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IL MAGISTERO DELLA CHIESA

Ultimo Aggiornamento: 22/03/2011 18:08
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26/08/2009 17:02
 
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Le forme di esercizio del magistero nella Chiesa Cattolica *


Con l’ordinazione sacramentale, i vescovi della Chiesa cattolica ricevono la pienezza del ministero sacerdotale, che la teologia articola in munus docendi, regendi et sanctificandi (potere/ministero di insegnare, di governare e di santificare).

Il magistero nella Chiesa cattolica è l’espressione dell’esercizio da parte del collegio episcopale – il quale sussiste sempre cum Petro ed sub Petro – dell’autorità di insegnamento dottrinale in materia della fede e dei costumi rivelati, nonché di quanto è intimamente connesso alla rivelazione.

In concreto, il magistero viene esercitato in modi distinti e quindi anche con una gradazione nell’impegno dell’autorità magisteriale. È nostro compito qui offrire una descrizione molto sintetica di queste distinte forme di esercizio del magistero ecclesiale.

Due modalità fondamentali di magistero, un solo soggetto magisteriale

Una prima distinzione utile è quella tra un esercizio «solenne o straordinario» del magistero e l’esercizio «non solenne o ordinario».

Mediante la prima espressione, si fa riferimento a decisioni e dottrine particolarmente importanti, insegnate in forma definitiva; mentre con la seconda, si allude all’esercizio continuativo del munus docendi, senza che gli insegnamenti proposti implichino di per sé l’infallibilità e la definitività.

Per procedere con ordine, dobbiamo ricordare innanzitutto che nella Chiesa cattolica vi è un solo soggetto di magistero, vale a dire il collegio dei vescovi in unione e sotto il successore di Pietro (cf.LG 22). Quest’unico soggetto può agire tuttavia in due modi distinti: o con una decisione manifestamente collegiale, oppure nella persona del capo del collegio episcopale, il Papa, che nel (5) pronunciarsi a livello magisteriale racchiude in sé anche l’intero collegio dei vescovi. In ogni caso,
dunque, è sempre l’unico soggetto ad insegnare nella Chiesa, ma secondo una duplice modalità.

Questa annotazione consente ora più agevolmente di ordinare le distinte forme di magistero all’interno della distinzione già proposta tra magistero «straordinario/solenne» e «ordinario/non solenne».

Le distinte forme di magistero

Nel magistero straordinario rientrano quegli insegnamenti che vengono proposti dall’autorità ecclesiastica come infallibili e quindi definitivi. Nel caso essi siano pronunciati dal solo capo del collegio, si tratta degli insegnamenti ex cathedra del Pontefice romano, ai quali il concilio Vaticano I riconosce l’infallibilità (cf. DS 3074).
Nel caso in cui un insegnamento definitivo sia offerto dall’intero collegio, vi sono due tipi di insegnamento infallibile: quello proposto attraverso una definizione dogmatica di un concilio ecumenico; e quello che è contenuto nel cosiddetto «magistero ordinario universale», sul quale torneremo.

Se volgiamo ora lo sguardo al magistero ordinario, vedremo che in questa categoria rientrano le seguenti forme di esercizio del munus docendi: per quanto riguarda il Papa, si tratta qui del suo magistero ordinario, espresso in vari modi e con distinte gradazioni, ma tuttavia non proposto infallibilmente (non ex cathedra) NOTA 1

Da questi insegnamenti ordinari del Papa vanno accuratamente distinti i suoi scritti personali, che non rientrano nell’esercizio del suo magistero. Per alcune riflessioni essenziali su questo punto, si può vedere: M. Gagliardi, «Il magistero può esprimersi in versi? Poesie del Papa ed epistemologia teologica», Vita Pastorale 4 (2003), pp. 80-83.).


Circa i vescovi, rientra nel loro magistero ordinario – che essi possono esercitare solo in comunione gerarchica col capo del collegio – sia un insegnamento
promulgato in concilio ecumenico, ma non definito dogmaticamente, sia tutti gli insegnamenti che i vescovi impartiscono come singoli nelle proprie diocesi, o attraverso varie forme aggregative, nel loro quotidiano esercizio di magistero pastorale.

Sarà utile a questo punto ricapitolare il tutto con un semplice schema:

1.Magistero «straordinario/solenne»
a. Definizioni dogmatiche del Papa ex cathedra
b. Definizioni dogmatiche di concili ecumenici
c. Magistero ordinario universale

2. Magistero «ordinario/non solenne»
a. Insegnamenti del Papa non proposti in maniera definitiva
b. Insegnamenti dei concili ecumenici non proposti in maniera definitiva
c. Insegnamenti ordinari dei vescovi


Nello schema proposto si noterà un’inconsistenza, che finora abbiamo lasciato volutamente passare:
nella serie di insegnamenti «straordinari/solenni» figura anche il «magistero ordinario universale», il quale di certo non è straordinario, perché si chiama ordinario; e nemmeno è solenne, perché non viene di norma solennizzato in alcun modo (ad es. con una definizione dogmatica solenne).

Cos’è il magistero ordinario universale?

In questa categoria rientra ogni insegnamento costante di tutti i vescovi in comunione gerarchica col Papa, senza tuttavia che sia mai intervenuta una proclamazione solenne. Si tratta di insegnamenti, si potrebbe dire, attinenti a verità che la chiesa sempre e dovunque ha proposto a credere, anche se essi non sono mai stati formalmente definiti come dogmi.
Nonostante ciò, si ritiene che queste dottrine vengano proposte infallibilmente da parte del magistero della Chiesa (cf. DS 2879; LG 25). Per questo, il magistero ordinario universale rientra nel gruppo delle forme di esercizio straordinarie, ovvero di quelle che fissano la dottrina in maniera incontrovertibile. Di qui, la nostra proposta: più che utilizzare le dizioni – seppur classiche e che perciò abbiamo mantenuto sin qui – di «magistero straordinario/solenne», e di «magistero ordinario/non solenne», sarebbe preferibile distinguere in «magistero infallibile» e «magistero non infallibile».

Questo accorgimento eliminerebbe ogni possibilità di confusione.

È chiaro anche che simile categorizzazione non dovrebbe divenire occasione di strumentalizzazioni.

Piste di approfondimento

Attiriamo ora l’attenzione su alcuni punti particolari, non essendo qui possibile un approfondimento adeguato delle varie forme di esercizio del munus docendi.

1. Per quanto riguarda il magistero infallibile ex cathedra del Sommo Pontefice, rientrano in questa categoria solo alcuni insegnamenti del Papa, che di norma non ricorre a questa forma particolarmente impegnativa della sua autorità magisteriale.

Il concilio Vaticano I ha definito come dogma di fede che il Papa, quando insegna in questo modo, gode «di quella infallibilità di cui il divino Redentore ha voluto che fosse dotata la sua chiesa» (DS 3074). Perché vi sia effettivamente una definizione ex cathedra, sono necessarie alcune condizioni, ovvero:

a) che il Papa parli a tutta la Chiesa, in qualità di pastore e dottore supremo di tutti i fedeli, con lo scopo di confermarli nella fede;

b) che il Papa voglia impegnare tutta la sua autorità magisteriale;

c) che manifesti, con un atto chiaro ed evidente, la sua volontà di insegnare la dottrina in modo definitivo;

d) che la dottrina insegnata riguardi la materia di fede e di costumi.


L’assenza anche di uno solo di questi requisiti impedisce di ritenere ex cathedra un dato insegnamento pontificio.


2. Riguardo al magistero infallibile espresso in definizioni dogmatiche di concili ecumenici, bisogna annotare che, anche in questo caso, non solo deve essere manifesto il carattere di insegnamento definitivo, ma bisogna anche rilevare il carattere di ecumenicità del concilio stesso, affinché la definizione dottrinale sia valida.

Qual è il criterio di ecumenicità di un concilio?


La normativa vigente (cf. LG 22), prevede che i concili sono ecumenici quando vengono convocati, presieduti e confermati dal Sommo Pontefice. Tuttavia nella storia della Chiesa antica incontriamo numerose definizioni dogmatiche prodotte in concili non convocati né presieduti dal Papa. Pertanto, il criterio ultimo di discernimento della ecumenicità di un concilio risiede nel fatto che esso sia stato almeno confermato o accettato da un romano Pontefice. La stessa LG 22 afferma: «Concilium Oecumenicum numquam datur, quod a Successore Petri non sit ut tale confirmatum vel saltem receptum». Solo tale riconoscimento, infatti, manifesta la comunione gerarchica dei vescovi presenti ad un concilio con il capo del collegio, comunione senza la quale nessun insegnamento episcopale può essere ritenuto valido e tantomeno infallibile.

3. Un caso più difficile è costituito dal magistero ordinario universale. Questo magistero è infallibile quando vi sia una convergenza esplicita su una dottrina che il collegio episcopale ritiene definitiva.
Nella lettera Tuas libenter (21 dicembre 1863), Pio IX insegnava che l’atto di fede divina non deve essere limitato da parte del credente solo a quanto è stato esplicitamente definito dal Papa o dai concili ecumenici, ma deve essere effettuato «anche a quelle cose che per mezzo del magistero ordinario di tutta la Chiesa diffusa sulla terra, sono trasmesse come divinamente rivelate e quindi, per universale e costante consenso, sono considerate dai teologi cattolici come appartenenti alla fede» (DS 2879).

Anche il concilio Vaticano II (cf. LG 25) ha fatto riferimento a questa forma di
magistero. Un esempio recente di richiamo a questo tipo di magistero lo incontriamo nella Lettera apostolica Ordinatio sacerdotalis (22 maggio 1994) di Giovanni Paolo II, in cui il Papa affermava che «la dottrina circa l’ordinazione sacerdotale da riservarsi soltanto agli uomini» è «conservata dalla costante e universale tradizione della Chiesa» e dichiarava perciò che «la Chiesa non ha in
alcun modo la facoltà di conferire alle donne l’ordinazione sacerdotale e che questa sentenza deve essere tenuta in modo definitivo da tutti i fedeli della Chiesa» (EV/14, nn. 1347-1348) NOTA 2.

Una successiva «Risposta» della Congregazione per la Dottrina della Fede (28 ottobre 1995: EV/14, n. 3271; si veda anche l’annesso commento: nn. 3274-3282) ha chiarito che questo insegnamento di Giovanni Paolo II rientra esattamente nella categoria del «magistero ordinario universale», per cui qui il Papa non ha fatto altro che prendere atto di ciò che da sempre fa parte della fede della Chiesa e lo ha riproposto con la sua autorità magisteriale ai nostri giorni.



Il punto difficile sta nel reperire effettivamente il consenso del collegio episcopale e dei teologi su una dottrina di magistero ordinario universale.
Per questo, riteniamo che di fatto solo il Papa sia nella posizione ed abbia l’autorità per poter effettivamente rilevare e dichiarare l’esistenza di simile convergenza magisteriale, convergenza operata dallo Spirito di verità, il quale non permette che la totalità dei fedeli (universitas fidelium) possa sbagliarsi nel credere (cf. LG 12).

4. Infine, circa le varie forme di magistero non infallibile: di certo questi insegnamenti non vengono proposti come definitivi e sono pertanto perfezionabili. Tuttavia, bisogna partire dal presupposto (praesumptio) che di norma anche il magistero ordinario o non infallibile non sbagli nel guidare i fedeli alla conoscenza della verità.

Sarebbe errato ritenere che l’azione ispiratrice dello Spirito Santo si verifichi solo in occasione di insegnamenti infallibili: ciò farebbe di tutte le altre forme di esercizio magisteriale un’iniziativa puramente umana. D’altro canto, l’indispensabile distinzione tra un magistero infallibile e uno non infallibile non dovrebbe essere strumentalizzata per fungere da fondamento per il dissenso teologico nei confronti dei pronunciamenti non infallibili dei pastori della Chiesa, insegnamenti che, d’altro canto, rappresentano la parte materialmente più ampia della dottrina ecclesiale. Il teologo può dare un notevole contributo alla vita ecclesiale anche facendo notare i margini di miglioramento di aspetti particolari del magistero autentico dei pastori, tuttavia tale collaborazione deve essere vissuta sempre in spirito ecclesiale e non in un dilacerante spirito di contestazione e di rivalsa. NOTA 3

Su questo aspetto consigliamo la lettura del documento della Congregazione per la Dottrina della Fede, Donum veritatis. Istruzione sulla vocazione ecclesiale del teologo, 24 maggio 1990: EV/12, nn. 244-305. Si veda pure: Paolo VI, Paterna cum benevolentia, 8 dicembre 1974: EV/5, nn. 815-848.


Conclusione

La differenziazione degli interventi magisteriali è indice della ricchezza e pluriformità che lo Spirito di Cristo suscita in tutti gli ambiti della Chiesa. D’altra parte, indica anche che la Chiesa cattolica, finché vive in questa terra, ne condivide anche la condizione di storicità pellegrinante. Infine, l’esistenza di diverse forme di esercizio del magistero, nonché la tendenza da parte dei pastori a utilizzare di rado le sue forme infallibili, denuncia come infondate le accuse di chi ritiene il magistero della Chiesa un negativo esempio di autoritarismo. Esso è, al contrario, esercizio di una
vera autorità donata da Cristo a coloro che hanno la responsabilità di «ascoltare piamente, custodire fedelmente ed esporre santamente» (DV 10) il deposito della fede, per favorire la salvezza dei credenti e di tutti gli uomini di buona volontà.

* Tratto dal numero di marzo-aprile 2007 di “Sacerdos”


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Bibliografia essenziale ( a cura dell’Associazione “Veritatis Splendor”)

RACCOLTE DI DOCUMENTI DOTTRINALI
Heinrich Denzinger, Enchiridion Symbolorum, definitionum et declarationum et morum, Edizione bilingue, EDB, Bologna 2004, pp. 2304
Josef Neuner, Jacques Dupuis, La fede cristiana nei documenti dottrinali della Chiesa cattolica, San Paolo, 2002, pp. 1128
La fede della Chiesa cattolica. Le idee e gli uomini nei documenti dottrinali del Magistero, a cura di J. Collantes, Libreria Editrice Vaticana, 1993, pp. 1086


DOCUMENTI SPECIFICI (in ordine cronologico)
Congregazione per la Dottrina della Fede, Istruzione Donum Veritatis sulla vocazione ecclesiale dl teologo, 24 maggio 1990
Giovanni Paolo II, Lettera apostolica Ad tuendam fidem, 18 maggio 1998
Congregazione per la Dottrina della Fede, Nota illustrativa della formula conclusiva della Professio fidei, 29 giugno 1998
Congregazione per la Dottrina della Fede, Dichiarazione Dominus Jesus circa l’unicità e l’universalità salvifica di Gesù Cristo e della Chiesa, 6 agosto 2000

STUDI
Ugo Lattanzi, Il primato romano, Morcelliana, Brescia 1961
Piero Cantoni, L’infallibilità del Magistero del Papa, in Processi alla Chiesa. Mistificazione e apologia, Piemme Casale Monferrato 1992, pp. 125-143
J. Ratzinger, Trasmissione e fonti della fede, [n. 96 “Cristianità”, (aprile 1983)], Piemme, Casale Monferrato, 1985.
Roberto de Mattei, Quale Papa dopo il Papa, Piemme, Casale Monferrato 2002
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