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La Croce di Gerusalemme un enigma millenario: 5 ferite nel simbolo della Città Santa e delle Crociate

Ultimo Aggiornamento: 15/06/2013 19:38
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27/08/2009 18:59
 
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La croce di Gerusalemme, un enigma millenario

Cinque ferite
nel simbolo della Città Santa


di Mordechay Lewy
Ambasciatore d'Israele presso la Santa Sede

Lo sguardo di quanti hanno potuto vedere gli altari delle grandi messe in occasione della visita del Papa in Israele è stato immancabilmente attratto dalla croce di Gerusalemme. Questo stemma sembra essere onnipresente. Da secoli lo si trova come emblema della Custodia francescana di Terra Santa. È anche lo stemma dei  Cavalieri del Santo Sepolcro di Gerusalemme. E pure il patriarcato latino di Gerusalemme utilizza questo simbolo.

croce di gerusalemmeInoltre, la croce di Gerusalemme è una componente fissa della bandiera nazionale della Georgia, nonché degli stemmi dell'isola di Portorico e della città di Aix-en-Provence. Sia l'associazione cattolica Deutscher Verein vom Heiligen Lande sia l'associazione Evangelischer Jerusalemverein presso l'opera missionaria di Berlino la utilizzano. 


È un simbolo che può essere usato a piacimento? Che significato ha e come è nato?

La croce di Gerusalemme può essere facilmente riconosciuta dagli elementi che la compongono:  una croce greca (con i bracci di lunghezza uguale) croce potenziata o croce maltese (croce patente), circondata da quattro piccole croci, una tra ciascuno dei quattro bracci. Con i suoi colori, in araldica questa croce rappresenta un'eccezione:  oro su argento, due colori metallici che di solito non possono sovrapporsi.
Per il mio studio l'attributo importante però non è né il colore né la forma della croce. È invece il numero delle croci, che sono cinque (4+1), a dare a questo simbolo il suo significato.
La forma più antica della croce gerosolimitana appare nell'arte protocristiana. Già Franz Dölger ha rimandato agli stampi per le ostie giacobitici e nestoriani, che ha attribuito al V secolo. Queste prime forme di croce sono dette croci cosmiche. Sono prive di un riferimento diretto a Gerusalemme.

Con la cosiddetta chiave di san Servatio, sul cui ingegno è stata realizzata una croce gerosolimitana evoluta, ci troviamo però dinanzi a un enigma, da quando Viktor Elbern l'ha ricollegata a Gerusalemme. Questo reliquiario è stato realizzato nelle botteghe palatine di Aquisgrana nel IX secolo.

Tenendo conto della pretesa di Carlo Magno di essere il nuovo re David, il reliquiario potrebbe essere chiamato clavis David. Quest'opera d'arte, però, nel suo significato non si ricollega a Gerusalemme soltanto per il riferimento a re David. Gli annali dell'impero, infatti, parlano della legazione che Carlo ha inviato a Gerusalemme, dove il Patriarca le ha offerto dei doni. Tra questi vi era la chiave della città di Gerusalemme.
Ma questo riferimento ha avuto anche delle conseguenze sulla diffusione della croce gerosolimitana? Precisiamolo subito:  no, non ha avuto conseguenze. Deve passare mezzo millennio prima che si possa nuovamente documentare una croce di Gerusalemme. Contrariamente all'immaginario popolare o alle rappresentazioni successive romantico-storicizzanti, l'intera epoca delle crociate fino al 1291 non conobbe neppure una croce di Gerusalemme. 
Quella utilizzata dal regno di Gerusalemme era la "vera" croce, che aveva la forma di una croce patriarcale.

croce gerosolimitanaLa croce gerosolimitana riapparve all'inizio del XIV secolo in due contesti diversi. La prima apparve in un contesto escatologico, nel Giudizio Universale di Giotto nella Cappella degli Scrovegni a Padova, del 1300. Qui, due angeli, a capo della Militia Christi celeste, reggono una bandiera con la croce di Gerusalemme.

Anche la Militia Christi dell'altare di Ghent, realizzato dai fratelli van Eyck nel 1426-1432, segue una bandiera dei cavalieri con la croce gerosolimitana.
Che questo riveli la speranza di riconquistare Gerusalemme appare evidente grazie a una miniatura presente in un manoscritto sulla crocifissione di Marino Sanudo, il Liber secretorum fidelium Crucis. Qui la croce di Gerusalemme appare su una nave che trasporta i crociati. Nel 1332 questo codice (Bruxelles kb, ms. 9404-05) venne donato dal suo autore al re francese Filippo vi, nella speranza che si ponesse a capo della crociata.
Il secondo contesto è numismatico-politico. La croce gerosolimitana è impressa su una moneta cipriota del reggente e usurpatore Amalrico di Lusignano, che negli anni 1306-1310 s'impossessò di Cipro. Adottando la croce di Gerusalemme, già approvata teologicamente,  voleva  contrastare  le  pretese  angioine  alla  corona  di  Gerusalemme.

Per mancanza di spazio, possiamo solo accennare a questo contesto politico. La croce di Gerusalemme divenne un ambito attributo araldico di tutte le pretese al trono di Gerusalemme, reali e fittizie, dopo che nel 1291 i crociati persero anche l'ultimo avamposto. I casati di Lusignano a Cipro e Angiò a Napoli  si  contendevano  la  corona di Gerusalemme. In seguito, tutte le pretese  delle  dinastie  europee  dal XV al XX secolo ebbero solo carattere fittizio:  Aragona, Valois, Venezia, Savoia, Lorena, Asburgo, Borboni di Spagna. Di conseguenza questi casati vantavano sul  loro stemma la croce di Gerusalemme.

A noi, però, interessa soprattutto l'origine e il significato di questo simbolo enigmatico.
Se dall'epoca carolingia manca una certa continuità, come si può spiegare l'apparizione della croce di Gerusalemme, soprattutto dopo la fine degli stati crociati? Le spiegazioni fornite finora vanno dall'adozione dell'acronimo ih i (IHerusalem e Iesus), allo sviluppo ulteriore della croce patriarcale fino alle tre croci sul Golgota. Per spiegare le quattro piccole croci sono stati indicati i diversi principati crociati o le diverse nazioni che hanno preso parte alle crociate. Recentemente, Giuseppe Ligati ha suggerito di far derivare la croce di Gerusalemme dai sigilli dell'imperatore latino di Costantinopoli.

L'enigmatica riapparizione della croce gerosolimitana nel XIV secolo esige però una nuova interpretazione, che vada oltre i tentativi fatti finora per trovare una spiegazione. Io proporrei di servirci dello spunto della storia dei simboli dato da Michel Pastoureau, e soprattutto di prestare attenzione a un fenomeno di cui si è tenuto poco conto. Si tratta del fenomeno dei simboli seminati, semée, e del loro significato araldico. Recentemente, Michel Pastoureau ha fatto notare che nella descrizione medievale delle immagini i simboli sparsi in modo esteso come i gigli, le stelle o le croci rappresentano la consistenza infinita del celeste-divino. La domanda è quindi:  come veniva rappresentata in araldica l'infinità, tanto più che nelle prime descrizioni araldiche (blasoni) erano stati utilizzati a tal fine termini come semy, semée o crusellier? Pastoureau si è domandato anche come era stato possibile ridurre questi simboli seminati a un numero fisso e, così facendo, creare un emblema araldico universalmente riconosciuto.

Pastoureau ha analizzato l'apparizione del giglio al servizio della casa reale francese a partire dagli inizi dell'araldica nel XII secolo. Nel sigillo del 1211 il principe Luigi, in seguito divenuto re Luigi viii, è rappresentato come cavaliere con uno scudo con gigli seminati. L'infinità viene rappresentata da gigli incompleti al margine dello scudo.
All'epoca, il giglio era considerato simbolo di Maria, patrona di Francia. Ma nel corso del XIV secolo, all'esigenza di legittimazione dell'emergente dinastia dei Valois, a partire dal 1328, si risponde propagando l'origine divina dei gigli. Quando nel 1340 il re inglese Edoardo iii, nella foga della guerra dei cent'anni, fa valere la sua pretesa alla corona francese, divide in quattro il suo stemma e così su due partizioni appaiono i gigli seminati rivendicati dai francesi. Edoardo non eliminò i gigli dal suo stemma nemmeno dopo aver rinunciato alla corona francese nel 1360. Come contromossa, il re di Francia Carlo v, a partire dal 1365 circa, cercò di ridurre a tre i numerosi gigli del suo stemma. Si presume che volesse in tal modo contrastare l'utilizzo dei gigli da parte degli inglesi. Questa riduzione a tre venne motivata con il diffondersi della Trinità quale patrona della corona francese.
"(Le roi de France) porte les armes des trois fleurs de lys en signe de la benoîte Trinité"; così si espresse nel 1371-72 il traduttore francese Raoul de Presle nella sua prefazione alla Civitas Dei di sant'Agostino. Con questa motivazione teologica, che avvicinava la corona alla quasi divinità, non si ottenne soltanto una particolare legittimazione della dinastia francese dei Valois, ma venne anche approvata e stabilita in araldica la limitazione dello stemma a tre gigli.
 
Che cosa si può imparare da questo modello esplicativo del seminato ridotto di Pastoureau? Sulla base di un inventario delle rappresentazioni visive, si potrebbe seguire, dal punto di vista della storia dei simboli, lo sviluppo delle croci seminate ed esaminare quando, come emblema araldico, è stata ridotta la loro infinitezza e con quante croci è stato catalogato in araldica. 
araldica Forse, come per la Trinità, anche per il numero fissato delle croci si può trovare una motivazione teologica che lo legittimi. Non nel XII, ma solo nel XIII secolo troviamo le croci seminate nel contesto araldico, e più di frequente come stemma del re di Gerusalemme, Giovanni di Brienne (1210-1225).
La corona di Gerusalemme nel 1277 venne ceduta da una pretendente al trono, Maria di Antiochia, a Carlo i d'Angiò, che desiderava espandere a oriente il suo regno mediterraneo di Sicilia e di Napoli. Su una moneta da lui coniata quando s'impossessò della corona di Gerusalemme, appare nuovamente una croce seminata.

Ancora nel 1317, questa croce seminata venne utilizzata in un dipinto di Simone Martini per ricordare la pretesa angioina alla corona di Gerusalemme. La tavola rappresenta san Luigi, vescovo di Tolosa e fratello maggiore di Roberto d'Angiò, nell'atto di consegnare al fratello la corona del Regno di Napoli e di Gerusalemme. Lo stemma appare sia come fibbia sul mantello di Luigi, sia sulla parte posteriore dell'abito di Roberto.

Nel XIII secolo, dunque, la croce, a partire da Giovanni di Brienne - non sono escluse influenze bizantine - sembra essere lo stemma di coloro che reclamano il trono di Gerusalemme. Appare soprattutto nel regno angioino di Napoli, che così contendeva la corona di Gerusalemme alla dinastia cipriota dei Lusignano. Nel XIV secolo, e anche dopo, continua a riapparire nel contesto storico del regno di Gerusalemme. Si è pertanto consolidata l'erronea convinzione che i crociati a Gerusalemme avessero come stemma la croce di Gerusalemme seminata o piena.

Contemporaneamente, all'inizio del XIV secolo, nel contesto sia teologico sia politico la croce seminata subì una riduzione e venne limitata a quattro piccole croci attorno alla croce greca. Come si giunse a ciò? Il Giudizio universale di Giotto (1302-1305) e la moneta cipriota (1306-1310) fanno risalire la croce di Gerusalemme più o meno allo stesso periodo. Tuttavia, il contesto teologico sembra essere quello più importante.
A Cipro invece fu l'obbligo politico di minare le pretese degli Angiò di Napoli su Gerusalemme a fare accettare la croce di Gerusalemme con le croci ridotte a cinque. Nella motivazione teologica degli atti di culto, il simbolismo dei numeri svolge un ruolo importante.

Dall'abitudine del sacerdote di segnarsi cinque volte, dinanzi all'ostia consacrata, pronunciando le parole hostiam puram, hostiam sanctam, hostiam immaculatam, panem sanctum vitae aeternae, et calicem salutis perpetuae, all'inizio del XII secolo Roberto Tuitiense, nel suo De divinis Officiis (Patrologia Latina, 170, 43d-44a), così interpreta la consuetudine di mostrare l'ostia consacrata come un modo per ricordare le cinque piaghe fisiche di Cristo, cum intra verba praedicta, vel quinque crucis signacula, quinque dilecti sui plagas (...) fida tenet et contemplatur memoria.

Nel suo De sacro altaris mysticis (Patrologia Latina, 217, 887) Papa Innocenzo iii, conferma questo quintuplice segno della croce come memoria delle cinque piaghe. San Tommaso d'Aquino, verso la fine della sua vita, nel 1274, scrive di questo atto nella Summa TheologiaeUnde ad repraesentandum quinque plagas, fit quarto quintuplex crucesignatio super illa verba, hostiam puram. Nel XII secolo, quando l'araldica era ancora poco sviluppata, questa interpretazione simbolica delle cinque croci non poteva essere applicata alla croce di Gerusalemme, a quell'epoca caduta nell'oblio. Fu lasciato alle generazioni successive il compito di riprendere visivamente questa interpretazione.

Intorno al 1340, nella Züricher Wappenrolle (stemmario di Zurigo) appare un'indicazione eloquente. Lo stemma del regno di Gerusalemme è riportato come croce potenziata, sulla quale cinque chiodi (piaghe) sono disegnate in rosso.
Per quanto mi è noto, è questo il primo collegamento figurato esplicito dello stemma di Gerusalemme con la configurazione delle cinque piaghe. Da questo collegamento si potevano anche far derivare le quattro piccole croci tra i bracci. Un ulteriore sviluppo della riduzione teologicamente motivata della croce di Gerusalemme a cinque croci si osserva nel XV secolo, sulle vetrate di un convento francescano in Inghilterra (Coldingham), conservate nel Cloisters Museum di New York.

Su queste vetrate, le cinque piaghe di Gesù sono rappresentate come concetto araldico sviluppato, in una configurazione 1+4. Unendo le due configurazioni (lo stemmario di Zurigo e le vetrate di Coldingham), appare visivamente la motivazione teologica della configurazione della croce di Gerusalemme. A questo bisogna aggiungere che anche la rappresentazione figurata dell'Arma Christi nei primi decenni del XIV secolo è stata racchiusa in un concetto araldico.

Rispecchiava lo spirito dei tempi. Va notato che nello stesso periodo sia lo  stemmario di Zurigo sia l'Arma Christi prevedono un solo chiodo per entrambe le gambe, poiché nelle raffigurazioni occidentali questa posizione delle  gambe  nella  crocifissione si è imposta a partire dall'inizio del XIV secolo. 
chiave L'idea diffusa dai francescani secondo cui le cinque stigmate di Francesco corrispondevano alle cinque piaghe di Gesù venne trasmessa visivamente soprattutto attraverso opere commissionate ai pittori italiani più abili. La divulgazione, da parte dei francescani, della simbologia delle cinque piaghe, acquistò un ulteriore significato quando questo Ordine poté riportare la presenza latina in Terra Santa. Nel 1342, Papa Clemente vi affidò loro la responsabilità dell'assistenza ai pellegrini latini. Fu questo uno stimolo in più per reclamare la croce di Gerusalemme come croce delle cinque piaghe di Gesù (e quindi indirettamente delle cinque stigmate).

Nel XV secolo, i francescani della Custodia di Terra Santa iniziarono a monopolizzare la croce di Gerusalemme per il pellegrinaggio dall'Europa. L'Ordine Equestre del Santo Sepolcro, da loro promosso, araldicamente veniva onorato con il conferimento della croce di Gerusalemme. La prima testimonianza dell'utilizzo della croce di Gerusalemme come simbolo che identificava chi si era recato in pellegrinaggio a Gerusalemme è un epitaffio di Heinrich Ketzel, di Norimberga, che compì il pellegrinaggio nel 1389. L'epitaffio venne realizzato solo nel 1454 ed è ancora oggi visibile sul muro esterno della chiesa di San Sebaldo a Norimberga.

All'inizio fu importante per i francescani avere la prerogativa di conferire il titolo di cavaliere del Santo Sepolcro. Questa prerogativa venne loro confermata da una lettera del Papa nel 1525. Il simbolo veniva cucito sull'abito dei pellegrini. I membri delle fraternità gerosolimitane esibivano con orgoglio le collane con la croce in metallo che riportavano da Gerusalemme.

A partire dal XVII secolo, la croce gerosolimitana venne addirittura tatuata sulla pelle dei pellegrini, affinché al ritorno in patria potessero portare con sé per tutta la vita il ricordo del pellegrinaggio.

Accanto al ramo di palma utilizzato a partire dall'inizio del Medioevo (palmario era sinonimo di pellegrino a Gerusalemme) nel XVI-XVII secolo la croce gerosolimitana divenne l'attributo principale del pellegrinaggio in Terra Santa.

Nel XVI secolo, i francescani in Terra Santa si appropriarono della croce di Gerusalemme per farne un uso ufficiale. Nel sigillo ovale del 1581 del Guardiano del Monte Sion a Gerusalemme, nella punta superiore (a sinistra), si riconosce la croce di Gerusalemme. La croce gerosolimitana venne utilizzata anche nella sua insegna notarile nel 1599 (a destra).

Nel XVII secolo, grazie allo studioso francescano Francesco Quaresmius venne promossa in modo particolare la devozione delle cinque piaghe di Gesù. Francesco Quaresmius evidenziò l'unicità del suo Ordine, sottolineando il collegamento tra le cinque piaghe di Gesù e le cinque stigmate del fondatore dell'Ordine, san Francesco. Quaresmius introdusse un'importante aggiunta nello stemma della Custodia di Terra Santa:  nello stemma apparvero le braccia incrociate di Gesù e di Francesco. Questo emblema è scolpito ancora oggi sugli immobili di proprietà della Custodia a Gerusalemme e nei suoi dintorni.

Il predominio dei francescani nell'ambito dei pellegrinaggi a Gerusalemme fu interrotto nel 1847 con la disposizione pontificia d'istituire un patriarcato latino a Gerusalemme. I francescani persero anche la prerogativa del conferimento del cavalierato. Nel 1868 l'ordine equestre venne riorganizzato e riconosciuto dal Papa. La sua massima istanza, il Gran Maestro, un cardinale nominato dal Papa e residente a Roma, nomina anche i cavalieri. Il simbolo della croce di Gerusalemme diffuso dai francescani, ha nel frattempo sviluppato una vita propria. Il merito di averne fatto lo stemma dell'Ordine Equestre del Santo Sepolcro, però, in realtà dovrebbe essere attribuito alla Custodia di Terra Santa.



(©L'Osservatore Romano - 28 agosto 2009)
Fraternamente CaterinaLD

"Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
(fr. Carlos Alfonso Azpiroz Costa OP
Maestro dell’Ordine)
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I mediocri "sputano sentenze" contro la Chiesa di Roma. Dov'è finito il senso di giustizia? Sfatiamo il falso mito illuminista e diciamo la verità storica sulle CROCIATE

  

I mediocri "sputano sentenze" contro la Chiesa di Roma. Dov'è finito il senso di giustizia? Sfatiamo il falso mito illuminista e diciamo la verità storica sulle CROCIATENon so se ridere o piangere.! Mi domando costantemente perché il mondo sottolinea ed enfatizza solo i lati “oscuri” o presunti tali della Chiesa di Roma. Dov’è lo spirito di imparzialità e la corretta analisi critica dei documenti storici? Perché si rimarcano esclusivamente le iniziative “poco chiare” della Chiesa e, con estrema mediocrità, si “sputano sentenze” senza cognizione di logica e causa? Dov’è finito il senso di giustizia?

E perché, quando si nomina la Chiesa, si pensa solo alle Crociate, a papa Borgia, all’Inquisizione e al film “l’Esorcista”? Questo vergognoso modus operandi è, senza dubbio, frutto di secoli di compromessi tra illuministi, massoni, comunisti, lobby ebraiche ed altre migliaia di correnti di pensiero a cui Gesù Cristo dà fastidio. Io, giovane informatico di campagna, sento il dovere di scrivere anzitutto di apologetica e di difendere, citando fonti e documenti ufficiali ben lontani
dalla favola e dalla menzogna, la Chiesa di Roma e quanto di stupendo “fece, ha fatto, fa e continuerà a fare in eterno”.

Ma parliamo di Crociate: sapete che se non ci fossero stati i Crociati (come erroneamente vengono chiamati) l’Islam avrebbe invaso l’occidente e le care "pettegole", divorziste, emancipate ed anticattoliche "donnine" che ostentano preziosi, minigonne ed acconciature da 100 euro, sarebbero tutte coperte da un bel burqa e dovrebbero camminare con scarpe in gomma per non disturbare il proprio uomo? (Apro parentesi dicendo che a me farebbe piacere ... sarebbe per loro una bella lezione di umiltà ... porrebbe sullo stesso piano donne belle e donne brutte ... ci sarebbe maggiore giustizia ed equità sociale ... le capacità individuali primeggerebbero sulle fortunose doti estetiche).

“La crociata nasce senza neanche chiamarsi così. Non c'è la crociata, alla fine dell'XI secolo: ma ci sono i "crociati", vale a dire i cruce signati, i pellegrini diretti a Gerusalemme che in segno di tale pellegrinaggio recano cucita o ricamata sulla spalla o sul petto oppure sulla bisaccia una piccola croce (come quelli che vanno a Santiago de Compostela portano la conchiglia e quelli a Roma le chiavi di Pietro).
Alla fine dell'XI secolo, al concilio di Clermont del 1095, papa Urbano II indica all'inquieto ceto cavalleresco francese - esausto per le continue guerre al suo interno - un nuovo scopo: “partano i cavalieri desiderosi di onore verso Oriente, sulla via del pellegrinaggio, perché l'imperatore di Bisanzio ha bisogno di valorosi guerrieri onde fronteggiare l'avanzata dei turchi in Anatolia”. Dilaga il desiderio del pellegrinaggio redentore, l'ultimo della storia, quello che porterà il genere umano nella valle di Giosafat e coinciderà con il Regno dei Cieli. Inermi o seminermi pellegrini seguono i cavalieri: l'iter dei milites e la peregrinatio dei pauperes ora coincidono. È nata la crociata, quasi ex abrupto.

L'esecrazione per le crociate è quasi unanime: sono state il primo esempio di guerra coloniale della storia, hanno tenuto a battesimo la follia dei pogrom, hanno costituito un triste modello di guerra di religione. Il mondo musulmano sostiene che esse furono la prima aggressione dell'Occidente all'Oriente: e non serve replicare che se di aggressione si deve parlare fu l'Islam a scatenarla, con la Jihad tra VII e X secolo. Ancora, per alcuni la crociata è la forma cristiano - medioevale dell'eterno conflitto geopolitico che "da sempre" (cioè almeno dalle guerre greco - persiane) oppone l'Occidente e l'Oriente. Voltaire ha maledetto la crociata, guerra d'ignoranza e di fanatismo. Al contrario, guerriglieri vandeani in lotta contro la tirannide giacobina, cristeros messicani impegnati nella difesa della loro tradizione cristiana, cattolici spagnoli insorti contro la repubblica atea e persecutrice hanno risvegliato a più riprese il nome e il fascino della croce sui vessilli”. [citazione di Franco Cardini].

Ho deciso di pubblicare il testo della conversazione che Gianpaolo Barra, direttore de "il Timone" tenne a Radio Maria giovedì 4 marzo 1999, durante la "Serata Sacerdotale" condotta da don Tino Rolfi, conservando lo stile colloquiale e la divisione in paragrafi numerata utilizzata per i suoi appunti dall' autore.

1. Nel corso di questa conversazione affrontiamo il tema delle crociate. Come è facile intuire, si tratta di un argomento estremamente delicato, essendo uno dei cavalli di battaglia della cultura dominante, utilizzato per denigrare la storia della Chiesa.

2. A partire da Voltaire, sulle Crociate è stata costruita una autentica "leggenda nera", infarcita di menzogne e fantasticherie, a causa della quale i cattolici sono stati costretti a posizioni di "difesa".

3. La leggenda nera narra che le Crociate furono guerre di religione, dichiarate dai cristiani ai musulmani. Tali guerre sarebbero state volute dalla Chiesa al solo fine di imporre la propria religione quella cristiana ad altri popoli, nella fattispecie ai popoli "civili e pacifici" del Vicino Oriente, musulmani, fedeli di Maometto e seguaci dell'Islam.

4. Sarebbero state pertanto manifestazioni di fanatismo religioso, di fondamentalismo cristiano cattolico e c'è chi sostiene che la Religione fu soltanto un alibi che nascondeva il vero intento delle Crociate: conquistare nuove terre, promuovere la politica espansionistica e imperialistica della Cristianità medievale.


5. Naturalmente, stando ai sostenitori della leggenda nera, la Chiesa tutta intera dovrebbe vergognarsi per questa brutta pagina della sua storia. Infatti, che cosa ci sarebbe di più scandaloso, di più lontano dal Vangelo di una Chiesa che promuove la "guerra santa", che incita all'annientamento di un'altra religione e dei suoi seguaci?


6. Questo in rapida e fin troppo superficiale sintesi il contenuto di quello che ci viene abitualmente propinato dalla propaganda e dalla cultura oggi di moda.


7. Chi vi parla, ormai gli amici ascoltatori lo sanno molto bene, non si vergogna affatto della storia della Chiesa e men che meno si vergogna del fatto che ci siano state le Crociate. Prima infatti di batterci contriti il petto, è necessario capire che cosa sono state le Crociate ed è il compito che vogliamo svolgere nel corso di questa breve conversazione.


8. Per parlare delle crociate con competenza, mi farò guidare da due studiosi, uno storico e un filosofo. Lo storico è Franco Cardini, docente universitario, uno dei più prestigiosi e conosciuti studiosi del Medioevo cristiano e del mondo islamico. Il filosofo è un sacerdote, professore all'Università Cattolica di Milano, don Luigi Negri, il quale ha scritto un bel libro, intitolato significativamente: "False accuse alla Chiesa", edito da Piemme, dove troviamo un capitolo molto importante dedicato alle crociate.


9. Cominciamo allora a rispondere alla domanda: che cosa sono state le crociate? Preavverto che, per rispondere, dobbiamo fare uno sforzo: capire bene il significato delle crociate non è facile, perchè sono passati molti secoli, è cambiato il mondo, è cambiata la mentalità dell'uomo moderno e non dobbiamo cadere nell'errore di giudicare i fatti storici adoperando esclusivamente i criteri di giudizio che la moda culturale oggi ci impone.


10. Rispondiamo alla domanda cominciando con il dire che le crociate sono state molto di più di semplici spedizioni militari: sono state innanzitutto dei pellegrinaggi, dei pellegrinaggi armati.


11. Non si può negare che la spedizione armata fosse necessaria per liberare i Luoghi Santi dalla occupazione dei Turchi. Questa occupazione aveva reso impossibile lo svolgersi di un fatto che per tutto il Medioevo cristiano costituiva una esperienza normale, faticosa ma abituale: il pellegrinaggio in Terra Santa, per visitare i luoghi dove Gesù era vissuto.


12. Ma è altrettanto vero che la crociata era di più di una spedizione militare. Ho parlato di pellegrinaggi, e qualcuno certamente si sarà stupito. Ma lo stupore si dissolve se ricordiamo che la motivazione principale che spingeva alla crociata uomini e donne, giovani e adulti, perfino bambini, uomini di potere e semplici contadini, che lasciavano tutto e partivano per liberare la Terra Santa era una motivazione di carattere religioso.


13. Scrive il professor don Luigi Negri. "Le crociate sono state un grande movimento di carattere missionario la cui motivazione è fondamentalmente la fede". Dunque fede e missionarietà alla base dello spirito della crociata.


14. Il caso di san Francesco di Assisi ne è la prova più convincente.


15. Si sa che di questo straordinario santo della Chiesa cattolica ci viene trasmessa una immagine tutta "acqua e zucchero". Quanto è difficile, addirittura sorprendente, credere che san Francesco di Assisi fu un difensore della Crociata.


16. In effetti, egli accompagnò la V crociata, iniziando in prima persona la missione francescana presso i musulmani. Non risponde a verità la convinzione che san Francesco accompagnò i Crociati senza condividere la necessità di armarsi e di combattere per liberare i Luoghi Santi.


17. C'è un episodio di Francesco alla Crociata molto significativo che ci viene abitualmente taciuto: dopo essere scampato per miracolo alla morte e avere subito dai musulmani percosse sanguinose, Francesco riesce a raggiungere il sultano Malil-Al-Kamil. Con lui c'era un altro frate, di nome Illuminato, che ci riporta il dialogo intercorso tra il poverello di Assisi e il Sultano.


18. Sentiamo la testimonianza di Frate Illuminato: "II Sultano sottopose a Francesco un'altra questione: "II vostro Signore insegna nei Vangeli che voi non dovete rendere male per male, e non dovete rifiutare neppure il mantello a chi vuol togliervi la tonaca" Quanto più voi cristiani non dovreste invadere le nostre terre!". Rispose il beato Francesco: "Mi sembra che voi non abbiate letto tutto il Vangelo. Altrove, infatti, è detto: "Se il tuo occhio ti è occasione di scandalo, cavalo e gettalo lontano da tè. E, con questo, Gesù ha voluto insegnarci che, se anche un uomo ci fosse amico o parente, o perfino fosse a noi caro come la pupilla dell'occhio, dovremmo essere disposti ad allontanarlo, a sradicarlo da noi, se tentasse di allontanarci dalla fede e dall'amore del nostro Dio. Proprio per questo, i cristiani agiscono secondo giustizia quando invadono le vostre terre e vi combattono, perchè voi bestemmiate il nome di Cristo e vi adoperate ad allontanare dalla religione quanti uomini potete. Se invece voi voleste conoscere, confessare e adorare il Creatore e Redentore del mondo, vi amerebbero come se stessi!".


19. Come vedete, qui ci troviamo di fronte ad un san Francesco sconosciuto da molti di noi cattolici. Un difensore dei diritti dei Crociati, sostenitore della necessità di combattere in quel frangente per la fede, pronto a offrire il contributo di cui è capace - lui non era un uomo d'armi - per il buon esito della crociata.


20. Ma possiamo capire questa posizione di san Francesco che è comune all'uomo medievale, al cristiano medievale se ritorniamo alla motivazione fondamentale della Crociata: la motivazione della fede.


21. Si deve ricordare, infatti, che l'occupazione di Gerusalemme da parte dei Turchi aveva messo in pericolo la memoria storica dei luoghi che avevano visto Gesù vivo. E la fede, la nostra fede cattolica, si fonda su dati storici e se si mettono in pericolo questi dati storici, questi fatti che riguardano la vita di Gesù, si mette in pericolo la Fede.


22. Così ragionavano i Cristiani del medioevo.


23. Perchè è difficile comprendere questo modo di ragionare, oggi? Perchè anche noi credenti abbiamo perso di vista il fatto che la fede è un bene tra i più grandi che possediamo. Noi ci preoccupiamo della casa, del lavoro, della salute fisica e per questi beni … importanti, certamente, ma non i più importanti nella prospettiva cristiana siamo disposti a lavorare e a lottare.


24. Le nazioni di oggi dichiarano guerra e fanno la guerra per altre ragioni: il petrolio, l'aiuto ai profughi, ragioni economiche, etc. Nel medioevo cristiano sopra ogni ragione c'è una motivazione religiosa: la fede.


25. Per quanto possa sembrare scandaloso, le cose stanno proprio così. Ma torniamo alle Crociate.


26. C'era un'altra ragione che motivava la Crociata: non solo il pericolo di perdere la memoria storica di Gesù Cristo, ma anche il pericolo concreto e tremendo che correvano le comunità cristiane che vivevano in Terra Santa e lungo i confini orientali dell'Europa, minacciati dall'avanzata dei Turchi.


27. Nel tempo delle Crociate, tutta l'Europa cristiana avverte che quella Chiesa, che quella parte del Corpo Mistico di Cristo che viveva nell' Oriente corre il serio pericolo di essere definitivamente soppressa, di venir cancellata dall'Islam.


28. Bisognava difendere i cristiani minacciati. Era necessario mostrarsi concretamente solidali con loro. La difesa della Chiesa: questo era un elemento fondamentale dello spirito crociato. Questo volevano i crociati alla fin fine: liberare i luoghi santi, recuperare la libertà di accesso ai luoghi santi e difendere i propri fratelli cristiani nella fede.


29. Era una motivazione autenticamente gratuita, che veniva prima - scrive don Luigi Negri - "di qualsiasi valutazione e di qualsiasi strategia di carattere politico", era una motivazione che sfuggiva a qualsiasi calcolo, a qualsiasi convenienza, a qualsiasi previsione di risultati.


30. Si badi bene: questo non vuol dire che durante le crociate non siano emerse motivazioni e calcoli di ordine politico, economico o anche di profilo più umano: ma non furono questi i motivi che spinsero l'Europa intera, l'Europa cristiana dei secoli XI-XIII alle crociate.


31. La Crociata dunque è una missione. Una missione di aiuto, una missione armata: e allora le cose non potevano andare diversamente. Uscire dall'Europa per liberare i territori sacri, per difendere la comunità cristiana, significava opporsi a coloro che, prima di questa uscita, avevano occupato militarmente la Terra Santa e tenevano soggette le popolazioni cristiane dell'Oriente.


32. Facciamo un passo avanti. L'idea che la Crociata fosse una operazione militare destinata non solo a liberare i luoghi santi ma anche ad occupare Gerusalemme ed annetterla all'Occidente cristiano non ha mai sfiorato i capi della Chiesa, i papi. Sul piano della teoria giuridica accettata in Occidente, la Città Santa apparteneva di diritto all'Imperatore di Oriente, all'Imperatore di Costantinopoli.


33. Una prova che la conquista di Gerusalemme non era stata programmata né dal Papa nè dai principi cristiani che avevano partecipato alla prima Crociata (10951099) l'unica Crociata che giunse a buon fine risiede nel fatto che nessuno sapeva bene come organizzare le nuove conquiste.


34. Molti cavalieri e pellegrini, sciolto il loro voto, rientravano in Europa, tornavano a casa. Nasceva lì il problema di difendere le conquiste fatte, obiettivo che nessuno si era posto e nessuno aveva preparato. Segno che lo spirito della Crociata era quello di liberare la Terra Santa, non di occuparla militarmente.


35. E soltanto la prima delle 7/8 crociate riuscì nel suo intento di liberare Gerusalemme. Tutte le altre fallirono.


36. Fallì la seconda crociata, durata due anni (1144-1146), provocata da una richiesta di aiuto da parte del regno di Gerusalemme all'Europa.


37. Fallì la terza crociata, durata sei anni (1187-1193), che vide il capo dei musulmani, il famoso Saladino, riconquistare Gerusalemme. E qui dobbiamo soffermarci per osservare un episodio rivelatore dello spirito crociato.


38. La terza crociata era comandata da Riccardo Cuor di Leone, re d'Inghilterra, e da Filippo II Augusto, re di Francia. Occorre ricordare che a questa crociata partecipa anche l'imperatore Federico Barbarossa, tuttavia non come comandante supremo, perchè è scomunicato dal Papa.


39. Dunque, un imperatore, l'uomo più potente di tutta l'Europa, colui che sfidava il papato e che era stato scomunicato per questo dal Pontefice, aveva come unico motivo di onore partecipare alla Crociata come un soldato semplice. E morirà in crociata, annegando in un fiume.


40. Per la fede, per ottenere l'indulgenza plenaria, un imperatore è disposto perfino a lottare come soldato semplice.


41. Torniamo alle crociate. Fallì anche la quarta crociata, durata due anni (1202-1204), certamente la più incresciosa. Qui le motivazioni di carattere politico ebbero il sopravvento sulle ragioni della fede. Partiti per Gerusalemme, a causa dei ricatti di Venezia i crociati si ritrovarono a conquistare la cristianissima Costantinopoli, dando vita ad un effimero impero latino, che durò pochi decenni.


42. Le altre crociate fallirono tutte, non raggiunsero mai Gerusalemme.


43. Dunque, per avere un quadro generale, anche se generico, le crociate furono 7/8, sparse in due secoli di storia e videro i cristiani combattere soltanto per pochi anni.


44. Nel 1300, papa Bonifacio VIII indisse il primo Giubileo e spostò l'indulgenza plenaria dalla crociata al pellegrinaggio a Roma, rinunciando ad ogni tentativo di liberare Gerusalemme. Era la fine delle crociate in Terra Santa.


45. Veniamo ad un altro argomento: quando si parla di crociate, a qualcuno viene in mente l'inusitata violenza cui si abbandonarono i crociati, massacrando popolazioni, trucidando ebrei e arabi.


46. I fatti sono noti e purtroppo tragici. Quando, nella prima crociata, nell'agosto del 1099 Gerusalemme venne liberata, Ì crociati si abbandonarono ad un terribile massacro. Ma, mentre non dobbiamo nascondere questo aspetto crudele, tragico e tremendo, che ha caratterizzato le spedizioni crociate, dobbiamo ricordare con forza che non fu il Papa, non fu la Chiesa ad ordinare i massacri e le violenze. Questi furono compiuti da soldati che agirono al di fuori e contro le intenzioni della Crociata.


47. Dobbiamo ricordare che alla crociata partecipavano cavalieri armati e laici anche disarmati. Queste turbe di pellegrini, senza aspettare i principi cristiani che dovevano capitanare la spedizione, guidati e sospinti da indisciplinati e da predicatori improvvisati, capaci però di infiammare e di trascinare le folle, queste turbe di pellegrini dicevo si abbandonarono per esempio nel corso della prima crociata a violenze inaudite mentre attraversavano l'Europa per giungere in Terra Santa.


48. Nella primavera del 1096, sulle città del Reno e del Danubio compiono razzie e massacri di cui furono vittime soprattutto le comunità ebraiche. Saranno, si rifletta su questo fatto, i vescovi e le autorità fedeli all'Imperatore Enrico IV ad opporsi ai massacri e gli eccessi di queste turbe indisciplinate non tardarono ad essere puniti.


49. Furono attaccate e decimate a loro volta, prima dalle milizie dei signori ecclesiastici e poi da quelle del Re di Ungheria e dai bizantini, per essere infine massacrate dai Turchi, appena i superstiti oltrepassarono lo Stretto dei Dardanelli.


50. Dunque, non il Papa, non la Chiesa aveva dato ordine di compiere questi massacri.


51. Possiamo trarre un bilancio conclusivo di questa nostra conversazione. Naturalmente, ci vuole ben altro che una mezz'eretta per illustrare quanto vi sarebbe da dire sulle Crociate. Ma a noi basta avere sottolineato qualche dato utile per respingere quella propaganda interessata che considera la Chiesa colpevole per aver chiamato i popoli dell'Europa cristiana a liberare il Santo Sepolcro.


52. Per fare questo bilancio conclusivo, che meriterebbe comunque di essere approfondito, ci facciamo aiutare dallo storico Franco Cardini. E in sintesi, possiamo dire questo.


53. Primo: la crociata non fu mai semplicemente una guerra, e tanto meno una "guerra santa". Fu vissuta come pellegrinaggio armato, per cui chi vi partecipava aveva diritto a determinate indulgenze.


54. Secondo: non è vero che le crociate provocarono lontananza e inimicizia reciproca tra Occidente cristiano e Oriente musulmano. Il periodo delle crociate, quello fra XI e XIII secolo, fu anche quello del massimo avvicinamento fra Cristianità e Islam. Pensate che proprio in questa epoca giungono in Occidente, dal mondo arabo, la scienza e la filosofia classica che vi erano state dimenticate.


55. Terzo: non è vero che l'Islam non ci ha più potuto perdonare le crociate. L'Islam non se n'era nemmeno accorto. Bisogna aspettare il secolo scorso, quando i musulmani colti, studiando in Europa, entrano in contatto con la leggenda nera sulle crociate inventata dall'Illuminismo. Prima di allora e questo dato è assai significativo i Paesi islamici mancavano persino di una traduzione in lingua araba del termine "crociata".


56. Quarto: a dispetto di quanto si crede, nei due secoli di crociate, gli anni di guerra effettiva, di guerra guerreggiata, furono assai pochi. E furono assai limitati gli episodi di ferocia, comunque non voluti dalla Chiesa.


57. E infine un'ultima considerazione, che potrà sembrare scandalosa oggi, visto che viviamo in un mondo dove i criteri di giudizio sono quelli "laicisti", purtroppo fatti propri anche da molti nostri buoni, ma ingenui, cattolici.


58. Se si guarda al fenomeno delle crociate e alle motivazioni che spinsero migliaia e migliaia di uomini, donne e perfino bambini a mettersi in marcia per liberare la Terra Santa, a rischiare la vita, a sottoporsi a prove, fatiche e durezze, dobbiamo dire quanto scrive con coraggio don Luigi Negri: "Questa gente se ne è andata in giro per il mondo perchè credeva che Gesù Cristo fosse il significato ultimo della vita, ciò per cui valeva la pena di vivere e di morire.


59. Non si poteva accettare che non si potesse più andare ad inginocchiarsi dove Gesù era nato e dove era morto. [...] Non si poteva essere cristiani in Occidente dimenticando i fratelli a cui sarebbe stato impedito di esprimere la propria fede se fossero caduti sotto il dominio dei Turchi".


60. Con questo richiamo alla motivazione più profonda che ha spinto alla Crociata, possiamo concludere la nostra conversazione


61. Tutti ringrazio. A risentirci, a Dio piacendo, la prossima volta.



Bibliografia - Franco Cardini, Le Crociate tra il mito e la storia, Istituto di Cultura Nova Civitas, Roma 1971.  Franco Cardini, Processi alla Chiesa. Mistificazione e apologia, Piemme Casale Mon.to (AL) 1994. Luigi Negri, Controstoria. Una rilettura di mille anni di vita della Chiesa, San Paolo, Cinisello B.mo (MI) 2000. Luigi Negri, False accuse alla Chiesa, Piemme, Casale Mon.to (AL) 1997.

Amici e lettori, mi auguro che questo piccolo articolo sulle Crociate, cui ne seguiranno altri, abbia suscitato in voi almeno il dubbio che fino ad oggi vi sono state insegnate delle menzogne. Concludo dicendo esplicitamente e senza dubbio che condannare e demonizzare le Crociate equivale a distruggere il palazzo dell’ONU e, con esso, tutte le sue iniziative e missioni di pace finalizzate alla civilizzazione …  in futuro vi parlerò anche dell’ONU e di come dovrebbe cattolicamente operare.

Carlo Di Pietro

Fraternamente CaterinaLD

"Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
(fr. Carlos Alfonso Azpiroz Costa OP
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14/10/2010 11:32
 
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Quando i crociati cercarono di difendere la Terra Santa



                                             



Un libro di Rodney Stark spiega le vere ragioni delle crociate


di Antonio Gaspari

ROMA, mercoledì, 13 ottobre 2010 (ZENIT.org).- “Le Crociate non furono un atto di colonialismo, ma la risposta militare a una lunga serie di aggressioni da parte dell’Islam contro i Luoghi Santi e i pellegrini”. E’ quanto sostiene Rodney Stark nel libro “Gli eserciti di Dio. Le vere ragioni delle crociate” (Lindau)

Ripercorrendo la storia delle sette maggiori Crociate, che si svolsero tra il 1095 e il 1291, il libro di Stark dimostra come l’Europa abbia dovuto reagire a una vera e propria strategia di conquista.

“Finalmente un libro sulle crociate convincente ed equilibrato, lontano dalle recenti diatribe ideologiche e grossolane che le liquidavano come un brutto affare”, ha scritto Jeffrey Burton Russell, professore emerito di Storia della University of California.

Secondo il docente statunitense “Stark dimostra che i crociati erano ben lontani dall’intento di colonizzare, e reagivano solo agli attacchi. La loro motivazione fondamentale, per quanto talvolta abusata, era allo stesso tempo difensiva e spirituale”.

E Philip Jenkins, professore di storia e studi religiosi presso la Pennsylvania State University , ha affermato “questo libro si lancia all’assalto dei facili miti che gli studiosi hanno reso popolari a proposito delle crociate. L’esito è sbalorditivo. Il suo più grande risultato è di farci vedere i crociati nei loro veri termini”.

In effetti Stark, docente di scienze sociali alla Baylor University in Texas, smonta uno ad uno tutti i pregiudizi secondo cui “durante le crociate un mondo cristiano imperialista ed espansionista devastò, saccheggiò e colonizzò un Islam pacifico e tollerante”.

L’autore documenta, con precisione e vastità di fonti storiche, come il mondo moderno creda a leggende circa la presunta superiorità culturale, tecnologica e militare del mondo islamico, sulla immaginata rozzezza dei barbari europei, e sulle motivazioni che avrebbero spinto parte dei secondogeniti della nobiltà europea a cercare, ricchezze, terre e bottino in Terra Santa.

Secondo Stark non è affatto vero che mentre l’Europa viveva secoli bui, l’Islam aveva raggiunto il livello più alto nelle arti e nelle scienze e nella tecnologia.

Il docente di scienze sociali spiega che le parti più avanzate della cultura araba erano in realtà espressioni dei popoli conquistati e cioè la cultura greco-giudaica-cristiana di Bisanzio, con gli autori e le conoscenze di comunità cristiane come i copti e i nestoriani, la sapienza dello zoroastrismo persiano e le grandi scoperte dei matematici hindu.

Nel libro Stark riporta come gli arabi musulmani non amassero né i libri né la ruota.

Il docente statunitense riporta che quando il comandante delle forze arabe che avevano conquistato Alessandria d’Egitto chiese al califfo Umar che cosa dovessero fare dell’enorme biblioteca della città, Umar rispose: “Se ciò che in essi è scritto è concorde con il Libro di Dio (Il Corano), sono superflui; se è in disaccordo non sono graditi. Pertanto distruggeteli”.

Inoltre – fa sapere Stark – “quello che sappiamo con assoluta certezza è che dopo la conquista islamica dell’Egitto, del Nord Africa e della Spagna, da tutte queste terre scomparve la ruota. Per secoli non vi furono più né carri né carretti. Tutte le merci venivano trasportate a mano oppure ammassate su cammelli, muli o cavalli”.

Circa l’ipotesi diventata luogo comune secondo cui la crociate non avevano nulla di spirituale ma vennero alimentate dai secondogeniti della nobiltà europea per acquisire proprietà e ricchezze, Stark riporta in dettaglio l’appello dei Pontefici per proteggere la Terra Santa, in particolare l’appello di Urbano II a Clermont (1095) nel quale si approfondisce la tradizione millenaria del pellegrinaggio.

Dal libro di Stark si comprende chiaramente come fosse proprio la volontà di espiazione, il desiderio di salvezza eterna, l’impegno a riconquistare e proteggere la Terra Santa, a motivare i tanti uomini che combatterono nelle crociate.

Migliaia di persone, tra cui anche i membri delle famiglie reali europee, vendettero tutto quello che avevano e in molti casi pure si indebitarono, per rispondere all’appello papale e finanziare e alimentare le Crociate.

I crociati europei si batterono valorosamente, con coraggio e ardore. Vinsero battaglie anche quando erano in condizioni di inferiorità numerica e di mezzi. Persero la Terra Santa solo a causa delle divisioni che laceravano i cristiani d’Occidente da quelli d’Oriente, e per le rivalità delle diverse famiglie reali europee.

Un altro particolare che la vulgata moderna sembra aver dimenticato è che gli islamici praticavano continui massacri dei cristiani che si recavano a Gerusalemme. Solo durante l’epoca del sovrano d'Egitto al-Hakim, all'inizio del XI secolo, centinaia di cristiani vennero crocifissi e lapidati, i monaci del monastero di Mar Saba messi al rogo, migliaia di chiese vennero devastate, tra cui la stessa chiesa del Santo Sepolcro.

Il libro di Stark si conclude ribadendo che non sono certo state le crociate la radice dell’odio che alberga nei cuori dei terroristi fondamentalisti.


Fraternamente CaterinaLD

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13/10/2011 23:57
 
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I musulmani nulla seppero delle Crociate, né di Saladino, finché gli europei, con le loro scuole coloniali, non li informarono. Così, i loro nazionalisti e i loro fondamentalisti hanno imparato la versione “imperialista” un auge tra gli intellettuali europei, eredi di Voltaire e dei romanzi di Walter Scott. Era quest’ultimo a descrivere il Saladino come un uomo d’onore, i crociati come rozzi e barbari, la civiltà islamica come raffinata e colta. Romanticherie da secolo romantico. Nel secolo successivo, il marxismo rincarò la dose (assalto al pacifico Oriente da parte delle eccedenze di manovalanza europea) e il risultato è che oggi sia i cristiani e che i musulmani hanno la stessa visione delle Crociate. E pazienza se Saladino, essendo curdo, apparteneva a un’etnia che sia arabi che turchi detestano. Consiglio la lettura di uno dei più bei libri sulle Crociate: Thomas F. Madden, Le Crociate. Una nuova storia (Lindau).

(Antidoti di Rino Cammilleri )

[SM=g1740771]




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15/06/2013 19:38
 
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[SM=g1740758] Pubblichiamo il testo della conversazione che Gianpaolo Barra, direttore de "il Timone" ha tenuto a Radio Maria giovedì 4 marzo 1999, durante la "Serata Sacerdotale" condotta da don Tino Rolfi. Conserviamo lo stile colloquiale e la divisione in paragrafi numerata utilizzata per i suoi appunti dall' autore.

Preliminari

1. Nel corso di questa conversazione affrontiamo il tema delle crociate. Come è facile intuire, si tratta di un argomento estremamente delicato, essendo uno dei cavalli di battaglia della cultura dominante, utilizzato per denigrare la storia della Chiesa.

2. A partire da Voltaire, sulle Crociate è stata costruita una autentica "leggenda nera", infarcita di menzogne e fantasticherie, a causa della quale i cattolici sono stati costretti a posizioni di "difesa".

3. La leggenda nera narra che le Crociate furono guerre di religione, dichiarate dai cristiani ai musulmani. Tali guerre sarebbero state volute dalla Chiesa al solo fine di imporre la propria religione quella cristiana ad altri popoli, nella fattispecie ai popoli "civili e pacifici" del Vicino Oriente, musulmani, fedeli di Maometto e seguaci dell'Islam.

4. Sarebbero state pertanto manifestazioni di fanatismo religioso, di fondamentalismo cristiano cattolico e c'è chi sostiene che la Religione fu soltanto un alibi che nascondeva il vero intento delle Crociate: conquistare nuove terre, promuovere la politica espansionistica e imperialistica della Cristianità medievale.

5. Naturalmente, stando ai sostenitori della leggenda nera, la Chiesa tutta intera dovrebbe vergognarsi per questa brutta pagina della sua storia. Infatti, che cosa ci sarebbe di più scandaloso, di più lontano dal Vangelo di una Chiesa che promuove la "guerra santa", che incita all'annientamento di un'altra religione e dei suoi seguaci?

6. Questo in rapida e fin troppo superficiale sintesi il contenuto di quello che ci viene abitualmente propinato dalla propaganda e dalla cultura oggi di moda.

7. Chi vi parla ormai gli amici ascoltatori lo sanno molto bene non si vergogna affatto della storia della Chiesa e men che meno si vergogna del fatto che ci siano state le Crociate. Prima infatti di batterci contriti il petto, è necessario capire che cosa sono state le Crociate ed è il compito che vogliamo svolgere nel corso di questa breve conversazione.

8. Per parlare delle crociate con competenza, mi farò guidare da due studiosi, uno storico e un filosofo. Lo storico è Franco Cardini, docente universitario, uno dei più prestigiosi e conosciuti studiosi del Medioevo cristiano e del mondo islamico. Il filosofo è un sacerdote, professore all'Università Cattolica di Milano, don Luigi Negri, il quale ha scritto un bei libro, intitolato significativamente: "False accuse alla Chiesa", edito da Piemme, dove troviamo un capitolo molto importante dedicato alle crociate.

9. Cominciamo allora a rispondere alla domanda: che cosa sono state le crociate? Preavverto che, per rispondere, dobbiamo fare uno sforzo: capire bene il significato delle crociate non è facile, perchè sono passati molti secoli, è cambiato il mondo, è cambiata la mentalità dell'uomo moderno e non dobbiamo cadere nell'errore di giudicare i fatti storici adoperando esclusivamente i criteri di giudizio che la moda culturale oggi ci impone.

10. Rispondiamo alla domanda cominciando con il dire che le crociate sono state molto di più di semplici spedizioni militari: sono state innanzitutto dei pellegrinaggi, dei pellegrinaggi armati.

11. Non si può negare che la spedizione armata fosse necessaria per liberare i Luoghi Santi dalla occupazione dei Turchi. Questa occupazione aveva reso impossibile lo svolgersi di un fatto che per tutto il Medioevo cristiano costituiva una esperienza normale, faticosa ma abituale: il pellegrinaggio in Terra Santa, per visitare i luoghi dove Gesù era vissuto.

12. Ma è altrettanto vero che la crociata era di più di una spedizione militare. Ho parlato di pellegrinaggi, e qualcuno certamente si sarà stupito. Ma lo stupore si dissolve se ricordiamo che la motivazione principale che spingeva alla crociata uomini e donne, giovani e adulti, perfino bambini, uomini di potere e semplici contadini, che lasciavano tutto e partivano per liberare la Terra Santa era una motivazione di carattere religioso.

13. Scrive il professor don Luigi Negri. "Le crociate sono state un grande movimento di carattere missionario la cui motivazione è fondamentalmente la fede". Dunque fede e missionarietà alla base dello spirito della crociata.

14. Il caso di san Francesco di Assisi ne è la prova più convincente.

15. Si sa che di questo straordinario santo della Chiesa cattolica ci viene trasmessa una immagine tutta "acqua e zucchero". Quanto è diffìcile, addirittura sorprendente, credere che san Francesco di Assisi fu un difensore della Crociata.

16. In effetti, egli accompagnò la V crociata, iniziando in prima persona la missione francescana presso i musulmani. Non risponde a verità la convinzione che san Francesco accompagnò i Crociati senza condividere la necessità di armarsi e di combattere per liberare i Luoghi Santi.

17. C'è un episodio di Francesco alla Crociata molto significativo che ci viene abitualmente taciuto: dopo essere scampato per miracolo alla morte e avere subito dai musulmani percosse sanguinose, Francesco riesce a raggiungere il sultano Malil-Al-Kamil. Con lui c'era un altro frate, di nome Illuminato, che ci riporta il dialogo intercorso tra il poverello di Assisi e il Sultano.

18. Sentiamo la testimonianza di Frate Illuminato: "II Sultano sottopose a Francesco un'altra questione: "II vostro Signore insegna nei Vangeli che voi non dovete rendere male per male, e non dovete rifiutare neppure il mantello a chi vuoi togliervi la tonaca" Quanto più voi cristiani non dovreste invadere le nostre terre!". Rispose il beato Francesco: "Mi sembra che voi non abbiate letto tutto il Vangelo. Altrove, infatti, è detto: "Se il tuo occhio ti è occasione di scandalo, cavalo e gettalo lontano da tè. E, con questo, Gesù ha voluto insegnarci che, se anche un uomo ci fosse amico o parente, o perfino fosse a noi caro come la pupilla dell'occhio, dovremmo essere disposti ad allontanarlo, a sradicarlo da noi, se tentasse di allontanarci dalla fede e dall'amore del nostro Dio. Proprio per questo, i cristiani agiscono secondo giustizia quando invadono le vostre terre e vi combattono, perchè voi bestemmiate il nome di Cristo e vi adoperate ad allontanare dalla religione quanti uomini potete. Se invece voi voleste conoscere, confessare e adorare il Creatore e Redentore del mondo, vi amerebbero come se stessi!".

19. Come vedete, qui ci troviamo di fronte ad un san Francesco sconosciuto da molti di noi cattolici. Un difensore dei diritti dei Crociati, sostenitore della necessità di combattere in quel frangente per la fede, pronto a offrire il contributo di cui è capace - lui non era un uomo d'armi - per il buon esito della crociata.

20. Ma possiamo capire questa posizione di san Francesco che è comune all'uomo medievale, al cristiano medievale se ritorniamo alla motivazione fondamentale della Crociata: la motivazione della fede.

21. Si deve ricordare, infatti, che l'occupazione di Gerusalemme da parte dei Turchi aveva messo in pericolo la memoria storica dei luoghi che avevano visto Gesù vivo. E la fede, la nostra fede cattolica, si fonda su dati storici e se si mettono in pericolo questi dati storici, questi fatti che riguardano la vita di Gesù, si mette in pericolo la Fede.

22. Così ragionavano i Cristiani del medioevo.

23. Perchè è difficile comprendere questo modo di ragionare, oggi? Perchè anche noi credenti abbiamo perso di vista il fatto che la fede è un bene tra i più grandi che possediamo. Noi ci preoccupiamo della casa, del lavoro, della salute fisica e per questi beni beni importanti, certamente, ma non i più importanti nella prospettiva cristiana siamo disposti a lavorare e a lottare.

24. Le nazioni di oggi dichiarano guerra e fanno la guerra per altre ragioni: il petrolio, l'aiuto ai profughi, ragioni economiche, etc. Nel medioevo cristiano sopra ogni ragione c'è una motivazione religiosa: la fede.

25. Per quanto possa sembrare scandaloso, le cose stanno proprio così. Ma torniamo alle Crociate.

26. C'era un'altra ragione che motivava la Crociata: non solo il pericolo di perdere la memoria storica di Gesù Cristo, ma anche il pericolo concreto e tremendo che correvano le comunità cristiane che vivevano in Terra Santa e lungo i confini orientali dell'Europa, minacciati dall'avanzata dei Turchi.

27. Nel tempo delle Crociate, tutta l'Europa cristiana avverte che quella Chiesa, che quella parte del Corpo Mistico di Cristo che viveva nell' Oriente corre il serio pericolo di essere definitivamente soppressa, di vwnir cancellata dall'Islam.

28. Bisognava difendere i cristiani minacciati. Era necessario mostrarsi concretamente solidali con loro. La difesa della Chiesa: questo era un elemento fondamentale dello spirito crociato. Questo volevano i crociati alla fin fine: liberare i luoghi santi, recuperare la libertà di accesso ai luoghi santi e difendere i propri fratelli cristiani nella fede.

29. Era una motivazione autenticamente gratuita, che veniva prima - scrive don Luigi Negri - "di qualsiasi valutazione e di aualsiasi strategia di carattere politico", era una motivazione che sfuggiva a qualsiasi calcolo, a qualsiasi convenienza, a qualsiasi previsione di risultati.

30. Si badi bene: questo non vuol dire che durante le crociate non siano emerse motivazioni e calcoli di ordine politico, economico o anche di profilo più umano: ma non furono questi i motivi che spinsero l'Europa intera, l'Europa cristiana dei secoli XI-XIII alle crociate.

31. La Crociata dunque è una missione. Una missione di aiuto, una missione armata: e allora le cose non potevano andare diversamente. Uscire dall'Europa per liberare i territori sacri, per difendere la comunità cristiana, significava opporsi a coloro che, prima di questa uscita, avevano occupato militarmente la Terra Santa e tenevano soggette le popolazioni cristiane dell'Oriente.

32. Facciamo un passo avanti. L'idea che la Crociata fosse una operazione militare destinata non solo a liberare i luoghi santi ma anche ad occupare Gerusalemme ed annetterla all'Occidente cristiano non ha mai sfiorato i capi della Chiesa, i papi. Sul piano della teoria giuridica accettata in Occidente, la Città Santa apparteneva di diritto all'Imperatore di Oriente, all'Imperatore di Costantinopoli.

33. Una prova che la conquista di Gerusalemme non era stata programmata nè dal Papa nè dai principi cristiani che avevano partecipato alla prima Crociata (10951099) l'unica Crociata che giunse a buon fine risiede nel fatto che nessuno sapeva bene come organizzare le nuove conquiste.

34. Molti cavalieri e pellegrini, sciolto il loro voto, rientravano in Europa, tornavano a casa. Nasceva lì il problema di difendere le conquiste fatte, obiettivo che nessuno si era posto e nessuno aveva preparato. Segno che lo spirito della Crociata era quello di liberare la Terra Santa, non di occuparla militarmente.

35. E soltanto la prima delle 7/8 crociate riuscì nel suo intento di liberare Gerusalemme. Tutte le altre fallirono.

36. Fallì la seconda crociata, durata due anni (1144-1146), provocata da una richiesta di aiuto da parte del regno di Gerusalemme all'Europa.

37. Fallì la terza crociata, durata sei anni (1187-1193), che vide il capo dei musulmani, il famoso Saladino, riconquistare Gerusalemme. E qui dobbiamo soffermarci per osservare un episodio rivelatore dello spirito crociato.

38. La terza crociata era comandata da Riccardo Cuor di Leone, re d'Inghilterra, e da Filippo II Augusto, re di Francia. Occorre ricordare che a questa crociata partecipa anche l'imperatore Federico Barbarossa, tuttavia non come comandante supremo, perchè è scomunicato dal Papa.

39. Dunque, un imperatore, l'uomo più potente di tutta l'Europa, colui che sfidava il papato e che era stato scomunicato per questo dal Pontefice, aveva come unico motivo di onore partecipare alla Crociata come un soldato semplice. E morirà in crociata, annegando in un fiume.

40. Per la fede, per ottenere l'indulgenza plenaria, un imperatore è disposto perfino a lottare come soldato semplice.

41. Torniamo alle crociate. Fallì anche la quarta crociata, durata due anni (1202-1204), certamente la più incresciosa. Qui le motivazioni di carattere politico ebbero il sopravvento sulle ragioni della fede. Partiti per Gerusalemme, a causa dei ricatti di Venezia i crociati si ritrovarono a conquistare la cristianissima Costantinopoli, dando vita ad un effimero impero latino, che durò pochi decenni.

42. Le altre crociate fallirono tutte, non raggiunsero mai Gerusalemme.

43. Dunque, per avere un quadro generale, anche se generico, le crociate furono 7/8, sparse in due secoli di storia e videro i cristiani combattere soltanto per pochi anni.

44. Nel 1300, papa Bonifacio VIII indisse il primo Giubileo e spostò l'indulgenza plenaria dalla crociata al pellegrinaggio a Roma, rinunciando ad ogni tentativo di liberare Gerusalemme. Era la fine delle crociate in Terra Santa.

45. Veniamo ad un altro argomento: quando si parla di crociate, a qualcuno viene in mente l'inusitata violenza cui si abbandonarono i crociati, massacrando popolazioni, trucidando ebrei e arabi.

46. I fatti sono noti e purtroppo tragici. Quando, nella prima crociata, nell'agosto del 1099 Gerusalemme venne liberata, Ì crociati si abbandonarono ad un terribile massacro. Ma, mentre non dobbiamo nascondere questo aspetto crudele, tragico e tremendo, che ha caratterizzato le spedizioni crociate, dobbiamo ricordare con forza che non fu il Papa, non fu la Chiesa ad ordinare i massacri e le violenze. Questi furono compiuti da soldati che agirono al di fuori e contro le intenzioni della Crociata.

47. Dobbiamo ricordare che alla crociata partecipavano cavalieri armati e laici anche disarmati. Queste turbe di pellegrini, senza aspettare i principi cristiani che dovevano capitanare la spedizione, guidati e sospinti da monaci indisciplinati e da predicatori improvvisati, capaci però di infiammare e di trascinare le folle, queste turbe di pellegrini dicevo si abbandonarono per esempio nel corso della prima crociata a violenze inaudite mentre attraversavano l'Europa per giungere in Terra Santa.

48. Nella primavera del 1096, sulle città del Reno e del Danubio compiono razzie e massacri di cui furono vittime soprattutto le comunità ebraiche. Saranno si rifletta su questo fatto i vescovi e le autorità fedeli all'Imperatore Enrico IV ad opporsi ai massacri e gli eccessi di queste turbe indisciplinate non tardarono ad essere puniti.

49. Furono attaccate e decimate a loro volta, prima dalle milizie dei signori ecclesiastici e poi da quelle del Re di Ungheria e dai bizantini, per essere infine massacrate dai Turchi, appena i superstiti oltrepassarono lo Stretto dei Dardanelli.

50. Dunque, non il Papa, non la Chiesa aveva dato ordine di compiere questi massacri.

51. Possiamo trarre un bilancio conclusivo di questa nostra conversazione. Naturalmente, ci vuole ben altro che una mezz'eretta per illustrare quanto vi sarebbe da dire sulle Crociate. Ma a noi basta avere sottolineato qualche dato utile per respingere quella propaganda interessata che considera la Chiesa colpevole per aver chiamato i popoli dell'Europa cristiana a liberare il Santo Sepolcro.

52. Per fare questo bilancio conclusivo, che meriterebbe comunque di essere approfondito, ci facciamo aiutare dallo storico Franco Cardini. E in sintesi, possiamo dire questo.

53. Primo: la crociata non fu mai semplicemente una guerra, e tanto meno una "guerra santa". Fu vissuta come pellegrinaggio armato, per cui chi vi partecipava aveva diritto a determinate indulgenze.

54. Secondo: non è vero che le crociate provocarono lontananza e inimicizia reciproca tra Occidente cristiano e Oriente musulmano. Il periodo delle crociate, quello fra XI e XIII secolo, fu anche quello del massimo avvicinamento fra Cristianità e Islam. Pensate che proprio in questa epoca giungono in Occidente, dal mondo arabo, la scienza e la filosofia classiche che vi erano state dimenticate.

55. Terzo: non è vero che l'Isiam non ci ha più potuto perdonare le crociate. L'Islam non se n'era nemmeno accorto. Bisogna aspettare il secolo scorso, quando i musulmani colti, studiando in Europa, entrano in contatto con la leggenda nera sulle crociate inventata dall'Illuminismo. Prima di allora e questo dato è assai significativo i Paesi islamici mancavano persino di una traduzione in lingua araba del termine "crociata".

56. Quarto: a dispetto di quanto si crede, nei due secoli di crociate, gli anni di guerra effettiva, di guerra guerreggiata, furono assai pochi. E furono assai limitati gli episodi di ferocia, comunque non voluti dalla Chiesa.

57. E infine un'ultima considerazione, che potrà sembrare scandalosa oggi, visto che viviamo in un mondo dove i criteri di giudizio sono quelli "laicisti", purtroppo fatti propri anche da molti nostri buoni, ma ingenui, cattolici.

58. Se si guarda al fenomeno delle crociate e alle motivazioni che spinsero migliala e migliala di uomini, donne e perfino bambini a mettersi in marcia per liberare la Terra Santa, a rischiare la vita, a sottoporsi a prove, fatiche e durezze, dobbiamo dire quanto scrive con coraggio don Luigi Negri: "Questa gente se ne è andata in giro per il mondo perchè credeva che Gesù Cristo fosse il significato ultimo della vita, ciò per cui valeva la pena di vivere e di morire.

59. Non si poteva accettare che non si potesse più andare ad inginocchiarsi dove Gesù era nato e dove era morto. [...] Non si poteva essere cristiani in Occidente dimenticando i fratelli a cui sarebbe stato impedito di esprìmere la propria fede se fossero caduti sotto il dominio dei Turchi".

60. Con questo richiamo alla motivazione più profonda che ha spinto alla Crociata, possiamo concludere la nostra conversazione

61. Tutti ringrazio. A risentirci, a Dio piacendo, la prossima volta.

Bibliografia

Franco Cardini, Le Crociate tra il mito e la storia, Istituto di Cultura Nova Civitas, Roma 1971.
Franco Cardini, Processi alla Chiesa. Mistificazione e apologia, Piemme Casale Mon.to (AL) 1994.
Luigi Negri, Controstoria. Una rilettura di mille anni di vita della Chiesa, San Paolo, Cinisello B.mo (MI) 2000.
Luigi Negri, False accuse alla Chiesa, Piemme, Casale Mon.to (AL) 1997.


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Fraternamente CaterinaLD

"Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
(fr. Carlos Alfonso Azpiroz Costa OP
Maestro dell’Ordine)
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