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C'è la Tradizione (cosa buona) e c'è il tradizionalismo (cosa NON buona)

Ultimo Aggiornamento: 01/09/2009 14:40
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31/08/2009 13:19
 
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Ora, il concilio non ha voluto fare altro che rendere più potabile, per questo uomo miserabile dei tempi d'oggi, Dio e il suo comunicarsi a noi. Ma ai tradizionalisti, questo gesto, non è affatto potabile. Questo per alcuni motivi oggettivi e soggettivi.


I motivi oggettivi sono che il concilio, pur essendo stato santo, è stato applicato da uomini, i quali avevano a disposizione un atto ispirato dal Paraclito, ma non sempre lo furono anche loro nell'applicarlo. E non parlo di Paolo VI, che poverino, si è sforzato di tenere la Chiesa nei binari della tradizione, anche se non sembra, poiché i tradizionalisti, e non solo loro, vedono solo la riforma della liturgia, e in ciò non vedono l'essenza, ma solo il contingente, l’accidentale, ovvero i paramenti brutti e la stilizzazione dei sacramenti.

Se parlo di mala interpretazione, parlo soprattutto di vescovi, di teologi, di preti e anche di fedeli, che anno voluto, vuoi per ignoranza, vuoi per maliziosa ed interessata complicità, fare come pareva a loro, come tornava comodo, cercando di attribuire al concilio santo, il loro pensiero perverso, cosicché la santità del primo desse una patina di accettabilità al secondo, come quando si dipinge una parete marcia, che sembra bella ma rimane marcia.

 
Cito Congar, il quale si vantò che il concilio aveva rotto con la tradizione: ciò è falso, lui stesso invece cerca di verniciare di santità questo concetto cattivo di rottura, per legittimare la disobbedienza al depositum fidei in nome del concilio e del Paraclito. Ma è Congar che rompe, non il concilio, ne tantomeno lo Spirito Santo.

 
Il card. Biffi mirabilmente spiega ciò in " La bella, la bestia, e il cavaliere"(libro essenziale). Ora l'errore degli interpreti è duplice: da un lato l’errore essenziale, cioè vera e propria eresia (ex.gr. dire che il concilio vieta il latino, dire che il concilio approva il modernismo, dire che il concilio insegna che tutte le religioni sono uguali e ugualmente salvifiche, dire che il concilio insegna che la chiesa cattolica è una tra le tante, nemmeno la migliore, dire che il concilio abroga il deicidio ebraico, dire che il concilio vieta di condannare l'errore ecc.).

 
Insomma quante volte abbiamo sentito dire ciò dai pastori? Molte, ma l'errore, è del concilio, o dei pastori gnucchi? non facciamo come lo stolto, che secondo il detto cinese, quando gli si indica la luna, guarda il dito. Questo è l'errore essenziale, poi vi è l'errore pastorale che non è meno grave del primo, sebbene non sia un vero errore contro la fede, ma contro la carità: voglio dire, l'errore dei pastori, che siccome il concilio vuole rivolgere la chiesa all'umanità deficiente (manchevole, di grazia, di intelligenza, di fede, ecc.), pensano di trattare tutti quanti, come dei deficienti, ovvero, non considerano che non tutta l'umanità si è ridotta allo stato neonatale, a livello di fede, col conseguente bisogno di una religione da "svezzamento", una poltiglia che anche gli stomachi più sensibili, possano potare. Esistono cattolici che sono ancora di sani principi, di fede cristallina, che sanno distinguere il bene dal male ed il vero dal falso e conoscono i propri doveri e li ottemperano, pertanto è crudele trattare tali cattolici come gli altri, con le stesse metodologie pastorali.

Un cattolico di fede adulta non può essere trattato come un bambino, poiché si mortifica e si umilia, non si può ridurre la religione al canto con la chitarra, al battimani, perché magari vi è chi non gradisce (non dico di fare messe per furbi e messe per tonti, non è mai stato così, solo che la condiscendenza del linguaggio e la chitarra ne è un esempio: andare incontro ai giovani coi loro metodi - sebbene vi sia tanto da ridire, dato che gli anni 70, Guccini, i Nomadi e gli Intillimani musicali sono finiti da un pezzo, così come l'epoca delle chitarre, che sopravvive solo negli oratori: se dobbiamo stare al passo coi tempi, oggi si usa la House, la psichedelia, e le canne.

Tuttavia non si può discriminare chi non si sente di cantare allegre canzonette di fronte al Sacrificio dell’altare, o a improvvisare balletti infantili, né tantomeno è lecito classificare a priori i fedeli: tu sei bambino e ti piace battere le mani, tu sei un “giovine” e ti piace la chitarra, gli altri sono vecchi che non gli piace niente. Il metodo della chiesa, lungi dall'essere al passo coi tempi, è fermo alla svolta, anni 70, mentre aveva un metodo diciamo così, atemporale, nella sua nobile antichità, ha preso un metodo che è stato attuale per 10 anni, poi è diventato VECCHIO. chi oggi vestirebbe alla anni 70, o metterebbe in casa quelle tappezzerie marron-giallo-arancio-rosso, a motivi geometrici? la Chiesa lo fa di se stessa.
E oltretutto, mi sto ancora domandando, senza trovare alcuna risposta, in che modo il passaggio dall’uso di arredi liturgici e paramenti dalla foggia tradizionale latina, all’uso dei camicioni con la cerniera e di vasellame etno-liturgico, abbia contribuito al dialogo e all’apertura verso il mondo moderno. Forse perché il popolo, formato sempre più da buzzurri, riesce a vedere così nel sacerdote uno di loro, e si sente più in un clima familiare?



Come si usa condiscendenza per gli svantaggiati -che pure auspicherei un po' più provvida ed intelligente, anziché limitata alla canzoncina e alla famigerata “animazione”- così la si deve usare nei limiti del lecito anche per chi ha una sensibilità tradizionale, poiché oggi “tradizionale”, sembra quasi una parolaccia, sembra voler dire “dinosauro” mentre la tradizione non è il passato, ma il presente: è la vita della chiesa, è consegna di generazione in generazione, cosa saremmo noi senza i genitori e i nonni? lo stesso dicasi della Chiesa senza la tradizione.
E fa orrore pensare che si permette al giorno d'oggi ogni modernità e ogni idiozia, e si odia, perché di odio si tratta, ogni tradizione. Certamente, simili atteggiamenti, non solo non sono pastorali, ma per quei fedeli più sensibili, di una religiosità più profonda, sono una vera e propria pugnalata alle spalle. Oltretutto, per uomini che amano la chiesa, fa doppiamente male, quando questo amore viene interpretato come “pericoloso attaccamento al passato”, “nostalgia” e quant’altro, dagli ecclesiastici stessi. Simili comportamenti sono la causa della migrazione dalle parrocchie alle cappelle clandestine dei vari mentecatti che popolano il tradizionalismo cattolico, non certo il fascino verso teorie bizzarre e perverse, che nelle medesime cappelle vengono inculcate.

Ma perlomeno si vede un prete vestito da prete, e non si viene accusati di non pensare abbastanza ai fratelli africani. L’idea di fondo, della maggior parte dei fedeli e degli ecclesiastici che definiremmo progressisti, è che, siccome il concilio segna il cambiamento, tutto ciò che non cambia è contro il concilio, retrogrado, mentre ogni cambiamento, anche rivoluzionario, anche distruttivo, segue lo “spirito del concilio”, ed è dunque una ventata di fresca novità, buona e santa. Il che non è esattamente ciò che il concilio pensava, ne i suoi legittimi interpreti (1).


Tornando a monte i tradizionalisti compiono l'errore soggettivo, se i pastori quello oggettivo, ovvero, i tradizionalisti non hanno capito la gravità dei fatti, non hanno capito cosa è successo, come e quando, e nell'incertezza, hanno rifutato tutto, in blocco, a priori. Certamente più comodo che prendersi la briga di studiare il problema, è di liquidarlo, e nel fare ciò, possibilmente incolpare qualcun altro.  Assai bizzarro pensare che ai grandi accusatori del concilio, non vennero in mente le accuse arcinote, di cui hanno riempito libri, libretti, fogli, riviste, omelie, mentre il concilio lo facevano, mentre firmavano i documenti, mentre il concilio era promulgato, e dopo la sua promulgazione, per almeno 4-5 annetti, in cui sembra che non ci fossero problemi, i quali riemersero improvvisamente, retrodatati al 1963 (o per i più zelanti addirittura nel 1958), all’atto che, nel 1970, si cominciò a dire la messa nuova.

 
L'errore tradizionalista, in questo caso potremmo chiamarlo della reductio ad unum, ovvero non volere considerare l’universalità dei problemi, degli errori e delle cause, degli agenti dei medesimi, per trovare un unico semplificato e fondamentale CAPRO ESPIATORIO. Tale errore infatti si consuma nel voler far cadere sul capo della organizzazione, le colpe di tutti, anche di se stessi, ciò invero molto farisaico ed ebraico. Hanno caricato su Paolo VI, davvero Vicario e figura di Cristo (2) i peccati propri e di tutto il mondo, tutti gli errori, le contraddizioni e le cause dei mali, e lo hanno crocifisso calunniato, dileggiato, percosso e sputato, poiché non hanno capito (come i loro padri ebrei non capirono l’innocenza di Cristo) che l'errore è negli applicatori, non nel papa.

E loro stessi sono applicatori: all'atto stesso che utilizzano la loro nota "tragica necessità di opzione" essi applicano ed interpretano il concilio, NON RICONOSCENDOLO O NON APPLICANDOLO e quindi non sbagliano meno dei Congar e dei Suenens nella valutazione di esso, e nella pratica a ciò si aggiunge anche la superbia, che è il peccato del diavolo, che impedisce loro di ipotizzare anche soltanto di rimettersi in discussione; si arrogano il diritto di giudicare tutto il mondo e di pronunciare condanne non sapendo di essere sulla medesima barca che affonda, ma con la colpevolezza di allargare la falla. Mentre infatti vi sono critici, che, come l'Opus Dei, cercano di lavorare per salvare la Chiesa, loro se ne guardano bene, sprecando fatiche ed intelligenze, che spesso ci sono, e rimangono sterili e strumentali a se stesse.

 
Dell'errore del tradizionalismo posso dire brevemente che è la gnosi, ovvero una cognizione di tradizione, non come un vivo bagaglio da tramandare e attualizzare - traditio=consegna - ma come età aurea in cui tutto è sublime e il cui distaccarsi è sempre male e peccato. La tradizione primordiale di Giulio Evola e Réné Guénon, è proprio questa. Si pensi: "la messa", ogni ritocco è sacrilego, Giovanni XXIII ha osato introdurre le dalmatiche violacee, perciò è reo di morte: << noi abbiamo una legge (la gnosi) e secondo questa legge, egli deve essere messo a morte>>. Inoltre della gnosi hanno anche questo concetto: “ la verità la conoscono in pochi, noi siamo tra quelli ed odiamo coloro che non sono come noi”, cioè che non conoscono la verità.

 
 Pensare che solo i cattolici siano redenti da Cristo, ovvero che solo essi sono resi capaci di Dio, e non tutta l’umanità, è un concetto gnostico, esoterico: significa che il Verbo, si sarebbe incarnato per pochi. I tradizionalisti antepongono un finto devoto esclusivismo, e confondono la salvezza, col la redenzione, l’atto con la potenza. Tutti gli uomini, per volere divino, e tramite la Rivelazione, ovvero con l’Incarnazione del Verbo, sono resi capaci di Dio, senza alcuna distinzione. La salvezza consiste nell’accogliere la redenzione operata da Cristo, rendendola concreta, attraverso la sequela di Cristo, che è l’adeguarsi alla volontà di Dio. Dio volle che tutti gli uomini seguissero Cristo, proprio perché volle comunicarsi alla umanità intera (incarnazione).

continua........

Fraternamente CaterinaLD

"Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
(fr. Carlos Alfonso Azpiroz Costa OP
Maestro dell’Ordine)
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