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AD CATHOLICI SACERDOTII Enciclica di Pio XI sul sacerdozio

Ultimo Aggiornamento: 18/06/2009 15:29
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18/06/2009 15:19
 
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Distacco dai beni terreni

Non meno che nella castità, il sacerdote cattolico deve essere segnalato nel disinteresse. In mezzo ad un mondo corrotto, in cui tutto si vende e tutto si compra, egli deve passare scevro di ogni egoismo, santamente sdegnoso di ogni vile cupidigia di guadagno terreno, in cerca di anime, non di danaro, della gloria di Dio, non della sua. Egli non è il mercenario che lavora per riscuotere una mercede temporale, né l'impiegato che, pur attendendo coscienziosamente agli obblighi del suo ufficio, pensa anche alla sua carriera e alla sua promozione; egli è il "buon soldato di Cristo" che "non s'impaccia dei negozi del secolo, perché possa piacere a chi lo ha arrolato" (2 Tm 2,3-4); è il ministro di Dio e il padre delle anime; egli sa che l'opera sua, le sue sollecitudini non possono compensarsi adeguatamente coi tesori e con gli onori della terra. Non gli è interdetto di ricevere il conveniente sostentamento, secondo il detto dell'Apostolo: "Quelli che servono all'altare, hanno parte all'altare; così pure il Signore ordinò a quelli che annunziano il Vangelo di vivere del Vangelo" (1 Cor 9,13.14); ma, "chiamato alla sorte del Signore", come dice il suo stesso titolo di clericus, ossia "all'eredità del Signore", nessun'altra mercede si aspetta, se non quella che Gesù prometteva ai suoi Apostoli: "La vostra mercede è copiosa nei cieli" (Mt 5,12). Guai se il sacerdote, dimentico di sì divine promesse, cominciasse a mostrarsi " avido di turpe lucro " (Tt 1,7) e si confondesse con la turba dei mondani, su cui geme la Chiesa insieme con l'Apostolo: " Tutti pensano alle cose loro, non a quelle di Gesù Cristo " (Fil 2,21).

In tal caso, oltre il mancare alla sua vocazione, raccoglierebbe il disprezzo del suo stesso popolo, il quale riscontrerebbe in lui una deplorevole contraddizione tra la sua condotta e la dottrina evangelica così chiaramente espressa da Gesù e che il sacerdote deve annunziare: "Non cercate di accumulare tesori sopra la terra, dove la ruggine e il tarlo li consumano e dove i ladri li dissotterrano e li rubano; procurate invece di accumulare tesori nel cielo" (Mt 6,19-20). Se si pensa che uno degli Apostoli di Cristo, uno dei Dodici, come mestamente notano gli Evangelisti, Giuda, fu condotto all'abisso dell'iniquità appunto dallo spirito di cupidigia delle cose terrene, ben si comprende come questo medesimo spirito abbia potuto arrecare tanti danni alla Chiesa attraverso i secoli: la cupidigia, che dallo Spirito Santo è detta " radice di tutti i mali " (1 Tm 6,10), può trascinare a qualunque delitto; e quando anche non arrivi a tanto, di fatto un sacerdote infetto da tale vizio, consciamente o inconsciamente fa causa comune coi nemici di Dio e della Chiesa e coopera ai loro iniqui disegni.

E invece il sincero disinteresse concilia al sacerdote gli animi di tutti, tanto più che con questo distacco dai beni terreni, quando viene dall'intima forza della fede, va sempre congiunta quella tenera compassione verso ogni sorta d'infelici, che trasforma il sacerdote in un vero padre dei poveri, nei quali egli, memore di quelle commoventi parole del suo Signore: "Ogni volta che avete fatto qualche cosa per uno dei più piccoli di questi miei fratelli, l'avete fatta a me" (Mt 25,40), con affetto singolare vede, venera e ama Gesù Cristo stesso.

Lo zelo

Libero così il sacerdote cattolico dai due principali legami che lo potrebbero tenere troppo avvinto alla terra, i legami di una propria famiglia e i legami del proprio interesse, sarà più atto ad essere infiammato da quel celeste fuoco che erompe dai penetrali del Cuor di Gesù e non cerca che di apprendersi a cuori apostolici per incendiare tutta la terra: il fuoco dello zelo (cf Lc 12,49). Questo zelo per la gloria di Dio e la salute delle anime deve, come si legge di Gesù nella Sacra Scrittura (cf Sal 68,10; Gv 2,17), divorare il sacerdote, fargli dimenticare se stesso e tutte le cose terrene e spingerlo potentemente a consacrarsi tutto alla sua sublime missione, cercando mezzi sempre più efficaci per compierla sempre più largamente e sempre meglio.

E come può un sacerdote meditare il Vangelo, udire il lamento del buon Pastore: "Ed ho altre pecorelle, che non sono di questo ovile, e anche quelle bisogna che io conduca" (Gv 10,16), vedere "i campi che già biondeggiano per la messe" (Gv 4,35), e non sentirsi accendere in cuore la brama di condurre tali anime al cuore del buon Pastore, non offrirsi al Padrone della messe come operaio indefesso?

Come può un sacerdote vedere tante povere turbe, non solo nelle lontane regioni delle Missioni ma purtroppo anche nei paesi già cristiani da secoli, "giacenti come pecore senza pastore" (Mt 9,36), e non sentire in sé l'eco profonda di quella divina commiserazione che tante volte commosse il Cuore del Figlio di Dio? (cf Mt 9,36; 14,14; 15,32; Mc 6,34; 8,2; ecc.). Un sacerdote, diciamo che sa di possedere la parola di vita e di avere nelle sue mani i mezzi divini di rigenerazione e di salute? Ma sia lode a Dio, che appunto questa fiamma di zelo apostolico è uno dei più luminosi raggi che brillano in fronte al sacerdozio cattolico, e Noi con cuore ripieno di paterna consolazione vediamo i Nostri Fratelli e i diletti Figli Nostri, i Vescovi e i sacerdoti, come scelta milizia sempre pronti a correre, all'appello del Capo, su tutte le fronti dell'immenso campo, dove si combattono le pacifiche ma pur aspre battaglie della verità contro l'errore, della luce contro le tenebre, del Regno di Dio contro il regno di Satana.

L'obbedienza

Ma da questa stessa condizione del sacerdozio cattolico come di milizia agile e valorosa, ne viene la necessità di uno spirito di disciplina, o diciamo con parola più profondamente cristiana, la necessità dell'obbedienza: di quella obbedienza, che bellamente lega tutti i vari gradi della Gerarchia ecclesiatica, " sicché - come dice il Vecovo nell'ammonire gli ordinandi - la Chiesa santa ne resta circondata, ornata e retta da una varietà certamente magnifica, mentre in essa altri vengono consacrati Pontefici, altri sacerdoti di grado inferiore... formandosi di molti membri di varia dignità un solo corpo di Cristo ".

Quest'obbedienza i sacerdoti promisero al loro Vescovo nell'atto di partire da lui ancora freschi della sacra unzione; quest'obbedienza a loro volta i Vescovi giurarono nel giorno della loro consacrazione al supremo Capo visibile della Chiesa, al Successore di San Pietro, al Vicario di Gesù Cristo. L'obbedienza adunque leghi sempre più queste varie membra della sacra Gerarchia tra loro e tutte al Capo, rendendo così la Chiesa militante davvero terribile ai nemici di Dio " come esercito schierato " (Ct 6,3.9); l'obbedienza temperi lo zelo forse troppo ardente degli uni, e sproni la debolezza o la fiacchezza degli altri; assegni a ciascuno il suo posto e le sue mansioni, e ciascuno vi si collochi senza resistenze che non farebbero che intralciare l'opera magnifica che svolge la Chiesa nel mondo; ciascuno veda nelle disposizioni dei Superiori gerarchici le disposizioni del vero ed unico Capo, a cui tutti obbediamo, Gesù Cristo Signor Nostro, il quale si è fatto per noi " obbediente fino alla morte, e alla morte di croce " (cf Fil 2,8).

Difatti il divino Sommo Sacerdote volle che in modo tutto singolare ci fosse manifesta la sua perfettissima obbedienza all'Eterno Padre; e perciò abbondano le testimonianze, sia profetiche sia evangeliche, di questa totale e perfetta soggezione del Figlio di Dio alla volontà del Padre: " Entrando nel mondo dice: Tu non hai voluto sacrifizio né offerta, ma mi hai preparato un corpo... Allora dissi: Ecco io vengo (poiché di me sta scritto in principio del libro) per fare, o Dio, la tua volontà " (Eb 10,5-7). " Il mio cibo è fare la volontà di Colui che mi ha mandato " (Gv 4,34).

Ed anche sulla croce, non volle consegnare l'anima sua nelle mani del Padre prima di avere dichiarato che tutto era compiuto quanto le Sacre Scritture avevano di lui predetto, cioè tutta la missione affidatagli dal Padre, fino a quell'ultimo così profondamente misterioso "Sitio", ch'egli pronunciò "affinché si adempisse la Scrittura" (Gv 19,28); volendo con ciò dimostrare come anche lo zelo più ardente debba sempre essere pienamente sottomesso alla volontà del Padre, cioè sempre regolato dall'obbedienza a chi per noi tiene le veci del Padre e ci trasmette i suoi voleri, ossia ai legittimi Superiori gerarchici.

La scienza

Ma la figura del sacerdote cattolico, che Noi intendiamo mettere in piena luce al cospetto di tutto il mondo, sarebbe incompleta se omettessimo di rilevare un altro importantissimo requisito, che la Chiesa esige in lui: la scienza. Il sacerdote cattolico è costituito " maestro in Israele " (Gv 3,10) avendo ricevuto da Gesù l'ufficio e la missione di insegnare la verità: " Ammaestrate tutte le genti " (Mt 28,19). Egli deve insegnare la dottrina della salute, e di quest'insegnamento, a somiglianza dell'Apostolo delle Genti, è debitore " ai sapienti e agli ignoranti " (Rm 1,14). Ma come la potrà insegnare, se non la possiede? " Le labbra del sacerdote devono custodire la scienza e dalla sua bocca ricercheranno la legge " (Ml 2,7), dice lo Spirito Santo in Malachia; e nessuno potrebbe mai dire in commendazione della scienza sacerdotale una parola più grave di quella che un giorno la Sapienza stessa divina ha pronunziato per bocca di Osea: " Perché tu hai rigettato la scienza, rigetterò io te dal ministero di mio sacerdote " (Os 4,6).

Il sacerdote deve pienamente possedere la dottrina della fede e della morale cattolica, deve saperla proporre, deve saper render ragione dei dogmi, delle leggi, del culto della Chiesa, di cui è ministro; deve dissipare l'ignoranza; la quale, non ostante i progressi della scienza profana, ottenebra in fatto di religione le menti di tanti contemporanei. Non è stato mai tanto opportuno come oggi il monito di Tertulliano: "Questo solo spesso desidera la verità, di non essere cioè condannata senza essere conosciuta". E' dovere del sacerdote sgombrare dagli intelletti i pregiudizi e gli errori, accumulativi dall'odio degli avversari: all'anima moderna, che ansiosa cerca la verità, egli deve saperla indicare con serena franchezza; alle anime ancor incerte, travagliate dal dubbio, egli deve ispirare coraggio e fiducia e guidarle con tranquilla sicurezza al porto sicuro della fede coscientemente e fortemente abbracciata; agli assalti dell'errore protervo ed ostinato egli deve sapere opporre una resistenza strenua e vigorosa ma calma insieme e solida.

E' quindi necessario, Venerabili Fratelli, che il sacerdote, anche in mezzo alle occupazioni assillanti del suo santo ministero e sempre in ordine a quello continui lo studio serio e profondo delle discipline teologiche, aggiungendo al corredo sufficiente di scienza portato seco dal Seminario una sempre più ricca erudizione sacra, che lo renda sempre più idoneo alla sacra predicazione e alla guida delle anime. Inoltre, per il decoro dell'ufficio che esercita e per guadagnarsi come conviene la fiducia e la stima del popolo, che tanto giovano a rendere più efficace la sua opera pastorale, il sacerdote deve essere fornito di quel patrimonio di dottrina anche non strettamente sacra, che è comune agli uomini colti del suo tempo; deve cioè essere sanamente moderno, com'è la Chiesa, che abbraccia tutti i tempi e tutti i luoghi e a tutti si adatta, tutte le sane iniziative benedice e promuove e non ha paura dei progressi anche più arditi della scienza, purché sia vera. In tutti i tempi il clero cattolico si distinse in ogni campo dello scibile umano; in alcuni secoli anzi si spinse talmente all'avanguardia del sapere che chierico divenne sinonimo di dotto.

E la Chiesa, dopo aver custodito e salvato i tesori della cultura antica, che senza di essa e de' suoi monasteri sarebbero andati quasi interamente perduti, ha dimostrato ne' suoi più illustri Dottori come tutte le umane cognizioni possano servire ad illustrare e difendere la fede cattolica; del che abbiamo Noi stessi recentemente additato al mondo un esempio luminoso cingendo del nimbo dei Santi e dell'aureola dei Dottori, quel grande Maestro del sommo Aquinate, quell'Alberto Teutonico, che già i suoi contemporanei onoravano del nome di Magno e di Dottore universale.

Ora certamente non si può pretendere che il clero possa avere un simile primato in ogni campo del sapere: il patrimonio scientifico dell'umanità è ormai così vasto, che nessun uomo può abbracciarlo interamente né, molto meno, rendersi insigne in ciascuno de' suoi innumerevoli rami. Ma, mentre si devono prudentemente incoraggiare e aiutare quei membri del clero che per inclinazione e doti speciali si sentono chiamati ad approfondire e coltivare questa o quella scienza, questa o quell'arte, che non disdica alla loro professione ecclesiastica, perché tutto questo, se si contiene entro i dovuti confini e sotto la direzione della Chiesa, ridonda a decoro della Chiesa stessa e a gloria del divino suo Capo Gesù Cristo; anche tutti gli altri chierici non si devono contentare di quello che forse poteva bastare in altri tempi, ma devono essere in grado di avere, anzi devono avere di fatto, una cultura moderna in confronto dei secoli passati.

Che se talvolta il Signore, " scherzando sulla terra " (Prv 8,31), volle anche in tempi recenti assumere alla dignità sacerdotale ed operare meraviglie di bene per mezzo di uomini sforniti quasi interamente di questo patrimonio di dottrina, di cui parliamo, ciò fu perché tutti impariamo a pregiare, tra le due, più la santità che la scienza, e a non riporre più fiducia nei mezzi umani che nei divini; in altre parole, ciò fu perché il mondo ha bisogno di sentirsi ripetere di tanto in tanto questa salutare lezione pratica: " Le cose stolte del mondo ha scelto Dio, per confondere i sapienti... affinché nessun uomo si dia vanto al cospetto di Lui " (1 Cor 1,27.29). Ma, come nell'ordine naturale i miracoli divini sospendono per un momento l'effetto delle leggi fisiche senza abrogarle, così questi uomini, veri miracoli viventi, nei quali la santità eccelsa suppliva a tutto il resto, non tolgono punto la verità e necessità di quanto siamo venuti inculcando.

Questa necessità poi di virtù e di scienza, questa esigenza di esemplarità e di edificazione, di questo " buon odore di Cristo " (cf 2 Cor 2,15), che il sacerdote deve spargere dappertutto intorno a sé presso quanti l'avvicinano, è oggi tanto maggiormente sentita e resa tanto più evidente e stringente, in quanto che l'Azione Cattolica, questo movimento sì consolante che sa spingere le anime anche verso i più sublimi ideali di perfezione, mette i laici a più frequente contatto e a più intima collaborazione col sacerdote, al quale naturalmente essi non solo si rivolgono come a guida, ma mirano anche come ad esemplare di vita cristiana e di virtù apostoliche.


III. La preparazione

Il Seminario

Se così alta è la dignità del sacerdozio e così eccelse le doti che richiede, ne segue, Venerabili Fratelli, l'imprescindibile necessità di dare ai candidati del santuario una formazione proporzionata. La Chiesa, conscia di questa necessità, per nessun'altra cosa forse, lungo i secoli, ha mostrato tanto tenera sollecitudine e materna premura come per la formazione de' suoi sacerdoti. Essa non ignora che, se le condizioni religiose e morali dei popoli dipendono in gran parte dal sacerdozio, l'avvenire stesso del sacerdote dipende dalla formazione ch'egli avrà ricevuto, essendo anche per lui verissimo il detto dello Spirito Santo: "Il giovinetto secondo la via che ha presa, anche quando sarà invecchiato non se ne scosterà" (Prv 22,6). Perciò la Chiesa, mossa dallo Spirito Santo, ha voluto che dappertutto si erigessero Seminari dove si allevino e si educhino con singolare cura i candidati al sacerdozio.
 

La cura dei Seminari

Il Seminario dunque è e deve essere la pupilla degli occhi vostri, o Venerabili Fratelli, quanti dividete con Noi il formidabile peso del governo della Chiesa, è e deve essere l'oggetto precipuo delle vostre sollecitudini. Accurata soprattutto deve essere la scelta dei Superiori, dei Maestri e in modo particolare del Direttore spirituale, che ha una parte sì delicata e sì importante nella formazione dell'anima sacerdotale. Date ai vostri Seminari i migliori sacerdoti, né temiate di sottrarli anche a cariche apparentemente più rilevanti, ma che in realtà non possono venire a confronto con quest'opera capitale e insurrogabile; cercateli anche altrove, dovunque ne troviate di veramente atti a sì nobile scopo; siano tali che insegnino, prima con l'esempio che con la parola, le virtù sacerdotali e sappiano infondere con la dottrina uno spirito sodo, virile, apostolico; facciano fiorire nel Seminario la pietà, la purezza, la disciplina, lo studio, premunendo prudentemente gli animi giovanili, non solo contro le tentazioni presenti, ma anche contro i pericoli ben più gravi a cui si troveranno poi esposti nel mondo, in mezzo al quale dovranno vivere " per far tutti salvi " (cf 1 Cor 9,22).

E affinché i futuri sacerdoti possano avere quella scienza che i nostri tempi esigono, come sopra abbiamo esposto, è di somma importanza che, dopo una soda formazione negli studi classici, siano bene istituiti ed esercitati nella filosofia scolastica "secondo il metodo, la dottina e i principii del Dottore Angelico". Questa "philosophia perennis", come la chiamava il Nostro grande Predecessore Leone XIII, non solo è loro necessaria per approfondire il dogma, ma li premunisce efficacemente contro gli errori moderni, quali che essi siano, rendendo la loro mente atta a distinguere nettamente il vero dal falso, e in ogni questione di qualunque genere o in altri studi che dovranno fare, darà loro una chiarezza di vista intellettuale che supererà di molto quella di altri, privi di questa formazione filosofica, anche se dotati d'una più vasta erudizione.

Che se, come avviene specialmente in alcune regioni, la poca estensione delle Diocesi o la dolorosa scarsità degli alunni o la mancanza di mezzi e di uomini adatti non permettesse a ciascuna Diocesi di avere un proprio Seminario ben ordinato secondo tutte le leggi contenute nel Codice di Diritto Canonico e secondo le altre prescrizioni ecclesiastiche, sommamente conviene che i Vescovi della regione fraternamente si aiutino ed uniscano le loro forze concentrandole in un Seminario comune, che risponda interamente all'alto suo scopo. I grandi vantaggi di tale concentrazione compensano largamente i sacrifici sostenuti per conseguirli; anche il sacrificio, talvolta doloroso al cuore paterno del Vescovo, di vedere temporaneamente allontanati i suoi chierici dal Pastore, che vorrebbe trasfondere egli stesso il suo spirito apostolico nei suoi futuri collaboratori, e dal territorio che dovrà essere il campo del loro ministero, sarà poi ripagato dal riceverli meglio formati e più forniti di quello spirituale patrimonio che profonderanno in maggior copia e con maggior frutto a beneficio della loro Diocesi.

E perciò Noi non abbiamo mai tralasciato di incoraggiare e promuovere e favorire tali iniziative, spesso anzi le abbiamo suggerite e raccomandate; dal canto Nostro poi, dove l'abbiamo creduto necessario, abbiamo Noi stessi eretto o migliorato o ampliato parecchi di tali Seminari Regionali, come a tutti è noto, non senza grandi spese e gravi cure, e continueremo, con l'aiuto di Dio, ad adoperarCi con tutto lo zelo anche per l'avvenire per un'opera che riputiamo tra le più giovevoli al bene della Chiesa.



continua...................

Fraternamente CaterinaLD

"Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
(fr. Carlos Alfonso Azpiroz Costa OP
Maestro dell’Ordine)
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