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LE SACRE SCRITTURE SONO ISPIRATE

Ultimo Aggiornamento: 25/08/2012 18:23
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LA QUESTIONE DEGLI APOCRIFI, SCRITTURE NON ISPIRATE


Gli Apocrifi del Nuovo Testamento sono scritti dei primi secoli da cristiani in buona fede o anche contrari alla fede apostolica, contenenti fatti relativi alla vita di Gesù, di Maria, di Giuseppe, degli stessi Apostoli. Naturalmente, nell’ambito della Chiesa, tali scritti non venivano riconosciuti come ISPIRATI, e pertanto non venivano letti e conservati come tali.

Alcuni di tali scritti, come il Pastore di Erma, la Didachè, la lettera di Clemente Romano, la lettera di Barnaba, l’Apocalisse di Pietro, il cosiddetto Protovangelo di Giacomo e alcuni altri, godettero presso alcune chiese di un certo credito ma successivamente, nel momento in cui la Chiesa dovette fare un doveroso discernimento per la sicurezza dei fedeli, furono esclusi dal canone in quanto la maggior parte delle maggiori Chiese apostoliche non li riconosceva come ispirati. Continuarono tuttavia ad avere la loro importanza e ad essere tenuti in considerazione.

Molti altri scritti invece erano considerati del tutto estranei alla Chiesa in quanto redatti al di fuori di essa e con insegnamenti non conformi o addirittura contrari alle verità trasmesse e professate come sicure.



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Da: Soprannome MSN°TeofiloInviato: 04/07/2003 16.53

In molti degli apocrifi vi si riconoscono facilmente le contraddizioni negli insegnamenti in esso contenuti, rispetto ai testi sicuri, trasmessi per via di successione e custoditi nell’ambito della famiglia ecclesiale.

Si noti per esempio l’espressione messa in bocca a Gesù nel testo apocrifo del vangelo cosiddetto "di Tommaso" (chissà quale Tommaso):

"Non perdete tempo a pregare perché, così facendo, vi costruite un inferno. Trattenetevi dal fare l'elemosina perché fareste torto al vostro Spirito".
Gesù invece ha dichiarato l’esatto contrario nei Vangeli riconosciuti di sicura provenienza apostolica.

Non solo nei vangeli vi è la raccomandazione ripetuta più volte da Gesù di pregare, ma la stessa cosa dichiarano nelle loro lettere, Paolo, Pietro, Giacomo e Giovanni.

Già questo particolare dovrebbe essere più che sufficiente ad invalidare l’attendibilità di questo "Vangelo" che va sotto il nome di Tommaso, ma che non si sa a che Tommaso si riferisca. Tutti gli apocrifi d’altra parte si sono fregiati di nomi di apostoli per avvalorare le loro espressioni messe in bocca a Gesù ma che cozzano in modo evidente contro gli insegnamenti trasmessi nei vangeli riconosciuti.

Non bisogna poi dimenticare l’attestazione fatta da Origene nel commento al Vangelo di Luca in cui afferma senza possibilità di malintesi: "La Chiesa ha quattro Vangeli, gli eretici ne hanno molti."


Cosa si intende per " Apocrifi "?

Col nome di " Apocrifi " (dal greco apokryptem [nascondere] = nascosto, segreto, escluso dall'uso liturgico) si designano quegli scritti cristiani antichi che non erano usati nella liturgia della Chiesa, ma solo " m segreto ", cioè m gruppi privati, in cerchie religiose più ristrette Come forma esterna essi imitano fin nei particolari quella degli scritti del Nuovo Testamento esistono Vangeli apocrifi, Atti degli Apostoli apocrifi, Lettere ed Apocalissi apocrife.

Per dare maggior prestigio a queste opere, composte a partire dal II secolo, le si spacciava come opere di personaggi del Nuovo Testamento, soprattutto di qualche apostolo.

Tradizioni extrabibllche

Ancor prima della composizione scritta dei quattro Vangeli secondo Matteo, Marco, Luca e Giovanni, esistevano tradizioni orali sulla vita di Gesù e sul suo insegnamento.

Ce lo attesta anche Luca nel prologo del suo Vangelo allorché ricorda espressamente che
" molti si sono accinti a comporre una narrazione degli avvenimenti compiutisi in mezzo a noi " (Luca 1,1) Dove sono queste narrazioni di molti ^ Dalle parole dell'evangelista si può desumere che esse, nonostante le buone intenzioni, non fossero sicure in tutti i loro particolari In opposizione a queste narrazioni esagerate e spesso anche arricchite di abbellimenti leggendari, Luca sottolinea che egli non ha voluto raccogliere delle leggende, ma " compiere diligenti ricerche " (Lue 1,3) e che la veridicità del suo racconto sulla vita di Gesù gli sta a cuore in modo tutto particolare.

Vediamo dunque che già Luca, all’interno della Chiesa, opera un primo discernimento su quanto poteva essere considerato attendibile e degno di fede. Tuttavia non scrive pretendendo che il suo lavoro sia ispirato da Dio. Questo riconoscimento verrà successivamente nell’ambito della Chiesa stessa, che rimane l’unica garanzia per distinguere i testi veramente ispirati da quelli che ne hanno solo le pretese pur fregiandosi del nome altisonante degli apostoli

Come Luca, anche Giovanni a conclusione del suo Vangelo osserva " Ci sono molte altre cose che ha fatto Gesù " (Giov 21,25) Si deve dunque concludere che alla fine del I secolo d C , allorché Giovanni ad Efeso metteva in iscritto il suo Vangelo, " molte altre cose " della vita di Gesù erano vive nella tradizione orale e nella coscienza dei credenti della Chiesa nascente. Ci si deve chiedere questa tradizione orale è andata completamente perduta, oppure ha lasciato qualche traccia nell'antica letteratura cristiana extrabiblica. Negli scritti di Ireneo, uno dei Padri della Chiesa, che fu vescovo di Lione dal 178 al 202 d C , si attesta che alla sua epoca esisteva tutta una letteratura popolare cristiana e tutta una serie in numero difficilmente calcolabile di " Vite di Gesù " >

Esistono cosi il Vangelo apocrifo di Pietro, di Giacomo, di Bartolomeo, di Nicodemo, di Filippo, ed ancora, per nominare solo i più notevoli, un Vangelo degli Ebrei, un Vangelo degli Egiziani, un " Vangelo della verità " essi sono andati per la maggior parte perduti, salvo qualche frammento citato dai Padri della Chiesa.

Ha destato sensazione un ritrovamento effettuato nel 1945 durante lavori m corso in un cimitero nei pressi di Nag Hammadi (circa 100 km a Nord della città di Luxor nel medio Egitto). Ma i manoscritti scoperti non hanno portato alla luce come hanno scritto i giornali nei loro titoli ad effetto " un nuovo Vangelo dalle sabbie del Nilo ", si trattava semplicemente di un Vangelo di Tommaso, apocrifo, la cui esistenza era già nota nei primi secoli cristiani (Cf al riguardo le opere di MICHAELIS Dos Thomas Evangeltum, Stoccarda 1960 e W C VANUNNIK Evangelien aus dem Nilsand, Francoforte sul Meno, 1960)

Particolarmente numerosi sono gli Atti degli Apostoli apocrifi, che raccontano con ampiezza di particolari la vita e le opere di un apostolo e dei suoi seguaci. Per lo più essi sono meno antichi dei Vangeli apocrifi, come questi, sono conservati solo frammentariamente. Venivano attribuiti a Pietro, Paolo, Andrea, Giovanni, Tommaso, Taddeo Quanto alle Lettere apocrife a noi pervenute, tre sono attribuite all'apostolo Paolo, una a Barnaba, una addirittura a Gesù stesso. Apocalissi apocrife circolavano sotto i nomi di Pietro, Paolo, Tommaso, Stefano, Zaccaria: un'opera di questo tipo venne attribuita persino alla Madonna.

Data l'abbondanza della letteratura apocrifa, su cui ci informano gli scritti degli antichi autori ecclesiastici, è ben possibile che nel corso del tempo altri scritti apocrifi oggi ignoti possano ancora venire ritrovati.


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Consiglia  Messaggio 3 di 4 nella discussione 
Da: Soprannome MSN°TeofiloInviato: 04/07/2003 16.54

Quale importanza riveste la letteratura apocrifa?

Al pari degli scritti neotestamentari, gli apocrifi suppongono la predicazione apostolica, la mentalità credente e la tradizione orale del primo secolo cristiano: ma a differenza dai primi, sorti al massimo intorno alla fine del secolo i, gli apocrifi sono più tardivi: essi presuppongono anche il Nuovo Testamento scritto.

Poiché non si può escludere che qualche tradizione orale autentica della Chiesa primitiva sia contenuta in qualche apocrifo, non si può a priori, giudicare falso tutto ciò che essi raccontano. Si deve ammettere che a partire dal II secolo, quindi in epoca postapostolica, una parte della tradizione orale è venuta ancora a depositarsi in iscritto. Gli apocrifi potrebbero pertanto incorporare qualche filone aureo di verità, persino qualche parola di Gesù non riferita dai Vangeli (i cosiddetti "Agrapha "). Paolo stesso una volta cita una sentenza di Gesù che non è riprodotta nei quattro Vangeli: " È cosa più beata dare che ricevere " (At 20,35).

Tuttavia un confronto fra gli apocrifi e gli scritti canonici del Nuovo Testamento fa vedere quanto sia necessaria un'estrema prudenza, perché alla sobrietà ed ai silenzi delle narrazioni neotestamentarie, fa riscontro negli apocrifi un devozionalismo amante del favoloso e della curiosità, che porta sistematicamente ad ingigantire e ad abbellire. Di fronte alla disinvoltura spregiudicata con cui venivano " fabbricati " — è il termine esatto — gli scritti apocrifi, di fronte alla mancanza di equilibrio religioso e agli elementi palesemente leggendari che in essi si ravvisano, non si deve dimenticare che l'eventuale granello di verità è sopraffatto dall'esuberante proliferazione del favoloso.

Non di rado inoltre essi sono stati composti nelle cucine segrete delle sette religiose; non pochi di essi mostrano chiaramente una forte impronta di gnosticismo, il movimento religioso risultante dalla fusione di idee cristiane, orientali ed ellenistiche, che rivaleggiò con la Chiesa nascente.

Il carattere fantastico di questo tipo di letteratura può essere messo in luce da un esempio, che traiamo da un vangelo apocrifo dell'infanzia di Gesù pervenutoci in arabo:

" Giuseppe a volte prendeva Gesù con sé e andava insieme a lui di qua e di là per la città: avveniva allora che qualcuno, conoscendo il suo mestiere, lo chiamava per commissionargli delle porte, delle secchie da latte, delle sedie o delle cassapanche. Il Signore Gesù lo accompagnava lungo tutto il suo itinerario, ed ogni volta che nel corso del suo lavoro Giuseppe doveva allungare o accorciare un pezzo di legno, farlo più grosso o più sottile, di un braccio o di una spanna, Gesù faceva un cenno all'oggetto, ed il desiderio di Giuseppe era esaudito in un baleno, senza che egli dovesse applicarci la mano; tutto questo, perché Giuseppe non era molto abile nel suo mestiere di falegname... ".

Un ottimo sguardo d'insieme agli scritti apocrifi è offerto dall'opera di J. Hervieux, Ciò che il Vangelo non dice, Edizioni Paoline, Catania, 1968.

Valga per tutto il Nuovo Testamento ufficialmente riconosciuto dalla Chiesa, la parola che Luca ha posto all'inizio del suo Vangelo: " Tu potrai riconoscere la solidità degli insegnamenti che hai ricevuto " (Luca 1,4).


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Consiglia  Messaggio 4 di 4 nella discussione 
Da: Soprannome MSN°TeofiloInviato: 04/07/2003 16.56

Vediamo ora quali sono i criteri per il riconoscimento dei testi sicuri.


Occorre sapere come, quando e chi soprattutto ha provveduto a riconoscere, riunire insieme, conservare e difendere la Bibbia quale essa è e come noi oggi la possediamo, cioè come sacra e ispirata Parola di Dio.


A tal fine è necessario fare alcune precisazioni:


- In nessun libro della Bibbia vi è un elenco dei libri che sarebbero stati ispirati.


- Gli autori dei vari libri biblici non hanno detto di ritenere sacri e ispirati i loro scritti.


- Ammesso che gli autori degli scritti sacri avessero anche scritto di essere ispirati da Dio a scrivere (AP: 1.3), se ne sarebbe potuto avere il dubbio, considerato quanti si sono fregiati dei nomi autorevoli degli Apostoli scrivendo libri ritenuti invece apocrifi e perciò non ispirati. (vedi 2 Tess. 2,2)


- Non tutti gli scritti del N.T. sono stati composti proprio dagli Apostoli o sono stati da essi dettati.


- Non tutte le primitive chiese cristiane ritenevano sacri tutti gli attuali libri che compongono il N.T.


- In particolare erano ritenuti dubbi nel 3° e 4° sec. in diverse chiese alcune lettere apostoliche come quella di Giuda, di Giacomo, la 2^ e la 3^ di Giovanni, agli Ebrei e l'Apocalisse (che sono denominati ancora oggi "deuterocanonici" del N.T.).


- Alcune Chiese ritenevano ispirate, la Didachè, oppure la Lettera di Clemente Romano ai Corinti; altre Chiese ammettevano il Pastore di Erma, o qualche testo apocrifo. Anche nella lettera di Giuda vi è contenuta una citazione tratta dal libro apocrifo di Enoch.


Vi era quindi una certa diversità nelle varie chiese nel considerare come testi sacri, normativi della fede, parte del N.T., almeno fino al termine del IV° sec. riguardanti soprattutto appunto i libri sopra citati. Occorre comunque notare che la trasmissione, la conservazione e la difesa dei Vangeli, degli Atti degli Apostoli e delle lettere di S. Paolo, era attentamente curata da tutte le chiese sin dal sorgere del cristianesimo. Diventarono punto di riferimento e strumento per combattere le prime eresie come il docetismo e lo gnosticismo. Questa setta riconosceva solo parte del Vangelo di Luca e parte delle lettere paoline mentre propagandava una serie di vangeli apocrifi spacciati col nome di Tommaso, Pietro, Ebrei, Verità ecc. e che la Chiesa delle origini dovette combattere strenuamente dimostrandone la non autenticità e la discordanza rispetto ai testi di origine apostolica che essa possedeva.

Di questi fatti troviamo una documentazione soprattutto negli scritti di Ireneo, di Tertulliano, di Origene e di Clemente Alessandrino ed altri Padri della Chiesa che hanno contribuito a farci conoscere appunto quali erano gli scritti che erano ritenuti sacri ed ispirati nel loro tempo e nelle loro chiese ed in tal modo hanno quindi contribuito notevolmente alla fissazione definitiva del canone: questo è solo uno dei motivi della importanza dei Padri della Chiesa e quindi della tradizione.


Un elenco completo dei libri che compongono il N.T. così come lo abbiamo oggi, lo troviamo in S. Girolamo e in una lettera di papa Innocenzo I scritto nel 405 D.C. E’ possibile tuttavia ricostruire anche attraverso le citazioni sparse degli scrittori cristiani dei primi due secoli che tutti quei libri erano citati come sacri. Dall’inizio del V° sec. quasi nessuno ha più messo in discussione i libri sacri così elencati, fino a quando i riformatori del XVI sec. rimisero in discussione il carattere ispirato dei deuterocanonici del Nuovo Testamento, oltre che del Vecchio T.

Lutero, ad esempio chiamava lettera "di paglia" la lettera di S.Giacomo e nella sua traduzione della Bibbia in tedesco, metteva in appendice agli altri libri sacri, i cosiddetti deuterocanonici, sia del Vecchio che del Nuovo Testamento, affermando che questi "erano più sicuri". In tal modo poneva al lettore un atroce dubbio circa l’autenticità degli altri libri posti in appendice.


A quel punto vi è stato un intervento unificatore ed autorevole del concilio di Trento nel 1546 che ha definito in modo esplicito e chiaro, una volta per sempre l’elenco dei libri da ritenere sacri ed ispirati, ed oggi quasi più nessuna confessione cristiana mette in dubbio alcun libro del N.T. compreso i luterani.


Coloro dunque che rivendicano il monopolio sulla Bibbia dovrebbero chiedersi prima di tutto come fanno ad averla, come fanno ad avere proprio quegli scritti sacri e non altri, e poi conseguentemente come la osservano, come la interpretano e infine come la traducono, ricordando che 2PT.3.16 dice esplicitamente che nelle Sacre Scritture ci sono cose difficili da comprendere e gli uomini ignoranti ed instabili le travisano a loro perdizione.





E’ dunque necessario che ci si interroghi e si risponda in coscienza a queste precise domande al fine di chiarire meglio la propria posizione di fronte alla Scrittura, tenuto conto di quanto è stato detto sopra:


1) Chi ha avuto l'autorevolezza per considerare ispirati determinati libri?

2) In base a quale criterio sono stati ritenuti sacri quei libri e non altri?

3) Se si afferma che "solo la Scrittura" racchiude "tutto il consiglio di Dio", allora prima che fossero scritti tutti i libri del N.T. e anche dopo, quando ancora non veniva riconosciuto il carattere sacro di tutti i libri del N.T., chi garantiva ai cristiani di poter disporre di tutta la verità rivelata?

4) Se si è avuta la prerogativa così determinante da poter indicare con assoluta certezza i libri sacri del N.T., di difenderli da tutte le decurtazioni, manipolazioni e aggiunte e di conservarli intatti nel tempo, non si dovrebbe avere anche la prerogativa di dichiarare sacri i libri del V.T. detti anch’essi "deuterocanonici" , inclusi nella traduzione greca detta "dei Settanta" usata dagli stessi scrittori del N.T.?

5) Se Dio stesso ha ispirato gli scritti sacri, non avrebbe dovuto necessariamente vegliare che essi venissero conservati fedelmente, fedelmente tradotti e fedelmente interpretati per la salvezza di tutti i credenti, di tutte le generazioni, completando così la sua opera che altrimenti sarebbe risultata vana?


Le risposte sono evidenti, tuttavia per maggiore chiarezza, si precisa che:


1) La consapevolezza del carattere sacro ed ispirato degli scritti contenuti nel N.T. è stato trasmesso nell’ambito della Chiesa cattolica sin dagli inizi. La Chiesa è stata formata dagli scritti sacri e gli scritti sacri sono stati riconosciuti nel seno della Chiesa.

  1. La Chiesa ha riconosciuto carattere sacro solo agli scritti che sono stati trasmessi come tali per via di successione. Dalle citazioni scritturali fatte dai primi padri della Chiesa e lungo tutti i secoli successivi è possibile documentare con certezza quali scritti essi ritenevano sacri. Dunque senza la tradizione non potremmo conoscere a quali libri attribuire il carattere sacro e la Scrittura non sarebbe rimasta integra.

  2. L’insegnamento orale degli apostoli suppliva alla Scrittura quando ancora non era iniziata la sua redazione (nei primi trent’anni del cristianesimo) o anche quando non era completata (fino all’anno 100 circa); ma anche e soprattutto finché non fossero definiti i libri da ritenere sacri (fino al 400 circa). Era la perciò la predicazione orale che completava la rivelazione scritta secondo quando afferma anche Paolo in 2TES.2.15 dicendo: STATE SALDI E MANTENETE LE TRADIZIONI CHE AVETE APPRESO SIA DALLA NOSTRA PAROLA CHE DALLA NOSTRA LETTERA

  3. Se si accetta dalla Chiesa la definizione dei libri del N.T. che è fatta unicamente sulla base della sua tradizione, è un controsenso che non si accetti anche la definizione dei libri del V.T. sulla base della stessa tradizione.

  4. L’interpretazione della Scrittura non può dipendere dal capriccio umano. Dio stesso che ha guidato gli uomini del suo Popolo nella ispirazione ha anche guidato costantemente la retta interpretazione secondo la promessa di Cristo: "Lo Spirito Santo vi guiderà in ogni verità" (GV.16.12). Anche la retta interpretazione della Bibbia deve sempre tenere conto di quanto è stato trasmesso dalla tradizione apostolica (2TES.2.15), in modo da fare luce sui passi più oscuri della Scrittura e che talora sembrano essere in contraddizione con altri passi della stessa Scrittura. Quando qualcuno ha voluto assolutizzare talune espressioni bibliche senza tenere conto di altre espressioni bibliche, e soprattutto senza tenere conto di quanto la Chiesa ha ricevuto come deposito di fede, si è avuta la scissione e la ferita nel Corpo di Cristo.

Coloro che negano che il buon deposito della fede sia stato fedelmente conservato dalla Chiesa, dimenticano quanto afferma S. Paolo in 2 TIM.1.12 : "Sono convinto che egli (il Signore) ha il potere di custodire il mio deposito fino a quel giorno."

Il rispetto della Parola di Dio comporta oltre quanto detto sopra anche un altro aspetto importante:

cioè che la TRADUZIONE della Scrittura venga fatta con la massima fedeltà ed accuratezza, senza tradire la sostanza degli scritti sacri più antichi pervenuti fino a noi.

Oggi è possibile trovare con una certa facilità i testi originali scritti in greco ed è anche facile controllare o farsi controllare la rispondenza della relativa traduzione; una vera fedeltà alla Parola divina dovrebbe spingere il credente sincero a fare questo controllo, almeno per tutti i versetti la cui traduzione può determinare conclusioni e dottrine ben diverse da quelle trasmesse e conservate nei più antichi manoscritti.

La Scrittura è un dono di Dio alla Chiesa, per costruire la Chiesa, strumento di unità per tutti i cristiani di tutti i secoli; non uno strumento di divisione in migliaia di sette come è avvenuto tutte le volte che è prevalsa la presunzione di volerla interpretare e/o tradurre col proprio metro di misura.

Chi dice di voler conseguire la Verità e la Carità si interroghi prima di tutto se agisce a favore o contro l’unità del Corpo di Cristo che è la sua stessa PAROLA e la sua unica CHIESA.

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