare il male: Egli sarebbe anche incapace di amare Se stesso, Bene, Fonte di ogni bene … Ma un Dio tale non sarebbe l’Essere-per-essenza, ossia Auto-affermazione assoluta, e quindi Auto-negazione del suo, opposto, esistendo solo in fantasie malate come vuota astrazione, quale sarebbe appunto un supposto “infinito-tutto”, vago, impersonale …
 
Un Dio incapace di odiare il male non sarebbe capace neppure di amare il mondo opponendosi ai suoi mali. Indifferente alla negazione di Sé, lo sarebbe pure a quanto potrebbe opporsi alla conservazione, all’integrità e al finalismo dell’universo.
 
Non opponendosi al male del mondo, non può dirsi che lo ami; ma, se non lo ama, non può neanche averlo creato donandogli l’esistenza, se appunto l’esistenza è il primo dei beni voluti da chi realmente ama qualcuno.
 
Unico vero male dell’uomo è il peccato. Il quale, se nuoce a chi lo commette agendo contro il finalismo della sua natura, offende però Dio nel senso che lo rifiuta come Causa Prima, Legge Eterna, Fine ultimo della creatura che, peccando, ‘si ribella al suo dominio, misconosce la sua sapienza, irride il suo amore, presume di sostituirsi a Lui, affermandosi come “fine” e “legge” a se stesso.
 
Se per tale atteggiamento, Dio resta inalterato, quel che costituisce l’intrinseca malizia del peccato come offesa di Dio è la perfidia della volontà umana per la quale l’uomo, se potesse, Lo sopprimerebbe per realizzare un’indipendenza assoluta che gli consentirebbe di affermarsi al di là d’ogni vincolo e limite.
 
Provvidenzialmente, finché si vive, l’atteggiamento offensivo dell’uomo è ricambiato dall’amore misericordioso di Dio, che lo richiama invitandolo a ravvedersi, gliene offre la possibilità, gl’ispira quell’amore per Lui, necessario perché possa ri-affermare la propria dipendenza da Dio, pentirsi di averlo offeso, ricuperare la sua amicizia.
 
Dunque, se l’iniziativa è sempre della Misericordia che non perde di vista il peccatore e ne vuole la salvezza; questa è sempre condizionata ad una Giustizia che implica il rimorso della coscienza, esige la penitenza come restituzione a Dio di quanto l’uomo aveva presunto di sottrarGIi affermando indebitamente se stesso.
 
In altri termini: la salvezza, se dono dell’amore misericordioso di Dio, passa però indispensabilmente attraverso la giustizia rispettata dalla creatura che, nel pentimento vissuto come passione di tutta l’anima, rende a Dio quel ch’è suo. Sarebbe assurdo il perdono di un’offesa concesso a chi non si fosse pentito della sua colpa … Ovviamente, parlo di un perdono consistente nella riconciliazione dell’uomo con Dio, nel restauro dei suoi rapporti di amicizia con Lui.
 
Segue che Dio è misericordioso anche esigendo che l’uomo ripari il suo peccato con una penitenza, resa a lui possibile nel cedere all’ Amore preveniente di Chi intende redimerlo, rispettando l’autonomia propria della “persona”, che liberamente asseconda gli stimoli della Grazia: non si dà misericordia che non sia giusta, né giustizia che non sia misericordiosa.

Misericordia concessa – in certo senso – persino al dannato che, nella sua rivolta a Dio, ha preteso di amare solo se stesso. Infatti, nella disperata condizione che si è creata, egli soffre meno di quanto meriterebbe. Avrebbe dovuto subire l’annientamento in pena del suo rifiuto dell’Essere e della Vita; ma Dio continua a donargli l’esistenza: l’uomo, per quanto irriducibilmente perfido, resterà sempre una sua creatura.

V – L’economia della salvezza

Non altra la logica che soggiace al comportamento di Dio con l’uomo: creato, decaduto, redento. Potrebbero documentarlo decine di testi biblici, specialmente del Nuovo Testamento, dove la dottrina e la vita di Gesù, la catechesi apostolica e l’esempio dei primi fedeli documentano all’unanimità che la redenzione del mondo è costata l’espiazione del peccato compiuta nel Sacrificio della Croce. Perciò, l’ani- ma della nuova Legge è tutta nell’Amore Misericordioso che ha salvato l’umanità colpevole e infelice, decretando una Passione volontariamente subita da Gesù per soddisfare la giustizia del Padre.
 
È la Passione del Cristo-Capo che prelude a quella delle sue membra tenute a seguirne l’esempio, morendo a se stesse per espiare le proprie colpe. Infatti, per rinascere alla nuova vita della grazia – che prelude alla finale risurrezione della carne, – tutti devono far propria la morte di Cristo, offrendosi in Lui e per Lui a Dio vittime di espiazione.
 
Questa, nel tempo, la vita della Chiesa, a cui spetta l’unico culto a Dio gradito nella celebrazione del Sacrificio Eucaristico, sacramento dell’Offerta cruenta della Croce. La quale, per il sacerdozio ministeriale, rende possibile ai fedeli la partecipazione al mistero della Morte espiatrice e redentrice del Calvario. Se poi la “conversione” del peccatore ritrae tale mistero quanto alle componenti essenziali dell’amore che espia e salva, l’ascesi ne è la continuazione nel processo di morte di ciascuno a se stesso, volto ad una sua sempre più radicale rinascita in Dio con Cristo crocifisso e risorto.
 
Il dogma del Purgatorio è un’ulteriore conferma della fede nella Misericordia che, dopo la morte, conclude l’opera redentrice, esigendo la purificazione dell’anima da tutte le scorie del peccato; per cui esso s’impone come ultima necessità di una Giustizia che, a servizio dell’Amore, realizza la totale trasparenza dello spirito umano alla luce della visione beatifica.
 
Nell’inferno, se l’Amore Misericordioso di Dio non risparmia l’eterna angoscia del dannato, certamente, come si è accennato sopra, la mitiga, non consentendo alla Giustizia di punirlo quanto egli ne è degno: nel fatto di esistere ancora egli conserva il dono fondamentale dell’Onnipotenza, che nulla intende perdere di quanto ha creato.
 
Questi, schematizzando, gli elementi della Rivelazione relativi alla misericordia e alla giustizia di Dio.
 
VI – Aberrazioni

Purtroppo, tali verità, assolutamente pacifiche nella tradizione del dogma centrale del Cristianesimo, oggi sono respinte o travisate da correnti pseudo-teologiche che imperversano nella Chiesa, favorite da una presentazione del culto suddetto, che mira a sopprimere la stupenda densità del suo mistero.
 
Misericordia – secondo alcuni – sarebbe precisamente quella di un Dio che permette tutto, perdona tutto, salva tutti. Ma, ovviamente, si tratta di un Dio mai esistito, come dimostrano le enormi implicazioni negative che conviene almeno elencare rapidamente:

  • un Dio esclusivamente misericordioso si riferisce ad un uomo incapace di peccare, e quindi naturalmente e inevitabilmente soggetto soltanto all’errore e alla sofferenza che ne deriva. Si suppone perciò che non abbia una coscienza morale, non risponda delle sue azioni, non sia “persona” … ;
  • non essendo responsabile dei suoi errori, l’uomo non può neanche offendere Dio né pentirsi di averlo offeso; e, nel caso, una sua “conversione” non avrebbe senso… ;
  • se egli non può commettere alcun male, è incapace anche del bene: virtù, merito, felicità eterna – per lui – non avrebbero alcun valore; ma l’uomo allora non potrebbe neppure godere la gioia di quel trattamento misericordioso di Dio, gradito alla “persona” soltanto a livello morale… ;
  • la misericordia di Dio che dona, non associata alla sua giustizia che esige, esclude la necessità della penitenza per l’uomo, che non deve espiare nulla, non avendo commesso alcuna colpa… ;
  • ma in questa serie di ipotesi il Cristianesimo sarebbe una solenne impostura con la sua dottrina sul peccato e la necessità della mediazione di Cristo, che placa la giustizia del Padre offrendosi a Lui Vittima di espiazione…; illusorio inoltre sarebbe pure il culto della Chiesa Cattolica centrato nell’Eucarestia, “sacramento del Sacrificio” … ; insensata infine sarebbe l’ascesi, il martirio e quanto si ripete ovunque e da tutti nel celebrare una supposta “sapienza della croce”… ;
  • se perciò la società contemporanea può offrire ancora un margine al Cristianesimo, è solo accettando un Dio talmente misericordioso da lasciare che l’uomo viva seguendo le sue emozioni, soddisfacendo le sue tendenze istintive senza alcun freno e misura; libero dal timore di un supremo giudizio e di sanzioni ultraterrene… ;
  • ora, una misericordia di Dio così intesa equivarrebbe ad un incomprensibile disinteresse dei valori della persona umana, che è appunto l’opposto dell’amore, quindi negazione della Provvidenza. Negazione che obbligherebbe ad abbandonare tutto al caso quale supremo principio di una realtà contraddittoria, di una vita assurda.
VII – Convinzioni dei Santi

S. M. Margherita Alacoque, che prima di altri ha trattato espressamente dell’Amore Misericordioso di Dio, ha propagato il culto di un Cuore di Cristo avvolto dalle fiamme di un amore che lo ha ferito, coronato di spine e crocifisso. Ella è rimasta nella storia della spiritualità riparatrice che è appunto quella di una “santità d’amore e di giustizia”. Come potrebbe essere gradita all’uomo una misericordia di Dio che non fosse giusta?
 
Nell’Atto di offerta all’Amore Misericordioso di Dio Teresa di Lisieux ringrazia il Signore di averla “fatta passare attraverso il crogiolo della sofferenza”, e dichiara che sarà felice di vederlo comparire “nel giorno finale con lo scettro della croce”. “Croce tanto preziosa” da farle desiderare di ”veder brillare sul (suo) corpo glorificato le sacre stimmate della (sua) passione”. “Per vivere in un atto di perfetto amore” – ella scrive – “mi offro come vittima d’olocausto al vostro amore misericordioso”.
 
In Italia, ad una contemporanea di Teresa, la visitandina suor Consolata Ferrero (1885-1916), il Signore affidò la missione di divulgare la Misericordia del suo Cuore, precisando: “La porta della mia giustizia è chiusa a chiave, e l’apro soltanto per colui che mi costringe a farlo … “.
 
Dimostra di avere idee egualmente chiare la beata Maria Faustina Kowalska di Cracovia, oggi ben nota propagatrice dell’Amore Misericordioso di Dio. A lei Gesù conferma che “la Misericordia è il più grande attributo … “; ma aggiunge di essere anche “Giusto Giudice” quando la misericordia s’infrange contro l’ostinazione della volontà umana.
 
Anche più recentemente il linguaggio di Madre Speranza di Gesù fa eco all’unanime tradizione dei Santi nel riconoscere il merito della sofferenza quale partecipazione alla Morte espiatrice: “L’amore, se non è vivo, se non soffre, se non s’immola, non è amore”.
 
“Quando si ama fortemente, il dolore è così dolce che diviene l’oggetto dei nostri sospiri e dei nostri sogni, e non si può vivere senza la croce”. “Vorrei poter dire, quando lascerò questo mondo: ‘Ti ringrazio, Gesù mio, perché questo mio corpo martoriato non ha mai avuto un momento di ristoro, ma solo la fortuna di patire ogni sorta di tribolazioni’ “. Esatto.
 
Per un battezzato nel Cristo crocifisso, l’esaltazione della sofferenza rivela il valore di un’espiazione che redime solo per la fede nel Sacrificio della Croce, suprema testimonianza di un amore di Dio misteriosamente gratuito e, proprio per questo, anche terribilmente giusto con chi ne abusa e lo rifiuta.
________________________
(*) Traggo i preziosi elementi di questa sintesi da: Summa th., I, q. 21. aa. 1-4; l-Il. q. 61, a. 5; Il-Il. q. 30, a. 4; Sent. VI, d. 46, q. l, a. l, q. 1 ae l, 3; q. 2, a. l, qla 1; a. 2, qla2; Summa c. Gent., l, cc. 91, 93; Il, cc. 28- 29;. De Veritate 28, a. l, 8um; De Divinis Nominibus, c. 8, lect. 4; in Ps. 24; in Rm 15, lect. l, nn.1155-7.
 


Fraternamente CaterinaLD

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