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Il Peccato Originale? ESISTE , non è una teoria! (Rm.5,12-21)

Ultimo Aggiornamento: 20/11/2014 18:15
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31/08/2009 12:47
 
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Benedict



IL PECCATO ORIGINALE ESISTE

3 dicembre 2008, San Paolo (15): Adamo e Cristo - Dal peccato (originale) alla libertà
[Francese, Inglese, Italiano, Portoghese, Spagnolo, Tedesco]

Il peccato originale "esiste", e' come "un fiume sporco" e ha un "aspetto empirico, toccabile da tutti: esiste una contraddizione nel nostro essere. Ognuno di noi la prova ogni giorno, non e' teoria" e la "vediamo sempre intorno a noi: basta guardare le notizie quotidiane su ingiustizia, violenze, menzogna, lussuria": cosi' il Papa e' entrato in merito alla dottrina del peccato originale, seguendo la trattazione di San Paolo nella Lettera ai Romani, durante la tradizionale Udienza Generale del Mercoledi’.

"Cos'e' il peccato originale? È sostenibile questa dottrina, oggi? Esiste o no il peccato originale?". Per Benedetto XVI, il peccato originale e' una realta', ma non esiste in se stessa: esso e' "inscindibilmente connesso con il dogma della salvezza e della liberta' in Cristo. Non bisogna mai trattare il peccato di Adamo e dell'umanita' in modo separato, senza comprenderlo nell'orizzonte della giustificazione in Cristo". Tanto che Paolo "accenna al peccato di Adamo solo per dimostrare la centralita' della Grazia" e arrivare a dire che "dove abbondo' il peccato, sovrabbondo' la Grazia".
C'e' dunque una contraddizione nell'uomo, e "da questo potere del male sulle nostre anime si e' sviluppato il fiume sporco del male, che avvelena la storia umana". Ma - continua il Papa - "questa contraddizione deve provocare, e provoca anche oggi, il desiderio della redenzione, che il mondo sia cambiato".


**********************************************************

La Catechesi del Santo Padre

Adamo e Cristo: dal peccato (originale) alla libertà.

Cari fratelli e sorelle,

nell'odierna catechesi ci soffermeremo sulle relazioni tra Adamo e Cristo, delineate da san Paolo nella nota pagina della Lettera ai Romani (5,12-21), nella quale egli consegna alla Chiesa le linee essenziali della dottrina sul peccato originale. In verità, già nella prima Lettera ai Corinzi, trattando della fede nella risurrezione, Paolo aveva introdotto il confronto tra il progenitore e Cristo: “Come infatti in Adamo tutti muoiono, così in Cristo tutti riceveranno la vita... Il primo uomo, Adamo, divenne un essere vivente, ma l'ultimo Adamo divenne spirito datore di vita” (1 Cor 15,22-45).

Con
Rm 5,12-21 il confronto tra Cristo e Adamo si fa più articolato e illuminante: Paolo ripercorre la storia della salvezza da Adamo alla Legge e da questa a Cristo. Al centro della scena non si trova tanto Adamo con le conseguenze del peccato sull'umanità, quanto Gesù Cristo e la grazia che, mediante Lui, è stata riversata in abbondanza sull'umanità. La ripetizione del “molto più” riguardante Cristo sottolinea come il dono ricevuto in Lui sorpassi, di gran lunga, il peccato di Adamo e le conseguenze prodotte sull'umanità, così che Paolo può giungere alla conclusione: “Ma dove abbondò il peccato, sovrabbondò la grazia” (Rm 5,20). Pertanto, il confronto che Paolo traccia tra Adamo e Cristo mette in luce l’inferiorità del primo uomo rispetto alla prevalenza del secondo.

D’altro canto, è proprio per mettere in evidenza l'incommensurabile dono della grazia, in Cristo, che Paolo accenna al peccato di Adamo: si direbbe che se non fosse stato per dimostrare la centralità della grazia, egli non si sarebbe attardato a trattare del peccato che “a causa di un solo uomo è entrato nel mondo e, con il peccato, la morte” (Rm 5,12). Per questo se, nella fede della Chiesa, è maturata la consapevolezza del dogma del peccato originale è perché esso è connesso inscindibilmente con l’altro dogma, quello della salvezza e della libertà in Cristo. La conseguenza di ciò è che non dovremmo mai trattare del peccato di Adamo e dell’umanità in modo distaccato dal contesto salvifico, senza comprenderli cioè nell’orizzonte della giustificazione in Cristo.

Ma come uomini di oggi dobbiamo domandarci: che cosa è questo peccato originale? Che cosa insegna san Paolo, che cosa insegna la Chiesa? È ancora oggi sostenibile questa dottrina? Molti pensano che, alla luce della storia dell'evoluzione, non ci sarebbe più posto per la dottrina di un primo peccato, che poi si diffonderebbe in tutta la storia dell'umanità. E, di conseguenza, anche la questione della Redenzione e del Redentore perderebbe il suo fondamento. Dunque, esiste il peccato originale o no? Per poter rispondere dobbiamo distinguere due aspetti della dottrina sul peccato originale. Esiste un aspetto empirico, cioè una realtà concreta, visibile, direi tangibile per tutti.

E un aspetto misterico, riguardante il fondamento ontologico di questo fatto. Il dato empirico è che esiste una contraddizione nel nostro essere. Da una parte ogni uomo sa che deve fare il bene e intimamente lo vuole anche fare. Ma, nello stesso tempo, sente anche l'altro impulso di fare il contrario, di seguire la strada dell'egoismo, della violenza, di fare solo quanto gli piace anche sapendo di agire così contro il bene, contro Dio e contro il prossimo. San Paolo nella sua Lettera ai Romani ha espresso questa contraddizione nel nostro essere così: «C'è in me il desiderio del bene, ma non la capacità di attuarlo; infatti io non compio il bene che voglio, ma il male che non voglio» (
7, 18-19). Questa contraddizione interiore del nostro essere non è una teoria. Ognuno di noi la prova ogni giorno. E soprattutto vediamo sempre intorno a noi la prevalenza di questa seconda volontà. Basta pensare alle notizie quotidiane su ingiustizie, violenza, menzogna, lussuria. Ogni giorno lo vediamo: è un fatto.

Come conseguenza di questo potere del male nelle nostre anime, si è sviluppato nella storia un fiume sporco, che avvelena la geografia della storia umana. Il grande pensatore francese Blaise Pascal ha parlato di una «seconda natura», che si sovrappone alla nostra natura originaria, buona. Questa “seconda natura” fa apparire il male come normale per l'uomo. Così anche l'espressione solita: «questo è umano» ha un duplice significato. «Questo è umano» può voler dire: quest'uomo è buono, realmente agisce come dovrebbe agire un uomo. Ma «questo è umano» può anche voler dire la falsità: il male è normale, è umano. Il male sembra essere divenuto una seconda natura.

Questa contraddizione dell'essere umano, della nostra storia deve provocare, e provoca anche oggi, il desiderio di redenzione. E, in realtà, il desiderio che il mondo sia cambiato e la promessa che sarà creato un mondo di giustizia, di pace, di bene, è presente dappertutto: in politica, ad esempio, tutti parlano di questa necessità di cambiare il mondo, di creare un mondo più giusto. E proprio questo è espressione del desiderio che ci sia una liberazione dalla contraddizione che sperimentiamo in noi stessi.

Quindi il fatto del potere del male nel cuore umano e nella storia umana è innegabile. La questione è: come si spiega questo male? Nella storia del pensiero, prescindendo dalla fede cristiana, esiste un modello principale di spiegazione, con diverse variazioni. Questo modello dice: l'essere stesso è contraddittorio, porta in sé sia il bene sia il male. Nell'antichità questa idea implicava l'opinione che esistessero due principi ugualmente originari: un principio buono e un principio cattivo. Tale dualismo sarebbe insuperabile; i due principi stanno sullo stesso livello, perciò ci sarà sempre, fin dall'origine dell'essere, questa contraddizione.

La contraddizione del nostro essere, quindi, rifletterebbe solo la contrarietà dei due principi divini, per così dire. Nella versione evoluzionistica, atea, del mondo ritorna in modo nuovo la stessa visione. Anche se, in tale concezione, la visione dell'essere è monistica, si suppone che l'essere come tale dall'inizio porti in se il male e il bene. L'essere stesso non è semplicemente buono, ma aperto al bene e al male. Il male è ugualmente originario come il bene. E la storia umana svilupperebbe soltanto il modello già presente in tutta l'evoluzione precedente. Ciò che i cristiani chiamano peccato originale sarebbe in realtà solo il carattere misto dell'essere, una mescolanza di bene e di male che, secondo questa teoria, apparterrebbe alla stessa stoffa dell'essere. È una visione in fondo disperata: se è così, il male è invincibile.

Alla fine conta solo il proprio interesse. E ogni progresso sarebbe necessariamente da pagare con un fiume di male e chi volesse servire al progresso dovrebbe accettare di pagare questo prezzo. La politica, in fondo, è impostata proprio su queste premesse: e ne vediamo gli effetti. Questo pensiero moderno può, alla fine, solo creare tristezza e cinismo.

E così domandiamo di nuovo: che cosa dice la fede, testimoniata da san Paolo? Come primo punto, essa conferma il fatto della competizione tra le due nature, il fatto di questo male la cui ombra pesa su tutta la creazione. Abbiamo sentito il capitolo 7 della Lettera ai Romani, potremmo aggiungere il capitolo 8.

Il male esiste, semplicemente.
Come spiegazione, in contrasto con i dualismi e i monismi che abbiamo brevemente considerato e trovato desolanti, la fede ci dice: esistono due misteri di luce e un mistero di notte, che è però avvolto dai misteri di luce. Il primo mistero di luce è questo: la fede ci dice che non ci sono due principi, uno buono e uno cattivo, ma c'è un solo principio, il Dio creatore, e questo principio è buono, solo buono, senza ombra di male. E perciò anche l'essere non è un misto di bene e male; l'essere come tale è buono e perciò è bene essere, è bene vivere. Questo è il lieto annuncio della fede: c'è solo una fonte buona, il Creatore. E perciò vivere è un bene, è buona cosa essere un uomo, una donna, è buona la vita. Poi segue un mistero di buio, di notte. Il male non viene dalla fonte dell'essere stesso, non è ugualmente originario. Il male viene da una libertà creata, da una libertà abusata.

Come è stato possibile, come è successo? Questo rimane oscuro. Il male non è logico. Solo Dio e il bene sono logici, sono luce. Il male rimane misterioso. Lo si è presentato in grandi immagini, come fa il capitolo 3 della Genesi, con quella visione dei due alberi, del serpente, dell'uomo peccatore. Una grande immagine che ci fa indovinare, ma non può spiegare quanto è in se stesso illogico. Possiamo indovinare, non spiegare; neppure possiamo raccontarlo come un fatto accanto all'altro, perché è una realtà più profonda. Rimane un mistero di buio, di notte. Ma si aggiunge subito un mistero di luce. Il male viene da una fonte subordinata. Dio con la sua luce è più forte.

E perciò il male può essere superato. Perciò la creatura, l'uomo, è sanabile. Le visioni dualiste, anche il monismo dell'evoluzionismo, non possono dire che l'uomo sia sanabile; ma se il male viene solo da una fonte subordinata, rimane vero che l'uomo è sanabile. E il Libro della Sapienza dice: “Hai creato sanabili le nazioni” (
1, 14 volg).

E finalmente, ultimo punto, l’uomo non è solo sanabile, è sanato di fatto. Dio ha introdotto la guarigione. È entrato in persona nella storia. Alla permanente fonte del male ha opposto una fonte di puro bene. Cristo crocifisso e risorto, nuovo Adamo, oppone al fiume sporco del male un fiume di luce. E questo fiume è presente nelle storia: vediamo i santi, i grandi santi ma anche gli umili santi, i semplici fedeli. Vediamo che il fiume di luce che viene da Cristo è presente, è forte.

Fratelli e sorelle, è tempo di Avvento. Nel linguaggio della Chiesa la parola Avvento ha due significati: presenza e attesa. Presenza: la luce è presente, Cristo è il nuovo Adamo, è con noi e in mezzo a noi. Già splende la luce e dobbiamo aprire gli occhi del cuore per vedere la luce e per introdurci nel fiume della luce. Soprattutto essere grati del fatto che Dio stesso è entrato nella storia come nuova fonte di bene. Ma Avvento dice anche attesa. La notte oscura del male è ancora forte. E perciò preghiamo nell'Avvento con l'antico popolo di Dio: «Rorate caeli desuper».

E preghiamo con insistenza: vieni Gesù; vieni, dà forza alla luce e al bene; vieni dove domina la menzogna, l'ignoranza di Dio, la violenza, l'ingiustizia; vieni, Signore Gesù, dà forza al bene nel mondo e aiutaci a essere portatori della tua luce, operatori della pace, testimoni della verità.

Vieni Signore Gesù!







[Modificato da Caterina63 24/10/2013 13:25]
Fraternamente CaterinaLD

"Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
(fr. Carlos Alfonso Azpiroz Costa OP
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E la notte fu. La vera storia del peccato originale

È uno dei dogmi più trascurati e negati. Ma per Benedetto XVI è "di un'evidenza schiacciante". Ne ha parlato tre volte in otto giorni. Senza di esso, ha detto, la redenzione cristiana "perderebbe il suo fondamento"

di Sandro Magister




ROMA, 11 dicembre 2008 – Per tre volte in otto giorni Benedetto XVI ha insistito su un dogma che è quasi scomparso dalla comune predicazione ed è negato dai teologi neomodernisti: il dogma del peccato originale.

L'ha fatto lunedì 8 dicembre all'Angelus della festa dell'Immacolata; il precedente mercoledì 3 all'udienza settimanale con migliaia di fedeli e pellegrini; e poi ancora all'udienza generale di mercoledì 10.

All'Angelus dell'Immacolata papa Joseph Ratzinger si è così espresso:

"Il mistero dell’Immacolata Concezione di Maria, che oggi solennemente celebriamo, ci ricorda due verità fondamentali della nostra fede: il peccato originale innanzitutto, e poi la vittoria su di esso della grazia di Cristo, vittoria che risplende in modo sublime in Maria Santissima.

"L’esistenza di quello che la Chiesa chiama peccato originale è purtroppo di un’evidenza schiacciante, se solo guardiamo intorno a noi e prima di tutto dentro di noi. L’esperienza del male è infatti così consistente, da imporsi da sé e da suscitare in noi la domanda: da dove proviene? Specialmente per un credente, l’interrogativo è ancora più profondo: se Dio, che è Bontà assoluta, ha creato tutto, da dove viene il male? Le prime pagine della Bibbia (Genesi 1-3) rispondono proprio a questa domanda fondamentale, che interpella ogni generazione umana, con il racconto della creazione e della caduta dei progenitori: Dio ha creato tutto per l’esistenza, in particolare ha creato l’essere umano a propria immagine; non ha creato la morte, ma questa è entrata nel mondo per invidia del diavolo il quale, ribellatosi a Dio, ha attirato nell’inganno anche gli uomini, inducendoli alla ribellione (cfr. Sapienza 1, 13-14; 2, 23-24). È il dramma della libertà, che Dio accetta fino in fondo per amore, promettendo però che ci sarà un figlio di donna che schiaccerà la testa all’antico serpente (Genesi 3, 15).

"Fin dal principio, dunque, 'l’eterno consiglio' – come direbbe Dante (Paradiso, XXXIII, 3) – ha un 'termine fisso': la Donna predestinata a diventare madre del Redentore, madre di Colui che si è umiliato fino all’estremo per ricondurre noi alla nostra originaria dignità. Questa Donna, agli occhi di Dio, ha da sempre un volto e un nome: 'piena di grazia' (Luca 1, 28), come la chiamò l’Angelo visitandola a Nazareth. È la nuova Eva, sposa del nuovo Adamo, destinata ad essere madre di tutti i redenti. Così scriveva sant’Andrea di Creta: 'La Theotókos Maria, il comune rifugio di tutti i cristiani, è stata la prima ad essere liberata dalla primitiva caduta dei nostri progenitori' (Omelia IV sulla Natività, PG 97, 880 A). E la liturgia odierna afferma che Dio ha 'preparato una degna dimora per il suo Figlio e, in previsione della morte di Lui, l’ha preservata da ogni macchia di peccato' (Orazione Colletta).

"Carissimi, in Maria Immacolata noi contempliamo il riflesso della bellezza che salva il mondo: la bellezza di Dio che risplende sul volto di Cristo".

Angelus, 8 dicembre 2008, Solennità dell’Immacolata Concezione della Beata Vergine Maria
[Croato, Francese, Inglese, Italiano, Portoghese, Spagnolo, Tedesco]


* * *


Ma il papa si è spinto ancora più a fondo, sul peccato originale, nell'udienza generale di mercoledì 3 dicembre.

Ogni mercoledì, da quando è iniziato l'Anno Paolino, Benedetto XVI dedica le sue catechesi settimanali a illustrare la vita, gli scritti, la dottrina dell'apostolo Paolo. Questa era la quindicesima catechesi della serie. Nelle due precedenti il papa aveva spiegato la dottrina della giustificazione e il nesso tra la fede e le opere. Questa volta, invece, il tema di partenza era l'analogia tra Adamo e Cristo, sviluppata da Paolo nella prima lettera ai Corinzi e più ancora nella lettera ai Romani. Ricorrendo a questa analogia, Paolo evoca il peccato di Adamo per dare il massimo risalto alla grazia salvatrice donata da Cristo.

Come generalmente avviene nelle catechesi del mercoledì, Benedetto XVI si è avvalso di un testo scritto da esperti collaboratori. Ma come già in altre occasioni, se ne è distaccato. Questa volta più ampiamente del solito. Dal terzo capoverso in avanti si è rivolto direttamente ai presenti, improvvisando.

La stessa cosa ha fatto nell'udienza del mercoledì successivo, 10 dicembre. Aveva in mano un testo scritto, ma ha parlato quasi interamente a braccio. E nella parte iniziale è tornato così sul tema del peccato originale:

"Cari fratelli e sorelle, seguendo san Paolo abbiamo visto nella catechesi di mercoledì scorso due cose. La prima è che la nostra storia umana dagli inizi è inquinata dall'abuso della libertà creata, che intende emanciparsi dalla volontà divina. E così non trova la vera libertà, ma si oppone alla verità e falsifica, di conseguenza, le nostre realtà umane. Falsifica soprattutto le relazioni fondamentali: quella con Dio, quella tra uomo e donna, quella tra l'uomo e la terra. Abbiamo detto che questo inquinamento della nostra storia si diffonde sull’intero suo tessuto e che questo difetto ereditato è andato aumentando ed è ora visibile dappertutto. Questa era la prima cosa. La seconda è questa: da san Paolo abbiamo imparato che esiste un nuovo inizio nella storia e della storia in Gesù Cristo, Colui che è uomo e Dio. Con Gesù, che viene da Dio, comincia una nuova storia formata dal suo sì al Padre, fondata perciò non sulla superbia di una falsa emancipazione, ma sull'amore e sulla verità.

"Ma adesso si pone la questione: come possiamo entrare noi in questo nuovo inizio, in questa nuova storia? Come questa nuova storia arriva a me? Con la prima storia inquinata siamo inevitabilmente collegati per la nostra discendenza biologica, appartenendo noi tutti all'unico corpo dell'umanità. Ma la comunione con Gesù, la nuova nascita per entrare a far parte della nuova umanità, come si realizza? Come arriva Gesù nella mia vita, nel mio essere? La risposta fondamentale di san Paolo, di tutto il Nuovo Testamento è: arriva per opera dello Spirito Santo. Se la prima storia si avvia, per così dire, con la biologia, la seconda si avvia nello Spirito Santo, lo Spirito del Cristo risorto. Questo Spirito ha creato a Pentecoste l'inizio della nuova umanità, della nuova comunità, la Chiesa, il Corpo di Cristo.".

* * *
Queste improvvisazioni sono un indizio importante per capire il pensiero di Benedetto XVI. Esse contrassegnano le cose che più gli stanno a cuore, quelle che vuole imprimere di più nella mente degli ascoltatori.

Il peccato originale, questo dogma oggi così trascurato, è una di queste verità che papa Ratzinger sente il bisogno di rinverdire.

E il motivo l'ha spiegato ai fedeli così, nella catechesi del 3 dicembre, quella più diffusamente dedicata al tema, riprodotta integralmente in apertura thread....
 

Fraternamente CaterinaLD

"Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
(fr. Carlos Alfonso Azpiroz Costa OP
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10 dicembre 2008, San Paolo (16): Il ruolo dei Sacramenti
[Croato,
Francese, Inglese, Italiano, Portoghese, Spagnolo, Tedesco]


Il ruolo dei Sacramenti

Cari fratelli e sorelle,

seguendo san Paolo abbiamo visto nella catechesi di mercoledì scorso due cose. La prima è che la nostra storia umana dagli inizi è inquinata dall'abuso della libertà creata, che intende emanciparsi dalla Volontà divina. E così non trova la vera libertà, ma si oppone alla verità e falsifica, di conseguenza, le nostre realtà umane. Falsifica soprattutto le relazioni fondamentali: quella con Dio, quella tra uomo e donna, quella tra l'uomo e la terra.

Abbiamo detto che questo inquinamento della nostra storia si diffonde sull’intero suo tessuto e che questo difetto ereditato è andato aumentando ed è ora visibile dappertutto. Questa era la prima cosa. La seconda è questa: da san Paolo abbiamo imparato che esiste un nuovo inizio nella storia e della storia in Gesù Cristo, Colui che è uomo e Dio. Con Gesù, che viene da Dio, comincia una nuova storia formata dal suo sì al Padre, fondata perciò non sulla superbia di una falsa emancipazione, ma sull'amore e sulla verità.

Ma adesso si pone la questione: come possiamo entrare noi in questo nuovo inizio, in questa nuova storia? Come questa nuova storia arriva a me? Con la prima storia inquinata siamo inevitabilmente collegati per la nostra discendenza biologica, appartenendo noi tutti all'unico corpo dell'umanità. Ma la comunione con Gesù, la nuova nascita per entrare a far parte della nuova umanità, come si realizza? Come arriva Gesù nella mia vita, nel mio essere? La risposta fondamentale di san Paolo, di tutto il Nuovo Testamento è: arriva per opera dello Spirito Santo. Se la prima storia si avvia, per così dire, con la biologia, la seconda si avvia nello Spirito Santo, lo Spirito del Cristo risorto. Questo Spirito ha creato a Pentecoste l'inizio della nuova umanità, della nuova comunità, la Chiesa, il Corpo di Cristo.

Però dobbiamo essere ancora più concreti: questo Spirito di Cristo, lo Spirito Santo, come può diventare Spirito mio? La risposta è che ciò avviene in tre modi, intimamente connessi l'uno con l'altro.
Il primo è questo: lo Spirito di Cristo bussa alle porte del mio cuore, mi tocca interiormente. Ma poiché la nuova umanità deve essere un vero corpo, poiché lo Spirito deve riunirci e realmente creare una comunità, poiché è caratteristico del nuovo inizio il superare le divisioni e creare l’aggregazione dei dispersi, questo Spirito di Cristo si serve di due elementi di aggregazione visibile: della Parola dell'annuncio e dei Sacramenti, particolarmente del Battesimo e dell'Eucaristia.
 
Nella Lettera ai Romani, dice san Paolo: «Se con la tua bocca proclamerai: ‘Gesù è il Signore’, e con il tuo cuore crederai che Dio lo ha risuscitato dai morti, sarai salvo» (10, 9), entrerai cioè nella nuova storia, storia di vita e non di morte. Poi san Paolo continua: «Ora, come invocheranno colui nel quale non hanno creduto? Come crederanno in colui del quale non hanno sentito parlare? Come ne sentiranno parlare senza qualcuno che lo annunci? E come lo annunceranno, se non sono stati inviati?» (Rm 10, 14-15). In un successivo passo dice ancora: «La fede viene dall'ascolto» (Rm 10,17).

La fede non è prodotto del nostro pensiero, della nostra riflessione, è qualcosa di nuovo che non possiamo inventare, ma solo ricevere come dono, come una novità prodotta da Dio. E la fede non viene dalla lettura, ma dall'ascolto. Non è una cosa soltanto interiore, ma una relazione con Qualcuno. Suppone un incontro con l'annuncio, suppone l'esistenza dell'altro che annuncia e crea comunione.

E finalmente l'annuncio: colui che annuncia non parla da sé, ma è inviato. Sta entro una struttura di missione che comincia con Gesù inviato dal Padre, passa agli apostoli - la parola apostoli significa «inviati» - e continua nel ministero, nelle missioni trasmesse dagli apostoli. Il nuovo tessuto della storia appare in questa struttura delle missioni, nella quale sentiamo ultimamente parlare Dio stesso, la sua Parola personale, il Figlio  parla con noi, arriva fino a noi. La Parola si è fatta carne, Gesù, per creare realmente una nuova umanità. Perciò la parola dell'annuncio diventa Sacramento nel Battesimo, che è rinascita dall'acqua e dallo Spirito, come dirà san Giovanni. Nel sesto capitolo della Lettera ai Romani san Paolo parla in modo molto profondo del Battesimo. Abbiamo sentito il testo. Ma forse è utile ripeterlo: «Non sapete che quanti siamo stati battezzati in Cristo Gesù, siamo battezzati nella sua morte? Per mezzo del Battesimo siamo dunque stati sepolti insieme a Lui nella morte, perché come Cristo fu risuscitato dai morti per mezzo della gloria del Padre, così anche noi possiamo camminare in una vita nuova» (6,3-4).

In questa catechesi, naturalmente, non posso entrare in una interpretazione dettagliata di questo testo non facile.
Vorrei brevemente notare solo tre cose.
 
La prima: «siamo stati battezzati» è un passivo. Nessun può battezzare se stesso, ha bisogno dell'altro. Nessuno può farsi cristiano da se stesso. Divenire cristiani è un processo passivo. Solo da un altro possiamo essere fatti cristiani. E questo “altro” che ci fa cristiani, ci dà il dono della fede, è in prima istanza la comunità dei credenti, la Chiesa.
Dalla Chiesa riceviamo la fede, il Battesimo. Senza lasciarci formare da questa comunità non diventiamo cristiani. Un cristianesimo autonomo, autoprodotto, è una contraddizione in sé. In prima istanza, questo altro è la comunità dei credenti, la Chiesa, ma in seconda istanza anche questa comunità non agisce da sé, secondo le proprie idee e desideri. Anche la comunità vive nello stesso processo passivo: solo Cristo può costituire la Chiesa. Cristo è il vero donatore dei Sacramenti. Questo è il primo punto: nessuno battezza se stesso, nessuno fa se stesso cristiano. Cristiani lo diventiamo.

La seconda cosa è questa: il Battesimo è più che un lavaggio. È morte e risurrezione. Paolo stesso parlando nella Lettera ai Galati della svolta della sua vita realizzatasi nell'incontro con Cristo risorto, la descrive con la parola: sono morto. Comincia in quel momento realmente una nuova vita. Divenire cristiani è più che un’operazione cosmetica, che aggiungerebbe qualche cosa di bello a un’esistenza già più o meno completa. È un nuovo inizio, è rinascita: morte e risurrezione. Ovviamente nella risurrezione riemerge quanto era buono nell'esistenza precedente.

La terza cosa è: la materia fa parte del Sacramento. Il cristianesimo non è una realtà puramente spirituale. Implica il corpo. Implica il cosmo. Si estende verso la nuova terra e i nuovi cieli. Ritorniamo all'ultima parola del testo di san Paolo: così - dice - possiamo “camminare in una nuova vita”. Elemento di un esame di coscienza per noi tutti: camminare in una nuova vita. Questo per il Battesimo.

Veniamo adesso al Sacramento dell'Eucaristia. Ho già mostrato in altre catechesi con quale profondo rispetto san Paolo trasmetta verbalmente la tradizione sull'Eucaristia che ha ricevuto dagli stessi testimoni dell'ultima notte. Trasmette queste parole come un prezioso tesoro affidato alla sua fedeltà. E così sentiamo in queste parole realmente i testimoni dell'ultima notte. Sentiamo le parole dell'Apostolo: «Io infatti ho ricevuto dal Signore quello che a mia volta vi ho trasmesso. Il Signore Gesù nella notte in cui veniva tradito prese del pane e dopo aver reso grazie lo spezzò e disse: questo è il mio Corpo che è per voi, fate questo in memoria di me. Allo stesso modo dopo aver cenato prese anche il calice dicendo: questo calice è la nuova alleanza nel mio sangue, fate questo ogni volta che ne bevete in memoria di me» (1 Cor 11,23-25). È un testo inesauribile. Anche qui, in questa catechesi, solo due brevi osservazioni. Paolo trasmette le parole del Signore sul calice così: questo calice è «la nuova alleanza nel mio sangue».

In queste parole si nasconde un accenno a due testi fondamentali dell'Antico Testamento. Il primo accenno è alla promessa di una nuova alleanza nel Libro del profeta Geremia. Gesù dice ai discepoli e dice a noi: adesso, in questa ora, con me e con la mia morte si realizza la nuova alleanza; dal mio sangue comincia nel mondo questa nuova storia dell'umanità. Ma è presente, in queste parole, anche un accenno al momento dell'alleanza del Sinai, dove Mosè aveva detto: “Ecco il sangue dell'alleanza che il Signore ha concluso con voi sulla base di queste parole” (Es 24,8). Là si trattava di sangue di animali. Il sangue degli animali poteva essere solo espressione di un desiderio, attesa del vero sacrificio, del vero culto. Col dono del calice il Signore ci dona il vero sacrificio. L'unico vero sacrificio è l'amore del Figlio. Col dono di questo amore, amore eterno, il mondo entra nella nuova alleanza. Celebrare l'Eucaristia significa che Cristo ci dà se stesso, il suo amore, per conformarci a se stesso e per creare così il mondo nuovo.

Il secondo importante aspetto della dottrina sull'Eucaristia appare nella stessa prima Lettera ai Corinzi dove san Paolo dice: «Il calice della benedizione che noi benediciamo, non è forse comunione con il sangue di Cristo? Il pane che noi spezziamo, non è forse comunione con il Corpo di Cristo? Poiché vi è un solo pane, noi siamo, benché molti, un corpo solo: tutti infatti partecipiamo all'unico pane» (10, 16-17). In queste parole appare ugualmente il carattere personale e il carattere sociale del Sacramento dell'Eucaristia. Cristo si unisce personalmente ad ognuno di noi, ma lo stesso Cristo si unisce anche con l'uomo e con la donna accanto a me. E il pane è per me e anche per l'altro. Così Cristo ci unisce tutti a sé e unisce tutti noi, l’uno con l'altro. Riceviamo nella comunione Cristo. Ma Cristo si unisce ugualmente con il mio prossimo: Cristo e il prossimo sono inseparabili nell'Eucaristia. E così noi tutti siamo un solo pane, un solo corpo. Un’Eucaristia senza solidarietà con gli altri è un’Eucaristia abusata. E qui siamo anche alla radice e nello stesso tempo al centro della dottrina sulla Chiesa come Corpo di Cristo, del Cristo risorto.

Vediamo anche tutto il realismo di questa dottrina. Cristo ci dà nell'Eucaristia il suo corpo, dà se stesso nel suo corpo e così ci fa suo corpo, ci unisce al suo corpo risorto. Se l'uomo mangia pane normale, questo pane nel processo della digestione diventa parte del suo corpo, trasformato in sostanza di vita umana. Ma nella santa Comunione si realizza il processo inverso. Cristo, il Signore, ci assimila a sé, ci introduce nel suo Corpo glorioso e così noi tutti insieme diventiamo Corpo suo. Chi legge solo il cap. 12 della prima Lettera ai Corinzi e il cap. 12 della Lettera ai Romani potrebbe pensare che la parola sul Corpo di Cristo come organismo dei carismi sia solo una specie di parabola sociologico-teologica. Realmente nella politologia romana questa parabola del corpo con diverse membra che formano una unità era usata per lo Stato stesso, per dire che lo Stato è un organismo nel quale ognuno ha la sua funzione, la molteplicità e diversità delle funzioni formano un corpo e ognuno ha il suo posto.

Leggendo solo il cap. 12 della prima Lettera ai Corinzi si potrebbe pensare che Paolo si limiti a trasferire soltanto questo alla Chiesa, che anche qui si tratti solo di una sociologia della Chiesa. Ma tenendo presente questo capitolo decimo vediamo che il realismo della Chiesa è ben altro, molto più profondo e vero di quello di uno Stato-organismo. Perché realmente Cristo dà il suo corpo e ci fa suo corpo. Diventiamo realmente uniti col corpo risorto di Cristo, e così uniti l'uno con l'altro. La Chiesa non è solo una corporazione come lo Stato, è un corpo. Non è semplicemente un’organizzazione, ma un vero organismo.

Alla fine, solo una brevissima parola sul Sacramento del matrimonio.
Nella Lettera ai Corinzi si trovano solo alcuni accenni, mentre la Lettera agli Efesini ha realmente sviluppato una profonda teologia del Matrimonio. Paolo definisce qui il  Matrimonio «mistero grande». Lo dice «in riferimento a Cristo e alla sua Chiesa» (5, 32). Va rilevata in questo passo una reciprocità che si configura in una dimensione verticale. La sottomissione vicendevole deve adottare il linguaggio dell'amore, che ha il suo modello nell'amore di Cristo verso la Chiesa.

Questo rapporto Cristo-Chiesa rende primario l'aspetto teologale dell'amore matrimoniale, esalta la relazione affettiva tra gli sposi. Un autentico matrimonio sarà ben vissuto se nella costante crescita umana e affettiva si sforzerà di restare sempre legato all'efficacia della Parola e al significato del Battesimo. Cristo ha santificato la Chiesa, purificandola per mezzo del lavacro dell'acqua, accompagnato dalla Parola. La partecipazione al corpo e sangue del Signore non fa altro che cementare, oltre che visibilizzare, una unione resa per grazia indissolubile.

E alla fine sentiamo la parola di san Paolo ai Filippesi: “Il Signore è vicino” (Fil 4,5).

Mi sembra che abbiamo capito che, mediante la Parola e mediante i Sacramenti, in tutta la nostra vita il Signore è vicino. Preghiamolo affinché possiamo sempre più essere toccati nell'intimo del nostro essere da questa sua vicinanza, affinché nasca la gioia – quella gioia che nasce quando Gesù è realmente vicino.

Fraternamente CaterinaLD

"Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
(fr. Carlos Alfonso Azpiroz Costa OP
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  Un sacerdote risponde

Il fatto che Adamo ed Eva abbiano peccato comporta che tutti noi abbiamo peccato e se siamo inclinati al male dov'è la nostra libertà?

Quesito

Salve padre Angelo,
Le ho già scritto un email circa una settimana fa.. Avrei un'altra domanda da porle:
Il fatto che Adamo ed Eva abbiano peccato questo comporta che tutti noi abbiamo peccato. Quindi noi nasciamo già peccatori. Però il fatto che nasciamo già peccatori e quindi che tendiamo al male questo non è direttamente colpa nostra, giusto?
Se Dio ci ha creati liberi perché noi nasciamo già tendenti al male, come conseguenza del peccato di Adamo ed Eva?


Risposta del sacerdote

Carissima,
1. l’affermazione centrale della tua email è la seguente: “Il fatto che Adamo ed Eva abbiano peccato comporta che tutti noi abbiamo peccato. Quindi noi nasciamo già peccatori”.
Chi legge queste parole potrebbe obiettare: perché comporta che tutti abbiamo peccato?
Eppure le parole che hai usato sono praticamente simili a quelle della Sacra Scrittura.
San Paolo infatti scrive: “Per la disobbedienza di uno solo, tutti sono stati costituiti peccatori” (Rm 5,19) e “Come a causa di un solo uomo il peccato è entrato nel mondo e con il peccato la morte, così anche la morte ha raggiunto tutti gli uomini, perché tutti hanno peccato” (Rm 5,12).

2. L’obiezione di riduce a questoe: come posso aver peccato se ancora non esistevo?
A questo risponde in maniera molto precisa il Catechismo della Chiesa Cattolica, il quale parte da un’affermazione di San Tommaso d’Aquino: tutti  siamo “come un unico corpo di un unico uomo” (Quaestiones disputatae de malo, 4, 1).
E conclude: “il peccato originale è chiamato «peccato» in modo analogico: è un peccato «contratto» e non «commesso», uno stato e non un atto” (CCC 404).

3. Pertanto è stato commesso da tutti non perché l’abbiano commesso tutti, ma perché ha intaccato tutti.
Ha intaccato tutti perché “Adamo aveva ricevuto la santità e la giustizia originali non soltanto per sé, ma per tutta la natura umana” (CCC 404).
Per questo, Adamo ed Eva peccando non hanno privato della santità e della giustizia originale non solo se stessi, ma anche i loro discendenti.
Il peccato originale ha intaccato la loro natura.
E di conseguenza ha intaccato la natura umana, che essi trasmettono in una condizione decaduta (Concilio di Trento, DS 1511-1512).

4. Il peccato originale è una macchia dell’anima e nello stesso tempo è privazione della santità originaria. Ed è anche come una ferita che comporta anche un’inclinazione al male.
Tuttavia col peccato originale non scompare l’inclinazione al bene.
Anzi, questa inclinazione rimane e possiamo dire che rimane più forte dell’inclinazione al male, perché è la tendenza della natura, è una tendenza insopprimibile.

5. San Tommaso a proposito della libertà dice che “non è portata al bene e al male alla stessa maniera: perché la tendenza al bene è assoluta e naturale; quella invece al male è un difetto, e contro l’ordine della natura” (Somma teologica, III, 34, 3, ad 1).
Questo è mostrato dal fatto che in genere le azioni compiute dagli uomini sono azioni buone: lavorano, mangiano, studiano, parlano col prossimo, organizzano…
Talvolta sono anche azioni cattive e cioè peccati.

6. Il Catechismo della Chiesa Cattolica ricorda questo quando afferma: “Il peccato originale, sebbene proprio a ciascuno, in nessun discendente di Adamo ha un carattere di colpa personale.
Consiste nella privazione della santità e della giustizia originali, ma la natura umana non è interamente corrotta: è ferita nelle sue proprie forze naturali, sottoposta all’ignoranza, alla sofferenza e al potere della morte, e inclinata al peccato (questa inclinazione al male è chiamata «concupiscenza»).
Il Battesimo, donando la vita della grazia di Cristo, cancella il peccato originale e volge di nuovo l’uomo verso Dio; le conseguenze di tale peccato sulla natura indebolita e incline al male rimangono nell’uomo e lo provocano al combattimento spirituale” (CCC 405).

7. Venendo alla tua ultima domanda: l’inclinazione al male non è una colpa nostra, perché l’abbiamo ereditata.
Sì, è vero, ma non di rado questa inclinazione viene rafforzata dai peccati personali.
Dopo il peccato originale la libertà umana è indebolita. Ma a rimedio di questa debolezza Gesù Cristo ci dona la grazia, di cui il minimo grado è sufficiente per superare ogni tentazione al male.
In Cristo la libertà è restituita all’uomo nella sua integrità.

Ti ricordo al Signore e ti benedico.
Padre Angelo


Pubblicato 24.10.2013




Fraternamente CaterinaLD

"Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
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     IL PECCATO ORIGINALE SPIEGATO in modo SEMPLICE



 

(cliccare sulle immagini per ingrandirle)

Se Dio ci ha creati liberi perché noi nasciamo già tendenti al male, come conseguenza del peccato di Adamo ed Eva?

Risponde la Santa Madre Chiesa:

1. L’affermazione centrale è la seguente: “Il fatto che Adamo ed Eva abbiano peccato comporta che tutti noi abbiamo peccato. Quindi noi nasciamo già peccatori”.

Chi legge queste parole potrebbe obiettare: perché comporta che tutti abbiamo peccato?

San Paolo scrive: “Per la disobbedienza di uno solo, tutti sono stati costituiti peccatori” (Rm 5,19) e “Come a causa di un solo uomo il peccato è entrato nel mondo e con il peccato la morte, così anche la morte ha raggiunto tutti gli uomini, perché tutti hanno peccato” (Rm 5,12).

Da qui l'importanza del Battesimo dono del Cristo: " Per mezzo del battesimo siamo dunque stati sepolti insieme a Lui nella morte, perché come Cristo fu risuscitato dai morti per mezzo della gloria del Padre, così anche noi possiamo camminare in una vita nuova" (Rm.6,4).

2. Ora l’obiezione si riduce a questo: come posso aver peccato se ancora non esistevo?

A questo risponde in maniera molto precisa il Catechismo della Chiesa Cattolica, il quale parte da un’affermazione di San Tommaso d’Aquino: tutti  siamo “come un unico corpo di un unico uomo” (Quaestiones disputatae de malo, 4, 1).

E conclude: “il peccato originale è chiamato «peccato» in modo analogico: è un peccato «contratto» e non «commesso», uno stato e non un atto” (CCC 404).

Dice infatti il Salmo: " Ecco, nella colpa sono stato generato, nel peccato mi ha concepito mia madre" (50,7).

3. Pertanto è stato commesso da tutti non perché l’abbiano commesso tutti, ma perché ha intaccato tutti.

Ha intaccato tutti perché “Adamo aveva ricevuto la santità e la giustizia originali non soltanto per sé, ma per tutta la natura umana” (CCC 404). Per questo, Adamo ed Eva peccando non hanno privato della santità e della giustizia originale solo se stessi, ma anche i loro discendenti.

Il peccato originale ha intaccato la loro natura.

E di conseguenza ha intaccato la natura umana, che essi trasmettono in una condizione decaduta (Concilio di Trento, DS 1511-1512).

Tanto è che San Paolo spiega come anche la natura geme davanti all'attesa della resa dei conti, quando Cristo Signore tornerà definitivamente e vincitore: "Sappiamo bene infatti che tutta la creazione geme e soffre fino ad oggi nelle doglie del parto; essa non è la sola, ma anche noi, che possediamo le primizie dello Spirito, gemiamo interiormente aspettando l'adozione a figli, la redenzione del nostro corpo. Poiché nella speranza noi siamo stati salvati..." (Rom. 8,19-25)

4. Il peccato originale è una macchia dell’anima e nello stesso tempo è privazione della santità originaria. E come una ferita aperta nella carne è suscettibile alla corruzione dei germi e quindi ad essere infettata, così è questo peccato originale nell'anima: una ferita aperta che comporta l'infezione, ossia l’inclinazione al male.

Tuttavia col peccato originale non scompare l’inclinazione al bene.

Anzi, questa inclinazione rimane e possiamo dire che rimane più forte dell’inclinazione al male, perché è la tendenza della natura, è una tendenza insopprimibile.

Come infatti una ferita nella carne guarisce se trattata debitamente con cure ed attenzioni, così anche l'anima nutrita debitamente con la medicina (i Sacramenti) che Dio mette a nostra disposizione, guarisce, si fortifica e si santifica.

5. San Tommaso a proposito della libertà dice che “non è portata al bene e al male alla stessa maniera: perché la tendenza al bene è assoluta e naturale; quella invece al male è un difetto, e contro l’ordine della natura” (Somma teologica, III, 34, 3, ad 1).

Questo è mostrato dal fatto che in genere le azioni compiute dagli uomini sono azioni buone: lavorano, mangiano, studiano, parlano col prossimo, organizzano la propria vita… partendo dal fatto che, come spiega San Paolo: " tutto ciò che è stato creato da Dio è buono e nulla è da scartarsi, quando lo si prende con rendimento di grazie.." (1Tim.4,4), e che per questo può dire: " Sia dunque che mangiate sia che beviate sia che facciate qualsiasi altra cosa, fate tutto per la gloria di Dio." (1Cor.10,31) e qui ci vengono incontro, in aiuto i Dieci Comandamenti vissuti ordinariamente, e non come qualcosa di straordinario, nella nostra vita di ogni giorno.

In tutto ciò c'è la realtà che esistono anche le azioni cattive e cioè i peccati.

 

6. Il Catechismo della Chiesa Cattolica, riportando le affermazioni del Concilio di Trento, ricorda questo quando dice: “Il peccato originale, sebbene proprio a ciascuno, in nessun discendente di Adamo ha un carattere di colpa personale.

Consiste nella privazione della santità e della giustizia originali, ma la natura umana non è interamente corrotta: è ferita nelle sue proprie forze naturali, sottoposta all’ignoranza, alla sofferenza e al potere della morte, e inclinata al peccato (questa inclinazione al male è chiamata «concupiscenza»).

Il Battesimo, donando la vita della grazia di Cristo, cancella il peccato originale e volge di nuovo l’uomo verso Dio; le conseguenze di tale peccato sulla natura indebolita e incline al male rimangono nell’uomo e lo provocano al combattimento spirituale” (CCC 405).

7. Venendo ad un ultimo quesito: ma  l’inclinazione al male non è una colpa nostra, perché l’abbiamo ereditata.

Sì, è vero, ma non di rado questa inclinazione viene rafforzata dai peccati personali, ossia dalle scelte personali che si fanno lontano da Dio, dalla Sua Legge, dai Suoi Comandamenti.

Dopo il peccato originale la libertà umana è indebolita. Ma a rimedio di questa debolezza Gesù Cristo ci dona la grazia (mediante il Battesimo e con gli altri Sacramenti specialmente la Confessione e l'Eucaristia presa in stato di grazia), di cui anche il minimo grado è sufficiente per superare ogni tentazione al male.

Solo In Cristo, per Cristo e con Cristo la vera libertà è restituita all’uomo nella sua integrità, solo con Lui siamo vincitori anche perché lo ha detto Lui almeno in due occasioni esplicite:

1. "Io sono la vite, voi i tralci. Chi rimane in me e io in lui, fa molto frutto,perché senza di me non potete far nulla " (Gv.15,5);

2. "Io sono la via, la verità e la vita. Nessuno viene al Padre se non per mezzo di me" (Gv.14,6).

RICAPITOLANDO

Il Signore, leggiamo infatti nella Sacra Scrittura, creò l'uomo per la incorruzione e lo fece a sua immagine, ma per l'invidia del Demonio entrò nel mondo la morte (cfr Sap.2,23).

" Il serpente era la più astuta di tutte le bestie selvatiche fatte dal Signore Dio. Egli disse alla donna: "È vero che Dio ha detto: Non dovete mangiare di nessun albero del giardino?". Rispose la donna al serpente: "Dei frutti degli alberi del giardino noi possiamo mangiare, ma del frutto dell'albero che sta in mezzo al giardino Dio ha detto: Non ne dovete mangiare e non lo dovete toccare, altrimenti morirete". Ma il serpente disse alla donna: "Non morirete affatto! Anzi, Dio sa che quando voi ne mangiaste, si aprirebbero i vostri occhi e diventereste come Dio, conoscendo il bene e il male". Allora la donna vide che l'albero era buono da mangiare, gradito agli occhi e desiderabile per acquistare saggezza; prese del suo frutto e ne mangiò, poi ne diede anche al marito, che era con lei, e anch'egli ne mangiò". (Gn.3,1-6)

Così si consumò il primo peccato che fu mancanza di fede e di fiducia in Dio, fu di superbia, ma non fu semplice atto di disobbedienza, ma una vera e aperta ribellione contro il Divino e Supremo Creatore perché:

a) l'intelletto umano disconobbe la veracità del Signore e la Sua infinita bontà, negò fede alle Sue raccomandazioni e credette piuttosto all'inganno del Demonio;

b) la volontà umana decise liberamente di ricusare la richiesta di Dio e rendersi indipendente da Lui, scegliendo il consiglio del Demonio.

L'uomo così si collocò da se stesso in questa primordiale violazione ponendo la propria felicità non nel Progetto di Dio ma nella propria esaltazione di se stesso,bramando di diventare come Lui ma senza di Lui.

La prima conseguenza di tal peccato che la sacra Dottrina chiama "Originale", ossia, dall'origine, non copiato, non imitato, nuovo, avente un suo proprio carattere, è stata la cacciata di Adamo ed Eva dall'Eden, la seconda conseguenza è stata la contaminazione a tutto il genere umano, ed alla natura stessa dalla quale l'uomo fu tratto, e questo a causa della morte che rese corruttibile la materia ed ogni cosa vivente nel tempo; tutto ciò che ha un tempo ha anche una fine, tutto ciò che Dio creando voleva fosse incorruttibile, divenne corruttibile a causa del peccato originale.










Fraternamente CaterinaLD

"Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
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  - Le conseguenze del primo peccato


La Sacra Scrittura ci dimostra come Adamo ed Eva, perdute a cagione del peccato le prerogative soprannaturali, si riducessero tanto riguardo all'anima che riguardo al corpo, ad una ben misera condizione:


in quanto all'anima: commesso che ebbero il peccato, e avendo udita la voce di Dio, si nascosero alla vista del Signore. Avrebbero dovuto aprirsi i loro occhi, secondo la promessa dell'ingannatore, invece perdettero la vera conoscenza, si privarono essi stessi della scienza infusa, avevano così perduto non solo l'innocenza, ma la idea stessa dell'Onnipotenza Divina, per questo all'udire la Sua Voce "si nascosero", i Padri della Chiesa ben sapientemente indicano in questo passo il nascondimento dell'anima stessa di fronte alla scelta del corpo, una scelta materialista che aveva così ottenebrato la conoscenza dell'anima stessa;


in quanto all'intelletto: esso fu ottenebrato dall'ignoranza " Allora si aprirono gli occhi di tutti e due e si accorsero di essere nudi; intrecciarono foglie di fico e se ne fecero cinture. " (v.7), si aprirono gli occhi non già della Sapienza Divina ma del male, si aprirono alla malizia che offuscò la conoscenza di Dioin cui vivevano a tal punto da dire: "Ho udito il tuo passo nel giardino: ho avuto paura, perché sono nudo, e mi sono nascosto"(v.10).


Così facendo la carne si ribellava allo spirito sviluppando la "concupiscenza", la ricerca del piacere lontano da Dio, nascosti da Dio, senza Dio, contro Dio, per cui la loro volontà era da quel momento combattuta dalle esigenze della loro inferiore natura, la carne, a discapito della loro natura superiore ed immortale, l'anima. Sarai "come Dio" gli disse l'ingannatore, ma senza Dio!


Imperciocchè, nel versetto 10 appena letto, in Adamo si desta immediatamente il sentimento della sua dignità perduta, ne ha subito la percezione appena ne avvede la corruzione "ho udito; ho avuto paura perché sono nudo; mi sono nascosto", si desta l'amaro sentimento della loro indegnità, si avverte di aver perduto la interna beatitudine: subentra l'infelicità! Non può esserci felicità senza Colui che è vera felicità e con la quale aveva creato l'Uomo a Sua immagine.


- In quanto al corpoDio rispetta la scelta di Adamo ed Eva e li priva di ciò che hanno rigettato: del dono dell'essere impassibili (non sapevano di essere nudi, erano innocenti) ed immortali, la condanna di Dio non viene da Dio quale Sua scelta, piuttosto tal condanna non è altro che la scelta di Adamo ed Eva alla sofferenza e alla morte attraverso quella ribellione al Progetto Divino.


"Alla donna disse: "Moltiplicherò i tuoi dolori e le tue gravidanze, con dolore partorirai figli. Verso tuo marito sarà il tuo istinto, ma egli ti dominerà". All'uomo disse: "Poiché hai ascoltato la voce di tua moglie e hai mangiato dell'albero, di cui ti avevo comandato: Non ne devi mangiare, maledetto sia il suolo per causa tua! Con dolore ne trarrai il cibo per tutti i giorni della tua vita. Spine e cardi produrrà per te e mangerai l'erba campestre.  Con il sudore del tuo volto mangerai il pane; finchè tornerai alla terra, perchè da essa sei stato tratto: polvere tu sei e in polvere tornerai!". L'uomo chiamò la moglie Eva, perché essa fu la madre di tutti i viventi." (Gn.3,16-20).


Ma la più funesta di tutte le conseguenze fu la perdita della grazia divina, la separazione da Dio, la morte dell'anima, la tristezza, l'infelicità, l'inquietudine! A questa sciagura Gesù venne a portare il rimedio con la Confessione e la remissione dei peccati personali, dopo averci introdotto nella salvezza mediante il Battesimo.


 





- Due righe sul  dogma del Peccato Originale (1)


E' dogma di fede, che il genere umano eredita da Adamo ed Eva non solo la perdita dei doni soprannaturali, ma anche la privazione della divina grazia e la separazione da Dio. I primi nostri padri non potevano trasmettere ai discendenti che la loro stessa natura, e perciò era da aspettarsi, che il primo peccato, questo allontanamento da Dio, dovesse avere per tutto il genere umanodelle reali e tristi conseguenze; e per quanto poco o tanto che potremmo esaminare la nostra condizione, potremmo forse negare che anche noi siamo privi delle prerogative soprannaturali concesse ad Adamo quando era innocente, e ridotti così anche noi alle prerogative naturali e proprie dell'uomo?


Non soffre forse ancora oggi, la donna, per i dolori del parto e l'uomo per il lavoro dei campi?


Non soffre forse ancora oggi l'uomo a causa delle malattie e delle intemperie?


E non soffre forse ancora oggi quando, ascoltando la voce della propria anima, si accorge di essere nudo e si nasconde da Dio provando infelicità e inquietudine "fino a quando non lo trova e riposa in Lui", come diceva Sant'Agostino?


In questo senso, il primo peccato è peccato di tutta la umana natura e si trasfonde insieme con essa in ogni individuo, lo insegna la Scrittura e la Tradizione, e la Chiesa lo conferma.


Dice San Paolo: "Propterea, sicut per unum hominem peccatum in hunc mundum intravit, et per peccatum mors, et ita in omnes homines mors pertransiit, eo quod omnes peccaverunt. / Quindi, come a causa di un solo uomo il peccato è entrato nel mondo e con il peccato la morte, così anche la morte ha raggiunto tutti gli uomini, perché tutti hanno peccato". (Rm.5,12), i Santi Padri s'accordarono tutti nell'insegnare la medesima dottrina, del quale accordo parlando St.Agostino dice: " essi conservarono ciò che avevano trovato, insegnarono ciò che avevano appreso, tramandarono ai figli ciò che avevano ricevuto dai padri..." (Lib.1 de pecc.orig. co. Julian), e il Concilio di Trento definì: che tutti, ed anche i bambini i quali nascono da genitori cristiani, contraggono per la propagazione di Adamo il Peccato Originale, che non consiste nel solo deterioramento dell'anima e del corpo, ma è un peccato veramente tale, ed importa la morte dell'anima (S. Conc. Trid. Sess. V de pecc.orig. can.1-5).


Fra tutte le creature umane di ogni tempo passato, presente e futuro, solo la Beatissima Vergine Maria, Madre di Dio fu "preservata immune", ma questo lo spiegheremo in un altro capitolo. Il Peccato Originale può essere lavato solamente con il Sacramento del Battesimo.


- Le obbiezioni contro il dogma del Peccato Originale


1) Qualcuno dice che l'umana ragione non può ammettere che Dio, infinitamente buono e giusto, imputi il peccato commesso da Adamo alla di lui discendenza, la quale allora non esisteva, e non vi prese parte!


Risposta:


- l'obbiezione è posta in modo distorto e deriva da una falsa concezione del dogma Cattolico.


La Chiesa non ha mai insegnato che "il peccato di Adamo" viene imputato ai suoi posteri come "colpa personale", quasi ch'essi fossero concorsi a commetterlo, anzi, fu il Papa Alessandro VIII che il 7 dicembre 1690 condannò la proposizione che "l'uomo per tutto il tempo della vita deve fare penitenza a causa del peccato originale".


La Dottrina Cattolica insegna, invece, che pel peccato commesso da Adamo, padre di tutti gli uomini, gli uomini perdettero la santità e la giustizia, divennero loro stessi ostili a Dio e contrassero la morte dell'anima, cioè la separazione da Lui.


E questo non è affatto contrario all'umana ragione, imperciocchè Dio si compiaceva degli uomini perché la giustizia originale assoggettava la umana volontà alla volontà divina, e poiché il peccato di Adamo rese insubordinata a Dio non solamente la sua volontà ma pur anche (non potendo egli trasmettere ai discendenti doti che non aveva più e che aveva rigettato con la sua disobbedienza) la volontà di tutti che da lui discendevano, è chiaro che in Adamo tutta la natura umana contrasse ciò che la Chiesa definisce "macchia", una macchia che rende tale umanità spiacevole a Dio il quale, in essa, non ravvede l'opera Sua e che quindi, non potendosi in Dio ammettere uno stato di indifferenza o di abbandono della Sua Creatura, tutti gli uomini nascono con questa "macchia" affinché Dio stesso in qualche modo la potesse debellare, cancellare, non potendo l'uomo stesso togliersela da sé stesso avendo egli rinunciato alla grazia soprannaturale. E' per questo che i grandi teologi della Chiesa chiamano questo Peccato labes naturae, ossia, macchia della natura umana (St. Tomm. d'Aquin. I.II. quest.82 art.3).


2) Un'altra obbiezione che si porta è che il difetto d'una prerogativa soprannaturale, non può costituire ancora oggi una causa sufficiente d'imputazione morale ad ogni uomo.


Risposta:


- lasciamo parlare a St. Anselmo: "Se un marito ed una moglie, innalzati senza alcun merito e per sola grazia a qualche possessione e dignità, commettono insieme in modo inescusabile un grave delitto e per causa di esso vengono degradati e ridotti a schiavitù, chi dirà che i figliuoli ch'essi generano dopo la condanna non debbono alla stessa sorte essere soggetti, ma che piuttosto si devono ristabilire nei beni che i loro genitori giustamente perdettero, e in qualche modo avere la possibilità di riscattarsi? Tali sono i primi padri; ed i figli loro ch'essi generarono nel medesimo esilio, condannati dalla beatitudine alla miseria" (Cant. Tractat. de conceptu vir. et orig. pecc. cap.28).


Occorre anche dire che il Peccato Originale resta sempre un mistero che può essere compreso solamente attraverso il Figlio Divino, Gesù Cristo, le stesse parole di San Paolo "in cui tutti peccarono", devono essere intese nel verso giusto, ossia: in cui tutti perdettero la grazia e caddero in disgrazia, allontanandosi da Dio, e queste parole nulla hanno che possano contraddire alla nostra ragione.


 





- La Divina Misericordia e la compassione di Dio (vedi anche qui)


Il peccato di Adamo rendeva così impossibile, al genere umano, di conseguire la sua destinazione, quella eternità divina per la quale era stato creato, ma la Misericordia di Dio riorganizza la vita dell'uomo e gli rende possibile non solamente riacquistare le soprannaturali perdute prerogative, ma persino d'innalzarsi ad una condizione più felice della stessa condizione originale di Adamo.


Se seguiamo con attenzione il capitolo terzo di Genesi che stiamo approfondendo, Dio stesso prima ancora di annunciare ai trasgressori il meritato castigo, annunzia la Redenzione dicendo al Serpente: "...Inimicitias ponam inter te et mulierem et semen tuum et semen illius; ipsum conteret caput tuum, et tu conteres calcaneum eius”. / "... Io porrò inimicizia tra te e la donna, tra la tua stirpe e la sua stirpe: questa ti schiaccerà la testa e tu le insidierai il calcagno". (Gn.3,15), ma prima che il Restauratore della umana natura comparisse sulla terra, dovevano passare molti secoli perché, come scrive St. Ireneo: " come una madre può dare al bambino del cibo solido, ma quegli non può ancora ricevere una solida vivanda, così poteva Dio fin da principio donare all'uomo la perfezione, ma l'uomo era incapace di riceverla, essendo ancora bambino" (Irenaeus, co: haeres lib. IV).


Tutti i Padri concordano con la Misericordia di Dio la quale attese quella "plenitudo temporis" lungo il quale, e precedendo la venuta del Divino Redentore, il genere umano avrebbe potuto così sviluppare il suo intelletto, acquistare forza di volontà, nobilitare le sue sensazioni, accrescere nella fede e rendersi atto a comprendere le dottrine, a praticare la vera morale ed a provare le spirituali dolcezze, che a lui sarebbero state comunicate dall'Unigenito Suo Figliuolo:" at ubi venit plenitudo temporis, misit Deus Filium suum, factum ex muliere, factum sub lege, ut eos, qui sub lege erant, redimeret, ut adoptionem filiorum reciperemus. Quoniam autem estis filii, misit Deus Spiritum Filii sui in corda nostra clamantem: “ Abba, Pater! ”. Itaque iam non es servus sed filius; quod si filius, et heres per Deum. / Ma quando venne la pienezza del tempo, Dio  mandò  il suo Figlio, nato  da donna, nato  sotto la legge, per riscattare coloro che erano sotto la legge, perché ricevessimo l'adozione a figli. E che voi siete figli ne è prova il fatto che Dio ha mandato nei nostri cuori lo Spirito del suo Figlio che grida: Abbà, Padre! Quindi non sei più schiavo, ma figlio; e se figlio, sei anche erede per volontà di Dio" (Gal.4,4-7).


- Il "secondo" Adamo: Gesù Signore e Salvatore


Prima di affrontare i Sette Sacramenti che analizzeremo in un altro articolo, chiariamo anche la nota espressione di Gesù "nuovo Adamo" secondo l'insegnamento stesso di San Paolo spiegato dai Santi Padri.


Gesù Cristo è Dio, è Uomo, Uomo-Dio in una Persona con due nature distinte, non separate: Dio da Dio, Luce da Luce, Dio vero da Dio vero, generato non creato della stessa sostanza del Padre, come recitiamo nel Credo, la nostra Professione di Fede.


Come Dio, essendo Egli il Verbo per cui furono fatte tutte le cose, rappresenta così anche tutto il genere umano, imperciocché scrive S. Cirillo di Gerusalemme: " Se il primo degli uomini formato dalla terra, apportò una morte universale; quello che dalla terrà lo formò, essendo Egli stesso la vita, non apporterà la eterna vita? " (S.Cyrill. hier. Catech.XIII n.2).


Come Uomo, essendo Egli il giusto per eccellenza, potea meritare, e fare partecipi dé suoi meriti i suoi rappresentati. Dice infatti St. Agostino: "Tutti, nessuno eccettuato, sono morti per i peccati, tanto originale che commessi volontariamente o coll'ignoranza, o coll'opera, o coll'omissione: e per tutti i morti, è morto il Solo ch'era vivo, cioè che non aveva assolutamente alcun peccato" (St. Aug. de Civ. Dei lib. XX c.6). Come Uomo-Dio poteva dare alla Divina Giustizia una soddisfazione non dovuta ed infinita, ed operare così la Redenzione della umanità, e perciò canta la Chiesa, ch'Egli "pagò per noi al Padre eterno il debito di Adamo, e col pietoso Suo Sangue cassò l'impegno di soddisfare all'antico reato" (Praecon. Sabb. Sanct.).


Così diventa Gesù Cristo il "secondo Adamo" e la natura umana, come spiega St.Agostino, viene sollevata ad un'altezza sì grande, che più in alto non la si potrebbe innalzare. Imperciocché Adamo rappresenta tutta la umanità in quanto che da lui deriva il principio generatore della vita animale, nell'essenza dei suoi istinti, e non ha altro rapporto coi suoi discendenti; Cristo nostro Signore la rappresenta non solo perché da Lui deriva il principio della vita spirituale e soprannaturale d'ogni grazia, ma pur anche perché il Suo spirito compenetra e vivifica la Chiesa della quale Egli è il Capo e gli uomini (battezzati)  sono le membra, dice infatti San Paolo: "Factus est primus homo Adam in animam viventem ; novissimus Adam in Spiritum vivificantem. / il primo uomo, Adamo, divenne un essere vivente, ma l'ultimo Adamo divenne spirito datore di vita" (1Cor.15,45).


Dal primo progenitore abbiamo la natura umana degenerata a causa del Peccato Originale, funestata dalle di lui conseguenze; in Gesù Cristo Signore abbiamo questa stessa natura rigenerata e risollevata, ancora più grandemente, alla dignità della figliuolanza adottiva di Dio, in Dio stesso, come spiega San Paolo: "Non enim accepistis spiritum servitutis iterum in timorem, sed accepistis Spiritum adoptionis filiorum, in quo clamamus: “ Abba, Pater! ”. Ipse Spiritus testimonium reddit una cum spiritu nostro, quod sumus filii Dei. Si autem filii, et heredes: heredes quidem Dei, coheredes autem Christi, si tamen compatimur, ut et conglorificemur.  / E voi non avete ricevuto uno spirito da schiavi per ricadere nella paura, ma avete ricevuto uno spirito da figli adottivi per mezzo del quale gridiamo: "Abbà, Padre!". Lo Spirito stesso attesta al nostro spirito che siamo figli di Dio. E se siamo figli, siamo anche eredi: eredi di Dio, coeredi di Cristo, se veramente partecipiamo alle sue sofferenze per partecipare anche alla sua gloria" (Rom.8,15-17).


Dal primo Adamo abbiamo ricevuto la morte e la dissoluzione, da Gesù Cristo, nuovo Adamo, abbiamo la risurrezione e la vita eterna, la vita di grazia: "Nunc autem Christus resurrexit a mortuis, primitiae dormientium. Quoniam enim per hominem mors, et per hominem resurrectio mortuorum:  sicut enim in Adam omnes moriuntur, ita et in Christo omnes vivificabuntur.  / Ora, invece, Cristo è risuscitato dai morti, primizia di coloro che sono morti. Poiché se a causa di un uomo venne la morte, a causa di un uomo verrà anche la risurrezione dei morti; e come tutti muoiono in Adamo, così tutti riceveranno la vita in Cristo" (1Cor.15,20-22).


 E' in questo contesto, in questo ordine dei fatti che conosciamo quella gratuità attraverso la quale Dio viene incontro a noi, manda il Suo Figlio "nato da donna", come spiega San Paolo, e nella pienezza del tempo. Qui e non per altra ragione la gratuità di Dio verso di noi è uno dei punti fondamentali di ogni dottrina insegnata dalla Chiesa. Noi non avevamo affatto alcun diritto, è la compassione del Figlio diletto che ci ha fornito dei diritti, è la Sua gratuità che ci ha guadagnati Lui stesso quale Avvocato davanti a Satana, il nostro accusatore.


 





- L'obbiezione sulla salvezza


Alcuni vanno dicendo che sarebbe stoltezza della Chiesa presumere che fuori di Essa non vi è salvezza, e che non sarebbero necessari i Sacramenti, neppure il Battesimo.


Rispondiamo:


Quando la Chiesa insegna questa Salvezza non intese mai dire che tutti gli altri che non appartengono alla Chiesa siano come eternamente dannati o perduti... ma solamente dice che la sola Chiesa di Gesù Cristo ha la potenza di condurre gli uomini alla certezza della salvezza.


I mezzi per conseguire l'eterna salute sono quelli ordinari, ma anche quelli straordinari: i mezzi ordinari sono nelle mani della Chiesa e sono i suoi Divini Sacramenti, quelli straordinari sono nelle mani di Dio  e sono quelli che la Chiesa definisce "strade misteriose che conducono a Dio", tuttavia anche i mezzi straordinari si muovono in modo ordinato che ha nella Divina Eucaristia, la Santa Messa, il suo principio motore, e poi le Preghiere della Chiesa e dei fedeli, specialmente il santo Rosario.


Il Divino Redentore, avendo assunto la natura umana, rappresenta tutto il genere umano e perciò, anche quelli che attualmente non sono nella Chiesa, vi appartengono "in potenza" perché Egli ha il potere e la virtù di poter salvare tutti, e tutti hanno il libero arbitrio di poter accogliere o rifiutare la salvezza che vien loro offerta, come spiega lo stesso S. Tommaso d'Aquino nella Quest. 8 art.3.


Ma come per appartenere al genere umano, in via ordinaria, è necessario discendere per generazione dal primo Adamo, così per appartenere attualmente alla Famiglia del secondo Adamo, sempre in via ordinaria, è necessaria la rigenerazione dall'acqua e dallo Spirito Santo, che per appunto, scrive San Paolo, Gesù è il solo ed unico Salvatore di tutti gli uomini, specialmente dei rigenerati: "in hoc enim laboramus et certamus, quia sperantes sumus in Deum vivum, qui est salvator omnium hominum, maxime fidelium.  / Noi infatti ci affatichiamo e combattiamo perché abbiamo posto la nostra speranza nel Dio vivente, che è il salvatore di tutti gli uomini, ma soprattutto di quelli che credono" (1Tim.4,10).


Gesù Signore non smetterà di essere il Salvatore anche di coloro che non credono, solo che attenderà ch'essi lo accolgano, come Lui stesso ha affermato: "Dicit ei Iesus: “ Ego sum via et veritas et vita; nemo venit ad Patrem nisi per me. Si cognovistis me, et Patrem meum utique cognoscetis; et amodo cognoscitis eum et vidistis eum ”.  / Gli disse Gesù: "Io sono la via, la verità e la vita. Nessuno viene al Padre se non per mezzo di me. Se conoscete me, conoscerete anche il Padre: fin da ora lo conoscete e lo avete veduto" (Gv.14,6-7).


Concludendo


Ricordiamo le parole di Gesù:


"Se qualcuno ascolta le mie parole e non le osserva, io non lo condanno; perché non sono venuto per condannare il mondo, ma per salvare il mondo..." (Gv.12,44-50)


Gesù non è venuto a condannarci perchè di fatto qualcosa ci aveva già introdotti nella condanna, il peccato originale, e faremo bene a chiederci:


"ma è venuto a salvarci da che cosa? e da chi? Perchè se non lo ascoltiamo "non" ci condanna?", non ci condanna perchè lo siamo già nel momento del concepimento come spiega il Salmo: " Ecco, nella colpa sono stato generato, nel peccato mi ha concepito mia madre" (50,7).


In sostanza tutta questa storia ci porta a queste domande : ma perchè Dio si è fatto Uomo? che cosa è venuto a dirci? Perchè ci parla di salvezza e di condanna?


Gesù, nuovo Adamo, è venuto a ripristinare quella Creazione che fu corrotta dal peccato, Egli ci toglie l'onta ma non gli effetti i quali dovranno essere gestiti dal nostro libero arbitrio, dalla volontà di ascoltare il Cristo o dalla volontà di rifiutarlo pagandone le conseguenze.


Gesù è venuto per salvarci e nella Sua morte di Croce con la Sua Risurrezione (senza la quale vana è la nostra fede come spiega San Paolo) è la prova che Egli non è un Dio sadico che si compiace del peccato degli uomini, e questa Croce prova anche che Egli non è neppure un Dio bonista o perdonista che  perdona senza la nostra conversione e penitenza dal peccato... la scena dei due Ladroni posti ai suoi fianchi ce lo rammenta: o con Cristo o contro Cristo, non esiste la via di mezzo per accedere al vero Paradiso eterno.


Gesù è venuto per ricomporre la frattura, la divisione che il peccato ha prodotto tra anima e corpo, tra noi e Dio.


- dall'Omelia del 25.3.2007, così avvertì Benedetto XVI:


"E’ venuto Gesù per dirci che ci vuole tutti in Paradiso e che l’inferno, del quale poco si parla in questo nostro tempo, esiste ed è eterno per quanti chiudono il cuore al suo amore. Anche in questo episodio, dunque, comprendiamo che il vero nostro nemico è l’attaccamento al peccato, che può condurci al fallimento della nostra esistenza. Gesù congeda la donna adultera con questa consegna: "Va e d’ora in poi non peccare più". Le concede il perdono affinché "d’ora in poi" non pecchi più".


 Sia lodato Gesù Cristo + sempre sia lodato.


Per ulteriori approfondimenti consigliamo questi altri  link:


Il concetto di persona nella dottrina di Dio


 Il Perdono e la vera giustizia nella Dottrina Cattolica 


 Ratzinger spiega Haurietis aquas sulla devozione al Sacro Cuore


 


Note


1) riflessioni liberamente tratte da: La Chiesa Cattolica - la sua dottrina - Vol.II - con Imprimatur Vescovile - Trieste 1886 -


   



Fraternamente CaterinaLD

"Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
(fr. Carlos Alfonso Azpiroz Costa OP
Maestro dell’Ordine)
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