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Curiosità .... Cattoliche e dalla Città del Vaticano...

Ultimo Aggiornamento: 06/10/2010 19:14
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08/09/2009 19:39
 
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A colloquio con Silvano Bellizi, sediario pontificio

Per il Papa non ci sono più
le spalle di una volta


di Mario Ponzi


"Le vede queste spalle? Hanno portato Giovanni XXIII, Paolo VI e Giovanni Paolo i. Invece Giovanni Paolo II non lo ha mai permesso a nessuno. Ma sarei stato pronto anche per lui. Non credo che oggi in giro ce ne siano tanti che possono raccontare di avere avuto questo onore".

Ottant'anni compiuti, fisico asciutto, spalle ancora dritte, spirito gioviale e memoria fresca, Silvano Bellizi - per quarant'anni sediario pontificio - custodisce gelosamente i ricordi di una stagione vissuta con fierezza. "Nel mio armadio - dice - c'è ancora la divisa viola e il collare argentato che ho indossato per tanti anni. Ogni tanto li guardo, ripasso le centinaia di fotografie che raccontano la mia storia con i Papi e mi chiedo se un giorno i miei nipoti, e poi i loro nipoti e così via, rivedranno mai il Papa sulla sedia gestatoria. Era uno spettacolo grandioso e noi, con quella sedia e il suo prezioso carico sulle spalle, ci sentivamo dei privilegiati, anche invidiati da tutti".
 

sediarioÈ un po' restio ad aprire lo scrigno delle sue memorie, ma alla fine qualche "perla" la regala. "Era un mercoledì del 1959 - racconta - ed eravamo nella basilica di San Pietro, davanti al gruppo marmoreo della Pietà di Michelangelo. Papa Giovanni XXIII stava scendendo con l'ascensore dal suo appartamento per l'udienza generale. In quel tempo le udienze più numerose si svolgevano nella basilica Vaticana, mai all'aperto. Nel portare la sedia gestatoria, gli addetti della Floreria provocarono inavvertitamente un piccolo danno alla staffa nella quale dovevamo infilare l'asta per la portantina. Non ce ne accorgemmo se non quando, con il Pontefice già seduto, non ci riuscì di introdurre la staffa. Io ero proprio sotto il Papa, dal lato destro. Mi chinai sulla staffa e, con il tacco di una scarpa, colpendola più volte, riuscii a raddrizzarla. Infilai la stecca, la bloccai con la sicura e mi rialzai pronto per ricevere l'ordine del decano:  "Alzate". Fu allora che mi sentii addosso gli occhi di Giovanni XXIII. Mi guardava preoccupato. Poi, con tutta la sua delicatezza, mi chiese:  "Figliolo, è tutto a posto?". Gli risposi subito di sì e volli tranquillizzarlo. E lui, con quel suo volto bonario, aperto sempre al sorriso, mi disse "Figliolo - ci chiamava sempre figlioli - io sono tranquillissimo. Ma non vorrei essere il primo Papa a cadere dalla sedia gestatoria e passare alla storia per questo"".

Di Paolo VI il sediario conserva un ricordo tutto particolare. "L'ultimo anno - racconta - quando il dolore al ginocchio gli impediva di camminare e provava sofferenze atroci anche a fare pochi passi, avevamo a disposizione anche una piccola sedia che usavamo per gli spostamenti più brevi. La sera del Corpus Domini del 1975, di ritorno dalla celebrazione a San Giovanni in Laterano, mentre, rientrati in Vaticano, mi accingevo a sollevare la sedia piccola, incrociai il suo sguardo. Era sofferente. Ci fissò per un attimo e ci disse:  "Grazie. Voi siete le mie gambe sane". Quasi in coro gli rispondemmo "Per noi è un onore, Santità"".

sedia gestatoriaLa memoria di Papa Luciani è legata al suo insediamento sulla Cathedra Romana a San Giovanni in Laterano. "Papa Luciani - ricorda Silvano Bellizi - era andato a visitare gli appartamenti pontifici. Poi doveva fare ingresso in basilica per la celebrazione. Noi lo aspettavamo nell'atrio, nei pressi dell'ascensore. Lui uscì, ci guardò di sfuggita e tirò dritto. Il cerimoniere gli si fece incontro, lo fermò e lo convinse a tornare sui suoi passi e prendere posto sulla sedia. Ci guardò rassegnato e, con un filo di voce, ci disse:  "Mi dispiace, ma mi costringono a farlo". E da quel momento ogni volta per lui era quasi una sofferenza". 

Giovanni Paolo II invece fu irremovibile:  rinunciò all'uso della sedia gestatoria e nessuno riuscì mai a fargli cambiare idea, "neppure l'ultimo anno, quando stava male - racconta commosso Bellizi - tanto da camminare con estrema difficoltà e a costo di grandi sofferenze. A spalle lo abbiamo portato solo quando era disteso sul feretro; lo facemmo a turno in segno di devozione. In tanti avevamo gli occhi lucidi:  quella sarebbe rimasta la prima e ultima volta che portavamo a spalla Papa Wojtyla".

Da allora ai sediari sono rimasti i compiti di aprire il corteo ufficiale che introduce le personalità in udienza dal Papa in occasioni solenni previste dal protocollo, di fare gli onori di casa durante le udienze in appartamento e di ricevere e sistemare nei posti assegnati i pellegrini che partecipano agli incontri col Pontefice, in particolare alle  udienze  generali.

Neppure Benedetto XVI ha mai voluto usare la sedia gestatoria.
Benedetto XVI"Confesso - ricorda Bellizi - che qualcuno di noi sperava nel ripristino dell'uso della sedia. Ma in realtà ci basta la gioia di poter servire, anche così, il Papa da vicino
".

Oggi sono rimasti cinque sediari di numero e diciassette di soprannumero. Sono comunque testimoni di una storia che affonda le radici in tempi assai remoti, tanto da essere considerati "il collegio di laici al servizio del Pontefice più antico esistente, anche più della Guardia Svizzera".

Pio XIIL'origine delle loro mansioni viene fatta tradizionalmente risalire addirittura agli anni tra il 150 e il 215. Sembra infatti che negli Ordines Romani si menzionassero dei laici che avevano il compito di portare una sedia laddove il Papa doveva presiedere una celebrazione. Il documento ipotizza che nelle prime chiese o basiliche cimiteriali romane, "non esistendo altare né tanto meno cattedre, si doveva portare un seggio per il vescovo di Roma chiamato a presiedere la sinassi domenicale o la celebrazione del martire nel dies natalis così come riportato nei martirologi". Per il Pontefice dunque occorreva "portare una sedia da fuori".

Stando a quanto contenuto nei successivi Ordines Romani, si fa risalire a Papa Pelagio I - eletto nel 556 e morto nel 561 - l'uso di portare direttamente il Papa  sulla  sedia  sino al luogo della celebrazione.

Secondo Gaetano Moroni, autore del celeberrimo e vastissimo Dizionario di erudizione storico-ecclesiastica da san Pietro sino ai giorni nostri in 103 volumi, più sei di indice (1840-1879), in un certo periodo della storia accanto ai sediari comparvero i palafrenieri, la cui funzione era quella di occuparsi dei cavalli. A quei tempi infatti i cavalli costituivano l'elemento centrale del trasporto. Dunque anche i Pontefici avevano bisogno di cavalli e carrozze per muoversi, e quindi dei palafrenieri. Con il tempo sediari e palafrenieri vennero equiparati.

Con la soppressione delle scuderie pontificie, in seguito alla modernizzazione dei trasporti, il collegio dei palafrenieri confluì definitivamente in quello dei sediari. Del resto già dal 1378 erano riuniti in una confraternita - ritenuta la più antica di Roma tra quelle ancora esistenti - intitolata a sant'Anna, loro patrona. Pio IV, nel 1565, concesse alla confraternita di edificare una chiesa nei pressi del più antico varco dell'attuale accesso allo Stato della Città del Vaticano, intitolata alla patrona. Fu progettata dal Vignola e oggi è la parrocchia della Città del Vaticano.

Compito principale dei sediari è sempre stato quello, naturalmente, di trasportare il Papa in sedia gestatoria. Inizialmente solo all'interno dello Stato pontificio, anche se dalle cronache risulta che alcuni sediari seguirono Pio IX durante il suo esilio a Gaeta nel 1848. Così come i loro predecessori avevano seguito Clemente VII nella fortezza di Castel Sant'Angelo durante l'assedio dei Lanzichenecchi, al tempo del Sacco di Roma del 1527, e nel successivo esilio a Orvieto. Con la fine dello Stato pontificio, nel 1870, i sediari non hanno più accompagnato il Papa durante i suoi viaggi, a eccezione di quando furono inviati a Venezia, nel 1959, in occasione della traslazione della salma di Papa Pio X. In quella occasione portarono le spoglie del Pontefice, in un suggestivo viaggio lagunare in gondola per sorreggere il talamo funebre in spalla.
 
La nomina a sediario avveniva con foglio a firma del Pontefice ed era notificata al candidato dal maestro di Palazzo dopo il visto della Segreteria di Stato. Sino agli inizi degli anni Sessanta chiunque poteva essere nominato sediario, secondo la discrezionalità del Papa. Quando Montini, con la Pontificalis domus del 28 marzo 1968, soppresse definitivamente la Corte pontificia - le cui storiche funzioni furono assorbite dalla Prefettura della Casa Pontificia - per una serie di modifiche normative la nomina dei sediari passò di fatto alla discrezionalità del prefetto della Casa Pontificia.

Tra le curiosità legate alla storia di questo collegio, ricordiamo che tra i suoi più conosciuti appartenenti c'è stato anche il marchese Onofrio del Grillo - reso celebre dall'omonimo film interpretato da Alberto Sordi - la cui memoria è impressa in una lapide posta, alla fine del XVIII secolo, all'ingresso della chiesa di Sant'Anna.

Per restare nel campo cinematografica, ricordiamo anche il film di Guido Brignone Santo disonore del 1949 - ispirato all'omonimo dramma teatrale composto da Leone Ciprelli e messo in scena al teatro Quirino di Roma nel 1907 - che narra la storia del figlio filogaribaldino di un sediario pontificio in continuo contrasto con il padre, fermo sostenitore del potere temporale del Papa. La storia finisce nel dramma, con il sediario trovato ucciso e il figlio accusato di parricidio.

E tra le minuzie storiche si ricorda il privilegio, concesso da Papa Pio VII all'arciconfraternita pontificia e reale di Gesù Nazareno di Siviglia, di consentire a quattro confratelli, di provata fede e dottrina, di indossare la divisa dei sediari pontifici durante le solenni processioni della Settimana Santa, tradizione ancora oggi orgogliosamente tramandata.


(©L'Osservatore Romano - 9 settembre 2009)
Fraternamente CaterinaLD

"Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
(fr. Carlos Alfonso Azpiroz Costa OP
Maestro dell’Ordine)
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