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Che cosa è la Santa Messa?

Ultimo Aggiornamento: 05/09/2009 17:26
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05/09/2009 17:26

CONVERSAZIONI SULLA SANTA MESSA

Queste quattro riflessioni sulla S. Messa vogliono essere un aiuto spirituale per riscoprire come invita a fare il Papa nella sua lettera Dies Domini, il valore infinito della Euca­restia.

Che cosa c'è di più sublime della presenza, del sacrificio, della Comunione di Cristo con noi, per noi, in noi?

Da duemila anni il Signore Risorto dona il suo Corpo e il suo Sangue a milioni di cristiani per la salvezza del mondo. Chi ci ama più di Cristo?

Chi ci libera più di Cristo? Chi ci santifica più di Cristo?

Ogni giorno come il sole illumina il mondo, il Signore ripresentando il suo sacrificio della Croce nel mistero del­l'Eucaristia, dona al cuore la Festa infinita dell'Amore, lo Spirito Santo!

«Sono venuto a portare il fuoco sulla terra e come vorrei che fosse già acceso!» (Lc 12, 49): ogni giorno attraverso alla S. Messa il Signore riaccende i cuori, riempiendoli di amore divino!

Il Signore ci dia la grazia di "riscoprire" il dono della sua Cena: tutti siamo invitati come gli apostoli a riceverla per avere sempre più nella vita, la gioia e la forza della sua presenza!

Adoriamo, lodiamo, ringraziamo, riceviamo il Signore chiedendogli sempre più di esperimentare la sua promessa: «Io sono il pane della vita; chi viene a me non avrà più fame chi crede in me non avrà più sete» (Gv 6, 35).

Grazie per la vostra preghiera!



Prima conversazione
IL MISTERO DELL'EUCARESTIA: LA PRESENZA DI GESÙ


1. PREMESSA

L'Eucarestia è il massimo dell'amore

L'Eucarestia è il dono più sublime di Cristo

L'Eucarestia è il tesoro della Chiesa

L'Eucarestia è la sorgente di tutte le grazie

L'Eucarestia è l'azione di valore infinito

L'Eucarestia è la più grande di tutte le meraviglie operata da Cristo, il mirabile documento del suo amore (S. Tommaso)

L'Eucarestia è la fonte e l'apice di tutta la vita cristiana (Concilio Vaticano II)

L'Eucarestia è la fonte e il culmine dell'evangelizzazione (Concilio Vaticano II)

L'Eucarestia è la più grande responsabilità della Chiesa nella storia (R. Cantalamessa)

Queste riflessioni sono un invito a sostare in adorazione davanti a Gesù e a ritrovare la gioia immensa di partecipare alla S. Messa, il massimo dei tesori che esiste sulla terra.

Occorre vincere l'eresia e l'indifferenza: molti cristiani non credono più alla Presenza eucaristica e sovente c'è l'indifferenza, l'apatia, il gelo eucaristico, non si cerca più il Signore presente nell'Eucarestia.



2. NOMI DELL'EUCARESTIA

Come viene chiamato questo Sacramento?


«Il nostro Salvatore nell'ultima Cena, la notte in cui veni­va tradito, istituì il sacrificio eucaristico del suo Corpo e del suo Sangue, col quale perpetuare nei secoli, fino al suo ritorno, il sacrificio della Croce e per affidare alla sua dilet­ta sposa, la Chiesa, il memoriale della sua morte e Resurre­zione: Sacramento di pietà, segno di unità, vincolo di carità, convito pasquale, nel quale si riceve Cristo, l'anima viene ricolmata di grazia e viene dato il regno della gloria futura» (SC 47).

L'insondabile ricchezza di questo Sacramento si esprime attraverso i diversi nomi che gli si danno. Ciascuno di essi ne evoca aspetti particolari. Lo si chiama:

a) Eucarestia: perché è rendimento di grazie a Dio. I ter­mini eucharistein (Lc 22, 19; 1 Cor 11, 24) e eologein (Mt 26, 26; Mc 14, 22) (in ebraico berakah = benedizione) ricordano le benedizioni ebraiche che durante il pasto pro­clamano le opere di Dio: la creazione, la rendenzione e la santificazione.

b) Cena del Signore: perché è la Cena che il Signore ha consumato con i suoi discepoli la vigilia della sua Passione e anticipazione della cena delle nozze dell'Agnello nella Gerusalemme celeste.

c) Frazione del pane: perché questo rito, tipico della cena ebraica è stato utilizzato da Gesù quando benediceva e distribuiva il pane come capo della mensa, soprattutto durante l'ultima Cena. Da questo gesto i discepoli lo rico­nosceranno dopo la sua Resurrezione (Lc 24, 13-35) e con tale espressione i primi cristiani designeranno le loro assemblee eucaristiche. In tal modo intendevano significare che tutti coloro che mangiano dell'unico pane spezzato, entrano in comunione e formano in Lui un solo Corpo.

d) Assemblea eucaristica (sinaxis): in quanto l'Eucarestia viene celebrata nell'assemblea dei fedeli, espressione visi­bile della Chiesa.

e) Memoriale della Passione e della Resurrezione del Signore.

f) Santo Sacrificio: perché attualizza l'unico sacrificio di Cristo Salvatore e comprende anche l'offerta della Chiesa; o ancora Santo Sacrificio della Messa, sacrificio di lode, sacrificio puro e santo, poiché porta a compimento e supera tutti i sacrifici dell'antica Alleanza.

g) Santa e divina liturgia: perché tutta la liturgia della Chiesa trova il suo compimento e la sua più densa espres­sione nella celebrazione di questo Sacramento; si parla anche di Santissimo Sacramento in quanto costituisce il Sacramento dei Sacramenti. Con questo nome si indicano le specie eucaristiche conservate nel tabernacolo.

h) Comunione: perché mediante questo Sacramento, ci uniamo a Cristo, il quale si rende partecipe del suo Corpo e del suo Sangue per formare un solo corpo; viene inoltre chiamato le "cose sante" (ta hagià: sancta): è il significato originale dell'espressione "comunione dei santi" di cui par­la il Simbolo degli apostoli - pane degli angeli, pane del cielo, farmaco di immortalità, viatico.

i) Santa Messa: perché la liturgia nella quale si è compiu­to il mistero della Salvezza, si conclude con l'invito ai fedeli (missio) affinché compiano la volontà di Dio nella loro vita quotidiana (CCC n. 1328-32).



3. LA PREPARAZIONE DELL'EUCARESTIA NEL VECCHIO TESTAMENTO

Il mistero dell'Eucarestia è stato in qualche modo prepa­rato nel Vecchio Testamento: per comprendere l'Eucarestia, occorre approfondire i passi biblici, in cui vengono narrati fatti, tradizioni, riti che prefigurano il mistero eucaristico. Elenchiamo riti, simboli e temi che preparano l'Eucarestia.

- il sacrificio e l'oblazione, il convito sacrificale

- il sacrificio ed il convito della Pasqua ebraica

- il sangue dell'Alleanza; il sangue per l'espiazione

- il sacrificio del servo di Jahvè

- il convito escatologico, il convito della Sapienza, la manna del cielo

- il sacrificio dell'era messianica



• I segni del pane e del vino nel Vecchio Testamento e nel Nuovo Testamento

Al centro della celebrazione dell'Eucarestia si trovano il pane e il vino i quali, per le parole di Cristo e l'invocazione dello Spirito Santo, diventano il Corpo e il Sangue di Cristo. Fedele al comando del Signore, la Chiesa continua a fare, in memoria di Lui, fino al suo glorioso ritorno, ciò che Egli ha fatto alla vigilia della sua Passione: «... prese il pane [...] prese il calice del vino... ». Diventando misteriosamente il Corpo e il Sangue di Cristo, i segni del pane e del vino con­tinuano a significare anche la bontà della creazione.

Così all'offertorio rendiamo grazie al Creatore per il pane e per il vino "frutto del lavoro dell'uomo", ma prima anco­ra "frutto della terra" e "della vite", doni del Creatore. Nel gesto di Melchisedek, re e sacerdote che offrì pane e vino (Gn 14, 18) la Chiesa vede una prefigurazione della propria offerta (CCC n. 1333).

«Nell'antica Alleanza il pane e il vino sono offerti in sacrificio tra le primizie della terra, in segno di riconoscen­za al Creatore. Ma ricevevano anche un nuovo significato nel contesto dell'Esodo: i pani azzimi, che Israele mangia ogni anno a Pasqua, commemorano la fretta della partenza dall'Egitto: il ricordo della manna del deserto richiamerà sempre ad Israele che Egli vive del pane della Parola di Dio. Il pane quotidiano, infine, è il frutto della Terra pro­messa, pegno della fedeltà di Dio alle sue promesse. Il cali­ce della "benedizione" al termine della cena pasquale degli ebrei, aggiunge alla gioia festiva del vino una dimensione escatologica, quella attesa messianica della restaurazione di Gerusalemme. Gesù ha istituito l'Eucarestia conferendo un significato nuovo e definitivo alla benedizione del pane e del calice. I miracoli della moltiplicazione del pane, allor­ché il Signore pronunciò la benedizione, spezzò i pani e li distribuì per mezzo dei suoi discepoli per sfamare la folla, prefiguravano l'abbondanza di questo unico pane, cioè l'Eucarestia. Il segno dell'acqua trasformata in vino a Cana, annunzia già l'Ora della glorificazione di Gesù. Manifesta compimento del banchetto delle nozze nel Regno del Padre, dove i fedeli berranno il vino nuovo dive­nuto Sangue di Cristo».

Il primo annuncio dell'Eucarestia ha provocato una divisione tra i discepoli, così come l'annunzio della Pas­sione li ha scandalizzati. "Questo linguaggio è duro chi può intenderlo?" (Gv 6, 60). L'Eucarestia e la Croce sono pietre di inciampo. Si tratta dello stesso mistero, ed esso non cessa di essere occasione di divisione. "Forse anche voi volete andarvene?" (Gv 6, 67): questa domanda del Signore continua a risuonare attraverso i secoli, come invito del suo amore a scoprire che è Lui solo ad avere "parole di vita eterna" (Jo 6, 68) e che accogliere nella fede il dono della sua Eucarestia è accogliere Lui stesso» (CCC n. 1333-1336).



4. L'ISTITUZIONE DELL'EUCARESTIA

Il Signore avendo amato i suoi, li amò fino alla fine. Sapendo che era giunta la sua ora di passare da questo mondo al Padre, mentre cenava, lavò loro i piedi e diede loro il comandamento dell'amore. Per lasciare loro un pegno di questo amore, per non allontanarsi mai dai suoi e renderli partecipi della sua Pasqua, istituì l'Eucarestia come memoriale della sua morte e Resurrezione, e comandò ai suoi discepoli di celebrarla fino al suo ritorno, costituendoli, in quel momento sacerdoti della nuova Alleanza» (CCC n. 1337).

«I tre vangeli sinottici e S. Paolo ci hanno trasmesso il racconto dell'istituzione dell'Eucarestia (Mt 26, 17-29; Mc 14, 12-25; Lc 22, 14-22; 1 Cor 11, 23-26); da parte sua Giovanni riferisce le parole di Gesù nella sinagoga di Cafarnao, parole che preparano l'istituzione dell'Eucare­stia: Cristo si definisce come il Pane di vita, disceso dal Cielo (Jo 6)» (CCC n. 1338).

Gesù ha scelto il tempo della Pasqua per compiere ciò che aveva annunziato a Cafarnao: dare ai suoi discepoli il suo Corpo e il suo Sangue.

Venne il giorno degli Azzimi, nel quale si doveva immola­re la vittima di Pasqua. Gesù mandò Pietro e Giovanni dicendo: «Andate a preparare per noi la Pasqua perché pos­siamo mangiare». Essi andarono... e prepararono la Pasqua. Quando fu l'ora, prese posto a tavola, gli apostoli con Lui e disse: «Ho desiderato ardentemente di mangiare questa Pasqua con voi, prima della mia Passione, poiché vi dico non la mangerò più finché essa non si compia nel regno di Dio». Poi prese un pane, rese grazie, lo spezzò e lo diede loro dicendo: «Questo è il mio Corpo che è dato per voi; fate questo in memoria di me». Allo stesso modo dopo aver cenato, prese il calice dicendo: «Questo calice è la nuova Alleanza nel mio Sangue, che viene versato per voi» (Lc 22, 7-20) (CCC n. 1339).

«Celebrando l'ultima Cena con i suoi apostoli durante un banchetto pasquale, Gesù ha dato alla Pasqua ebraica il suo significato definitivo. Infatti, la nuova Pasqua, il passaggio di Gesù al Padre attraverso la sua morte e la sua Resurre­zione, è anticipata nella Cena celebrata nell'Eucarestia, che porta a compimento la Pasqua ebraica e anticipa la Pasqua finale della Chiesa nella gloria del Regno» (CCC n. 1340).



5. LA PRESENZA DI CRISTO NELL'EUCARESTIA OPERATA DALLA POTENZA DELLA SUA PAROLA E DELLO SPIRITO SANTO

«"Cristo Gesù che è morto, anzi, che è risuscitato sta alla destra di Dio e intercede per noi" (Rm 8, 34) è presente in molti modi alla sua Chiesa: nella sua Parola, nella preghiera della Chiesa là "dove sono due o tre riuniti" nel suo nome (Mt 18, 20) nei poveri, nei malati, nei prigionieri, nei sacra­menti di cui Egli è l'autore, nel sacrificio della Messa e della persona del ministro, ma soprattutto è presente sotto le spe­cie eucaristiche (Sc 7)» (CCC n. 1373).

Come si rende presente Cristo nell'Eucarestia?

a) Con la Parola di Cristo

«Il modo della presenza di Cristo sotto le specie eucaristi­che è unico. Esso pone l'Eucarestia al di sopra di tutti i Sacramenti e ne fa quasi il coronamento della vita spirituale e il fine al quale tendono tutti i Sacramenti. Nel Santissimo Sacramento dell'Eucarestia è contenuto veramente, realmen­te, sostanzialmente il Corpo e il Sangue di nostro Signore Gesù Cristo, con l'anima e la divinità e quindi, il Cristo tutto intero. Tale presenza si dice "reale" non per esclusione, quasi che le altre non siano reali, ma per antonomasia, perché sostanziale e in forza di essa Cristo, uomo-Dio, tutto intero si fa presente» (CCC n. 1374).

E per la conversione del pane e del vino nel suo Corpo e nel suo Sangue che Cristo diviene presente in questo Sacramen­to. I Padri della Chiesa hanno sempre espresso con fermezza la fede della Chiesa nell'efficacia della Parola di Cristo e del­l'azione dello Spirito Santo per operare questa conversione.

S. Giovanni Crisostomo afferma: «Non è l'uomo che fa diventare le cose offerte Corpo e Sangue di Cristo, ma è Cri­sto stesso che è stato crocifisso per noi». Il sacerdote, figura di Cristo, pronunzia quelle parole, ma la loro virtù e la grazia sono di Dio. «Questo è il mio Corpo», dice.

Questa Parola trasforma le cose offerte.

Questo pane è pane prima delle parole della consacrazione ma dopo le parole sacramentali della consacrazione, il pane diventa Carne di Cristo.

Da quali parole è operata la consacrazione e di chi sono queste parole? Del Signore Gesù.

Tutte le cose che si dicono prima di quel momento sono dette dal sacerdote che loda Dio, prega per il suo popolo, per i re e per gli altri, ma quando arriva il momento della consa­crazione, il sacerdote non usa più parole sue ma di Cristo.

È dunque la parola che opera il Sacramento. Vedi quanto è efficace il parlare di Cristo?

«Prima della consacrazione non c'era il Corpo di Cristo, ma dopo la consacrazione io ti dico, c'è ormai il Corpo di Cristo. Egli ha detto ed è stato fatto, ha comandato ed è stato creato» (S. Ambrogio).

«Non si tratta dell'elemento formato da natura, ma della sostanza, prodotta dalla formula della consacrazione, ed è maggiore l'efficacia della consacrazione di quella della natu­ra perché l'effetto della consacrazione, la stessa natura viene trasformata [...]. La Parola di Cristo, che poté creare dal nul­la ciò che non esisteva, non può trasformare in una sostanza diversa ciò che esiste? Non è minore impresa dare una nuova natura alle cose che trasformarle» (S. Ambrogio).

«Ti adoro devotamente, Dio nascosto che sotto queste figu­re veramente ti celi» (S. Tommaso).

«Non posso intendere le parole "Questo è il mio Corpo" diversamente da come suonano. Tocca quindi ad altri dimostrare che là dove la Parola dice "questo è il mio Cor­po" il Corpo di Cristo non c'è. Non voglio svalutare le spiegazioni basate sulla ragione. Di fronte a parole tanto chiare, non ammetto domande; respingo il raziocinio e la sana ragione umana. Dimostrazioni materiali: argomenta­zioni geometriche: tutto respingo completamente. Dio sta al di sopra di qualsiasi matematica e bisogna adorare con stupore la Parola di Dio» (Lutero al colloquio di Marburg 1529).

Il Concilio di Trento riassume la fede cattolica dichiaran­do: «Poiché il Cristo, nostro Redentore, ha detto che ciò che offriva sotto la specie del pane era veramente il suo Corpo, nella Chiesa di Dio vi fu sempre la convinzione, e questo santo Concilio lo dichiara di nuovo, che con la con­sacrazione del pane e del vino si opera la conversione di tutta la sostanza del pane nella sostanza del Corpo del Cri­sto, nostro Signore e di tutta la sostanza del vino nella sostanza del suo Sangue. Questa conversione, quindi, in modo conveniente ed appropriato è chiamato dalla Santa Chiesa cattolica transustanziazione» (CCC n. 1376).

«La presenza di Cristo ha inizio al momento della consa­crazione e continua finché sussistono le specie eucaristi­che. Cristo è tutto integro presente in ciascuna specie e in ciascuna sua parte; perciò la frazione del pane non divide Cristo» (CCC n. 1377).

b) Con lo Spirito Santo

Lo Spirito Santo rende presente il Signore dentro la Paro­la di Gesù. Lo Spirito che a Pasqua irruppe nel sepolcro e toccando il Corpo inanimato di Cristo, lo fece rivivere, nell'Eucarestia ripete questo prodigio; Egli viene sul pane e sul vino che sono elementi morti e dà loro vita, ne fa il Corpo e il Sangue viventi del Redentore. È veramen­te come dice Gesù: lo «Spirito che dà vita» (Jo 6, 63).

L'efficacia viene dallo Spirito, ma tale efficacia si eser­cita dentro la Parola di Gesù e attraverso essa.

«Il Risorto opera realmente con la forza dello Spirito, sul pane sul vino; comunica realmente per mezzo di essi trasformati, la sua vita definitiva. Non è Cristo nella sua situazione mortale che si fa presente nell'Eucarestia, ma è la persona di Cristo quella che si comunica trasformando la sua vita. Il suo Corpo è corpo vivo, il corpo di una per­sona. L'Eucarestia è come un secondo avvento corporeo di Cristo» (Schokel).

«Manda su di noi e su questi santi doni presentati il tuo Santissimo Spirito, Signore e datore di vita, che siede con te Dio e Padre e con il tuo unico Figlio. Egli regna conso­stanziale ed eterno: ha parlato nella Legge, nei Profeti e nel Nuovo Testamento è disceso sul nostro Signore nel fiume Giordano; è disceso sui santi apostoli il giorno di Pentecoste.

«Manda questo tuo Spirito su di noi Signore e su questi santi doni presentati affinché per la sua venuta, santa, buona e gloriosa, santifichi questo pane e ne faccia il san­to Corpo di Cristo (Amen). Santifichi questo calice e ne faccia il Sangue prezioso di Cristo (Amen)» (Anafora antiochena).

«Ora ti preghiamo: lo Spirito Santo santifichi questi doni perché diventino il Corpo e il Sangue di Gesù Cristo, nostro Signore, nella celebrazione di questo grande miste­ro, che ci ha lasciato in segno di eterna alleanza» (Pre­ghiera eucaristica IV).

«La consacrazione che ne fa un sì grande Sacramento, non avviene che attraverso l'intervento invisibile dello Spi­rito Santo» (S. Agostino).

«L'ostia che viene offerta da molti diventa un solo Corpo del Cristo mediante l'infusione dello Spirito Santo» (Sacra­mentario gregoriano 600 d.C.).

«Quello che lo Spirito Santo tocca, viene trasformato e santificato» (S. Cirillo di Gerusalemme).



Revisione di vita
- Per me l'Eucarestia è veramente il centro della fede?

- Come partecipo alla S. Messa festiva e possibilmente nei giorni feriali?

- So dare del tempo all'Adorazione eucaristica o non adoro mai la Presenza santissima del Signore?

- Penso alla Presenza di Cristo nella mia giornata?



Seconda conversazione
IL VALORE INFINITO DEL SACRIFICIO DI CRISTO


1. LA SANTA MESSA È IL SACRIFICIO DI GESÙ

«Una goccia di Sangue di Cristo, che scende dalla Croce, è sufficiente per purificare tutto il mondo» (Pascal).

«Ci vorrà tutta l'eternità per capire la S. Messa» (Curato d'Ars).

Nella vita della Chiesa in questi duemila anni c'è stato un immenso sforzo per cercare di comprendere sempre più il sacrificio del Signore che si è offerto sulla Croce e si offre in ogni S. Messa a Dio Padre, nello Spirito, per la salvezza e la santificazione del mondo.

Gesù, offrendosi per noi, ha ottenuto il perdono dei pec­cati di ogni uomo e di ogni donna da Adamo ed Eva fino all'ultimo uomo che vivrà sulla terra. Nessuna azione ha un valore eguale al sacrificio di Cristo, il massimo atto di amo­re e di donazione che è stato posto sulla terra: un atto di valore infinito, perché è un atto di amore del Padre, del Figlio, dello Spirito!

Dio Padre offre il Figlio; il Figlio si dona al Padre nello Spirito, per la salvezza del mondo; Gesù in Croce è il "massimo dell'amore" sulla terra!

Non dobbiamo mai dire: «Ho capito la S. Messa» ma cer­care ogni giorno di invocare lo Spirito perché ci illumini sul valore infinito, divino del sacrificio di Cristo in Croce e presente nella S. Messa.



2. IL SACRIFICIO DI CRISTO IN CROCE E IL SACRIFICIO DELLA SANTA MESSA

Che rapporto c'è tra l'ultima Cena di Gesù, il sacrificio della Croce e la S. Messa? Il sacrificio di Cristo, sommo sacerdote e unico mediatore, è unico compiuto una volta per tutte sulla Croce. Tuttavia è reso presente nel sacrificio euca­ristico della Chiesa, ogni volta che si celebra la S. Messa.

Gesù si è offerto al Padre, con «un'unica oblazione [... ] ha reso perfetti per sempre quelli che vengono santificati» (Eb 10, 14) con l'unico sacrificio della Croce.

Mentre nel Vecchio Testamento i sacrifici venivano conti­nuamente ripetuti si offrivano a Dio gli animali sacrificati, Gesù abolisce tutti i sacrifici offrendo se stesso con un atto di amore infinito, di valore unico, capace di ottenere la remissione dei peccati e il dono dello Spirito: «Egli non ha bisogno ogni giorno, come gli altri sommi sacerdoti di offrire sacrifici prima per i propri peccati e poi per quelli del popolo, poiché Egli ha fatto questo una volta per tutte, offrendo se stesso» (Eb 7, 27).

«Il sacrificio di Cristo e il sacrificio dell'Eucarestia sono un unico sacrificio, si tratta di una sola e identica vittima e lo stesso Gesù lo offre ora per il ministero dei sacerdoti, Egli che un giorno offrì se stesso sulla Croce: diverso è solo il modo di offrirsi».

«In questo divino sacrificio, che si compie nella Messa, è contenuto e immolato in modo incruento lo stesso Cristo che si offrì una volta sola in modo cruento sull'altare della Croce» (CCC n. 1367).

Nell'Eucarestia Cristo dona lo stesso Corpo che ha conse­gnato per noi sulla Croce, lo stesso Sangue che Egli «ha versato per molti in remissione dei peccati» (Mt 26, 28).

Per comprendere questo rapporto tra il sacrificio di Cri­sto, l'ultima Cena e la S. Messa occorre capire che l'Euca­restia è un memoriale del Signore.

Gesù dice nell'ultima Cena: «Questo è il mio Corpo che è dato per voi [...]. Questo calice è la nuova alleanza nel mio Sangue, che viene versato per voi [...]. Fate questo in memoria di me: questo è il mio memoriale» (Mt 26, 28).

L'Eucarestia è dunque 1'attualizzazione del sacrificio di Cristo, è la ripresentazione, si rende presente in modo "sacramentale" il sacrificio di Cristo in Croce: è un memo­riale, è il "banchetto sacrificale".

Che cosa significa, che cos'è un memoriale? Occorre distinguere "la memoria" dal memoriale. Quando noi con il pensiero "ricordiamo" richiamiamo qualcuno o qualcosa, rievochiamo con un atto puramente intellettuale un fatto del passato.

Fare memoria, ricordare è dunque un nostro ritorno al passato con il pensiero.

Per la Bibbia "ricordare" non è solo un atto di pensiero, ma un'azione, memoria + azione. Quando si dice che Dio si ricorda di Mosè, per es. significa che Dio agisce in favo­re di Mosè (ricordare = agire per qualcuno).

Ricordare = mettersi in contatto con Dio che dà vita, libe­ra, salva, interviene.

Quando Dio libera il popolo dall'Egitto, ordina a Mosè di celebrare ogni anno questo avvenimento dicendo di cele­brare, di ricordare ogni anno la liberazione dall'Egitto la Pasqua: «Questo giorno sarà per voi un memoriale; lo cele­brerete come festa del Signore: di generazione in genera­zione lo celebrerete come rito perenne» (Es 12, 4). Il popo­lo si ricorda degli interventi di Dio a suo favore avvenuti nel passato ma ciò che restituisce vita non è la memoria soggettiva dei credenti, ma l'atto compiuto una volta da Dio il quale, come tale, ha una virtù permanente, che il cre­dente è invitato a riconoscere e fare proprio. In realtà questo avvenimento non riguarda soltanto i suoi destinatari imme­diati: attraverso di loro Dio aveva di mira tutti i discendenti.

Per questo motivo la Misnah commenta: «Celebrando la festività ci si deve comportare come se si fosse usciti perso­nalmente dall'Egitto».

Questo invito a "sentirsi presenti" all'azione di Dio, il Deuteronomio lo suggeriva già quando amava mettere insieme la generazione del deserto e gli israeliti del tempo presente: «Il Signore nostro Dio ha stabilito con noi un'al­leanza sull'Oreb. Il Signore non ha stabilito quest'alleanza con i nostri Padri; ma con noi che siamo qui oggi tutti in vita» (Deut. 5, 2-3).

Il memoriale è dunque un fatto passato che si rende pre­sente oggi è il passato che ci raggiunge!

Gesù nell'ultima Cena dicendo «Fate questo in memoria di me» è come se dicesse: «Questo gesto rende qui e ora presente il mio sacrificio di domani sulla Croce e ripeten­dolo per sempre io sarò presente in sacrificio fino alla fine del mondo. Io mi dono per voi e a voi, affinché voi possiate donare la vita per gli altri».

Gesù comunica ai suoi cristiani la sua vita d'amore infini­to! L'azione liturgica ci rende presenti alla morte e alla Resurrezione di Gesù facendoci partecipi dello Spirito e della vita di Gesù risorto!

Afferma il Concilio di Trento: «Cristo Dio, e Signore nostro, anche se si sarebbe immolato a Dio Padre una sola volta morendo sull'altare della Croce, per compiere una redenzione eterna, tuttavia il suo sacerdozio non doveva estinguersi con la morte (Eb 7, 24-27). Nell'ultima Cena, la notte in cui fu tradito, volle lasciare alla Chiesa sua amata sposa, un sacrificio visibile (come esige la sua natura) con cui venisse significato quello cruento che avrebbe offerto una volta p\er tutte sulla Croce, prolungandone la memoria fino alla fine del mondo, e applicando la sua efficacia salvi­fica alla remissione dei nostri peccati quotidiani».



3. DUE DESCRIZIONI PER CAPIRE CHE LA SANTA MESSA È VERAMENTE IL SACRIFICIO DI CRISTO

a) Il mistero del sole che è simile al mistero della S. Messa

«Per comprendere meglio il mistero del "memoriale" di un'azione del passato che mantiene la propria efficacia durante i secoli, proponiamo un'analogia simbolica.

«Ogni mattina ripetiamo che "il sole gira" mentre sappia­mo benissimo che il sole non "si alza", ma che la terra ogni mattina si espone al sole, centro del suo sistema, di esistenza. Capita lo stesso dell'azione di Cristo, del suo sacrificio, del mistero della Messa: il sacrificio è unico, non si ripete un'altra volta, Gesù non muore nuovamente nella Messa, ma il suo sacrificio si attua oggi nel senso che misteriosamente noi ci rendiamo presenti a Gesù che muo­re in Croce. Ormai è Lui il centro del sistema cristiano, nel senso che è Colui dal quale tutti dipendono e ricevono la vita. Ogni mattina io "mi" rendo presente al sacrificio di Gesù che, pur rimanendo un atto temporale del passato, possiede una dimensione sovratemporale e mi permette di rendermi presente a Lui attraverso lo spessore di questo tempo che per me scorre senza sosta. In questo modo il tempo acquisisce non soltanto la sua profondità d'eternità, ma anche un dinamismo che, solidamente ancorato nell'at­to salvifico di Dio, mi apre alla riconciliazione universale». (LEON-DUFOUR, Condividere il pane eucaristico, ed. LDC pag. 118).

b) La Messa è veramente il sacrificio di Gesù

Un venerdì di duemila anni fa, un uomo senza peccato ha offerto in Croce la sua vita, il suo Sangue e la sua morte in un gesto supremo di amore al Padre e agli uomini.

Quell'uomo era il Figlio di Dio e poiché perfettamente Santo, il Padre l'ha resuscitato e accolto nella gloria del Cielo. Attraverso il suo sacrificio l'umanità è entrata nella vita eterna di Dio.

La Messa non è un nuovo sacrificio, ma è la presenza del sacrificio di Cristo: una nuova presenza del sacrificio redentore, una nuova presentazione, una ripresentazione del sacrificio del Calvario che diventa una realtà del nostro tempo e della nostra vita. La Messa è il "Sacramento del sacrificio di Cristo": ci sono miliardi di ostie consacrate, ma c'è un solo Corpo di Cristo. Ci sono milioni di Messe offerte attraverso ai secoli, ma c'è un solo sacrificio di Cri­sto offerto sulla Croce: tra il sacrificio del calvario e quello dell'altare, c'è la differenza della visibilità: visibile sul Cal­vario, sacramentale dell'Eucarestia.



4. IL SACRIFICIO DELLA CHIESA

«L'Eucarestia è il sacrificio della Chiesa. La Chiesa, che è il Corpo di Cristo, partecipa all'offerta del suo Corpo. Con Lui, essa stessa viene offerta tutta intera. Essa si unisce alla sua intercessione presso il Padre a favore di tutti gli uomini. Nell'Eucarestia il sacrificio di Cristo diviene pure il sacrifi­cio dei cristiani. La vita dei fedeli, la loro lode, la loro sof­ferenza, la loro preghiera, il loro lavoro, sono uniti a quelli di Cristo e alla sua offerta totale e in questo modo acquista­no un valore nuovo. Il sacrificio di Cristo presente sull'alta­re offre a tutte le generazioni di cristiani la possibilità di essere uniti alla sua offerta. Nelle catacombe la Chiesa è spesso raffigurata come una donna in preghiera, con le braccia spalancate, in atteggiamento orante. Come Cristo ha steso le braccia sulla Croce, così per mezzo di Lui e in Lui si offre e intercede per tutti gli uomini» (CCC n. 1368).

La Chiesa offre il sacrificio ogni giorno per lodare, rin­graziare il Padre, per tutta l'opera di redenzione e di santifi­cazione dell'umanità. Perennemente si innalza al Cielo, la lode a Dio, in Cristo che offre se stesso per la gloria di Dio e la salvezza degli uomini, nello Spirito Santo!



Revisione di vita
- Quando partecipo alla S. Messa penso di essere vera­mente presente al sacrificio di Cristo in Croce?

- Mi sento, in ogni celebrazione eucaristica amato, libe­rato, santificato da Gesù che dona la sua vita per me?

- Che cosa offro di me stesso e della mia vita, quando partecipo alla S. Messa?

- Cerco ogni giorno, se è possibile di partecipare alla S. Messa, massima azione della mia vita e della vita della Chiesa?



CANONI DEL CONCILIO DI TRENTO SUL SS. SACRIFICIO DELLA

MESSA (SESSIONE XXII - 17 SETTEMBRE 1562)


l. Se qualcuno dirà che nella Messa non si offre a Dio un vero e proprio sacrificio o che essere offerto non significa altro se non che Cristo ci viene dato a mangiare, sia anate­ma.

2. Se qualcuno dirà che con quelle parole: «Fate questo in memoria di me», Cristo non ha costituito i suoi apostoli sacerdoti o che non li ha ordinati perché essi e gli altri sacerdoti offrissero il suo Corpo e il suo Sangue, a.s.

3. Se qualcuno dirà che il sacrificio della Messa è solo sacrificio di lode e di ringraziamento o la semplice comme­morazione del sacrificio offerto sulla Croce e non propizia­torio o che giova soltanto a chi lo riceve, e che non si deve offrire per i vivi o per i morti, per i peccati, per le pene, per le soddisfazioni e per le altre necessità, a.s.

4. Se qualcuno dirà che col sacrificio della Messa si bestemmia contro il sacrificio di Cristo consumato sulla Croce o che con esso si deroga all'onore di esso, a.s.

5. Chi dirà che celebrare Messe in onore dei santi e per ottenere la loro intercessione presso Dio, come la Chiesa intende, è impostura, a.s.

6. Se qualcuno dirà che il canone della Messa contiene errori, e che quindi bisogna abolirlo, a.s.

7. Se qualcuno dirà che le cerimonie, le vesti e gli altri segni esterni di cui si serve la Chiesa cattolica nella cele­brazione delle Messe siano piuttosto elementi adatti a favo­rire l'empietà, che manifestazioni di pietà, a.s.



Terza conversazione
IL BANCHETTO PASQUALE


1. LA PROMESSA DELL'EUCARESTIA: JO 6, 1-71

Per comprendere meglio il grande dono dell'Eucarestia occorre riflettere sul cap. VI in cui Giovanni presenta i segni e il discorso che Gesù ha fatto a Cafarnao sull'Euca­restia, per preparare gli apostoli alla comprensione del grande dono di sé, che avrebbe fatto loro nell'ultima Cena. Ecco il testo:

l. Il segno dei pani: la moltiplicazione "segno" dell'Euca­restia (6, 1-15)

2. La traversata del mare: Dio domina la natura (6, 16-21)

3. Il discorso a Cafarnao (6, 22-58)

a) Brano introduttivo (6, 22-25)

b) Operare per la fede (6, 26-31)

c) Il pane celeste e la fede (6, 32-46)

d) Mangiare il pane celeste per non morire (6, 47-52)

e) La Carne e il Sangue di Gesù (6, 53-59)

4. La reazione degli apostoli (6, 59-71).



• Mangiare il pane celeste per non morire (6, 47-52)

A. v 47 «In verità, in verità vi dico, chi crede in me ha la vita eterna».

u 48 «Io sono il Pane di Vita».

v. 49 «I vostri padri mangiarono la manna e mori­rono».

B. v. 50 «Questo è il Pane disceso dal cielo, affinché chi ne mangia non muoia».

B. v. 51 «Io sono il Pane vivente disceso dal cielo. Se qualcuno mangia di questo pane vivrà in eter­no».

A v 52«E il pane che io darò è la mia Carne per la vi­ta del mondo.

Ora i giudei discutevano tra loro: "Come può costui darci la Carne da mangiare?"».



• La Carne e il Sangue di Gesù (Jo 6, 53-59)

A. v 53 «Disse loro Gesù: "In verità, in verità vi dico, se non mangiate la Carne del figlio dell'uomo e be­vete il suo Sangue, non avrete la vita in voi"».

v 54 «Chi mangia la mia Carne e beve il mio Sangue ha la vita eterna e io lo risusciterò nell'ultimo giorno».

v 55 «La mia Carne infatti è vero cibo e il mio Sangue vera bevanda».

B. v. 56 «Chi mangia la mia Carne e beve il mio Sangue rimane in me e io in Lui».

B. v 57 «Come il Padre, il vivente, ha inviato me e io vi­vo per il Padre, così chi mangia me, anch'egli vivrà per me».

A v 58 «Questo è il pane sceso dal cielo. Non come man­giarono i padri e morirono. Chi mangia questo pa­ne vivrà in eterno».



Commento
A) Mangiare la Carne di Gesù per non morire (Jo 6, 47-52) La costruzione di questo brano sembra di tipo chiastico in quanto i versetti iniziali (vv. 47 ss.) sono in parallelo con il passo finale (vv. 51/c-52) e i due versetti centrali sono strettamente paralleli.



Ecco lo schema:

A. Il pane per la vita eterna (vv. 47)

B. Necessità di mangiare il pane sceso dal cielo, per non morire (vv. 50)

B'. Mangiare il pane sceso dal cielo per vivere eternamen­te (v. 51 /ab)

A' . La grande rivelazione: il pane è la Carne di Cristo per la vita del mondo!



Gesù progressivamente dice: «Io sono il Pane di vita, occorre "mangiarmi": questo pane è la mia Carne!». Gesù rivela questo mistero della sua persona e del suo amore il suo amore infinito e personale per l'uomo, lo porta a diven­tare nutrimento della vita, per la vita eterna: è l'offerta di se stesso al mondo!



(V. 48) «lo sono il pane della vita» - Con questa affer­mazione si inizia l'esortazione di Gesù a mangiarlo per avere la vita eterna. Gesù ripete il verbo "mangiare" per invitare l'uomo a nutrirsi di Lui, per avere la vita eterna. Gesù dice che, mentre la manna non procurò l'immortalità, chi si nutre di Lui vivrà in eterno.

L'azione del mangiare indica plasticamente l'interiorizza­zione della Parola del Figlio di Dio e l'assimilazione della sua Persona con una vita di fede profondissima. In modo analogo alla metafora del bere l'acqua viva, che è la rivela­zione del mistero del Verbo incarnato (Jo 4, 13 ss.,) il man­giare il pane vivente, che è Gesù, significa far propria la verità del Cristo, anzi la Persona del Figlio di Dio che è la verità, ossia la rivelazione perfetta del Padre.

(V. 51) «Il pane che io darò è la mia Carne per la vita del mondo» - Gesù dice in questo passo «che io darò»: è questa un'allusione al sacrificio della Croce, che rivelerà l'amore supremo del Padre e del Figlio per l'umanità. Li­dentificazione di questo pane divino con la Carne del Cri­sto, ossia la sua persona umana, sacrificata per la vita del mondo è chiarissima.

Sulla Croce Gesù dà la sua vita per la salvezza del mon­do: Gesù è morto per tutta l'umanità, rivelando l'amore infinito di Dio per l'uomo! Il termine "Carne" indica la persona umana nella sua fragilità e debolezza: il Figlio di Dio, fattosi uomo, dona la sua persona, dona se stesso, dona la sua vita per la salvezza e la vita di tutti gli uomini.

Questa frase «è la mia Carne per la vita del mondo» ricor­da la formula eucaristica, si ispira alla formula istituzionale dell'Eucarestia; Giovanni allude e pensa alle parole di Gesù dette nell'ultima Cena (1 Cor 11, 24; Lc 22, 19): la variante più importante tra la formula tradizionale dell'Eucarestia e quella di Giovanni sta nei termini "Corpo-Carne".

Paolo e i sinottici usano la parola "questo è il mio Corpo" mentre Giovanni usa "Carne" che suggerisce il rapporto tra l'Incarnazione («il Verbo si fece Carne») e l'Eucarestia.

Secondo alcuni esegeti sembra che Giovanni, in questa frase, abbia conservato il testo primitivo della formula eucarestia. (Gesù se è così avrebbe detto: «Prendete e man­giate, questa è la mia Carne»). Inoltre dicendo "per" sem­bra che Giovanni voglia sottolineare in profondità il "dono della Croce"; Gesù che dà la vita per la salvezza!



(V. 52) «Ora i giudei discutevano tra di loro: come può costui darci la sua Carne da mangiare?» - La difficoltà dei giudei è quella dell'uomo in balia delle forze della natura, non essendo rinato dallo Spirito Santo, perché non vuole credere. Come Nicodemo, così qui i giudei non rie­scono a credere, non capiscono Gesù e il suo mistero d'a­more: Giovanni, usando il verbo "mormorare", si ispira alle scene di ribellione e di contesa degli ebrei nel deserto (Es 17, 2) ma allude anche ai doceti che alla fine del 1 secolo negavano la realtà dell'umanità di Cristo e quindi l'Eucare­stia. Le due affermazioni «mangiare la Carne» e «bere il Sangue» suonano ambedue paradossali e assurde se intese in senso naturale e biblico. Solo l'interpretazione sacra­mentale offre un senso plausibile.



(V. 53) «Se non mangiate la Carne del figlio dell'uomo e bevete il suo Sangue non avete la vita in voi» - La locu­zione "Carne e Sangue" nel linguaggio semitico, indica "tutto l'uomo". Gesù non attenua il linguaggio sulla neces­sità di mangiare la sua Carne e bere il suo Sangue dopo la mormorazione dei giudei, anzi rincara la dose, perché all'a­zione del mangiare aggiunge l'azione del bere il suo Sangue (v. 53) e nel passo seguente, sostituirà il verbo fagein con trogein che indica non solo "mangiare" ma "masticare con i denti". Le parole di Gesù sono quindi di un verismo così accentuato che non possono essere prese in senso traslato per indicare solo l'interiorizzazione della rivelazione. Il bere l'acqua viva e il mangiare il pane, sono due immagini molto plastiche ed eloquenti per esprimere il processo di penetrazione intima e di assimilazione delle parole di Gesù. Ma il linguaggio di Giovanni 6, 53-58 è così forte e crudo che non può non applicarsi al Sacramento dell'Eucarestia, durante la cui istituzione Gesù disse ai suoi discepoli, appunto, di mangiare il pane che è il Suo Corpo e di bere il vino che è il Suo Sangue (Mc 14, 22-25; 1 Cor 11, 23 ss.).

Evidentemente la Cena eucaristica non prescinde dalla fede; anzi il mangiare la Carne del Signore e il bere il suo Sangue è una dimostrazione di fede.

Nel v. 54 secondo il modo di esprimersi semitico, la pre­sentazione negativa del versetto precedente viene presenta­ta in senso positivo: per avere la vita bisogna mangiare la Carne del Figlio dell'Uomo e bere il suo Sangue.

Occorre pertanto credere in Gesù per avere la vita eterna e la Resurrezione (v. 40) e questa fede si dimostra ricevendo il Corpo e il Sangue di Gesù!

Con questo gesto è seminato il germe di immortalità che porterà il suo frutto sensazionale nell'ultimo giorno. «La Resurrezione non farà che mettere in attività le forze che la comunione al Corpo e al Sangue di Cristo ha deposto nel­l'uomo, per la trasformazione finale del suo essere» (Snhackemburg).



(V. 55) «La mia Carne infatti è vero cibo, il mio Sangue vera bevanda» - Afferma che vero cibo e vera bevanda per esprimere che veramente la Carne e Sangue di Gesù sono nutrimento, così come il cibo materiale nutre la vita fisica. Accentua anche il fatto che mentre la manna non era un "vero" cibo spirituale, questo lo è in profondità: il Corpo e il Sangue di Cristo nutrono veramente, danno vita vera, tanto che sono fonte di vita eterna e di Resurrezione. È un cibo così potente che dà una vita che non finirà mai!



(V. 56) «Chi si ciba della mia Carne e beve il mio San­gue rimane in me ed io in Lui» - Questo versetto ripete il v. 54 sostituendo e concretizzando il dono della vita eterna e della Resurrezione con quello della comunione intima con Gesù. La perfetta comunione di vita tra il fedele e il Cristo è causata dall'adesione totale al Verbo incarnato.

«Chi riceve Gesù, riceve la vita che è eterna: questa unità con Gesù è permanente; la Comunione con Cristo ricevuto sacramentalmente, immette nel circolo divino, per cui l'u­nione sacramentale diviene, unione personale, rapporto profondo tra il discepolo e la persona del Signore. Per la pri­ma volta nel Vangelo di Giovanni, si trova una formula di "immanenza" che descrive in modo tutto particolare l'in­comparabile unione del cristiano con Cristo! Le parole sul rimanere in Cristo di chi riceve l'Eucarestia e del rimanere di Cristo in chi lo riceve, accennano con forza all'unione unica nel suo genere di Gesù con i cristiani e dei cristiani con Gesù. Questa compenetrazione reciproca senza diminu­zione della personalità non ha analogie nella sfera terrena e umana: la sua geniale formulazione linguistica nella sua semplicità e pregnanza presuppone una lunga meditazione e riflessione su questo mistero della fede» (Snhackemburg).



(V. 57) Il Cristo diventa fonte e fine dell'esistenza del fedele che mangia la sua Carne, in modo analogo a quanto avviene nella Trinità.

Dice il CCC: «La Messa è ad un tempo e inseparabilmen­te il memoriale del sacrificio nel quale si perpetua il sacrifi­cio della Croce, il sacro banchetto della Comunione al Cor­po e Sangue del Signore. Ma la celebrazione del sacrificio eucaristico è totalmente orientata all'unione intima dei fedeli con Cristo attraverso la Comunione. Comunicarsi è ricevere Cristo stesso che si è offerto con noi» (n. 1328).

Nella S. Messa noi dobbiamo offrire noi stessi con il Signore che si sacrifica per noi e ricevere in noi il Signore per attuare la massima unità possibile con Lui, sulla terra. Nella S. Comunione si realizza il mistero dell'unità: Dio ci assimila a sé, donando a ciascuno tutto se stesso per la nostra liberazione, purificazione, santificazione. «Ciò che è avvenu­to nell'Incarnazione si riproduce nella S. Comunione. Come il Verbo unendosi alla carne l'ha innalzata alla somiglianza con sé e l'ha resa vivificante, così quantunque in grado minore, la Carne di Cristo, venendo in noi, ci cambia nella sua immagine e ci fa viventi» (S. Giovanni Crisostomo).



Revisione di vita
- Ho qualche difficoltà spirituale nel ricevere il Signore?

- Quando vado a Messa cerco di fare le due comunioni: con la Parola di Dio e con il Corpo e il Sangue di Gesù?

- Per me la S. Comunione è veramente il "massimo momento di unione con Cristo"?

- Facendo la S. Comunione penso che Gesù si dona a me "personalmente"?



Quarta conversazione
GESÙ SI DONA A NOI, NOI CI DONIAMO A LUI: LA MASSIMA COMUNIONE


1. LA SANTA COMUNIONE È LA MASSIMA COMUNIONE TRA DIO E NOI

Gesù prima di morire ha così pregato, rivolgendosi al Padre: «Non prego solo per questi, ma anche per quelli che per la loro Parola crederanno in me; perché tutti siano una cosa sola. Come tu Padre sei in me e io in te, siano anch'essi una cosa sola perché il mondo creda che tu mi hai mandato» (Jo 17, 20).

Questa unità tra Dio e noi e tra di noi è creata dalla Paro­la, dallo Spirito, dalla fede, dall'Eucarestia: venendo dentro di noi, dandosi "personalmente" a ciascuno Gesù realizza la massima unità. Nella S. Comunione non c'è solo un'u­nità morale ma fisica, corporea personale, la più sublime e profonda possibile.

Si può parlare di "incorporazione con Cristo" di unione al suo Corpo e al suo Sangue, alla sua Persona umano-divina. S. Elisabetta della Trinità, una grande mistica, dice che noi dobbiamo fare in modo che la nostra sia come «umanità aggiunta alla sua» è come una «nuova Incarnazione». Gesù si unisce profondamente a ciascun uomo che lo riceve sacramentalmente.

S. Paolo esprime il mistero di questa unione eucaristica con queste parole: «Il calice della benedizione, che noi benediciamo, non è comunione con il Sangue di Cristo? Il pane che spezziamo, non è comunione con il Corpo di Cristo?» (1 Cor 10, 16).

È un vero scambio di vita divina tra Dio e noi. Dio amandoci, fino a venire in noi, ci trasforma in Lui. Cristo venendo in noi, Lui che è la Verità, ci dona la Verità. Cristo venendo in noi, Lui che che è l'Amore, ci dona l'Amore. Cristo venendo in noi, Lui che è la Libertà, ci libera dal male. Cristo venendo in noi, Lui che è la Forza, ci dona la forza per essere cristiani. Cristo venendo in noi, Lui che è la Gioia, ci dona la gioia di Dio. Cristo venendo in noi, Lui che è la Vita, ci vivifica, santificandoci.

S. Tommaso spiega quest'unità applicando alla Comu­nione le leggi dell'amicizia:

a) Legge dell'unità:

«Chi ama non si accontenta di una conoscenza superfi­ciale dell'amato, ma cerca di capire intimamente le sin­gole cose che ad esso appartengono e di penetrare così nella sua intimità per cui si dice che lo Spirito scruta le profondità (1 Cor 2, 10). Chi ama gioisce dell'amato e dei suoi beni in forza della compiacenza interiormente radicata verso l'amato per cui si dice che l'amore vuole l'intimità e si parla di "viscere di carità"».

b) Legge dell'identificazione:

«Nell'amore di amicizia chi ama si trova nell'amato, in quanto considera il bene e il male e la volontà stessa del­l'amico come sue proprie: così da sembrare che Egli stes­so senta e subisca il bene e il male nel proprio amico; per questo è caratteristica degli amici «volere le stesse cose e delle medesime dolersi e gioire. Cosicché colui che ama, sembra essere nell'amato e come identificato in Lui».



2. I FRUTTI DELLA COMUNIONE

a) Unione al Corpo di Cristo.

La comunione stabilisce un'unione che si chiama "fisico­sacramentale" e determina un contatto speciale con l'uma­nità di Cristo. L'incontro con Cristo, fa bene anche al cor­po. Dice S. Teresa: «Pensate forse che questo santissimo pane non sia sostentamento ai nostri miseri corpi? So, invece che è così... se quando era al mondo, col semplice tocco delle vesti (e tutta la folla cercava di toccarlo, perché da Lui usciva una forza che sanava tutti Lc 6, 19) guariva gli infermi, come dubitare che, stando in noi personalmen­te non abbia a compiere miracoli se abbiamo fede?».

La Carne di Cristo, tutta bagnata dall'unzione dello Spi­rito è per così dire un "divino calmante" che smorza, toni­fica e mette pace nel nostro sistema nervoso sconvolto dal­le tre concupiscenze (la concupiscenza della carne, degli occhi, la superbia della vita: sensualità, vanità, orgoglio).

«Cristo venendo in noi, unisce le nostre membra alle sue: purifica, eleva, perfeziona, santifica, trasforma, tutte le nostre facoltà. La presenza divina di Gesù e la sua virtù santificatrice impregnano così intimamente tutto il nostro essere, anima e corpo con tutte le sue potenze che diven­tiamo altri cristi» (Marmiom).

Toccando Cristo attingiamo immortalità, incorruzione, giovinezza, libertà.

C'è un influsso cristificante sul nostro corpo. La comu­nione al Cristo risorto, ci fa risorgere: inizia già ora la Resurrezione del corpo, una specie di trasfigurazione anti­cipata ci rivestiamo in certo qual modo di immortalità, si comincia a rivestirci dei vestimenti della gloria e il nostro corpo va assumendo le qualità del Corpo trasfigurato di Cristo! Cristo comunica la sua luminosità, ci fa divenire luminosi e splendenti: con la fede e con l'amore a Gesù dobbiamo ricevere sulle nostre piaghe (superbia, lussuria, egoismo, pigrizia, disturbi interiori) l'influsso santificante del Signore.



b) Dono dello Spirito e unione alla SS. Trinità

Gesù risorto dona abbondantemente lo Spirito nella S. Comunione. Dice lo Scheeben, uno dei più grandi teologi: «Come lo Spirito, quale Spirito del Figlio è unito nel modo più reale al Corpo di Lui e vi abita e vi riposa, così pure in questo corpo, viene a noi per unirsi, per donarsi a noi e dar­si in proprietà a noi.

«Nel Corpo del Verbo, riempito da Lui, noi succhiamo, per così dire, lo Spirito dal petto e dal cuore di Colui dal quale procede. Egli si unisce e si effonde in noi, tanto come soffio della vita divina, ossia dell'amore divino che proprio qui, dove noi siamo uniti così intimamente con il Padre celeste mediante la più reale unione col suo Figlio, tocca l'apogeo, quando come pegno dell'amore di Dio per noi, pegno che ci offre da mangiare, nonché come il suggello della nostra filiazione e della nostra unione con Lui, la qua­le trova qui il suo compimento e la sua consumazione».

Nella S. Comunione dobbiamo pregare e desiderare che si attui quella "copiosissima effusione dello Spirito Santo" che dovrebbe renderci ogni giorno sempre più simili a Gesù, rinnovarci continuamente e santificarci sempre più.

Lo Spirito che ha santificato Maria, che ha santificato Gesù, santifichi anche noi!

Nella Chiesa siriaca verso il 475 il sacerdote prima di dare la S. Eucarestia diceva: «Il Corpo di Gesù Cristo, lo Spirito Santo per la guarigione del corpo e dell'anima». Nella litur­gia siriaca il sacerdote mettendo nel calice un frammento del pane-agnello dice: «Pienezza dello Spirito Santo».

Continuamente gli autori siriaci dicono che ricevendo il Corpo e il Sangue di Gesù noi riceviamo lo Spirito Santo, la sua grazia, il suo dono di immortalità.

Gesù riempito di Spirito Santo ha riempito di Spirito il pane e il vino eucaristici: «Allo stesso modo dopo la cena prese il calice, vi fece mescolanza di vino e di acqua, alzò gli occhi al cielo, lo presentò a Te, suo Dio e Padre, rese grazie, lo consacrò e lo benedisse. Lo riempì di Spirito San­to e lo diede ai suoi santi e benedetti discepoli [...]. Chiamò il pane suo Corpo vivente, lo riempi di se stesso e dello Spirito Santo, tese la sua mano e diede loro il pane [...]. Prendete e mangiate con fede, e non dubitate che que­sto sia il mio Corpo. E chi lo mangia con fede, mediante di esso mangia il Fuoco dello Spirito [...]. Mangiate tutti, e mangiate per mezzo di esso lo Spirito [...]. D'ora in poi voi mangerete una Pasqua pura e senza macchia, un pane fer­mentato e perfetto che lo Spirito ha impastato e fatto cuo­cere, un vino mescolato con Fuoco e Spirito» (S. Efrem).

«Volle che avendo essi (il pane e il vino) ricevuto la gra­zia e la venuta dello Spirito Santo, noi non guardassimo più alla loro natura, ma li prendessimo per il Corpo e il Sangue di Nostro Signore. Perché il Corpo di Nostro Signore nean­ch'esso possedette l'immortalità e il potere di dare l'im­mortalità, per propria natura: è lo Spirito Santo che glieli ha dati ed è per la Resurrezione dai morti che ricevette l'u­nione con la natura divina, divenne immortale e causa di immortalità per gli altri» (Teodoro di Mopseustia).

C'è un bellissimo testo che esprime questo dono dello Spirito:

«Ecco Fuoco e Spirito nel seno di sua Madre

ecco Fuoco e Spirito nel fiume dove sei stato battezzato Fuoco e Spirito nel nostro Battesimo

nel pane e nel calice Fuoco e Spirito Santo

nel tuo pane è nascosto lo Spirito che non si mangia nel tuo vino abita il Fuoco che non può essere bevuto. Lo Spirito nel tuo pane, il Fuoco nel tuo vino

meraviglia singolare che le nostre labbra hanno ricevuto». (Inno De Fide - siriaco)



c) Unione all'anima di Cristo

«Chi mangia la mia Carne e beve il mio Sangue dimora in me ed io in Lui» (Jo 6, 56). «Come il Padre, che ha la vita, ha mandato me e io vivo per il Padre così anche colui che mangia me vivrà per me» (Jo 6, 57).

Gesù nella S. Comunione dona a noi la sua vita divina, tramite lo Spirito, il suo amore infinito, trasformandoci in Lui, fino a potere dire con S. Paolo: «Non sono più io che vivo ma è Cristo che vive in me» (Gal 2, 20); «La mia vita è Cristo» (Fil 1, 21).

Ciò che il cibo materiale fa nel nostro corpo, nella nostra vita fisica, la Comunione lo realizza nella nostra vita spiri­tuale: conserva, rafforza, accresce la nostra vita divina; la Fede, la Speranza, la Carità e tutte le virtù e i doni spirituali. La Comunione realizza in noi un'unione profonda di pen­sieri, volontà, affetti tra noi e Cristo, cambia il nostro modo di pensare, di volere, di sentire, di agire, trasformandoci in Cristo, che dona a noi la Verità, la Forza, l'Amore, tutti i suoi santi doni spirituali affinché la nostra vita divenga sempre più capacità di lode, di amore a Dio Padre, servizio ai fratelli, ringraziamento, offerta, vita nuova nello Spirito.

Poco per volta si diventa come Gesù: umili, cortesi, buo­ni, pazienti, oranti, ci si trasforma in Cristo, si diventa Cri­sto. «Voglio che Gesù si impossessi talmente delle mie facoltà che io non possa più compiere azioni umane e per­sonali, ma solo delle azioni divine ispirate e dirette dallo Spirito di Gesù» (S. Teresina del Bambino Gesù).

«Gesù ti prego di rivestirmi di Te, di identificare tutti i movimenti della mia anima a quelli della tua, di sommer­germi, di invadermi, di sostituirti a me, affinché la mia vita non sia che un riflesso della tua» (Elisabetta della Trinità).

La S. Comunione ci fa diventare capaci di unirci al Cristo in Croce, sofferenti con il Cristo sofferente, generosi nel­l'offrire al Signore le croci e le difficoltà della nostra vita, con Lui sulla Croce. La S. Comunione trasforma la nostra vita, in una vita sempre più secondo il Vangelo ci converte ogni giorno aiutandoci a maturare nel dono e nello spirito di servizio. Gesù viene a vivere in ciascuno di noi, per con­tinuare a portare l'amore e la salvezza a tutti.



d) La Comunione ci separa dal peccato

Il Corpo di Cristo che riceviamo nella Comunione è "dato per noi" e il Sangue che beviamo è "sparso per molti in remissione dei peccati". Perciò l'Eucarestia non può unirci a Cristo senza purificarci, nello stesso tempo, dei peccati commessi e preservarci da quelli futuri (CCC n. 1393).

Cancella i peccati veniali perché vivifica la carità. Donandosi a noi Cristo ravviva il nostro amore e ci rende capaci di troncare gli attaccamenti disordinati alle creature e radicarci in Lui.

«Cristo è morto per amore. Perciò quando facciamo memoria della sua morte, durante il sacrificio, invochiamo la venuta dello Spirito Santo quale dono di amore.

La nostra preghiera chiede quello stesso amore per cui Cristo si è degnato di essere crocifisso per noi. Anche noi mediante la grazia dello Spirito Santo, possiamo essere crocifissi al mondo e il mondo a noi. Avendo ricevuto il dono dell'amore moriamo al peccato e viviamo per Dio» (CCC n. 1394).

Preserva dai peccati mortali per la carità che accende in noi. Quanto più partecipiamo alla vita di Cristo e progre­diamo nella sua amicizia, tanto più è difficile separarci da Lui con il peccato mortale (CCC n. 1395).



e) L'Eucarestia unisce ai fratelli costruisce la Chiesa

Ricevendo Gesù ci si unisce a Lui più profondamente. Lui fa la Chiesa, perché riunisce in un solo corpo tutti quelli che lo ricevono. La Comunione rinnova, rinsalda, approfondisce la Chiesa, l'unità tra i cristiani, uniti tra loro da Cristo. Nel Battesimo si è stati chiamati a formare un solo corpo, l'Eucarestia perfeziona l'unità, dona l'amore vicendevole rende capaci di servizio, pronti all'accoglienza soprattutto dei poveri. Unendosi a Cristo, ci-si unisce a tutti coloro con cui Cristo è unito!

Ricevendo Cristo, diventiamo capaci di incontrarlo nei fratelli, specie i più poveri: Gesù dà la grazia di riconoscer­lo nei fratelli, dà l'amore per l'unità di tutti.

«Non si consacra l'Eucarestia, se insieme non si consacra il mondo». Si riceve Gesù per comunicarsi e unirsi a tutti i popoli della terra: l'Eucarestia è il principio dell'amore universale, dall'unità dei popoli.

L'amore del prossimo è "condizione" prima per ricevere Gesù ed è il "fine" dell'incontro con Lui, l'effetto: chi rice­ve Gesù ama il prossimo! Con lo stesso amore con cui Gesù lo ama. L'amore fraterno è la pupilla degli occhi di Cristo! La comunità cristiana viene generata dall'Eucare­stia continuamente.



3. COME PARTECIPARE ALLA S. MESSA?

Alcune indicazioni di spiritualità: vivere bene i cinque momenti della Celebrazione eucaristica.




Atto penitenziale
Preparare il punto di conversione: in che cosa devo con­vertirmi in modo primario? Che cosa c'è nella mia vita che si oppone al Signore che incontro?

Mai partecipare alla S. Messa, senza prima purificarsi, ricordandosi di quanto dice S. Giovanni della Croce: «Con­vien sapere che un recipiente tanto più è capace quanto più in sé è puro: e tanto più una cosa si diffonde e si comunica, quanto più è sottile e delicata. Ora il Verbo è immensamen­te sottile e delicato e l'anima è il vaso ampio e capace per la grande purezza e delicatezza che ha al presente, per la grande purificazione cui si sottopone».



Parola di Dio
Devo fare sempre la "prima comunione con la Parola" durante la S. Messa, ascoltando con attenzione, fede e devo­zione la Parola di Dio, cercando di mettere in cuore "una Parola di vita" da vivere durante la giornata, chiedendo al Signore: «Signore cosa vuoi dirmi con questa Parola?»



Offertorio
Mai andare all'Eucarestia senza offrire Gesù al Padre e offrirsi. Offrire al Signore qualche dono (un dovere da compiere, un servizio di carità, un atto di generosità, ecc.). Offrire anche le sofferenze di qualche persona che soffre.



Consacrazione
Unirsi profondamente a Gesù in Croce che dona se stesso per la gloria di Dio e la salvezza del mondo. Ridire il pro­prio "Amen", sì a Gesù Cristo, impegnandosi nella vita cri­stiana.



S. Comunione
Occorre incontrare Gesù:

- con la massima fede: è Gesù che viene in me!

- con il massimo amore: come posso ricambiare il suo Amore infinito?

- con la massima gioia: non c'è gioia più grande sulla ter­ra, Dio viene in me!

- con la massima umiltà: «Signore non sono degno di par­tecipare alla tua mensa: ma di soltanto una parola e io sarò salvato!».

- con grande senso di adorazione: è l'Infinito Dio che vie­ne a me;

- con molto ascolto: il Signore mi parla!

- con continuo ringraziamento e lode che deve prolungar­si lungo la giornata.



4. Adorazione eucaristica

a) Occorre continuare la S. Messa pregando Gesù presen­te nell'Eucarestia e cercando di interiorizzare la S. Messa, prolungando la preghiera. Dice il Concilio: «I fedeli impa­rino ad offrire se stessi per mezzo di Gesù mediatore siano perfezionati nell'unità con Dio e tra di loro in modo che Dio sia tutto in tutti» (C. Liturgica n. 48).

La preghiera di Adorazione deve continuare la preghiera della Messa, adorando, ringraziando, lodando, chiedendo perdono, invocando per sé e per tutti l'aiuto del Signore!

b) Nell'Adorazione continuazione della Messa devono essere vivificati i sentimenti della liturgia eucaristica ope­rando una vera conversione nella carità. L'adorazione dovrebbe essere "una revisione di vita" sulla carità e dovrebbe diventare un dono di me stesso agli altri. Nell'A­dorazione si deve "costruire la Chiesa pregando per tutti!". Donare il tempo a Dio Presente nell'Eucarestia!

c) Pregando davanti a Gesù Eucarestia si deve rinnovare il senso dell'offerta di sé con Gesù che si offre al Padre per tutti e il senso vivissimo del ringraziamento per il grande dono della Cena del Signore.

d) L'Adorazione deve diventare sempre più un "atto di donazione di sé" un momento forte in cui si apre il cuore e la vita al Signore!

L'adorazione non è tanto un prendere, quanto un donarsi al Signore. Offrire il proprio cuore, implorando amore e generosità! La preghiera deve diventare sempre di più silenzio e donazione: adorare è amare, che significa prima di tutto "ascoltare Dio", accogliere Dio che viene in noi, facendo attenzione più a Dio che a noi stessi.



Revisione di vita
l. Quando vado a Messa cerco veramente di "incontrare" il Signore?

2. Mi preparo e partecipo bene ai cinque momenti centra­li: atto penitenziale, ascolto della Parola, offertorio, consa­crazione, Comunione?

3. So prepararmi prima (mentre da casa vado in Chiesa) e dopo (ringraziando e pregando) il Signore che è venuto in me?

4. Durante la settimana, trovo un po' di tempo per andare in Chiesa ad adorare personalmente il Signore o non ho tempo?





I MISTERI DELLO SPIRITO SANTO
(da recitarsi alla domenica per la Santificazione della festa)

1° Mistero: Gesù è concepito per opera dello Spirito San­to (Lc 1, 26-28)

2° Mistero: Gesù è consacrato Messia al Giordano dallo Spirito Santo (Lc 3, 21-22)

3° Mistero: Gesù muore in Croce per togliere il peccato e donare lo Spirito Santo (Gv 19,

4° Mistero: Gesù dona agli Apostoli lo Spirito per la remissione dei peccati (Gv 20, 22)

5° Mistero: Gesù a Pentecoste effonde lo Spirito per la Missione nel mondo (Atti 2, 1-13)



Si può recitare 1'Ave Maria aggiungendo l'invocazione allo Spirito:

«... Santa Maria Madre di Dio, prega per noi peccatori, adesso e nell'ora della nostra morte e ottienici il dono dello Spirito Santo. Amen».

Possibilmente recitare il S. Rosa­rio con la corona "rossa" segno del fuoco dello Spirito San­to, che è l'Amore.

Richiederla a: Parrocchia San Secondo - via San Secondo, 8 - 10128 Torino - tel. 011543191

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