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San Padre Pio da Pietralcina

Ultimo Aggiornamento: 22/01/2015 11:02
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In occasione della visita di:
Benedetto XVI da san Padre Pio il 21 giugno:chiediamo a p.Pio di intercedere...



ne approfittiamo per aprire questo thread dedicato ad un grande Santo...


La salvezza dei «fratelli» al centro della spiritualità sacerdotale di padre Pio

Tra il dolore e la bellezza di Cristo



di Francesco Castelli

Il 2008 è stato un anno di eccezionale importanza per la conoscenza di padre Pio da Pietrelcina. La pubblicazione di due documenti ha svelato aspetti umani e mistici del cappuccino inediti e di profondo significato. Nel febbraio 2008 è avvenuta la scoperta di una nuova lettera, la terza, del vescovo vicario capitolare a Cracovia Karol Wojtyla al cappuccino, nella quale il futuro Pontefice chiedeva a padre Pio di pregare questa volta anche per lui e per la propria difficile situazione pastorale.
 
Poi, è seguita la pubblicazione degli atti della prima visita apostolica del Sant'Uffizio, compiuta nel giugno 1921, per otto giorni, lunghi e intensi, dal vescovo di Volterra Raffaello Carlo Rossi, futuro cardinale. Un confronto netto e serrato, ma anche equilibrato, durante il quale padre Pio fu chiamato a rispondere su tutti gli aspetti della sua vita, da quelli più semplici della quotidianità fino alle pieghe più intime della sua vita interiore e mistica.

Le risposte del frate, ben 142, trascritte e inviate sub secreto al Sant'Uffizio, offrono oggi un elemento fondamentale per conoscere la spiritualità sacerdotale di questo grande santo del xx secolo:  il racconto preciso e dettagliato della stimmatizzazione e con esso della missione a lui affidata dal Signore.

Che cosa accadde dunque quella mattina del 20 settembre 1918, quando padre Pio, dopo aver celebrato la messa, si ritirò in preghiera? Quale missione fu affidata al giovane sacerdote di San Giovanni Rotondo? Padre Pio, com'è noto, era stato sempre restio nel parlare di quel giorno e di quello speciale incontro. "Un misterioso personaggio",  così diceva,  gli  era apparso e gli aveva impresso i segni della passione.

Ora, invece, la pubblicazione degli atti dell'inchiesta ha svelato il contenuto e le stesse parole di quell'incontro. È lo stesso padre Pio a riferirne, sotto giuramento, a monsignor Rossi, a tre anni di distanza dai fatti. La mattina di quel 20 settembre "vidi Nostro Signore in atteggiamento di chi sta in croce, ma non mi ha colpito se avesse la Croce, lamentandosi (sic) della mala corrispondenza degli uomini, specie di coloro consacrati a Lui e più da Lui favoriti.

Di qui si manifestava che Lui soffriva e che desiderava di associare delle anime alla sua passione. M'invitava a compenetrarmi dei suoi dolori e a meditarli:  nello stesso tempo occuparmi per la salute dei fratelli. In seguito a questo mi sentii pieno di compassione per i dolori del Signore e chiedevo a Lui che cosa potevo fare. Udii questa voce:  "Ti associo alla mia passione". E in seguito a questo, scomparsa la visione, sono entrato in me, mi son dato ragione e ho visto questi segni qui, dai quali gocciolava il sangue. Prima nulla avevo".

In padre Pio, dunque, l'affidamento della missione di "occuparsi della salvezza dei fratelli" era stato indissolubilmente legato con l'annuncio delle sofferenze in unione a Cristo:  "Ti associo alla mia passione". Da quel giorno - come in parte già avveniva - quel "Ti associo alla mia passione" era divenuto la ragione della sua vita e del suo amore.

Era cresciuto in lui uno speciale amore per i suoi fratelli. Era come un fuoco che gli bruciava nel petto. Proprio parlando di ciò al suo padre spirituale ebbe a dire:  "Per i fratelli (...) quante volte, per non dir sempre, mi tocca dire a Dio giudice, con Mosè:  o perdona a questo popolo o cancellami dal libro della vita. Che brutta cosa è vivere di cuore! Bisogna morire in tutti i momenti di una morte che non fa morire se non per vivere morendo e morendo vivere".

Padre Pio si trovò, così, per tutta la vita, ad ascoltare un numero straripante di confessioni, ad avere una personale esperienza della consistenza del male causato dal peccato, della distruzione che esso provoca nel cuore dell'uomo, della necessità che esso sia smaltito, "smaltito con l'amore". Per questo "Ti associo alla mia passione" divenne un elemento caratterizzante la sua fisionomia spirituale di sacerdote nel quale percepì l'indole esigente delle purificazioni di Dio e la fecondità dell'amore sofferente che egli, come sacerdote, poteva offrire al Signore.

Da allora non si allontanò né spiritualmente né fisicamente dal confessionale. Monsignor Rossi apprese che padre Pio vi rimaneva fino a sedici ore al giorno. Domandare il perdono al Signore, aiutare i fratelli nella conversione spirituale divenne - con puntuale fedeltà verso l'invito di quel 20 settembre 1918 - l'imperativo della sua esistenza. La sua domanda di perdono per i fratelli, gli ricordava "Colui che per il perdono ha pagato il prezzo della discesa nella miseria dell'esistenza umana e della morte in croce".

Nascevano così in lui la gratitudine per l'amore sofferente del Signore - e questo spiegava la sua preghiera continua, notte e giorno, senza cessare - e poi la gioia di associarsi alla sua passione. Per questo scriveva:  "Sì, io amo la croce, la croce sola:  l'amo perché la vedo sempre alle spalle di Gesù:  (...) Deh, padre mio, compatitemi se tengo questo linguaggio; Gesù solo può comprendere che pena sia per me, allorché mi si prepara davanti la scena dolorosa del Calvario".

Sacrifici subiti, incomprensioni, ostilità:  tutto accolse pur di essere fedele al quel dono oneroso di domandare perdono per gli altri e di ottenere la gioia dell'amicizia con Dio per i suoi fratelli. Altre sofferenze non andò a cercarle. Anzi, a fronte di una richiesta del visitatore che gli domandava quali mortificazioni al di fuori di quelle prescritte facesse per fugare ogni dubbio, gli rispose. "Non ne fo:  prendo quelle che manda il Signore".

"Ti associo alla mia passione" divenne così per il sacerdote padre Pio un modo tutto nuovo con il quale capire le parole del Signore:  "Quando sarò elevato da terra attirerò tutti a me" (Giovanni, 12, 32). Anch'egli, da quando venne stimmatizzato, iniziò ad attirare molti non a sé, ma al Signore e al suo amore. A molti, a moltissimi ottenne guarigioni fisiche ma a molti di più quelle dell'anima. "Sono pronto a tutto - diceva - purché Gesù sia contento e mi salvi le anime dei fratelli, specie quelle che egli mi ha affidate" (18 dicembre 1920).

Da allora tanti divennero suoi figli spirituali, numerose furono le grazie, numerosissime le conversioni. I molti che facevano ricorso a lui, andavano via soddisfatti, spiritualmente aiutati e umanamente soccorsi. Proprio con la sua disponibilità d'amore ad associarsi alle sofferenze del Signore, padre Pio verificò visibilmente nella conversione e crescita spirituale dei suoi figli che con "Gesù entra gioia nella tribolazione". Così egli mostrò che "non c'è amore senza sofferenza" - "l'amore si conosce nel dolore", scriveva - e che con l'amore sofferente egli poteva, in un mondo in cui la menzogna è potente, dare pubblica testimonianza di fedeltà all'amore e proprio così alla vera gioia.

In tale maniera il frate di Pietrelcina divenne un vero sacerdote del Signore. Offerente della Vittima divina e vittima egli stesso, colpiva i suoi discepoli e visitatori proprio per il personale e spirituale coinvolgimento durante la messa, piena realizzazione della sua spiritualità sacerdotale.

Sono molte le testimonianze di quanti lo ricordano in modo indelebile sull'altare. Giovanni Paolo II, menzionando la sua personale esperienza nel vederlo celebrare, ebbe a scrivere espressioni vive e forti:  "Ho partecipato alla santa messa (di padre Pio), che fu lunga e durante la quale si vide la sua faccia che soffriva profondamente. Vidi le sue mani che celebravano l'Eucaristia; i luoghi delle stigmate erano coperti con una fascia nera.

Tale evento è rimasto in me come un'esperienza indimenticabile. Si aveva la consapevolezza che qui sull'altare, a San Giovanni Rotondo, si compiva il sacrificio di Cristo stesso, il sacrificio incruento e, nello stesso tempo, le ferite sanguinose sulle mani ci facevano pensare a tutto quel sacrificio, a Gesù crocifisso. Questo ricordo dura fino a oggi e, in qualche modo, fino a oggi ho davanti agli occhi quello che allora vidi io stesso".

La qualità liturgica della celebrazione di padre Pio che colpiva tutti, perfino il futuro Papa, manifestava un vero cammino interiore di graduale assimilazione a Cristo, nel dolore e nella gioia, nella morte e nella risurrezione, nell'ubbidienza e nella libertà vera. In definitiva, in lui il "sì" alla croce e alle sofferenze permesse dal Signore divenne la via ordinaria della sua gioia e di una più profonda amicizia con Cristo come suo sacerdote.

I suoi figli spirituali dicevano e dicono di aver continuato negli anni a vedere nel suo viso qualcosa di angelico e straordinariamente sereno, nonostante la sofferenza da lui vissuta nel corpo attraverso le stimmate, e, spiritualmente, per la conversione dei peccatori.

Gioia e dolore, sofferenza e beatitudine furono e rimasero così in lui due tratti costitutivi del volto spirituale di sacerdote, proprio come Gesù che per la sua bellezza paradossale è "il più bello dei figli dell'uomo" (Salmo, 44, 3) e allo stesso tempo colui che "non ha bellezza né apparenza; l'abbiamo veduto:  un volto sfigurato dal dolore" (Isaia, 53, 2).

Proprio parlando della paradossale bellezza di Gesù, il cardinale Joseph Ratzinger scrisse:  "Colui che è la Bellezza stessa si è lasciato colpire in volto, sputare addosso, incoronare di spine, la Sacra Sindone di Torino può farci immaginare tutto questo in maniera toccante. Ma proprio in questo Volto così sfigurato appare l'autentica, estrema bellezza:  la bellezza dell'amore che arriva "sino alla fine" e che, appunto in questo, si rivela più forte della menzogna e della violenza".

Proprio di tale bellezza il sacerdote padre Pio ha dato testimonianza alla Chiesa e al mondo facendo della paradossale bellezza di Gesù la sua spiritualità sacerdotale.



(©L'Osservatore Romano - 21 giugno 2009)


Fraternamente CaterinaLD

"Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
(fr. Carlos Alfonso Azpiroz Costa OP
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Le date


1887. Il 25 maggio a Pietrelcina (Benevento) nasce Francesco Forgione.

  1891. Iniziano le vessazioni diaboliche.

  1892. All'età di cinque anni percepisce il desiderio di consacrarsi a Dio e l'anno successivo gli appare il Sacro Cuore di Gesù.

  1899. Riceve il sacramento della cresima e si accosta per la prima volta all'Eucaristia.

  1903. Entra tra i cappuccini, nel noviziato di Morcone (Benevento). Prende il nome di fra Pio da Pietrelcina.

  1907. Emette la professione dei voti solenni. A circa 20 anni comincia il dono dei "rapimenti".

  1910. Il 10 agosto viene ordinato sacerdote nel duomo di Benevento dall'arcivescovo Paolo Schinosi. Inizia il fenomeno delle stimmate.

  1912. Il fenomeno della stimmatizzazione invisibile si ripete dal giovedì sera fino al sabato.

  1915. Su richiesta di padre Agostino da San Marco in Lamis, confessa di aver subito quasi ogni settimana, da più anni, la "coronazione di spine" e la "flagellazione".

  1918. Il 30 maggio si offre vittima per i peccatori perché la guerra finisca.

  Tra il 5 e il 7 agosto vive il fenomeno della transverberazione.

  Il 20 settembre Gesù Crocifisso gli appare sofferente e gli dice:  "Ti associo alla mia Passione", poi lo stimmatizza.

  1919. Primi esami medici delle stimmate.

  1920. Il 18 aprile Agostino Gemelli visita padre Pio per pochi minuti. Dopo un brevissimo colloquio, Gemelli invia al Sant'Uffizio una valutazione non positiva sull'origine del fenomeno delle stimmate pur elogiando la vita religiosa del frate.

  1921. Dal 14 al 21 giugno si svolge la prima visita apostolica del Sant'Uffizio da parte del vescovo di Volterra, Raffaello Carlo Rossi. Nella relazione presenta un profilo estremamente positivo del cappuccino e della sua fedeltà al Signore.


  1922. I cardinali del Sant'Uffizio scrivono al ministro generale dei cappuccini dichiarando di rimanere in osservazione su padre Pio; di evitare ogni "singolarità e rumore"; che "per nessun motivo egli mostri le così dette stimmate"; che interrompa con padre Benedetto da San Marco in Lamis "ogni comunicazione anche epistolare"; che i superiori dell'ordine si preparino a trasferire padre Pio quando il clima popolare lo consentirà. In questo periodo giungono al Sant'Uffizio nuove accuse dal clero locale poi rivelatesi infondate.

  1923. Il Sant'Uffizio afferma che non consta la soprannaturalità dei fatti attribuiti a padre Pio ed esorta i fedeli a conformarsi a queste dichiarazioni. Gli viene proibito di celebrare la messa in pubblico. Sommossa popolare di tremila persone davanti al convento. Al frate viene concessa la facoltà di celebrare in chiesa.

  1923-1926. Al Sant'Uffizio giungono costantemente numerose accuse del clero locale provocando timori e sospetti.

  1931. Il 23 maggio il Sant'Uffizio comunica la proibizione per padre Pio di celebrare in pubblico e il ritiro della facoltà di confessare.

  1933. Il 16 luglio viene autorizzato a celebrare di nuovo in pubblico e gradualmente gli viene restituita la facoltà di confessare.

  1947. Inizia la costruzione della Casa Sollievo della Sofferenza.

  1948. In aprile don Karol Wojtyla incontra padre Pio e si confessa da lui.

  1956. Il 2 luglio inizia la costruzione della chiesa di San Giovanni Rotondo.

  1959. Mentre la statua della Madonna di Fátima fa tappa a San Giovanni Rotondo, padre Pio guarisce da una pleurite.


  1960. Dal 30 luglio al 17 settembre si svolge la visita apostolica di monsignor Carlo Maccari.

  1961. Nuove disposizioni del Sant'Uffizio, anche sulla durata della messa di padre Pio.

  1962. Monsignor Wojtyla, vescovo ausiliare di Cracovia, scrive a padre Pio chiedendo e ottenendo la guarigione del medico Wanda Póltawska.

  1963. Nuovi contatti epistolari tra Wojtyla e padre Pio. Il vescovo chiede preghiere per se stesso e per la sua delicata situazione pastorale.

  1964. Il cardinale Ottaviani, a capo del Sant'Uffizio, comunica la volontà di Paolo VI che "Padre Pio svolga il suo ministero in piena libertà".

  1968. La salute di padre Pio declina. Le stimmate iniziano a chiudersi senza lasciare alcun segno.

  1968. Il 23 settembre padre Pio muore.

  1983. Il 20 marzo si apre il processo cognizionale sulla vita e le virtù del servo di Dio Pio da Pietrelcina.

  1997. Il 20 marzo Padre Pio è dichiarato venerabile.

  1999. 2 giugno viene proclamato beato.

  2002. Il 16 giugno Giovanni Paolo II proclama padre Pio santo e ne istituisce la memoria liturgica obbligatoria.

(francesco castelli)



(©L'Osservatore Romano - 21 giugno 2009)

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Le fonti e gli studi
 LA BUONA STAMPA



Due sono le principali fonti autobiografiche  di  padre Pio. La prima è senz'altro costituita dal suo Epistolario (i-iv, San Giovanni Rotondo, 1992). Il primo volume, in particolare, ha un valore notevole essendovi raccolta la corrispondenza con i direttori spirituali nella quale il cappuccino svela gran parte della sua interiorità.

Vi sono poi le risposte giurate e sottoscritte da padre Pio davanti al visitatore apostolico, il vescovo Raffaello Carlo Rossi, nel 1921. Si tratta di 142 dichiarazioni fino a poco tempo fa sconosciute, nelle quali il cappuccino rivela importanti e a volte decisivi aspetti della sua vita spirituale e mistica. Durante l'esame stimmatico condotto dal visitatore apostolico, peraltro, padre Pio spiega fenomeni sinora ignoti relativi alle sue piaghe. Tale documento è ora pubblicato integralmente nel libro Padre Pio sotto inchiesta. L'autobiografia segreta (Milano, Edizioni Ares, 2008, pagine 328, euro 14, a cura di chi scrive).

Oltre alle fonti ricordate prima, sono state e certamente ne verranno pubblicate altre - cartoline, lettere, auguri e così via - che, per quantità e contenuto saranno però difficilmente avvicinabili al valore delle prime due.

Circa le fonti testimoniali, di notevole rilevanza sono gli appunti di uno dei suoi direttori spirituali, editi nel Diario di Agostino da San Marco in Lamis, (San Giovanni Rotondo, 2003). Possono poi essere utilmente lette le pubblicazioni di memorie o diari di tanti figli spirituali. Richiedono tuttavia un attento vaglio critico.

Su san Pio, biografie scientifiche definitive non esistono giacché molti archivi - soprattutto quelli del Sant'Uffizio e dell'Archivio Segreto Vaticano - non sono ancora completamente esplorabili.
 
Tra le numerose biografie - spesso divulgative, ora devote, ora prevenute in senso opposto - segnaliamo quelle di Alessandro da Ripabottoni, Padre Pio da Pietrelcina. "Il cireneo di tutti" (San Giovanni Rotondo, 1991); di Ferdinando da Riese, Padre Pio da Pietrelcina, croficisso senza croce (San Giovanni Rotondo, 1984) e di Yves Chyron, Padre Pio. Le stigmatisé (Paris, 2004).

A queste opere va affiancata la lettura di monografie su questioni particolari. Su tali argomenti ricordiamo Un tormentato settennio (1918-1925) nella vita di padre Pio da Pietrelcina di Giuseppe Saldutto (Roma, 1974, con buona ricostruzione storica);
Alla scuola spirituale di padre Pio da Pietrelcina di Melchiorre da Pobladura (San Giovanni Rotondo, 1978);
Il Calvario di padre Pio, i-ii di Giuseppe Pagnossin (Padova, 1978);
I casi di morale di padre Pio di Luigi Di Matteo (San Giovanni Rotondo, 1991), Don Luigi Orione e padre Pio da Pietrelcina.

Nel decennio della tormenta. 1923-1933.
Fatti e documenti
, di Flavio Peloso (Milano, 1999);
Il beato Pio da Pietrelcina di Gerardo Di Flumeri (San Giovanni Rotondo, 2001);
Il divenire inquieto di un desiderio di santità. Padre Pio da Pietrelcina:  saggio psicologico di Giuseppe Esposito e Silvana Consiglio (Siena, 2002);

L'itinerario di fede di padre Pio da Pietrelcina nell'Epistolario di Luigi La Vecchia (San Giovanni Rotondo, 2003);
Nella comunione dei santi. Santa Gemma Galgani a san Pio da Pietrelcina di Luca Lucchini (Città del Vaticano, 2005) e L'epistolario di padre Pio.
Una lettura mistagogica
di Luciano Lotti (San Giovanni Rotondo, 2006).

Tra gli studi recenti, di valore appare il volume di Carmelo Pellegrino, Oltre la sapienza di parola. Paolo di Tarso e Pio da Pietrelcina:  linee didattiche cristiane tra antichità e novità (San Giovanni Rotondo, 2007).

Per uno studio sulla stigmatizzazione del frate fondamentale appare la lettura dei lavori di Johannes Hocht, Träger der Wundmale Christi (Stein am Rhein, 1964) e di quelli curati da Gerardo di Flumeri Le stigmate di padre Pio da Pietrelcinatestimonianze, relazioni (San Giovanni Rotondo, 1985);
La trasverberazione di padre Pio da Pietrelcina (San Giovanni Rotondo, 1985);
Atti del convegno di studio sulle stigmate del servo di Dio padre Pio da Pietrelcina (San Giovanni Rotondo, 1988).

Sul rapporto di padre Pio con Giovanni Paolo II, ricordiamo il documento autobiografico del Pontefice pubblicato nel libro di Stefano Campanella, Il Papa e il frate (San Giovanni Rotondo, 2007); circa la terza lettera di Wojtyla a padre Pio, rimandiamo all'articolo di chi scrive, La terza lettera di monsignor Wojtyla a padre Pio, pubblicato nella rivista "Servi della Sofferenza", XVIi, (2008), pp. 6-11.

Infine è utile consultare i numeri delle riviste "Voce di padre Pio" e "Studi su padre Pio". Per ulteriori approfondimenti si può anche ricorrere al libro di Alessandro da Ripabottoni, Molti hanno scritto di lui. Bibliografia di padre Pio da Pietrelcina (San Giovanni Rotondo, 1986). (francesco castelli)



(©L'Osservatore Romano - 21 giugno 2009)

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Ricordo di padre Pio

Il frate e il sindaco socialista



di Giuseppe Tamburrano
Presidente della Fondazione Nenni

La visita che il Papa farà alla tomba di padre Pio mi emoziona come figlio di San Giovanni Rotondo. Una visita molto significativa perché non tutti nella Chiesa hanno amato il frate con le stimmate. Ed evoca in me il ricordo di un villaggio contadino, di un piccolo convento francescano aggrappato alla roccia della montagna, di quel cappuccino con le mani piagate nei guanti e un volto sorridente, circondato dalla devozione quasi clandestina di pochi.

Non riesco a dissociare quelle mani e quel volto dai ricordi della mia prima giovinezza, ragazzo vivace, irriverente, propenso più a combattere per il paradiso sulla terra che ad aspirare a quello dei cieli. Ribelle, ma padre Pio col suo sorriso dolce e ironico mi placava. Mi voleva bene:  chissà perché. Forse perché sentiva in me il laico cristiano. È stampato vividissimo nella mia memoria il suo viso trasfigurato, sofferente e rigato di lacrime mentre mi porge l'ostia della prima comunione.

Dopo le quotidiane sassaiole contro la squadra dei figli dei "signori" io, caporione della squadra dei figli dei "cafoni", andavo al convento a preparare le recite che la maestra Cleonice organizzava in onore di padre Pio - ricordo sant'Agnese, interpretata da una bionda, eterea fanciulla che fu il mio primo amore:  io ero nelle vesti del centurione Vinicio, convertito da Agnese - o a esercitarmi per le mie esibizioni canore:  ricordo l'Ideale del Tosti che ho cantato accompagnato all'organo dal sacerdote Di Gioia.

E ricordo soprattutto l'atmosfera triste della mia casa, il volto afflitto di mio padre nel cavo della sua mano e i profondi, dolorosi sospiri di mia madre. Mio padre, figlio di contadini, riuscì a laurearsi in giurisprudenza grazie ai sacrifici dei genitori. Ma la passione politica lo infiammò più dell'agone forense. Fu il leader del Partito socialista e fu eletto sindaco nelle elezioni dell'ottobre 1920. Di quel tragico ottobre che, il giorno 14, registrò quattordici cadaveri e molti feriti tra i proletari - tante donne! - che volevano issare la bandiera rossa sul municipio e furono ricevuti a colpi di arma da fuoco dalla forza pubblica e dagli agrari. Il destino di mio padre fu segnato:  l'emarginazione sociale e civile e la miseria dell'esiliato in patria.

Mia madre apparteneva a una buona famiglia borghese e quanto era mite mio padre tanto ella era orgogliosa. E la vedo curva sulla macchina da cucire Singer o con l'ago da ricamo lavorare per le sue "amiche" dell'establishment fascista. E ricordo la zia Annina che viveva sola in una modesta abitazione ma godeva di buone rendite che divideva con la nipote prediletta:  "Giusè, va' a trovare zia Annina", si raccomandava mia madre.

E mio padre, senza clienti e senza amici (tutti diventati fascisti) non diceva nulla:  subiva, viveva triste, assente. Dopo ho capito perché non voleva vedermi vestito da balilla moschettiere andare alle adunanze del sabato fascista. "Tu lo vedi ora spento. Avresti dovuto vederlo qualche anno fa:  sembrava un leone con l'abbondante chioma al vento e la voce calda nei comizi proletari" mi diceva mia madre.

Ebbene quest'uomo mite, onesto, umiliato, escluso dal consorzio civile del paese trovò in padre Pio un vero amico, un cuore fraterno, una mente intelligente che sapeva come nessuno farlo sorridere e dargli la forza della speranza. E non gli chiese mai:  perché non entri in chiesa? Prima di morire, mio padre, cristiano autentico per tutta la vita, riconobbe il Dio cattolico.



(©L'Osservatore Romano - 21 giugno 2009)

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Durante l'Angelus al termine della celebrazione eucaristica

Il Papa affida a san Pio da Pietrelcina
l'Anno sacerdotale


 


 

Il Papa ha affidato all'intercessione di san Pio da Pietrelcina l'Anno sacerdotale inaugurato venerdì scorso. Lo ha fatto all'Angelus recitato al termine della messa a San Giovanni Rotondo, rivolgendo anche un appello all'accoglienza dei rifugiati.

Cari fratelli e sorelle,
al termine di questa solenne Celebrazione, vi invito a recitare con me - come ogni domenica - la preghiera mariana dell'Angelus. Ma qui, nel santuario di san Pio da Pietrelcina, ci sembra di sentire la sua stessa voce, che ci esorta a rivolgerci con cuore di figli alla Vergine Santa:  "Amate la Madonna e fatela amare".

Così egli ripeteva a tutti, e più delle parole valeva la testimonianza esemplare della sua profonda devozione alla Madre celeste. Battezzato nella chiesa di Santa Maria degli Angeli di Pietrelcina col nome di Francesco, come il Poverello di Assisi nutrì sempre per la Vergine un amore tenerissimo. La Provvidenza lo condusse poi qui, a San Giovanni Rotondo, presso il Santuario di Santa Maria della Grazie, dove è rimasto fino alla morte e dove riposano le sue spoglie mortali. Tutta la sua vita e il suo apostolato si sono svolti dunque sotto lo sguardo materno della Madonna e con la potenza della sua intercessione.

Anche la Casa Sollievo della Sofferenza egli la considerava opera di Maria, "Salute dei malati".

Pertanto, cari amici, sull'esempio di Padre Pio, anch'io oggi voglio affidarvi tutti alla materna protezione della Madre di Dio. In modo particolare la invoco per la comunità dei Frati Cappuccini, per i malati dell'Ospedale e per quanti con amore se ne prendono cura, come pure per i Gruppi di Preghiera che portano avanti in Italia e nel mondo la consegna spirituale del Santo fondatore.

All'intercessione della Madonna e di san Pio da Pietrelcina vorrei affidare in modo speciale l'Anno Sacerdotale, che ho inaugurato venerdì scorso, Solennità del Sacro Cuore di Gesù. Sia esso un'occasione privilegiata per porre in luce il valore della missione e della santità dei sacerdoti al servizio della Chiesa e dell'umanità del terzo millennio!


Preghiamo quest'oggi anche per la situazione difficile e talora drammatica dei rifugiati. Si è celebrata proprio ieri la Giornata Mondiale del Rifugiato, promossa dalle Nazioni Unite. Molte sono le persone che cercano rifugio in altri Paesi fuggendo da situazioni di guerra, persecuzione e calamità, e la loro accoglienza pone non poche difficoltà, ma è tuttavia doverosa. Voglia Iddio che, con l'impegno di tutti, si riesca il più possibile a rimuovere le cause di un fenomeno tanto triste.

Con grande affetto saluto tutti i pellegrini qui convenuti. Esprimo la mia riconoscenza alle Autorità civili e a quanti hanno collaborato alla preparazione della mia visita. Grazie di cuore! A tutti ripeto:  camminate sulla via che Padre Pio vi ha indicato, la via della santità secondo il Vangelo del nostro Signore Gesù Cristo. Su questa via vi precederà sempre la Vergine Maria, e con mano materna vi guiderà alla patria celeste.




[Modificato da Caterina63 17/12/2014 18:44]
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[SM=g1740717] [SM=g1740720] San Padre Pio e la potenza della Preghiera.

Anche se Padre Pio da Pietralcina (1887-1968) fisicamente non ha mai lasciato l'Italia, il suo messaggio, la sua preghiera, la sofferenza e l'amore per il Signore e la sua Chiesa, ne hanno fatto, a tutti gli effetti, uno dei più grandi missionari del mondo.

Infatti, il messaggio di Padre Pio è di portata universale, come universalmente riconosciuta è la sua santità e la sua azione apostolica. Padre Pio non è andato in terre lontane, ma sono le terre lontane che si sono mosse, come in una lento ma costante peregrinare, verso di lui.

Da ogni parte del mondo sono venuti al suo convento di San Giovanni Rotondo per partecipare alla Santa Messa, attoniti e raccolti davanti a quel "sacerdote crocifisso" che celebrava il grande mistero del Signore Crocifisso e Risorto. Padre Pio amava ripetere che in ogni Santa Messa c'è tutto il Calvario. Andavano per visitarlo, per ascoltarlo, per inginocchiarsi al suo confessionale, per avere la sua benedizione, per ascoltare la sua parola, per ricevere i sacramenti… Era come se quell'umile frate di nome Pio, li avesse chiamati, uno ad uno, in un modo misterioso, così che le loro vite si intrecciavano alla sua, dalla quale si irradiava un flusso costante di preghiera e di donazione, che non conosceva confini. Questo lento peregrinare continua dopo la sua morte, ininterrotto; dal 1968 la sua tomba, come quella di Sant'Antonio da Padova, è una delle più venerate dalla pietà dei fedeli di ogni Continente.

Tante volte Padre Pio "sconfinava" fuori dai bordi della sua terra, il suo spirito trasbordava dal suo convento nel Gargano, come trasportato da un'onda di grazia e misericordia, che gli gonfiava il cuore e, dal quel sublime santuario di Dio che è l'anima, si riversava in milioni di altri templi spirituali che sono gli uomini, ridestandoli alla vera vita. Si è tentato varie volte di ridurre Padre Pio, più o meno, ad un fenomeno… Ma Padre Pio non si può intrappolare in schemi preconcetti. Vengono in mente le parole di Gesù a Nicodemo che voleva capire, anche lui, il "fenomeno" delle folle che stavano andando dietro a Cristo: "Il vento soffia dove vuole e ne senti la voce, ma non sai di dove viene e dove va: così è di chiunque è nato dallo Spirito". Replicò Nicodèmo: "Come può accadere questo?". Gli rispose Gesù: "… In verità, in verità ti dico, noi parliamo di quel che sappiamo e testimoniamo quel che abbiamo veduto; ma voi non accogliete la nostra testimonianza. Se vi ho parlato di cose della terra e non credete, come crederete se vi parlerò di cose del cielo? " (Gv 3, 8-12).

Dio solo sa fin dove questo "vento" del Gargano sia giunto e fin dove giungerà. Sarebbe quasi impossibile fare una statistica, accennare a dei numeri per quantificare le opere sorte in onore di Padre Pio, in ogni Continente; già, in ogni Continente Padre Pio è conosciuto!

Noi oggi possiamo contemplare gli innumerevoli benefici che milioni di fedeli sparsi nel mondo attribuiscono alla sua intercessione. Le testimonianze a tal proposito sono talmente tante, che occorreranno probabilmente anni per catalogarle in qualche modo.

Il segreto di ogni vita apostolica riuscita è indubbiamente la preghiera, il restare da soli con il Solo, adorando e invocando la sua divina misericordia. Indubbiamente Padre Pio ci ha lasciato, tra i più grandi doni del suo insegnamento, quello della preghiera. Padre Pio che si definiva "sono semplicemente un sacerdote che prega", voleva imitare il suo Fondatore, san Francesco, chiamato "uomo fatto preghiera".

Quante volte, ad esempio, Padre Pio esortava i suoi figli spirituali alla recita del S. Rosario, che chiamava l'arma e diceva "la corona è un'arma potente per mettere in fuga il demonio, per superare le tentazioni, per vincere il cuore di Dio, per ottenere grazie per intercessione della Madonna". Egli, di rosari interi (i quindici misteri) ne recitava decine e decine ogni giorno; per noi è impossibile immaginare come ce la facesse, in mezzo agli estenuanti impegni quotidiani del suo ministero sacerdotale aperto alle folle, che ininterrottamente si recavano da lui passando dall'altare al confessionale.

La missionarietà di Padre Pio si trova in grado eminente proprio nella sua preghiera. Questo gigante dell'orazione esortava instancabilmente tutte le anime ad unirsi a Dio e tra loro con la preghiera: "ricordate che la preghiera comunitaria - diceva - è un'arma potente nelle mani della Chiesa e dei fedeli. Un uomo debole, da solo non può fare nulla o può fare poco; ma se si unisce con un'altro uomo o con più uomini diventa una forza. Un'anima che prega è una debolezza che invoca l'aiuto del Signore: ma se più anime si uniscono insieme nella preghiera, formano una forza formidabile, consolidata e potenziata da Cristo". Questo suo fondamentale insegnamento sta alla base della costituzione dei cosiddetti "Gruppi di Preghiera di Padre Pio", sparsi nel mondo.

Tanti hanno scritto che Padre Pio era un "mistero", e di fatto "mistero" lo era da vivo e lo è diventato ancora più dopo la morte. Quella potenza sacerdotale che emanava da lui e che piegava a Cristo, senza costringere, anche i cuori più induriti, si è certamente amplificata dal giorno della sua nascita al Cielo, il 23 settembre 1968.

Egli era circondato da una irresistibile forza di carità e di misericordia, che lo avvolgeva e ne permeava ogni lineamento, anche quando assumeva degli atteggiamenti, che qualcuno poteva interpretare un po' burberi, ma percepiti sempre come dei correttivi di amore da chi era sulla strada del ritorno a Dio, con i passi ancora incerti.

Padre Pio non ha allontanato mai nessuno! Era una pedagogia del cuore la sua, che solo i santi sono in grado di ben gestire e le anime destinatarie lo hanno ben compreso. Questa pedagogia della santità che ha esercitato l'umile Padre Pio nell'essere strumento di conversione per le genti, ha dilatato l'orizzonte della sua missionarietà con la forza della Croce. Effettivamente ogni conversione veniva da lui "pagata", con una certa misura di sofferenza. Tanto più aumentavano le conversioni tanto più anche la sua sofferenza: questa legge il mondo non la conosce ma il Vangelo ce l'ha rivelata (cfr. Col 1, 24).

Per rappresentarci Padre Pio con un'immagine verrebbe proprio spontaneo pensare ad una Croce, che si staglia alta e imperturbabile dalla terra al cielo. Come ebbe a dire Giovanni Paolo II, durante la beatificazione del Frate cappuccino: "l'eco che questa beatificazione ha suscitato in Italia e nel mondo è segno che la fama di Padre Pio, figlio dell'Italia e di Francesco d'Assisi, ha raggiunto un orizzonte che abbraccia tutti i Continenti" (2 maggio 1999). Padre Pio ha raggiunto tutti i Continenti perché è vissuto sulla Croce di Cristo, che abbraccia l'intera umanità. Tutta la sua missionarietà attinge ed emana dalla Croce. La sua mistica e la sua predicazione, la sua preghiera e la sua contemplazione, come la sua consolazione, tutto in Padre Pio è orientato alla gloria di Dio e alla salvezza delle anime, e trae la sua forza dal mistero dell'amore misericordioso di Gesù, di cui è diventato immagine vivente.

Le stimmate che ha portato sul corpo per cinquant'anni (1918-1968) erano l'umilissimo segno, come lo furono per Francesco di Assisi, di assimilazione totale a Cristo, testimoni silenziose ed eloquenti di una realtà sublime che è l'unione trasformante in Cristo, di cui San Paolo ci è testimone: "sono stato crocifisso con Cristo e non sono più io che vivo, ma Cristo vive in me" (Gal 2, 20). Anche per padre Pio, S. Pio (canonizzazione, 16 giugno 2002), queste parole erano verità.
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Per i lettori di "Fides" abbiamo voluto raccogliere, grazie alla collaborazione di Padre Luciano Lotti, un florilegio di brani tratti dagli scritti di Padre Pio, incentrati sulla missionarietà in generale.


L'APOSTOLATO MISSIONARIO NELL'EPISTOLARIO DI P. PIO


Due lettere a Mons. Giuseppe Angelo Poli che testimoniano la vocazione missionaria di p. Pio
(Mons. Poli, vescovo cappuccino, era vicario apostolico nella missione di Allahabad in Indostan)


I.M.I.D.F.C.

Mio carissimo monsignore,

Gesù sia sempre tutto vostro, vi assista sempre ed in tutto con la sua vigile grazia e renda sempre più fruttuosa la vostra missione, affidatavi dal divin Pastore e vi faccia santo una con il suo gregge! Con questi voti sincerissimi che assiduamente vado innalzando all'Altissimo per voi, vengo a dar riscontro alla vostra graditissima per assicurarvi la mia sincera divozione che ho per voi ed il ricordo bellissimo che ho della vostra fortunata riconoscenza.
Non dubitare, mio carissimo monsignore, delle mie povere e deboli sì, ma pure assidue preghiere che fo per voi e per la vostra missione, che sia ricca di ubertosi frutti. Sentite, padre, anch'io ho fatto istanze vivissime presso il mio direttore per essere arruolato tra i vostri missionari, ma, povero me, non mi ha trovato degno. E nessuna cosa è valsa finora a farmi ottenere questa segnalata grazia. Debbo ritornare alla carica? Raccomandate anche voi quest'affare a Gesù, e ditegli che se mi vuole tra i suoi missionari disponga le altrui volontà. Ed intanto giacché non mi è concesso ancora di essere realmente ascritto tra i suoi missionari, mi ingegnerò di esserlo in ispirito. Vi accompagnerò dovunque con preghiere e con gemiti, nella speranza che non isdegnerete di accogliermi come uno degli ultimi vostri missionari.
Il giorno venti settembre 1918 mi venne dall'Alto la grande ed immensa umiliazione e confusione.
Grazie delle dieci lire inviatemi per il cioccolato. Gesù ed il padre san Francesco ve ne rimunerino a cento doppi di tanta fiorita carità. Sarei a pregarvi a non incomodarvi per la mia povera persona, ché la divina provvidenza nulla mi fa mancare, serbando tali privazioni per i poverelli di me molto più bisognosi. Del resto vi prometto che abbisognandomi qualche cosa liberamente ve lo farò sapere.
Raccomandando me stesso alle vostre sante orazioni, vi bacio con rispetto e venerazione il sacro anello e chiedendovi la pastorale benedizione mi dico

aff.mo ed um.mo servo
f. Pio da Pietrelcina, cappuccino.

P.S. Il p. guardiano, il p. Luigi e tutti i confratelli vi ossequiano e vi ricordano con grato pensiero.


Epist IV, 24



I.M.I.D.F.C.

Mio carissimo monsignore,

Gesù regni sempre sovrano sul vostro cuore, vi assista sempre con la sua vigile grazia, esaudisca tutti i vostri voti e vi renda sempre più degno dei suoi divini amplessi!
Con questi voti sincerissimi che assiduamente vi vado facendo dinanzi a Gesù, vengo a dar sollecito riscontro alla vostra lettera giuntami ieri e che mi è riuscita superlativamente gradita.
Rendo vivissime grazie a Gesù per i copiosi frutti che apporta la vostra missione e lo prego con tutto l'ardore del mio cuore che voglia far scendere ancora più copiosa la sua grazia sopra di voi per la vostra e l'altrui santificazione.

Quanto bramerei e quanto sarei contento se potessi trovarmi anch'io costì per apprestare la mia povera opera per l'incremento della fede. Ma questa fortuna non è serbata a me, sibbene ad altre anime più nobili e più care a Gesù. La mia missione la eserciterò coll'umile, fervente ed assidua preghiera. Sì, padre, io sto qui col corpo, ma collo spirito sono a voi vicino ed a voi strettamente unito.

Non mi dimenticate nel tesoro delle vostre preghiere.
Con la massima venerazione vi bacio il sacro anello ed in ginocchio vi chiedo la pastorale benedizione per me e per i miei confratelli, i quali incaricano me di presentarvi tanti rispettosi doveri.
Affezionatissimo in Gesù e nel padre san Francesco

f. Pio da Pietrelcina, cappuccino.
Epist IV, 26


Illumini questo sì tenerissimo Padre le intelligenze di tutti gli uomini e tocchi loro i cuori affinché i fervorosi non si raffredoliscano e non si rallentino nelle vie della salute, i tiepidi s'infervorino e quelli che da lui si sono allontanati facciano a lui ritorno. Dissipi pure e confonda tutti i sapienti di questo mondo affinché non guerreggino e non impediscano la propagazione del suo regno. Allontani, infine, questo Padre tre volte santo dalla sua Chiesa ogni scissura che esiste ed impedisca che altre ne potesse nascere, affinché vi sia un solo ovile ed un solo Pastore. Centuplichi il numero delle anime elette, mandi molti santi e dotti ministri e santifichi quelli che vi sono e faccia per mezzo loro ritornare il fervore in tutte le anime cristiane. Accresca il numero dei missionari
cattolici, poiché ancora una volta abbiamo a lamentare con il divino Maestro :"le messi sono molte, gli operai sono pochi".
Annita, non dimenticate mai di pregare per tutti gli esposti bisognosi, e così, senza essere né un apostolo né un sacerdote e né un missionario, ne conseguirete intanto quella corona che il Padre celeste preparò ab aeterno a costoro.

Epist III, 61


Abbi gran compassione a tutti i pastori, predicatori e guidatori di anime, e vedi come sono sparsi sopra tutta la faccia della terra, perché non vi è al mondo provincia, dove non ve ne siano molti. Prega Dio per essi, acciocché, salvando loro medesimi, procurino fruttuosamente la salute delle anime.

Epist III, 931

L'apostolato va fatto indipendentemente dalla stima degli altri

Potete e dovete stare nella piena persuasione che l'apostolato che state esercitando riesce di gradimento a Nostro Signore. Né vi è lecito ritirarvene per quei vani ed inutili timori che voi sentite e che mi avete manifestati. Se fosse lecito ad un'anima ritirarsi dal fare del bene pel timore che si ha dal perché delle persone apprezzano e lodano l'opera sua, allora nessuna opera buona, almeno pubblica, avrebbe ragione di esistere. Ed allora il precetto del divin Maestro: "così rifulgano le vostre buone opere, affinché tutti glorifichino il vostro Padre Celeste, che è nei cieli" viene frustrato, viene reso inutile e Gesù stesso avrebbe precettato cose impossibili ad osservarsi. Vi piace questa legittima conclusione che scende dalle premesse? A voi la risposta.

Epistolario Morgera, 109


Il senso della vocazione missionaria di p. Pio

Egli si sceglie delle anime e tra queste, contro ogni mio demerito, ha scelto anche la mia per essere aiutato nel grande negozio dell'umana salvezza. E quanto più queste anime soffrono senza verun conforto tanto più si alleggeriscono i dolori del buon Gesù.
Ecco tutta la ragione perché desidero soffrire sempre più e soffrire senza conforto; e di ciò ne faccio tutta la mia gioia. Purtroppo ho bisogno del coraggio, ma Gesù nulla negherà. Ciò posso attestarlo dalla lunga esperienza fattane, purché non si cessa di importunarlo.

Epist I, 303


Impegnarsi per la salvezza delle anime

Continuate, continuate, o padre, a spendere tutte le vostre forze per l'altrui salvezza, che appunto questo è quello che Gesù vuole da voi. Umiliatevi sotto la potente mano del Signore nel tempo della prova, affinché vi rendiate degno di essere esaltato nel tempo della visita. Del resto poi state tranquillo, ché il Signore è con voi e nulla vi è a temere.

Epist I, 529

Missionari con la preghiera

Non tutti siamo chiamati da Dio a salvare anime ed a propagare la sua gloria mediante l'alto apostolato della predicazione; e sappiate pure che questo non è l'unico e solo mezzo per raggiungere questi due grandi ideali. L'anima può propagare la gloria di Dio e lavorare per la salvezza delle anime mediante una vita veramente cristiana, pregando incessantemente il Signore che "venga il suo regno", che il suo santissimo nome "sia santificato", che "non c'induca in tentazione", che "ci liberi dal male".
Questo è quello che dovete fare ancora voi, offrendo tutta voi stessa e continuamente al Signore per questo fine. Pregate per i perfidi, pregate per i tiepidi, pregate per i fervorosi ancora, ma specialmente pregate pel sommo Pontefice, per tutti i bisogni spirituali e temporali della santa chiesa, nostra tenerissima madre; ed una preghiera speciale per tutti coloro che lavorano per la salute delle anime e per la gloria di Dio colle missioni fra tanta gente infedele ed incredula.

Epist II, 68


Fonte: Agenzia Fides
Fraternamente CaterinaLD

"Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
(fr. Carlos Alfonso Azpiroz Costa OP
Maestro dell’Ordine)
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10/03/2011 12:57
 
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La “sindone” di padre Pio


di Renzo Allegri

ROMA, martedì, 8 marzo 2011 (ZENIT.org).- Nell’autunno del 1998, ricevetti una telefonata. Un figlio spirituale di padre Pio mi chiedeva di andarlo a trovare. "Lei è un giornalista che scrive spesso di Padre Pio, io leggo i suoi articoli", disse. "Ho qualche cosa di molto importante da raccontarle".

Padre Pio era morto da trent’anni. Il processo della sua beatificazione era finito e si conosceva già la data della solenne proclamazione della sua santità. Andai a trovare quell’uomo e mi raccontò una storia così sconcertante da farmi pensare che, almeno in parte, fosse frutto della sua fantasia. Riferii la storia in un mio articolo, ma con tono distaccato, come per far capire al lettore che riportavo fedelmente ciò che mi era stato detto, ma io stesso stentavo a credere che quei fatti fossero realmente accaduti.

Sono trascorsi quasi tredici anni e quella storia è tornata di attualità. Di essa se ne stanno interessando alcune personalità ecclesiastiche e anche un famoso scienziato. I risultati finora raggiunti dimostrano che si tratta di una storia seria, anche se incredibile da un punto di vista razionale, che aggiunge un nuovo sorprendente capitolo ai misteri carismatici di padre Pio.

Quel figlio spirituale di padre Pio si chiamava Francesco Cavicchi. Era un industriale veneto, assai noto a Conegliano, in provincia di Treviso, dove viveva. Aveva 85 anni, e per i suoi meriti gli era stato conferito dal Presidente della Repubblica il titolo di commendatore. E’ deceduto nel 2005.

Quando andai a trovarlo, mi ricevette nella sua casa, una villetta, alla periferia della città. Mi fece accomodare nel salotto ed entrò subito in argomento. "Posseggo uno speciale ritratto di padre Pio, che lo stesso religioso mi ha regalato facendolo apparire in maniera misteriosa e inspiegabile su un normale fazzoletto", mi disse. "E’ un’immagine straordinaria, una reliquia preziosissima, che tengo da quasi trent’anni. Ho parlato di questa immagine con alcuni frati cappuccini e anche con il mio vescovo ma mi hanno sempre raccomandato di non pubblicizzare la vicenda perché poteva essere presa per fanatismo e nuocere alla causa di beatificazione del padre. Ma, adesso che il processo di beatificazione è finito, mi hanno dato il permesso di parlare e di far conoscere questa misteriosa immagine".

Il commendator Cavicchi si alzò e mi condusse in una stanza accanto al salotto. Accese le luci, aprì una porticina. "Ecco la preziosa reliquia", disse. L’immagine era conservata in un angolo della stanza, trasformato in una piccola cappella. Il telo, su cui si intravedeva l’immagine, era quello di un normale fazzoletto, segnato, ai bordi, da un caratteristico disegno a righe, tipico dei fazzoletti di un tempo. Era sospeso tra due vetri, tenuti insieme da una grossa cornice dorata e montata su di un piedistallo girevole, in modo che si potesse vedere l’immagine dai due lati. Tutto intorno, fotografie e tanti ex voto.

"Anche se io ho cercato di tenere nascosta questa vicenda, come mi era stato raccomandato", disse Cavicchi "molti devoti ne sono a conoscenza. La storia è stata diffusa con il 'passa parola' e spesso ricevo foto di ammalati, con richiesta di preghiere. Io pongo quelle foto accanto all’immagine e qualcuno è anche guarito come dimostrano tutti questi ex voto".

Osservai attentamente e con curiosità l’immagine. Era indubbiamente il ritratto di padre Pio. Un viso leggermente sfocato, ma che richiamava in modo inconfondibile le linee somatiche del volto del frate con le stigmate. Se ci si avvicinava, l’immagine sfumava, svaniva quasi. Se ci si allontanava, prendeva contorni più precisi. Proprio come succede guardando la Sindone, il celeberrimo Lenzuolo che, secondo un’antichissima tradizione, avvolse il corpo di Cristo morto e sul quale, in modo misterioso, rimase impressa l’immagine di Gesù. Girando il quadro sul piedistallo, si poteva vedere il rovescio di quel fazzoletto. Mentre da un lato l’immagine richiamava perfettamente il volto di padre Pio, dall’altro, quel volto rivelava una sconvolgente somiglianza con il tradizionale volto di Gesù. Le linee essenziali restavano quelle del volto di padre Pio, che però assumeva contorni nuovi, una capigliatura alla nazarena che faceva pensare al Cristo.

"E’ strano, non è vero?", disse il commendator Cavicchi. "Sono proprio convinto che su questo fazzoletto da una parte ci sta il volto di padre Pio e dall’altra quello di Gesù. A significare, come tanti hanno scritto, che padre Pio, con il suo mistero delle stigmate e della sofferenza è stato, su questa terra, un “altro Cristo”".

Qual è l’origine di questa immagine?”, chiesi impaziente

"La storia iniziò alla fine di febbraio del 1968", cominciò a raccontare Francesco Cavicchi. Volto ieratico, occhi vivacissimi, voce profonda, parlava con una calma serafica, senza riuscire però a nascondere la sua emozione. "Ero andato da padre Pio, che conoscevo e frequentavo da tempo, per chiedergli dei consigli. Avevo fatto il viaggio in macchina con mia moglie e altri amici. Ma, giunti a San Giovanni Rotondo, apprendemmo che il padre non stava bene e quindi non scendeva dalla sua stanza. Ci fermammo egualmente per alcuni giorni. Poi decidemmo di tornare a casa”.

"Prima di partire andai dal superiore del Convento per sapere se, tramite lui, potevo far giungere il mio messaggio a Padre Pio e avere una risposta. 'Perché non parli direttamente con il padre?', mi disse. 'Sono qui da diversi giorni e non lo vedo', risposi. 'Tra poco scende per confessare gli uomini', disse lui. E aprendo una porta della clausura mi indicò l’ascensore da dove sarebbe arrivato il padre. 'Aspettalo lì', disse”.

"Ero solo davanti a quell’ascensore, ed ero preoccupato. Non sapevo come avrei iniziato a parlare con padre Pio. Lui aveva sempre poco tempo e quindi non potevo perdermi in chiacchiere. L’agitazione mi faceva sudare le mani. Presi il fazzoletto che avevo in tasca e lo tenevo stretto tra le mani per togliere il sudore. Intanto sentii arrivare l’ascensore. Mi inginocchiai davanti alla porta. Quando questa si aprì, il padre mi diede da baciare la mano e disse sorridendo: 'Figliolo, se non ti alzi io come faccio a uscire?'”-

"Era vero. Ostruivo il passaggio. Mi alzai. Lui vide il fazzoletto che tenevo in mano e me lo prese. Io subito pensai: 'Che bellezza! Poi, quando me lo restituirà, sarà per me una reliquia preziosa'. Camminando accanto al padre, che era accompagnato da due confratelli, gli confidai il mio problema e, come sempre, lui ebbe la risposta immediata e precisa”.

"Intanto eravamo giunti davanti all’ingresso del convento. Fuori c’era la folla che attendeva il padre. Appena venne aperta la porta, molti gli corsero incontro per baciargli la mano, per toccarlo. Fu inghiottito dalla gente e io rimasi lì sull’uscio a guardare. Avevo dimenticato il fazzoletto, ma non lo aveva dimenticato padre Pio. Infatti, si girò verso di me e mostrandomi il fazzoletto, disse: 'Guagliò, e questo non te lo prendi?'. 'Ah, sì, grazie', balbettai ricordandomi che era un ricordo bellissimo. Lui mi fissò negli occhi, dispiegò il fazzoletto, se lo passò sul volto quasi a voler asciugare un ipotetico sudore che non c’era perché era inverno, e me lo consegnò. Il suo era stato un evidente gesto di tenerezza nei miei confronti. Riprendendo dalle mani del padre quel fazzoletto, ero profondamente commosso e capivo che mi aveva fatto un grande regalo".

"Notò qualche cosa di particolare su quel fazzoletto?"

"Non c’era niente. Ne sono certo. Era un fazzoletto stropicciato e basta. Ma era stato nelle mani di Padre Pio, aveva toccato il suo volto, e per me era diventato una reliquia eccezionale. Tornato in albergo raccontai la storia a mia moglie e anche lei era felice di avere quell’oggetto. Tornati a casa, lo tenemmo con grande devozione.

"Io lo portavo sempre con me, come un portafortuna. Lo tenevo piegato nel taschino della giacca e spesso lo facevo vedere agli amici raccontando la storia. Tutti lo toccavano con devozione e, con il passare del tempo, il fazzoletto aveva preso un brutto colore, sembrava sporco".

"Quando apparve la misteriosa immagine?".

"Il 23 settembre 1969, primo anniversario della morte di padre Pio. Ero andato in pellegrinaggio a San Giovanni Rotondo con mia moglie e altri devoti di padre Pio. Avevamo viaggiato, in pullman, di notte, giungendo a San Giovanni alle 5 del mattino. Mi sentivo addosso una grande stanchezza, molto più forte di quella che sentivo in genere dopo gli altri viaggi. Rimasi per un po’ a pregare nella cripta della chiesa, accanto alla tomba di padre Pio, ma poi, non riuscendo a vincere il sonno, salii nella chiesa, mi sedetti in un banco, in disparte, per riposare”.

"Dopo pochi attimi ero addormentato. E mentre dormivo sognai padre Pio. Lo vidi partire dall’altare maggiore e venire verso di me. Era sorridente. Giuntomi di fronte, con le mani aprì il saio mostrandomi la piaga del costato. 'Toccala', disse. Non volevo, temevo di fargli male. Ma lui insistette: 'Toccala'. Allora misi le dita nella piaga. Quando le ritirai, erano sporche di una specie di pattina bianca, attaccaticcia. Istintivamente cercai di pulirle, ma non sapevo dove. All’improvviso comparve un pezzo di stoffa bianca, una specie di fazzoletto, e in quel fazzoletto mi pulii le dita. Ma quella pattina bianca lasciava sul fazzoletto dei segni neri. E io, non so perché, passandovi sopra i polpastrelli delle dita ricavai una rozza immagine di padre Pio. Guardai il frate, ma era sparito”. "In quel momento qualcuno mi svegliò. Era mia moglie. 'Sei molto stanco', mi disse. 'Ma ho anche riposato', risposi, e aggiunsi: 'Vado fuori a rinfrescarmi il viso'”.

"In fondo al sagrato, davanti alla chiesa, c’era una fontanella, che adesso è stata spostata altrove. Molta gente andava a prendere l’acqua per dissetarsi e anche perché era considerata 'l’acqua di padre Pio'. Mi avvicinai, bagnai le mani e il viso, e tolsi di tasca un fazzoletto per asciugarmi. Invece del fazzoletto normale, per errore presi quello che mi aveva regalato padre Pio. Una donna, che mi stava di fronte, disse: 'Signore, com’è sporco il suo fazzoletto. Vuole che glielo lavi?'. Guardai il fazzoletto e vidi che era piuttosto nero e macchiato. 'Sì, laviamolo', dissi. E mentre pronunciavo queste parole mi meravigliai di quella decisione perché tante volte mia moglie voleva lavarlo e non glielo avevo mai permesso. La donna si avvicinò e cominciò a versare sul fazzoletto l’acqua della sua bottiglia. Io lo sciacquavo tra le mani. Improvvisamente la donna cominciò a gridare: 'Padre Pio, padre Pio'. 'Dov’è?', chiesi. 'Lì, nel fazzoletto', disse lei continuando a strillare. Accorse gente. Mi spaventai. Il giorno prima una donna che aveva gridato in chiesa di vedere padre Pio sui gradini dell’altare era stata presa dai carabinieri e portata in questura. Misi in tasca il fazzoletto tutto bagnato e mi allontanai dicendo: 'Non c’è niente da vedere'. Mi rifugiai in chiesa e dopo un poco tornai in albergo".

"Su quel fazzoletto, quindi, si vedeva il volto di 'adre Pio".

"Io, per la verità, vedevo dei segni neri sconnessi, simili a quelli che mi pareva di aver tracciato in sogno. Potevano far pensare al volto di una persona, ma non erano chiari. E io, pur comprendendo che qualcosa di misterioso stava accadendo intorno a quel fazzoletto, non volevo essere ingannato. Per questo non dissi niente a nessuno. Neppure a mia moglie. Prima di andare a letto, stesi il fazzoletto sul comò della camera perché si asciugasse. Al mattino, durante la Messa, pregai padre Pio che mi 'facesse capire' il significato dei segni comparsi sul fazzoletto. E gli chiesi anche di potermi confidare con mia moglie. Sentii subito un forte profumo e lo interpretai come il permesso di parlare con mia moglie”.

"Mentre tornavamo in albergo, raccontai a mia moglie quanto era accaduto. Saliti nella nostra camera, andai a prendere il fazzoletto e glielo misi davanti agli occhi. 'Tu, che cosa vedi?', le chiesi. 'Il volto di Gesù', disse lei. 'Quale Gesù, è padre Pio', ribattei. 'No, per me è il volto di Gesù'. Guardai e mi resi conto di aver mostrato a mia moglie un’immagine diversa da quella che avevo visto io. Girai il fazzoletto, e dall’altra parte c’era il volto di padre Pio composto con quei segni neri e sconnessi che avevo notato anche la sera precedente, ma adesso il volto appariva nitido e dettagliato. Nel corso della notte, sul fazzoletto si erano quindi formate quelle due immagini misteriose, distinte e diverse, che richiamavano il volto di Gesù e quello di padre Pio”.

"Ero confuso e spaventato. Non sapevo che dire né che fare. Mi consigliai con alcuni religiosi. Tutti, vedendo l’immagine, rimanevano meravigliati ma poi mi dicevano di tenerla nascosta. Tornato a Conegliano, parlai anche con il mio vescovo e anche lui mi consigliò il silenzio. Temevano che potesse suscitare fanatismo e creare danno alla causa di beatificazione. E io ho obbedito. Ho tenuto sempre nascosta questa immagine. La mostravo solo a chi aveva l’autorizzazione dei Frati Cappuccini. Ma, come ho detto, adesso ho il permesso farla conoscere. E spero che si voglia finalmente esaminarla per capire quale sia il suo valore e il suo segreto".

Lasciai la casa del commendatore Cavicchi perplesso. Pur avendo stima di quell’uomo, che era un grande devoto di padre Pio e per tanti anni era stato il responsabile dei “Gruppi di preghiera” della sua città, carica che viene data solo a persone che si distinguono per prudenza e spiritualità, la storia che mi aveva raccontato non mi convinceva pienamente. La riferii in un lungo articolo, come avevo promesso a Cavicchi e poi non me ne interessai più.

Nel 2005 Cavicchi morì. Il famoso fazzoletto venne consegnato a una comunità di Frati che, ad un certo momento, decisero di far esaminare quell’immagine a un esperto. Si rivolsero al professor Giulio Fanti, professore dell’Università di Padova. Fanti è un matematico, docente di “Misure Meccaniche e Termiche” presso il Dipartimento di Ingegneria Meccanica dell’Università patavina, uno scienziato di grande fama che ha partecipato alla preparazione di diverse imprese spaziali USA, ma è anche un grande esperto della Sindone, sulla quale ha fatto importanti ricerche, scritto libri, ed è studioso anche di quelle immagini misteriose, definite “acheropite”, termine che deriva del greco e che significa “non fatte da mano dell’uomo”.

Il professor Fanti ha compiuto le sue ricerche arrivando a conclusioni che hanno veramente dell’incredibile. "Le due immagini che si vedono su questo fazzoletto non hanno alcuna spiegazione scientifica e non sono, quindi, opera umana", mi ha detto il professore. "Queste immagini hanno le tipiche caratteristiche della Sindone: non sono state dipinte, non sono state disegnate, sulla tela non si trova nessuna traccia di colore o di altra sostanza. La Scienza deve essere aperta a tutto e se esiste un oggetto strano di cui non si conosce l’origine, la strada giusta è indagarlo".

"Che tipo di ricerche ha compiuto su questo fazzoletto?".

"Tutte quelle necessarie in casi del genere, utilizzando i mezzi scientifici più moderni e sofisticati: analisi fotografiche nel visibile, nell’ultravioletto, nell’infrarosso, analisi chimiche, analisi al microscopio elettronico eccetera. La conclusione è inconfutabile: è impossibile che queste immagini siano di opera umana".

"E quale, secondo lei, potrebbe esserne l’origine?" .

"Non è compito della scienza stabilirlo. Noi osserviamo ed esaminiamo i fatti. Sarebbe lungo illustrarli nei dettagli. Mi soffermo su uno. Queste immagini sono frutto non di 'pigmentazione', ma di 'mancanza di pigmentazione'. Mi spiego. Se io dipingo un tessuto e poi lo esamino al microscopio, trovo che le fibre nella zona dell’immagine sono colorate mentre il resto del tessuto non lo è. Nel fazzoletto di Cavicchi, avviene invece il contrario. In corrispondenza dell’immagine, le fibre appaiono 'de-colorate', cioè hanno perduto il colore naturale della loro sostanza. L’immagine, quindi, è data dalla 'perdita' di colore delle fibre in quel preciso punto. E’ veramente arduo pensare che esista qualcuno in grado di 'compiere' un intervento del genere. Ma c’è di più. Anche a livello delle fibrille, i conti non tornano. Le fibrille sono i filamenti di tessuto che costituiscono la fibra ed hanno un diametro di dieci millesimi di millimetro. Nella zona dell’immagine, le fibrille non sono 'de-colorate' per tutta la loro lunghezza, ma solo in alcuni punti, quelli utili a formare l’immagine. Nessuna persona, con nessun mezzo oggi conosciuto, potrebbe eseguire sulle fibrille un intervento del genere".

Il professor Fanti è una persona riservata, di poche parole, ma la sua fama nel mondo scientifico è grande. Per questo le sue affermazioni riguardanti il fazzoletto di Cavicchi, affermazioni così chiare e decise, pesano come macigni e inducono a serie riflessioni.


Fraternamente CaterinaLD

"Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
(fr. Carlos Alfonso Azpiroz Costa OP
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A MESSA CON PADRE PIO


a cura del Centro regionale Gruppi di Preghiera di Padre Pio Madonna dei Sette Dolori - Pescara


«...chi non ricorda il fervore col quale Padre Pio riviveva, nella Messa, la Passione di Cristo? Da qui la stima che egli aveva della Messa - da lui chiamata "mistero tremendo" - come momento decisivo della salvezza e della santificazione dell'uomo mediante la partecipazione alle sofferenze stesse del Crocifisso. "C"è nella Messa - diceva - tutto il Calvario". La Messa fu per lui la "fonte e il culmine", il perno ed il centro di tutta la sua vita e di tutta la sua opera».

Sua Santità Giovanni Paolo II, San Giovanni Rotondo 23 maggio 1987

MENTRE IL SACERDOTE SALE ALL'ALTARE

«Una cosa desidero da voi...: la vostra ordi­naria meditazione si aggiri possibilmente intorno alla vita, passione e morte, non­ché intorno alla risurrezione coll'ascensione del nostro Signore Gesù Cristo.

Potrete quindi meditarne la sua nascita, la sua fuga e dimora in Egitto, il suo ritorno e la sua vita nascosta nella bottega di Nazareth sino a i trenta anni; la sua umiltà nel farsi battezzare dal suo pre­cursore san Giovanni; potrete meditare la sua vita pubblica, la sua dolorosissima passione e morte, l'istituzione del santissimo Sacramento, proprio in quella sera in cui gli uomini gli stavano prepa­rando i più atroci tormenti; potrete meditare anco­ra Gesù che fa orazione nell'orto e che sudò san­gue alla vista dei tormenti che gli uomini a lui pre­paravano e dell'ingratitudine degli uomini che non si sarebbero avvaluti dei suoi meriti; meditare pure Gesù trascinato e menato nei tribunali, fla­gellato e coronato di spine, il suo viaggio per l'erta del Calvario carico della croce, la sua crocifissione e finalmente la sua morte in croce fra un mare di angosce, alla vista della sua afflittissima Madre». (Epistolario III, pagine 63-64)

«Rappresenta alla tua immaginazione Gesù crocifisso tra le tue braccia e sul tuo petto, e di' cento volte, baciando il suo costato: "Quest'è la mia speranza, la viva sorgente della mia felicità; quest'è il cuore dell'anima mia; mai nulla mi sepa­rerà dal suo amore; io lo posseggo e non lo lascerò, finché non mi mette nel luogo di sicurezza".

Digli spesso: "Che cosa posso io avere sulla terra, o che posso pretendere nel cielo, se non voi, o mio Gesù? Voi siete il Dio del mio cuore e l'ere­dità che io desidero eternamente"». (Epistolario III, pagina 503)

«Nell'assistere alla santa Messa rinnova la tua fede e medita quale vittima s'immola per te alla di­vina giustizia per placarla e rendertela propizia.

Non allontanarti dall'altare senza versare la­crime di dolore e di amore per Gesù, Crocifisso per la tua eterna salute.

La Vergine Addolorata ti terrà compagnia e ti sarà di dolce ispirazione».

(Dedica scritta da Padre Pio su un messale. cfr. "Lettere di Padre Pio", presentate da S. Em. Giacomo Cardinale Lercaro. Edizione 1971, pagina 66)

CONFESSO

«Vivi umile, dolce ed innamorata del nostro Sposo celeste, e non ti dar fastidio per non poter aver memoria di tutti i tuoi mi­nimi mancamenti per poterteli confessare; no, fi­gliuola, non conviene per questo affliggerti perché siccome cadi spesso senza accorgertene, così pari­menti senza che te ne accorgi, risorgi.

... il giusto si vede o si sente cadere sette volte al giorno... e così se cade sette volte, senza appli­carvisi si rileva.

Non ti pigliar dunque fastidio di questo, ma con franchezza ed umiltà di' quello che ricordi, ri­mettilo alla dolce misericordia di Dio, il quale po­ne la sua mano sotto quelli che cadono senza mali­zia, acciocché non si facciano male o restino feriti, e li rialza e solleva così presto che non s'accorgono di essere caduti, perché la divina mano li ha raccol­ti nel cadere, né tampoco di essere risorti, perché sono stati così presto sollevati che non hanno po­tuto pensarvi». (Epistolario III, pagina 945)

«Il quadro della vita poi,... non ha più ragione di cagionarti spavento ed abbattimento di spirito. Gesù ha perdonato tutto; tutto ha consumato col fuoco del suo santo amore.

Il persuaderti del contrario non è sentimento che viene da Dio, ma è artificio del nemico che vuole, se gli fosse possibile, allontanarti da Dio e darti in braccio allo sconforto ed alla disperazio­ne». (Epistolario III, pagina 264)

«Umiliati amorosamente avanti a Dio ed agli uomini, perché Iddio parla a chi tiene le orecchie basse. - Ascolta - dice egli alla sposa della sacra Cantica, - considera ed abbassa le tue orecchie, dimenticati del tuo popolo e della casa di tuo pa­dre -. Così il figliuolo amoroso si prostra sopra la sua faccia, quando parla al suo Padre celeste; ed aspetta la risposta dell'oracolo suo divino.

Iddio riempirà il tuo vaso del suo balsamo quando lo vedrà vuoto dei profumi del mondo; e quanto più ti umilierai, più egli ti esalterà». (Epistolario III, pagine 733-734)

PREGHIAMO

«Il sacro dono dell'orazione... sta posto nella destra mano del Salvatore, ed a misura che tu sarai vuota di te stessa, cioè dell'amore del tuo corpo e della tua propria volontà, e che ti andrai ben radicando nella santa umiltà, il Signore lo andrà comunicando al tuo cuore...

... le grazie ed i gusti dell'orazione non sono acque della terra, ma del cielo, e che perciò tutti i nostri sforzi non bastano a farla cadere, benché sia necessario disporvisi con grandissima diligenza sì, ma sempre umile e tranquilla: bisogna tenere il cuore aperto verso il cielo ed aspettare di là la cele­ste rugiada. Non ti scordare di portare... con te all'orazione questa considerazione, perché con es­sa ti avvicinerai a Dio, e ti metterai alla sua presen­za per due principali ragioni: la prima per rendere a Dio l'onore e l'ossequio che gli dobbiamo, e ciò può farsi senza che egli parli a noi né noi a lui, perché quest'obbligo si adempie riconoscendo che egli è il nostro Dio e noi sue vili creature, che stiamo prostrate col nostro spirito avanti al di lui cospetto e senza che lui ci parli.

Ora,... l'uno di questi due beni non ti può mai mancare nell'orazione. Se puoi parlare al Signore, parlagli, lodalo, pregalo, ascoltalo; se non puoi parlare per essere rozza, non ti dispiacere; nelle vie dello spirito, fermati in camera, a guisa dei cor­tigiani, e fargli riverenza.

Egli che vedrà, gradirà la tua pazienza, favori­rà il tuo silenzio ed un'altra volta rimarrai consola­ta... La seconda ragione per la quale uno si pone al­la presenza di Dio nell'orazione è per parlargli e sentire la sua voce per mezzo delle sue ispirazioni ed illuminazioni interne, ed ordinariamente que­sto si fa con un grandissimo gusto, perché è una grazia segnalata per noi il parlare ad un Signore così grande, il quale, quando risponde, spande so­pra di noi mille balsami ed unguenti preziosi che recano una grande soavità all'anima, ascoltando i suoi comandi. Quanti cortigiani ci sono che ven­gono e vanno cento volte alla presenza del re non per parlargli o per ascoltarlo, ma semplicemente per essere veduti da lui e con quella assiduità farsi riconoscere per suoi veri servi?

Questo modo di stare alla presenza di Dio so­lamente per protestare con la nostra volontà di ri­conoscerci per suoi servi, è santissimo, eccellen­tissimo, purissimo e di grandissima perfezione... In questa forma non ti inquieterai per parlar­gli, perché l'altra occasione di stare appresso di lui non è meno utile, anzi forse molto più, benché sia meno conforme al nostro gusto. Quando dunque tu ti troverai appresso Dio nell'orazione, conside­ra la sua verità, parlagli, se puoi, e se non puoi, fer­mati lì, fatti vedere, e non ti pigliare altro fastidio». (Epistolario III, pagine 979-983)

LITURGIA DELLA PAROLA

«... tali letture (sono) di gran pascolo all'anima e di grande avanzamento nella vita della perfe­zione, non meno di quella che l'è dell'orazio­ne e della santa meditazione, perché nell'orazione e meditazione siamo noi che parliamo al Signore mentre nella santa lettura è Dio quello che parla a noi.

Cercate di far tesoro quanto più potete di queste sante letture e ne sentirete ben presto il rinnovamento nello spirito. Innanzi di mettervi a leggere tali libri innalzate la mente vostra al Signo­re e supplicatelo che lui stesso si faccia guida della vostra mente, si degni di parlarvi al cuore e muo­vere egli stesso la vostra volontà.

Ma non basta; conviene ancora che vi prote­stiate dinanzi al Signore prima di cominciare la let­tura, e rinnovarla di tanto in tanto nel corso che va fatta tale lettura, che voi non la fate per studio e per pascere la vostra curiosità, ma unicamente per piacergli e per dargli gusto». (Epistolario II, pagine 129-130)

«Ecco come si esprimono i santi padri nell'esortare l'anima ad una tale lettura.

San Bernardo nella sua scala claustrale am­mette esser quattro i gradini o i mezzi per cui si sa­le a Dio ed alla perfezione; e dice che sono la lezio­ne e la meditazione, l'orazione e la contempla­zione.

Ed a provare ciò che egli dice apporta quelle parole del divin Maestro: - Cercate e troverete, bussate e vi sarà aperto -; ed applicandole ai quat­tro mezzi o gradi della perfezione, dice che con la lezione della sacra scrittura e degli altri libri santi e devoti si cerca Iddio; con la meditazione si trova, con l'orazione si bussa al di lui cuore e con la con­templazione si entra nel teatro delle divine bellez­ze, aperto dalla lezione, meditazione ed orazione, agli sguardi della nostra mente.

La lezione, seguita a dir altrove il santo, è quasi il cibo spirituale applicato al palato dell'ani­ma, la meditazione la mastica coi suoi discorsi, l'orazione ne prova il sapore; e la contemplazione è 1'istessa dolcezza di questo cibo di spirito che ri­stora tutta l'anima e la conforta.

La lezione si ferma nella corteccia di ciò che si legge; la meditazione ne penetra il midollo; l'ora­zione ne va in cerca colle sue dimande; la contem­plazione se ne diletta come di cosa che già possie­de...

... afferma san Gregorio: - I libri spirituali so­no a guisa d'uno specchio, che Dio ci pone davanti acciocché mirandoci in essi ci correggiamo dei nostri errori e ci adorniamo di ogni virtù.

E siccome le donne vane si affacciano fre­quentemente allo specchio, e quivi ripuliscono ogni macchia del volto, correggono gli errori del crine e si adornano in mille guise per comparire vaghe agli occhi altrui, così il cristiano deve spesso porsi avanti agli occhi i libri santi per iscorgervi... i difetti di cui si deve correggere e le virtù di cui si deve abbellire per piacere agli occhi del suo Dio». (Epistolario II, pagine 142-144)

CREDO

«La fede viva, la credenza cieca e la completa adesione alla autorità costituita da Dio so­pra di te, questo è il lume che rischiarò i passi del popolo di Dio nel deserto, questo è il lu­me che risplende sempre nell'alta punta di ogni spirito accetto al Padre; questo è il lume che con­dusse i magi ad adorare il nato Messia, questa è la stella profetizzata da Balaam, questa è la fiaccola che dirige i passi di questi spiriti desolati.

E questo lume e questa stella e questa fiacco­la sono pure ciò che illuminano la tua anima, diri­gono i tuoi passi perché tu non vacilli; fortificano il tuo spirito nel divino affetto e, senza che l'anima il conosca, si avanza sempre verso l'eterna meta». (Epistolario III, pagina 400)

«... mi prometto di far ascendere le mie pove­re suppliche al trono di Dio con più fiducia e con totale abbandono, scongiurandolo e facendo una dolce violenza al suo cuore divino, perché voglia concedermi la grazia di accrescere in voi lo spirito della sapienza celeste, che così potrete conoscere con più chiarezza i divini misteri e la divina grandezza...

Un accrescimento di lume celeste; lume che non può acquistarsi né con lungo studio, né per mezzo di umano magistero, ma che immediata­mente viene infuso da Dio; luce che quando l'ani­ma giusta l'ottiene, conosce nelle sue meditazioni con tal chiarezza e con tale gusto ama il suo Dio e le cose eterne, che quantunque non sia che il lume di fede, pure basta a sollevarla in modo che le spa­risce innanzi tutta la terra, ed ha per un nulla quanto le può promettere il mondo.

Intorno a tre grandi verità specialmente biso­gna pregare lo Spirito Paracleto che ci illumini e sono: che ci faccia conoscere sempre più l'eccel­lenza della nostra vocazione cristiana. L'essere scelti, l'essere eletti tra innumerabili, e sapere che questa scelta, che questa elezione è stata fatta, senza nessuno nostro merito, da Dio fin dall'eter­nità.., a solo fine che fossimo suoi nel tempo e nell'eternità, è un mistero sì grande ed insieme sì dolce, che l'anima per poco che il penetra, non può non liquefarsi tutta in amore.

Secondariamente preghiamo che ci illumini sempre di più intorno all'immensità dell'eterna eredità a cui la bontà del celeste Padre ci ha desti­nati. La penetrazione del nostro spirito in questo mistero aliena l'anima dai beni terreni, e ci rende ansiosi di arrivare alla patria celeste.

Preghiamo infine il Padre dei lumi che ci fac­cia sempre più penetrare il mistero della nostra giustificazione, che da miseri peccatori ci trasse a salute.

La nostra giustificazione è un miracolo estre­mamente grande che la sacra scrittura lo paragona colla risurrezione del divin Maestro...

Oh! se tutti comprendessimo da quale estre­ma miseria ed ignominia ci ha tratto la mano onni­potente di Dio.

Oh! se potessimo penetrare per un solo istan­te quello che stupisce ancora gli stessi spiriti cele­sti, cioè lo stato a cui la grazia di Dio ci ha sollevati ad essere niente meno quali suoi figliuoli destinati a regnare col Figliuolo suo per tutta l'eternità! Quando ciò sarà permesso di penetrare ad anima umana, ella non può se non vivere una vita tutta celeste...

Quante volte il Padre celeste vorrebbe sco­prirci i suoi segreti ed è costretto a ciò non fare, es­sendocene noi resi incapaci per sola nostra mali­zia...

Nelle nostre meditazioni svolgiamo spesso le fin qui esposte verità, che così ci troveremo più ro­busti nella virtù, più nobili nei nostri pensamen­ti». (Epistolario III, pagine 198-200)

PREGHIERA DEI FEDELI

«Pregate per i perfidi, pregate per i tiepidi, pregate per i fervorosi ancora, ma special­mente pregate per il Sommo Pontefice, per tutti i bisogni spirituali e temporali della santa chiesa, nostra tenerissima madre; ed una preghie­ra speciale per tutti coloro che lavorano per la salu­te delle anime e per la gloria di Dio colle missioni fra tanta gente infedele ed incredula.

Vi torno ad esortare di consacrare tutta voi stessa e quante più anime a ciò potete indurre per tutti questi fini espostivi fin qui, e siate certa che questo è il più alto apostolato che un'anima possa esercitare nella chiesa di Dio». (Epistolario II, pagina 70)

«Abbi gran compassione a tutti i pastori, pre­dicatori e guidatori di anime, e vedi come sono sparsi sopra tutta la faccia della terra, perché non vi è al mondo provincia, dove non ve ne siano mol­ti. Prega Dio per essi, acciocché salvando loro me­desimi procurino fruttuosamente la salute delle anime...». (Epistolario III, pagina 707)

«Preghiamo incessantemente per i bisogni at­tuali della nostra diletta patria, dell'Europa e del mondo intero.

Dio misericordioso abbia pietà delle nostre miserie e dei nostri peccati; ridoni a tutto il mondo la tanto sospirata pace». (Epistolario III, pagina 81)

«È la preghiera, questa forza unita di tutte le anime buone, che muove il mondo, che rinnova le coscienze, che sostiene la "Casa", che conforta i sofferenti, che guarisce gli ammalati, che santifica il lavoro, che eleva l'assistenza sanitaria, che dona la forza morale e la cristiana rassegnazione alla umana sofferenza, che spande il sorriso e la bene­dizione di Dio su ogni languore e debolezza». (Padre Pio, Discorso per il decennale della Casa Sollievo della Sofferenza, 5/5/1966)

«... non intendo disapprovare che voi preghia­te anche Dio che vi consoli, allorquando sentite aggravarsi il peso della croce su di voi, poiché così facendo non operate affatto contrario alla volontà di Dio, stando che lo stesso Figliuolo di Dio pregò il Padre suo nell'Orto per qualche sollievo.

Ma quello che intendo dire si è che voi, dopo di aver pure chiesto a Dio di consolarvi, se a lui non piace farlo, siate pronte a pronunciare collo stesso Gesù il fiat».(Epistolario III, pagina 53)

OFFERTORIO

«…rammento che il mattino di detto giorno all'offertorio della santa messa mi si porgesse un alito di vita...

... ebbi tempo di offrirmi tutto intiero al Si­gnore per lo stesso fine che aveva il Santo Padre nel raccomandare alla Chiesa intiera l'offerta delle preghiere e dei sacrifizi.

E non appena ebbi finito di ciò fare mi sentii piombare in questa sì dura prigione e sentii tutto il fragore della porta di questa prigione che mi si ri­chiudeva dietro. Mi sentii stretto da durissimi cep­pi, e mi sentii venir meno alla vita». (Epistolario I, pagina 1053)

«Non vi dissi poi che Gesù vuole che io soffra senza alcun conforto? Non mi ha chiesto egli, for­se, ed eletto per una delle sue vittime? Ed il dolcis­simo Gesù mi ha fatto comprendere purtroppo tutto il significato di vittima. Bisogna... giungere al "consummatum est" ed all`in manus tuas"». (Epistolario I, pagina 311)

«Gesù, la sua diletta Madre, l'Angiolino con gli altri mi vanno incoraggiando, non tralasciando di ripetermi che la vittima per dirsi tale bisogna che perda tutto il suo sangue». (Epistolario I, pagina 315)

«Oramai, grazie al Cielo, la vittima è già salita all'altare degli olocausti e da sé dolcemente si va distendendo su di esso: il sacerdote è già pronto ad immolarla, ma dov'è il fuoco che deve consumare la vittima?». (Epistolario I, pagina 753)

«Soffri, ma rassegnata, perché la sofferenza non è voluta da Dio se non per la sua gloria e per il tuo bene: soffri, ma non temere perché la soffe­renza non è castigo di Dio, sibbene un parto di amore che vuole renderti simile al Figlio suo: sof­fri, ma credi pure che Gesù stesso soffre in te e per te e con te e ti va associando nella sua passione e tu in qualità di vittima devi pei fratelli quello che an­cor manca alla passione di Gesù Cristo. Ti conforti il pensiero di non essere sola in tale agonia; ma be­ne accompagnata; altrimenti come potresti volere ciò che l'anima fugge e spaventarti di non potere pronunciare il fiat? Come potresti "volere amare" il sommo Bene?». (Epistolario III, pagina 202)

PREGATE, FRATELLI...

«La potenza di Dio, è vero, di tutto trionfa; ma l'umile e dolente preghiera trionfa di Dio medesimo; ne arresta il braccio, ne spegne il fulmine, lo disarma, lo vince, lo placa e se lo rende quasi dipendente ed amico.

Oh! se tutti gli uomini di questo gran segreto della vita cristiana, insegnatoci da Gesù colle paro­le e col fatto, ad imitazione del pubblicano del tempio, di Zaccheo, della Maddalena, di san Pie­tro e di tanti illustri penitenti e piissimi cristiani ne facessero in se stessi l'esperienza, quanto abbon­dante frutto di santità in sé ne esperimenterebbe­ro!

Conoscerebbero ben presto questo segreto; per tal mezzo in breve giungerebbero a vincere la giustizia di Dio, a placarla quando più è sdegnata verso di loro, a volgerla in amorosa pietà, ad otte­nere tutto ciò di che ne abbisognano, il perdono dei peccati, la grazia, la santità, l'eterna salute ed il potere di combattere e vincere se stessi e tutti i suoi nemici». (Epistolario II, pagine 486-487)

«Ricordati,.. che non si perviene a salute se non per la preghiera; che non si vince la battaglia se non per la preghiera». (Epistolario III, pagina 414)

RICORDO DEI VIVI

«... io non offro mai il santo sacrificio al divin Pad­re, senza domandargli per voi l'abbondanza del suo santo amore e le sue più scelte benedi­zioni». (Epistolario III, pagina 309)

«... io chiedo continuamente nelle mie pre­ghiere e nella santa messa molte grazie per l'ani­ma tua; ma specialmente il divino amore: esso è tutto per noi, è il nostro miele,.. nel quale e col quale tutte le affezioni e tutte le azioni e sofferen­ze debbono essere addolcite.

Mio Dio, quant'è felice il regno interno, quando vi regna questo sant'amore! quanto sono beate le potenze dell'anima nostra, allorché ubbi­discono ad un re sì saggio». (Epistolario III, pagina 501)

«Mi chiedi se è utile e buona cosa applicare per i vivi il santo sacrifizio della messa. Rispondo essere utilissima e santissima cosa farsi applicare il sacrifizio della messa mentre si è peregrini su questa terra e ci aiuterà a farci vivere santamente, ad estinguere i debiti contratti con la giustizia divina e a renderci sempre più benigno il dolcissimo Si­gnore». (Epistolario III, pagine 765-766)

«lo ogni giorno presento il vostro cuore e quelli di tutta la vostra famiglia al divin Padre con quello del suo Figliuolo durante la santa Messa. Egli non potrebbe rifiutarlo a cagione di quest'unione in virtù della quale io fo l'offerta...». (Epistolario IV, pagina 472)

CONSACRAZIONE

«…il nostro buon Maestro... domanda al Pa­dre... in nome suo proprio, ed in nome nostro ancora: - Dacci oggi, o Padre, il pane nostro quotidiano. -

Ma qual'è questo pane? In questa domanda di Gesù, salvo sempre migliore interpretazione, io vi ravviso l'eucaristia principalmente. Ed oh! qua­le eccesso di umiltà di quest'Uomo Dio! Egli che è una cosa sola col Padre, egli che è l'amore e la deli­zia dell'eterno Genitore, sebbene sapesse che tut­to ciò che lui farebbe in terra sarebbe gradito e rati­ficato dal Padre suo in cielo, chiede licenza di re­star con noi!

...quale eccesso d'amore nel Figlio per noi ed in pari tempo quale eccesso di umiltà nel chiedere al Padre di permettergli a che rimanga con noi fino al fine del mondo!

Ma quale eccesso ancora del Padre per noi, che dopo averlo visto miserando gioco di 'sì pessi­mi trattamenti, permette a questo suo dilettissimo Figliuolo che se ne rimanga ancora fra noi, per es­sere ogni giorno fatto segno a sempre nuove ingiu­rie!

Questo 'sì buon Padre come mai ha potuto a ciò consentire?

Non bastava, o Padre eterno, aver voi permes­so una volta che questo Figliuolo vostro diletto fosse dato in preda al furor dei nemici giudei?

Oh! come mai potete acconsentire che egli se ne rimanga ancora in mezzo a noi per vederlo ogni giorno in così indegne mani di tanti pessimi sacer­doti, peggiori degli istessi giudei?

Come regge, o Padre, il vostro pietosissimo cuore nel vedere il vostro Unigenito 'sì trascurato e forse anche disprezzato da tanti indegni cristia­ni?

Come, o Padre, potete acconsentire che egli venga sacrilegamente ricevuto da tanti indegni cri­stiani?

O Padre santo, quante profanazioni, quanti sacrilegi deve il pietoso vostro cuore tollerare!!... Deh! Padre, a me oggi per un sentimento egoistico non posso pregarvi di togliere Gesù da mezzo gli uomini; e come potrei vivere io, sì debo­le e fiacco, senza di questo cibo eucaristico? come adempire quella petizione, fatta in nome nostro da questo vostro Figliuolo: - Sia fatta la volontà tua, come in cielo così in terra -, senza essere fortifica­to da queste carni immacolate?..

... che ne sarebbe di me se io vi pregassi e voi mi esaudiste, di toglierci Gesù da in mezzo agli uomini per non vederlo così malamente trattato?..

Padre santo, dateci oggi il nostro pane quoti­diano, dateci Gesù sempre durante questo nostro breve soggiorno in questa terra di esilio; datecelo e fate che noi ce ne rendiamo sempre più degni di accoglierlo nel nostro petto; datecelo sì, e saremo sicuri di adempiere quanto Gesù stesso per noi a voi ha indirizzato: - Sia fatta la volontà tua, come in cielo così in terra. -». (Epistolario II, pagine 342-344)

RICORDO DEI DEFUNTI

«Ed ora poi vengo, padre mio, a chiederle un permesso. Da parecchio tempo sento in me un bisogno, cioè di offrirmi al Signore vittima per i poveri peccatori e per le anime pur­ganti.

Questo desiderio è andato crescendo sempre di più nel mio cuore tanto che ora è divenuto, sarei per dire, una forte passione. L'ho fatta, è vero, più volte questa offerta al Signore, scongiurandolo a voler versare sopra di me i castighi che sono prepa­rati sopra dei peccatori e sulle anime purganti, an­che centuplicandoli su di me, purché converta e salvi i peccatori ed ammetta presto in paradiso le anime del purgatorio, ma ora vorrei fargliela al Si­gnore questa offerta colla sua ubbidienza. A me pare che lo voglia proprio Gesù». (Epistolario I, pagina 206)

«Vi confesso... che ho inteso fortemente la dipartita del vostro caro genitore...

Ma voi vorreste sapere come si sia trovato... davanti a Gesù.

Che dubbio si può avere sul bacio eterno che questo dolcissimo Gesù gli abbia accordato?.. Fatevi animo... sopportiamo anche noi l'ora della prova ed aspettiamo quel giorno in cui pos­siamo a lui congiungerci nella patria dei beati da­vanti a Gesù». (Epistolario III, pagine 479-480)

«Se vi si presenta alla mente la cara memoria dei vostri defunti, raccomandateli tutti al Signo­re... ». (Epistolario II, pagina 191)

PADRE NOSTRO

«Solleviamo il cuore in alto, a Dio; da lui ci verrà la forza, la calma ed il conforto». (Epistolario IV, pagina 101)

«... vivete in pace con voi stesso, sapendo che il vostro avvenire è disposto da Dio con ammirabi­le bontà pel vostro bene: a voi non rimane che ras­segnarvi a ciò che Dio vorrà disporre di voi e bene­dire quella mano che alcune volte sembra respin­gervi, ma che in realtà la mano di questo tenerissi­mo Padre non respinge mai, sibbene chiama, ab­braccia, carezza e se talvolta percuote, ricordiamo­ci che questa è sempre la mano di un padre». (Epistolario IV, pagina 198)

«Non tutti siamo chiamati da Dio a salvare anime ed a propagare la sua gloria mediante l'alto apostolato della predicazione; e sappiate pure che questo non è l'unico e solo mezzo per raggiungere questi due grandi ideali.

L'anima può propagare la gloria di Dio e lavorare per la salvezza delle anime mediante una vita veramente cristiana, pregando incessantemente il Signore che venga il suo regno, che il suo santissi­mo nome sia santificato, che non c'induca in ten­tazione, che ci liberi dal male». (Epistolario II, pagina 70)

SEGNO DELLA PACE

«La pace è la semplicità dello spirito, la serenità della mente, la tranquillità dell'ani­ma, il vincolo dell'amore.

La pace è l'ordine, l'armonia in tutti noi: ella è un continuo godimento, che nasce dal testimonio della buona coscienza: è l'allegrezza santa di un cuo­re, in cui vi regna Iddio. La pace è il cammino alla perfezione, anzi nella pace si trova la perfezione...». (Epistolario I, pagina 607)

«... la pace dello spirito può mantenersi anche in mezzo a tutte le tempeste della vita presente; essa... consiste essenzialmente nella concordia col nostro prossimo, desiderandogli ogni bene; consi­ste, ancora nell'essere in amicizia con Dio, me­diante la grazia santificante; e la prova di essere uniti a Dio ne è quella morale certezza che noi ab­biamo di non aver peccato mortale, che gravida sulla nostra anima.

La pace infine consiste nell'aver riportato vit­toria sul mondo, sul demonio e sulle proprie pas­sioni». (Epistolario II, pagina 189)

AGNELLO DI DIO

«Vedete quanti dispregi e quanti sacrilegi si commettono dai figliuoli degli uomini verso l'umanità sacrosanta del suo Fi­gliuolo nel sacramento dell'amore? A noi tocca,.. giacché dalla bontà del Signore siamo stati pre­scelti nella sua Chiesa, al dir di San Pietro, a regale sacerdozio, a noi tocca, dico, difendere l'onore di questo mansuetissimo Agnello, sempre sollecito quando si tratta di patrocinare la causa delle ani­me, sempre muto allorché trattasi della propria causa». (Epistolario III, pagine 62-63)

SIGNORE NON SON DEGNO

«Non ti meravigliare delle tue distrazioni ed aridità spirituali; ciò deriva in te, in parte dai sensi ed in parte dal tuo cuore che è interamente in tuo potere; ma per quanto io veggo e conosco, il tuo coraggio... è immobile ed invariabile nelle risoluzioni, che Dio ti ha conces­so.

Vivi dunque tranquilla. Allorché duri questo genere di male, non devi porti in angustia, non de­vi tralasciare mai di avvicinarti al sacro banchetto del divino Agnello, poiché nessuna cosa raccoglie­rà meglio il tuo spirito che il suo re, veruna cosa lo riscalderà tanto che il suo sole, veruna cosa lo stempererà 'sì soavemente che il suo balsamo». (Epistolario III, pagina 710)

«Camminate con semplicità nelle vie del Si­gnore e non tormentate il vostro spirito. Bisogna che odiate i vostri difetti, ma con odio tranquillo, e non già fastidioso e inquieto; fa d'uopo avere con essi pazienza, e ritrarne vantaggio mediante un santo abbassamento.

In difetto di tal pazienza,... le vostre imperfezioni, invece di scemare, crescono sempre più non essendovi cosa che tanto nutrisca i nostri difetti quanto l'inquietudine e la sollecitudine di volerli allontanare». (Epistolario III, pagina 579)

«Rammentati... che Iddio può tutto rigettare in una creatura concepita in peccato e che ne porta l'impronta indelebile ereditata da Adamo; ma non può assolutamente rigettare il desiderio sincero di amarlo.

Ora questo desiderio lo senti tu stessa e va sempre ingigantendosi nell'intimo dell'anima tua... E se questa tua brama non è saziata, se a te sembra di desiderare sempre senza giungere a possedere l'amore perfetto, vuol dire che non pos­siamo né dobbiamo fermarci nella via del divino amore e della santa perfezione». (Epistolario III, pagina 721)

COMUNIONE

«... vi esorto di meco unirvi e di avvicinarvi me­co a Gesù per riceverne il di lui amplesso, un bacio che ci santifichi e che ci salvi...

... la maniera di baciarlo senza tradirlo, di stringerlo fra le nostre braccia senza imprigionar­lo; la maniera di dargli il bacio e l'amplesso di gra­zia e di amore, che egli aspetta da noi, e che ci pro­mette di rendere, si è, dice san Bernardo, il servir­lo con vero affetto, di compiere colle sante opere le sue celesti dottrine che professiamo colle paro­le». (Epistolario II, pagine 488-489)

«Accostiamoci a ricevere il pane degli angeli con una gran fede e con una gran fiamma di amore ed attendiamoci pure da questo dolcissimo aman­te dell'anime nostre di essere consolati in questa vita col bacio della sua bocca.

Felici noi,.. se arriveremo a ricevere dal Si­gnore della nostra vita di essere consolati di que­sto bacio!

Allora sì che sentiremo essere la nostra vo­lontà sempre legata indivisibilmente con quella di Gesù, e niuna cosa al mondo ci potrà impedire di avere un volere che non sia quello del divin Mae­stro». (Epistolario II, pagina 490)

«Frequentate la comunione quotidiana, di­sprezzando sempre i dubbi che sono irragionevoli e confidate nell'ubbidienza cieca ed ilare, non te­mete d'incontrar male...

Se Gesù si manifesta, ringraziatelo; e se si oc­culta, ringraziatelo pure: tutto è scherzo d'amo­re». (Epistolario III, pagina 551)

PREGHIAMO

«Prega quindi fortemente per me, te ne sup­plico; tu mi devi continuare ad usare que­sta carità, per le leggi ed i vincoli della no­stra alleanza, e perché io la contraccambio con la continua memoria che fo di te, tutti i giorni ai pie­di dell'altare e nelle mie povere deboli preghiere». (Epistolario III, pagina 273)

«Ti esorto di amare un Dio crocifisso tra le te­nebre; fermati vicino a lui e digli: - Mi giova di re­star qui: facciamo tre padiglioni, l'uno per nostro Signore, l'altro per nostra Signora ed il terzo per san Giovanni.­

Fa' tre croci senz'altro, mettiti ai piedi di quella del Figlio, o di quella della madre, o di quel­la del discepolo prediletto; dappertutto sarai ben ricevuta». (Epistolario III, pagine 176-177)

«Prega... e sopporta con umiltà e con pazien­za le difficoltà che esperimenti in far questo. Sii pronta anche a subire le distrazioni, le aridità; e per nulla devi tralasciare l'orazione e la me­ditazione». (Epistolario III, pagina 85)

SALUTO

«Sia sempre benedetta la Triade sacrosanta e regni nel cuore di tutte le creature. Gesù e Maria vi facciano santa e vi faccia­no gustare sempre più le dolcezze della croce». (Epistolario III, pagine 65-66)

«Il celeste Padre continui a possedere com­pletamente il tuo cuore sino alla perfetta trasfor­mazione nel suo dilettissimo Figliuolo». (Epistolario III, pagina 172)

«... il tuo cuore sia sempre il tempio della San­tissima Trinità. Gesù accresca nel tuo spirito gli ardori della sua carità e ti sorrida sempre, come a tutte le anime a sé dilette. Maria santissima ti sor­rida in ogni evento della tua vita...

Il tuo buon Angelo custode vegli sempre su di te, sia egli il tuo condottiero che ti guidi per l'aspro sentiero della vita; ti custodisca sempre nella grazia di Gesù...». (Epistolario III, pagina 82)

«Il mio cuore con voi sempre in Cristo Gesù». ­(Epistolario III, pagina 65)

«Vi saluto caramente e paternamente vi be­nedico». (Epistolario IV, pagina 450)

EDIZIONI CASA SOLLIEVO DELLA SOFFERENZA SAN GIOVANNI ROTONDO 1989






Fraternamente CaterinaLD

"Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
(fr. Carlos Alfonso Azpiroz Costa OP
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22/01/2015 11:02
 
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   una curiosità: la stola messa sulle reliquie di San Padre Pio dopo la riesumazione e rifacimento del corpo, quello che vediamo nella foto...

X Regio, anno 2008

- La stola di San Pio, di forma precedente al Concilio Ecumenico Vaticano II e pertanto stilisticamente coeva agli anni della vita di Padre Pio, è stata confezionata in “broccatura” - ricamo in oro che ripassa un disegno preesistente del tessuto - su damasco di pura seta di colore bianco ghiaccio. La pezza di 5 metri, tessuta negli anni '60, fu acquistata nel 1987 e conservata in vista di eventi eccezionali. Venne tagliata per la prima volta dopo 21 anni. 

Il ricamo evidenzia i particolari dei melograni ( la fecondità ministeriale nella Chiesa ) e dell'uva ( la beatitudine della vita eterna ).

La stola è ulteriormente arricchita da 312 pietre di cristallo di rocca fumèe (quarzo morione) e sferule d 'oro. La ricca frangia è interamente costruita alternando elementi gemmati in canuttiglia e fiocchi d'oro.







 

Fraternamente CaterinaLD

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