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Omelia di Mons. Fellay (FSSPX) per l'Ordinazione di nuovi sacerdoti (da meditare)

Ultimo Aggiornamento: 27/06/2011 01:09
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28/08/2009 22:40
 
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Ferme restando le parole del Sommo Pontefice, Benedetto XVI nella sua
Lettera del Papa ai Vescovi sull'Unità della Chiesa e la revoca alla FSSPX

dove scrive:

Certamente ci sono delle cose più importanti e più urgenti. Penso di aver evidenziato le priorità del mio Pontificato nei discorsi da me pronunciati al suo inizio. Ciò che ho detto allora rimane in modo inalterato la mia linea direttiva. La prima priorità per il Successore di Pietro è stata fissata dal Signore nel Cenacolo in modo inequivocabile: "Tu … conferma i tuoi fratelli" (Lc 22, 32). Pietro stesso ha formulato in modo nuovo questa priorità nella sua prima Lettera: "Siate sempre pronti a rispondere a chiunque vi domandi ragione della speranza che è in voi" (1 Pt 3, 15).

e ancora, dice il Papa:


Può lasciarci totalmente indifferenti una comunità (la FSSPX, nota mia) nella quale si trovano 491 sacerdoti, 215 seminaristi, 6 seminari, 88 scuole, 2 Istituti universitari, 117 frati, 164 suore e migliaia di fedeli? Dobbiamo davvero tranquillamente lasciarli andare alla deriva lontani dalla Chiesa? Penso ad esempio ai 491 sacerdoti. Non possiamo conoscere l’intreccio delle loro motivazioni. Penso tuttavia che non si sarebbero decisi per il sacerdozio se, accanto a diversi elementi distorti e malati, non ci fosse stato l’amore per Cristo e la volontà di annunciare Lui e con Lui il Dio vivente. Possiamo noi semplicemente escluderli, come rappresentanti di un gruppo marginale radicale, dalla ricerca della riconciliazione e dell’unità? Che ne sarà poi?


Con questo spirito leggiamo e riflettiamo sulle parole che seguono....



Omelia 

di S. Ecc. Mons. Bernard Fellay
Superiore Generale
della Fraternità San Pio X

in occasione delle ordinazioni sacerdotali a Ecône

  29 giugno 2009

mons. Fellay


Gesù Cristo mette in voi, sacerdoti, la sua sete delle anime !

Come siamo felici di ricevere oggi dalla misericordia del Buon Dio – e di poter donare al tempo stesso alla Fraternità e alla Chiesa – questi nuovi sacerdoti, questi nuovi diaconi, all’inizio di quest’anno che il Santo Padre ha voluto sacerdotale, un anno in cui tutta la Chiesa prega per dei sacerdoti, per dei buoni e santi sacerdoti.

Noi non possiamo non vedere come una strizzata d’occhio, un piccolo sorriso della Divina Provvidenza, nel fatto che nel giorno voluto dal Papa come l’inizio di quest’anno sacerdotale ci è stata data da Mons. Tissier De Mallerais, negli Stati Uniti, per la festa del Sacro Cuore, la possibilità di ordinare tredici sacerdoti. E se il Buon Dio lo vorrà, fino alla fine dell’anno, saranno ventisette sacerdoti per la Fraternità e poco più di un trentina contando quelli delle società amiche.

Si, è una grande gioia poter ricevere questi sacerdoti, soprattutto quando si vede la necessità in cui si trova la Chiesa. Quando si pensa che noi, piccola Fraternità, arriviamo quest’anno quasi a trenta sacerdoti, mentre in paesi un tempo cattolici come la Francia, come la Germania, non arrivano nemmeno a un centinaio.

La Fraternità in una situazione necessariamente intermedia.

Così siamo veramente stupiti di questo chiasso che si fa intorno a queste ordinazioni, quando si vede quante anime soffrono, muoiono di fame spirituale perché non hanno dei sacerdoti per dar loro la fede e la grazia di cui hanno bisogno per vivere e per essere salvate. Noi abbiamo sempre detto che il periodo dopo il decreto sulle scomuniche avrebbe creato una nuova situazione, intermedia, e quindi necessariamente imperfetta. Reclamare d’un colpo una perfezione canonica fa pensare a un medico che, subito dopo aver applicato il gesso a una gamba fratturata, esiga che il malato si alzi e faccia i cento metri!

O anche alla meschinità di chi riterrebbe doveroso esprimere il proprio biasimo alla vista di una macchia sul bottone dell’uniforme di un soldato nel mezzo della battaglia! Anche se questi esempi mostrano una certa imperfezione canonica, davanti al Buon Dio e seguendo Mons. Lefebvre, noi riteniamo che questi atti imperfetti siano giustificati dalla situazione in cui si trova la Chiesa, ed anche dagli atti ingiusti che sono la causa della nostra situazione, come l’ingiusta soppressione della nostra Fraternità, che noi consideriamo sempre come inesistente.

La divinità di Gesù Cristo è una realtà oggettiva

Miei carissimi fratelli, questa cerimonia si svolge nella festa di San Pietro e San Paolo. La colletta di oggi celebra non solo il martirio di San Pietro e di San Paolo, ma anche l’inizio della Chiesa, exordium, l’inizio della Chiesa romana. È da questo martirio che essa è suggellata. È straordinario vedere, nel Vangelo di oggi, come Nostro Signore abbia voluto legare l’istituzione del Vicario di Cristo, pietra su cui è edificata la Chiesa di Cristo, alla professione di fede nella sua divinità. È subito dopo questa prima confessione di Pietro, dopo l’affermazione « Tu sei il Cristo, il Figlio del Dio vivente » (Mt. 16, 16), che nostro Signore istituisce il papato. Da questa divinità di Nostro Signore deriva tutto il resto per la Chiesa, per il papa, per i vescovi, per i sacerdoti. Tutto deriva da questa divinità di Nostro Signore.

Egli è Dio, di una realtà oggettiva, e non in virtù di un desiderio degli uomini o di una proiezione di non si sa bene che soggettività. Nostro Signore è questa realtà oggettiva del Verbo di Dio, seconda persona della Santissima Trinità, vero Dio, eterno, onnipotente, incarnato, fatto carne… E tutto deriva da lì, tutto deriva da questa divinità.

Se noi vediamo nella Chiesa cattolica una differenza essenziale con tutte le altre chiese, questo è dovuto al suo fondatore che è Dio, e che non solo ci permette, ma ci obbliga a dichiarare l’essenza divina della Chiesa. Certo essa ha un elemento materiale, umano, è composta di uomini, ma essa è essenzialmente divina per il suo fondatore, per il suo fine, per i suoi mezzi che vengono da Dio e che conducono a Dio. I soli che possano effettivamente condurre a Dio e al cielo.

Se noi vediamo nel papa il Vicario di Cristo, se gli riconosciamo il potere supremo, pieno, immediato su tutti i fedeli, su tutti i membri della Chiesa, è perché egli è giustamente il Vicario di Cristo, Gesù sulla terra.

E se noi salutiamo il sacerdote è perché vi vediamo Gesù. Il sacerdote, secondo l’adagio, è un altro Cristo, alter Christi. Scelto tra gli uomini, elevato al di sopra degli uomini, per servire gli interessi di Dio… ecco il sacerdote!

 Per noi, uomini, e per la nostra salvezza.

Nel Nuovo Testamento vi è un solo sacerdote, il sommo sacerdote, Nostro Signore Gesù Cristo. Noi riconosciamo il suo sacerdozio in questa unione ineffabile delle due nature, umana e divina, nella sua persona, che lo pone come intermediario, mediator, tra Dio e gli uomini. Lui, che in quanto uomo può parlare a Dio a nome degli uomini, e in quanto Dio può portare agli uomini i benefici della Misericordia dei comandamenti di Dio. Nostro Signore è inviato da Suo Padre in questo mondo decaduto, in questo mondo che ha rotto l’amicizia con Dio, fin dall’inizio. «Dio ha tanto amato il mondo che ha mandato Suo Figlio » (Gv. 3, 16). Questa missione del Figlio, che si vede nell’Incarnazione, è di salvare. Il suo nome Jesus significa Salvatore.

Questa salvezza, Nostro Signore la attua con un atto inaudito, impressionante, la sua Passione. Lui, l’innocente, la santità stessa, va a soffrire, viene maciullato, flagellato, rigettato, inchiodato alla Croce, a questo patibolo di abominazione. Egli va a morire per salvarci, « propter nos homines et propter nostram salutem » (Simbolo di Nicea), per noi, uomini, e per la nostra salvezza. Egli è disceso dai cieli perché gli uomini non potevano salvarsi, privi di tutto, decaduti, non potevano più riparare i ponti infranti col cielo. E il solo pontifex che va a rifare questo ponte è Nostro Signore: il solo nome dato sotto il cielo per mezzo del quale ci si possa salvare, dirà San Pietro, il primo papa, ai suoi connazionali, subito all’inizio della Chiesa (cfr. Atti, 4,12). Nostro Signore risuscita, provando così, ancora una volta se ve n’era bisogno, la sua divinità. E questa non è un’immaginazione di uomini, né una proiezione della loro pietà, è una realtà oggettiva, storica. Egli è Dio, veramente Dio. E sale al cielo.

 
Il sacerdote un altro Cristo

Con una disposizione, con un’audacia indicibile, potremmo dire, Dio osa affidare a delle creature il compito di continuare la sua missione salvatrice. Questa missione che è propria di Nostro Signore, che non può essere compiuta che da Nostro Signore. Egli volle associarvi la sua Chiesa e in questa Chiesa, in modo del tutto particolare e principalmente, il sacerdote. Non si tratta di una semplice delega di poteri. Nostro Signore invia i suoi apostoli dicendo: « ogni potere mi è stato dato in cielo e sulla terra, andate, io vi mando in tutte le nazioni » (Mt. 28, 18-19). Chi crederà e sarà battezzato sarà salvo, ma chi non crederà sarà condannato (cfr. Mc. 16, 15-16). In questo si potrebbe vedere una delega di poteri, ma vi è molto di più perché, come abbiamo detto, non v’è che un solo sacerdote nel Nuovo Testamento: Nostro Signore. E i suoi sacerdoti. che Egli si è scelti, sono realmente sacerdoti per una partecipazione formale al suo sacerdozio.

Il carattere che sarà impresso in voi con questa ordinazione sacerdotale vi rende sacerdoti eterni, per questo sigillo indissolubile che segna la vostra anima, che la trasforma per l’eternità; è una partecipazione all’unione ipostatica, ci dice la Chiesa. Partecipazione a ciò che fa Nostro Signore sacerdote e che vi trasforma in suoi strumenti privilegiati, poiché ogni volta che voi compirete un atto sacerdotale, lo compirete come strumenti. L’effetto causato non può venire che da Dio: infondere la grazia in un’anima, questa grazia che è una partecipazione alla vita di Dio, non può essere attuata che da Dio. Nostro Signore vuole farlo attraverso i suoi ministri, che saranno i suoi strumenti, uniti a Lui in una maniera che supera tutto ciò che si può vedere tra le creature. Non vi sono esempi, non vi sono comparazioni, si è ben lontani da quella realtà che si vede manifestata nella maniera più sorprendente al momento della Consacrazione. In quel preciso momento voi dite e da oggi direte in unione col vescovo che vi ordina: « questo è il mio Corpo ».

Lo strumento di Nostro Signore

Se vi è un momento solenne che dev’essere riempito di verità, è proprio quello. Il sacerdote dice: « questo è il mio Corpo », sapendo perfettamente che quel « mio » non gli appartiene.  Tuttavia egli lo dice in verità, poiché in quel momento non s’appartiene neanche lui stesso. Tutto il suo essere, la sua intelligenza, la sua volontà, le sue labbra, la sua lingua, le sue parole appartengono a Nostro Signore Gesù Cristo. È anche per questo e grazie a questo che qualcosa di reale accade all’emissione di queste parole. Se fossero solo parole d’uomo, non si produrrebbe niente di più di quanto possano fare le parole degli uomini. Vale a dire comunicare, esprimere un pensiero, e basta.

Produrre un cambiamento nella realtà, produrre quel tale cambiamento, che si chiama transustanziazione, questo può farlo solo Dio. Effettivamente, in quel momento sacro della Consacrazione, l’onnipotenza della parola di Dio, di Dio stesso, passa attraverso il sacerdote. Un po’ come tutta la personalità dell’artista passa attraverso la penna quando scrive il suo poema. Il poeta scrive con uno strumento, una penna, ma questa penna abbandonata a se stessa non può far altro che lasciar passare l’inchiostro. Nella mano del poeta essa può redigere un poema, poiché è con la penna che è stato scritto, ma tutto è attribuito al poeta, che non avrebbe potuto scrivere senza la penna.

Così Nostro Signore, come la personalità del poeta passa attraverso la penna e si trasferisce sulla carta – vi è perfino una scienza, la grafologia, che permette di riconoscere dei tratti della personalità nella scrittura, sulla carta – così dunque Nostro Signore passa attraverso il suo sacerdote. Egli lo utilizza interamente. Come l’Eucarestia Gli permette di moltiplicare la Sua presenza, il sacerdote Gli permette di moltiplicare la Sua azione sacerdotale nello spazio. È lo stesso Gesù, è il solo Gesù che, con questo mezzo formidabile, agisce su ciascuna delle anime che ricevono i sacramenti. Nessuna operazione sacerdotale nella Chiesa è effettuata senza Nostro Signore Gesù Cristo. San Tommaso dice così: « tutto il rito della religione cristiana deriva dal sacerdozio di Cristo » (Somma teologica, IIIa, q.63, a. 3). Ed è in questo carattere, carissimi ordinandi, che sta tutta la spiritualità sacerdotale. Tutto vi si trova, non solo la spiritualità del sacerdote, ma il suo scopo, la sua ragione di vita.

In questo abisso si incontrano due infiniti, potremmo dire. L’infinito di Dio, l’infinito della santità di Dio, che con questo carattere fa di voi dei consacrati. E l’infinito di ciò che resta la miseria umana di una creatura. Poiché Dio, imprimendo questo carattere, vi lascia con tutta la vostra natura umana, con le vostre qualità e i vostri difetti, senza toccarne nulla. E questo esige dagli uomini che vi vedono lo stesso sguardo di fede che devono rivolgere all’ostia. Le apparenze restano, le specie sensibili restano, nel sacerdote la sua personalità resta. Voi rimanete certo voi stessi, e tuttavia voi siete portatori di un'altra realtà, Dio, Nostro Signore Gesù Cristo. Tutto e niente.


La sete di anime

Tutto il vostro apostolato, tutta la vostra attività, tutto il vostro ministero sacerdotale, devono e non possono che attuarsi in questa dipendenza totale, assoluta, da Nostro Signore Gesù Cristo. Se voi date un’assoluzione, se voi aprite il cielo a un’anima, se le aprite l’eternità, è Dio che vuole che pronunciate questo giudizio, che compiate questa operazione, ma è Nostro Signore che perdona, grazie a questo giudizio pronunciato da voi, a questa assoluzione pronunciata da voi. È Dio che voleva quell’anima. E senza ledere la vostra libertà, è Lui che vi ha condotto a lei, è Lui che l’ha attirata alla confessione. Quando darete una comunione, la santa Eucarestia, è ancora Lui che avrà voluto quell’anima e che avrà condotto la vostra mano fino a lei. La Divina Provvidenza è infallibile, lo sappiamo, lo professiamo, e sappiamo anche che mentre vi conferisce questo carattere di strumento, insieme Ella si vincola, si obbliga a seguire i vostri atti liberi. Dio vi obbedisce. Voi decidete l’ora in cui dire Messa, se non la dite non ci sarà Messa. Se non volete confessare, non ci sarà assoluzione. Egli si sottomette a voi, Lui, il gran Dio, Lui, il Dio eterno.

Quale obbligo per noi sacerdoti, vegliare costantemente per cercare di vedere la volontà di Dio, e fare solo questa volontà! Quale delicatezza dobbiamo avere per evitare ogni opera personale, ogni pretesa di volersi imporre a Dio, in questa missione che è la missione propria di Nostro Signore Gesù Cristo e che, ancora una volta, è di salvare le anime. Mettendo in voi questo carattere, Egli mette in voi questa partecipazione alla sua missione, Egli mette in voi questa sete di anime. Salvare le anime dev’essere l’ossessione del sacerdote. Non v’è nient’altro che possa venire prima, poiché è l’ossessione di Nostro Signore.

Ardete dal desiderio di mettere il fuoco della carità nelle anime. Ardete dal desiderio di trarre le anime fuori dalla loro miseria per portarle a Dio! Sì, è il sacerdote che apporta alle anime la misericordia e la speranza di Dio. E Dio sa se ve n’è bisogno! Dio sa se oggigiorno vi è della miseria e della disperazione nelle anime! Il solo – sì il solo – che può veramente, effettivamente trarre dalla miseria terribile del peccato, dall’allontanamento da Dio, che può far uscire dalla disperazione queste anime afflitte da questa miseria al punto da abbandonare la stessa speranza di potersi salvare, il solo è il sacerdote! È solo il sacerdote che può portare questa speranza.

Sì, Dio conosce tutte le anime. Dio, sulla Croce ha pagato per tutte le anime, per tutti i peccati di tutti gli uomini. Il prezzo della salvezza Egli l’ha versato. E questa grazia è il sacerdote che deve portarla alle anime. Oh! Com’è importante per il sacerdote sparire e lasciare apparire in lui solo Nostro Signore Gesù Cristo, aiutare queste povere anime a vedere non più un uomo, ma proprio Gesù.


La Croce, carità di Cristo

Chiediamo alla Madonna, madre del sacerdote, mediatrice di tutte le grazie, chiediamole che faccia di noi i suoi strumenti, strumenti di salvezza, strumenti che ricordino a questo mondo che non vuole più sentire parlare di Dio, a questo mondo sprofondato in ogni sorta di piacere che lo conduce diritto alla dannazione eterna; chiediamole questa grazia di ricordare Dio, di ricordare che l’uomo non è fatto per questa terra, ma per il cielo Oh! Quanto costa questo messaggio. «Il mondo vi odia» (Gv. 15, 18), sono queste le parole di Nostro Signore ai suoi apostoli. Ed Egli lo ha presentato come un fatto del tutto normale: «il mondo ha odiato prima me» (ibidem). «Un discepolo non è da più del maestro» ( Mt. 10, 24). Se voi sperate, carissimi ordinandi, in una vita sacerdotale tranquilla, in una comoda poltrona, senza pene né pianto, allora vi supplico, non avvicinatevi. Non è questo il programma che offre la Chiesa ai suoi sacerdoti. Non è questo il programma di Nostro Signore Gesù Cristo. « Se qualcuno vuol venire dietro a me, rinneghi se stesso, prenda la sua croce ogni giorno e mi segua» (Luca 9,23). Dov’è dunque andato Nostro Signore? Alla Croce. Inchiodato alla Croce.

È bello parlare delle Resurrezione, ma non ci sarebbe Resurrezione senza prima la Croce e la Passione. La Resurrezione sarà per il cielo. Qui, la sola cosa sicura per il sacerdote di Gesù Cristo è che egli è sacerdote e al tempo stesso vittima. Se voi partecipate al sacerdozio di Nostro Signore, voi partecipate anche all’ostia, al suo Sacrificio. Se oggi il mondo sta morendo, se la Chiesa è in una tale crisi, è perché non vuol più sentir parlare di questo. È come se la Croce fosse stata rimossa. Ora, il solo mezzo per la Chiesa di uscirne è di abbracciare nuovamente questa Croce, e di esigere che i suoi ministri abbraccino questa Croce, che vivano di questo spirito di Gesù. È questo il programma. Voler cercare altri cammini, significa percorrere la strada sbagliata. Ma questo non significa che bisogna essere masochisti Oh! No. Questo significa che bisogna vivere della carità di Cristo. « Non v’è amore più grande di questo: dare la vita per i propri amici» (Gv. 15,13). Il nostro amore deve avere l’estensione dell’amore di Gesù. Se Gesù è morto per tutti, occorre che i suoi sacerdoti abbiamo la stessa disposizione, non solo per quelli che ci amano, non solo per quelli che ci fanno del bene, ma per tutte queste anime che il Padre s’è scelto, per tutte queste anime che Egli ha affidato a Suo Figlio. Tutte!

Sì, chiediamo alla Madonna questa carità, questa fede incrollabile. Chiediamo questo coraggio. Chiediamo di poter apportare questa pace delle anime che supera tutte le tribolazioni, le contraddizioni. Dio è più grande. Così che molte anime siano salvate. Così che contribuiamo, con la nostra piccola povera parte, a questa restaurazione della Chiesa, con la restaurazione del sacerdozio cattolico, per amore della Chiesa, per l’onore di Dio e per la sua gloria.

Così sia.






Fraternamente CaterinaLD

"Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
(fr. Carlos Alfonso Azpiroz Costa OP
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15/10/2009 21:40
 
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Omelia sul Rosario tenuta in una cappella della Fraternità San Pio X



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[SM=g1740722] Bellissima, Omelia! Finalmente si sente una omelia Cattolica senza banalizzazioni.... senza bonismi, senza perdersi in chiacchiere.......filo diretto fra il tema e lo svolgimento...
Grazie!


[SM=g1740717] [SM=g1740720]
[Modificato da Caterina63 15/10/2009 21:42]
Fraternamente CaterinaLD

"Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
(fr. Carlos Alfonso Azpiroz Costa OP
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27/06/2011 01:05
 
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Monsignor Fellay: "Noi non ci aspettiamo dei buoni frutti per la Chiesa ottenuti con dei semplici accomodamenti umani, noi speriamo di ottenerli con i mezzi soprannaturali e proprio la preghiera è il mezzo più potente che possediamo"

 
Seconda parte dell'Omelia
di S. Ecc. Mons. Bernard Fellay
Superiore Generale della Fraternità San Pio X

pronunciata a Winona, USA,
in occasione dell'ordinazione di 5 sacerdoti e 11 diaconi
17 giugno 2011
Fonte: Unavox

Dopo aver ricordato, nella prima parte, la spiritualità sacerdotale di cui si nutriranno i giovani sacerdoti ordinati nel corso di questa cerimonia, Mons. Bernard Fellay ha esposto lo stato della situazione in Vaticano e dei rapporti della Fraternità San Pio X con le autorità romane.

Certo, miei carissimi Fratelli, voi volete avere anche alcuni commenti sulla situazione attuale della Fraternità. A che punto siamo? Che succede?

Mi piacerebbe dire che tutto è luminoso o completamente oscuro, ma purtroppo, come il tempo di oggi, tutto è nuvoloso e soleggiato al tempo stesso!
Fino ad un certo punto, da almeno due anni, noi ci troviamo costantemente di fronte a delle contraddizioni.
Due anni fa, nel 2009, io chiesi udienza al Segretario di Stato, il cardinale Bertone, a causa di questo problema: ci troviamo di fronte a delle contraddizioni. Non esagero: proprio contraddizioni.
Che significa? Significa che da parte di Roma riceviamo dei messaggi contraddittori, uno dice così, l’altro dice cosà, e non si tratta solo di divergenze, ma proprio di contraddizioni.

Riflettendovi, ci chiediamo: perché è così, a cosa è dovuto?
Secondo noi, a Roma, come in tutta la Chiesa, vi sono diverse correnti, che per semplicità possiamo chiamare la corrente progressista e la corrente conservatrice. Certi ecclesiastici ci sono vicini e amerebbero vederci portati avanti, altri ci odiano, sì è la sola parola esatta per definire la loro condotta nei nostri confronti. Essi ci odiano, e sono a Roma. Qualche volta i messaggi vengono da questi, tal’altra dagli altri.

Vorrei farvi un esempio. L’anno scorso, a settembre, un sacerdote si era appena unito a noi. Appartenendo ad un ordine religioso, egli ricevette una lettera dal suo Superiore Provinciale in cui gli diceva che non era più membro del suo ordine e che era scomunicato. A questa lettera era allegata una lettera di conferma della Congregazione per i religiosi, contenente la frase seguente: «Il Padre X non è più membro del vostro ordine, egli è scomunicato per aver abbandonato la fede unendosi formalmente allo scisma di Mons. Lefebvre».
La lettera portava la data di settembre scorso. Sono allora andato a Roma e ho chiesto al Segretario della Commissione Ecclesia Dei cosa fosse successo. Egli non mi fece neanche finire di leggere la lettera: «Lo so – mi rispose – e noi – la Congregazione per la Fede – abbiamo detto alla Congregazione per i religiosi che non avevano il diritto di affermare quello. Essi non sono competenti e devono rivedere il loro giudizio». Poi continuò: «Ecco cosa deve fare con quella lettera» [Mons. Fellay fa il gesto di gettarla], è questo il gesto che ha fatto. In altre parole, prenda la lettera e la butti nel cestino della carta straccia!
Dunque un’autorità a Roma mi dice di gettare una decisione di un’altra autorità romana. Non è una contraddizione?
E il Segretario della Commissione Ecclesia Dei prosegue dicendo: «Lei deve dire ai suoi sacerdoti e ai suoi fedeli che tutto ciò che viene da Roma non viene dal Papa!» Ed io gli ho risposto: «È impossibile, come vuole che i fedeli, i sacerdoti possano pensare una cosa così? Ciò che viene da Roma viene dal Papa! Perché altrimenti si dirà con facilità: ciò che mi piace viene dal Papa e ciò che mi dispiace non viene dal Papa!»

Con questo, miei carissimi Fratelli, dovete capire che a Roma vi è un grave problema.
Se un’autorità ci dice: «Attenzione! Tutto ciò che viene da Roma non viene dal Papa», da dove proviene allora? E com’è possibile? Roma, i servizi del Vaticano normalmente devono essere come la mano del Papa. Questo significa che il Papa non ne ha più il controllo. Ecco il senso di questa frase.
Quando parlo di contraddizioni, significa che certuni, a Roma, sono pronti a considerarci come fuori dalla Chiesa, scomunicati, come se avessimo perso la fede, eretici… E poi ve ne sono altri che ci riconoscono veramente come cattolici.
Mons. de Galarreta e i nostri sacerdoti, quando vanno a Roma per i colloqui dottrinali, dicono la Messa in San Pietro! Come si possono tenere queste due posizioni nello stesso tempo? Voi vedete quanto sia profonda la contraddizione. E da questo potete comprendere quanto noi rimaniamo all’erta. Noi non andiamo a gettarci in questa tormenta, mentre tutto sommato possiamo salutare il sole quando si presenta e proteggerci dalle nubi quando ci minacciano.

Che ci guadagna la Santa Sede? Vi sono così tanti esempi che illustrano il fatto che quando il Papa vuol fare del bene è frenato, impedito.
Un esempio di prima mano tra i tanti.

Un Padre Abate, Superiore dell’unica abbazia trappista in Germania, ha chiesto al Papa l’autorizzazione, non solo di ritornare alla Messa tridentina, ma di poter riprendere la Regola e le Costituzioni anteriori al Vaticano II. Il Papa ha dato l’autorizzazione ed ha esentato questa abbazia dalla giurisdizione della Congregazione dei Benedettini, che segue le regole moderne, così da permettergli di seguire l’uso antico di prima del Vaticano II. Il Papa ha quindi posto questa abbazia direttamene sotto la sua autorità.
Sei mesi più tardi, l’Abate chiama uno dei suoi amici a Roma per chiedergli: «Com’è finita? Io non ho nessuna novità!» E il suo amico gli risponde: «Scrivi di nuovo al Papa, ma manda a me la lettera, che la farò avere personalmente al Papa. Fatto questo, l’amico porta la lettera al Papa e gli chiede com’era finita con questa abbazia. Molto sorpreso, il Santo Padre risponde: «Ma ho già accordato questo permesso, sei mesi fa!» Venne condotta un’inchiesta e si scoprì che qualcuno – noi sappiamo esattamene chi – aveva riposto la lettera del Sommo Pontefice in un cassetto della Segreteria di Stato. Questa volta l’amico dell’Abate – che mi ha raccontato direttamente questa storia, e quindi non si tratta di un «si dice» - ha chiesto al Santo Padre: «Scrivete “concesso” sulla lettera ed io mi incarico di portarla personalmente alla nuova abbazia». In tal modo, per poter portare la novità della decisione del Papa hanno aggirato la Segreteria di Stato.
E questo è solo un esempio.

Per mostrarvi fino a che punto lo stesso Sommo Pontefice è limitato nella sua azione, guardiamo all’ultimo documento a proposito della Messa tridentina. Anche qui abbiamo un bell’esempio delle forze contraddittorie che si muovono a Roma. Da un lato è del tutto evidente che in questo testo è presente la volontà di estendete dappertutto la messa tradizionale, di rendere possibile a tutte le anime l’accesso, non solo alla Messa antica, ma alla maniera in cui venivano amministrati prima i Sacramenti: tutti i libri liturgici sono messi a disposizione di tutti. Ma dall’altro lato e contemporaneamente vi sono delle restrizioni sorprendenti. La prima, parecchio stupefacente, è che i seminaristi diocesani non possono approfittare del rito antico, possono essere ordinati secondo l’antico rito solo quelli che dipendono dalla Commissione Ecclesia Dei.
Perché allora si dice che il Pontificale che contiene l’antico rito per le ordinazioni è reso liberamente disponibile a tutti?
Ma vi è ancora di peggio. Da un lato si constata questa volontà di mettete a disposizione di tutte anime, nel mondo intero, la Messa antica, poi si scopre l’articolo 19, che dichiara che coloro che vogliono beneficiarne non devono appartenere né perfino devono solamente aiutare i gruppi che sono contrari alla Messa nuova. Ma il 95% di coloro che vogliono la Messa antica sono contrari a quella nuova! Perché vogliamo la Messa antica? Se fossimo soddisfatti della nuova, non penseremmo neanche all’antica! Anche quelli che sono contro la validità o la legittimità della nuova Messa sono privati della Messa antica: per loro niente! Niente!
Ma questo non è più un atto di riconciliazione, è un atto di guerra!

Io penso che sono proprio le contraddizioni all’interno stesso del Vaticano che spiegano come divergenze così possano trovarsi in uno stesso testo: ogni parte cerca di ottenere qualcosa. E così noi siamo in mezzo a questo disordine.

Ed ecco che si ascolta ogni sorta di voce, assolutamente tutto quello che è possibile ed anche impossibile ascoltare!
Vi prego, miei carissimi Fratelli, non correte dietro a queste voci. Quando sapremo qualcosa ve la diremo. Non abbiamo mai nascosto niente e non abbiamo alcun motivo per nascondere ciò che succede. Se dunque non vi diciamo niente è perché non è successo niente di nuovo.
Certuni dicono che sta per giungere qualcosa. No, non è vero!
La verità è che io sono stato invitato a Roma dal cardinale Levada e questo avverrà a metà settembre. È tutto quello che so. La cosa riguarda i colloqui che abbiamo avuto con Roma e dopo i quali, come è stato detto, «i documenti di sintesi verranno rimessi alle più alte autorità». Sono queste le parole esatte, ed è questa la sola cosa che io conosco del futuro, tutto il resto non è che invenzione. Allora, vi prego, non correte dietro a queste voci.

Tutto ciò dimostra che la battaglia continua.
Ora, vi sono due pericoli oggi. Uno consiste nel dire che tutto è a posto, tutto è finito, la battaglia è terminata: si tratta di un’immensa illusione. Io posso garantirvi, miei carissimi Fratelli, che se un giorno Roma regolarizzerà infine la nostra posizione canonica, la battaglia comincerà, non sarà la fine di essa! Ma ancora non siamo a questo! Quanto tempo dovremo attendere ancora? Non lo so, non ne ho alcuna idea! Quindi continuiamo a dire che vi è una crisi nella Chiesa. Talvolta è proprio noioso, perché a Roma essi danno l’impressione che tutto vada bene, ma il giorno dopo parliamo con loro… Ed ecco le parole che sentiamo dalla bocca del Segretario della Congregazione per la Fede: «Sapete, ci sono i preti, i vescovi, le Università cattoliche che sono piene di eresie!» Ecco cosa ci ha detto, a giugno del 2009, il Segretario della Congregazione della Fede!
Essi sanno dunque che la situazione della Chiesa è drammatica. Se arrivano a dire che è pieno di eresie dappertutto, questo significherà bene qualcosa!
Ma allo stesso tempo essi si comportano come se fosse tutto a posto. È deludente, è preoccupante, lo ammetto, ma è questa la situazione.


Non lasciatevi quindi prendere da tutte queste illusioni, ma non permettete neanche che vi assalga lo scoraggiamento.
Questa battaglia è lunga, è vero, ma noi non possiamo cambiarla.
Il diavolo resta il diavolo e noi non andiamo a fare la pace col diavolo.
Questo durerà tutto il tempo che Dio lo permetterà, ma noi abbiamo tutto ciò che ci serve per questa battaglia, noi abbiamo la grazia, il sostegno di Dio.
Noi dobbiamo solo continuare questa battaglia, senza scoraggiamento, con serenità. È davvero evidente che noi siamo benedetti da Dio. Eredi dello spirito cristiano, la Messa tradizionale che noi celebriamo nutre questo spirito che è in noi, la spirito di Cristo, quello dei discepoli di Cristo, che ci insegna che dobbiamo rimanere lontani dal mondo, utilizzare moderatamente i beni terreni che non sono quello che vi è di più importante. Il più importante è Dio, il Cielo, è il nostro destino eterno.

Miei carissimi Fratelli, se vi ho chiamati a questa Crociata del Rosario è proprio per aiutarvi a rimanere fuori da queste trappole, da queste illusioni e da questo scoraggiamento. In questa preghiera, con questa catena di rose che ci unisce alla Santissima Vergine Maria noi siamo certi di essere sotto la sua protezione e di combattere quaggiù la buona battaglia. Ella ci guiderà, siatene certi. La Buona Madre non abbandona i suoi figli, ma siate generosi, molto generosi in queste preghiere.
Noi non ci aspettiamo dei buoni frutti per la Chiesa ottenuti con dei semplici accomodamenti umani, noi speriamo di ottenerli con i mezzi soprannaturali e proprio la preghiera è il mezzo più potente che possediamo.
Vi invito dunque a recitare il Rosario, a recitarlo bene, non è importante la quantità, ma la qualità: il modo di pregare. Perché la Santissima Vergine ha consegnato il Rosario a San Domenico? Qual era il suo scopo? Era quello di unire i fedeli a Dio nella contemplazione, tramite la meditazione dei diversi avvenimenti della vita di Nostro Signore e della Santissima Vergine Maria. Questo è lo scopo del Rosario. Non si tratta solo di recitare quindici dozzine o molti rosari, questa è solo la melodia, la musica di fondo che ci aiuta nella meditazione dei misteri che ci uniscono a Nostro Signore Gesù Cristo e alla Santissima Vergine Maria. Dunque preghiamo bene! Il Rosario ben meditato – possiamo starne certi – è un mezzo potentissimo.
Suor Lucia di Fatima ha osato dire che la Santissima Vergine Maria ha dato un’efficacia speciale a questa preghiera, così che il Rosario diventasse la soluzione per tutti i problemi, per tutte le difficoltà.

Proseguendo questa cerimonia, miei carissimi Fratelli, rimettiamoci sotto la protezione della Santissima Vergine Maria, sotto la protezione dello Spirito Santo, chiedendogli di infiammare questo mondo, di depositare il fuoco della carità sempre più nel cuore di questi nuovi sacerdoti e diaconi. Che essi comunichino a loro volta questo fuoco al mondo, il fuoco invincibile della carità, l’amore di Dio e del prossimo per amore di Dio.

Così sia


[Modificato da Caterina63 27/06/2011 01:09]
Fraternamente CaterinaLD

"Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
(fr. Carlos Alfonso Azpiroz Costa OP
Maestro dell’Ordine)
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