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Il Santo Sacrificio della Santa Messa

Ultimo Aggiornamento: 07/09/2009 16:13
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07/09/2009 16:11

IL SANTO SACRIFICIO DELLA SANTA MESSA

P. Mateo Crawley, CC.SS.

Inno di Gloria

L'unico degno della Santissima Trinità


"All'Augusta Trinità, per Gesù Cri­sto, Sommo ed Eterno sacerdote, omaggio di riconoscenza e di amore riparatore, in occasione dei miei cin­quanta anni di sacerdozio. Magnificat! Miserere! Adveniat!" (17 dicembre 1898-1948)

Il mistero della divina Eucaristia comprende due meravi­gliosi capitoli: il Santo Sacrificio della Messa, fonte divina, inesauribile di grazia... e il Santo Sacrificio dell'Altare che, sotto il punto di vista teologico, è il Consummatum est, la con­sumazione liturgica del Sacrificio.

Normalmente entrambi dovrebbero restare spiritualmente uniti.

Disgraziatamente succede spesso che, senza un motivo sufficiente, si separa l'uno dall'altro, non senza detrimento per la vita eucaristica come pure per la vita spirituale. Il Santo Sacrificio è la fonte di vita divina da cui deriva il torrente sacro che è il Sacramento... Così la Santa Comunione e il Santo Tabernacolo sono torrenti di grazie che sgorgano dal Sacrificio.

Stabiliamo subito, con due affermazioni tanto categori­che quanto dottrinali, la differenza reale che esiste tra l'uno e l'altro.

Il Sacrificio è l'Offerta che il Verbo fa di Se stesso al Padre con queste parole: "Ecco lo vengo, o Dio, per fare la tua volontà" (Eb X, 7) - "Si è fatto obbediente fino alla morte, e alla morte di Croce" (Fil II, 8). Il Sacrificio è dunque la realizzazione ineffabile, sull'Altare come sul Calvario, di que­ste parole: "Tradidit semetipsum"! (Ef V, 2). Per la gloria del Padre e la redenzione dell'uomo colpevole, il Figlio di Dio si abbandona in olocausto al Padre... Abbandono mille volte sublime che si potrebbe glossare con queste povere parole: "Padre, poiché tu vuoi che io muoia, sia fatta la tua volontà!... Sì, mi sono incarnato per poter morire crocifisso, perché vo­glio essere tua Vittima di lode e di propiziazione. Io voglio, Padre, glorificarti tanto e molto più di quanto il peccato ti ab­bia oltraggiato".

E che cos'è il Santo Sacramento? Dopo essersi così ab­bandonato al Padre, il Figlio si volge verso di noi, suoi "filioli", i suoi piccoli figli, e ci dice: "Il Banchetto reale è già pronto, venite dunque tutti, mangiate il mio Corpo, bevete il mio San­gue. Ora io mi do a voi... Venite. Io sono la Manna discesa dal Cielo. Io sono il vostro Nutrimento e il vostro Pane. Io sarò Gesù-Ostia, tutto vostro, fino alla consumazione dei se­coli".

Nel Sacrificio, il Verbo fatto carne si dà al Padre quale Ostia. Nel Sacramento, sempre quale Ostia, si dà alla Chiesa e al popolo fedele.



È dunque chiaro che Gesù-Vittima è assolutamente la stes­sa Ostia nel Sacrificio e nel Sacramento. Ma l'Ostia del Sa­crificio non è offerta che al Padre... mentre l'Ostia del Sacra­mento è data e abbandonata ai fedeli.

Se l'eccellenza tutta divina dell'Ostia nel Sacrificio e nel Sacramento è assolutamente identica, la qualità di colui che la riceve differisce in una misura... infinita. Nel Sacrificio è il Padre, la cui eccellenza è infinita, che riceve Gesù-Ostia. E nel Sacramento colui che Lo riceve è l'abisso di niente e di peccato, che siamo noi tutti.

La consumazione della Vittima nella Santa Comunione costituisce la consumazione liturgica del Sacrificio. Ciò è tal­mente vero che, secondo le parole di Sua Santità Pio XII nella enciclica Mediator Dei, la Comunione "è assolutamente ne­cessaria da parte del ministro sacrificatore". Ma non ci sa­rebbe né Santa Comunione, né Santo Tabernacolo, né pertan­to esposizione e visita del Santo Sacramento, senza la Santa Messa che rinnova sull'Altare la Presenza reale.




La Santa Messa, liturgicamente considerata, comprende tre parti e cioè:

- l'oblazione o Offertorio;

- la Consacrazione delle due specie che costituisce il centro e l'essenza stessa del Sacrificio; - e la Santa Comunione che ne è il compimento, la consumazione richiesta dal Sacrificio della Messa.

E chi offre la Santa Messa? Tre persone, ma la cui opera­zione è di una virtù liturgica molto differente.

Anzitutto l'adorabile Pontefice, il Cristo-Gesù, il "Som­mo Sacerdote secondo l'Ordine di Melchisedech" (EbV, 10). Egli è al tempo stesso e il divino Officiante e anche la sacro­santa Oblazione sacramentale.

Poi, per Lui, con Lui e in Lui l'altro Cristo, che è il Sa­cerdote, ordinato Ministro ufficiale espressamente per offrire il Santo Sacrificio. "Sacerdotium propter sacrificium", il Sa­cerdote è stato istituito per offrire il Sacrificio. Egli, mentre compie all'Altare questa "maxima actio", è investito del Sa­cerdozio e del potere di Cristo, in virtù delle parole pronun­ziate dal Salvatore nell'ultima Cena: "Fate questo in memoria di Me" (Lc XXII, 19).

Ed infine, con una specie di concomitanza spirituale, i fe­deli offrono il Sacrificio insieme con il Sacerdote, ma in una misura limitata e discreta, soltanto nell'Offertorio e nella Co­munione della Vittima. Perciò, perché la Messa è essenzial­mente un culto sociale e pubblico, la Chiesa esige sempre la presenza all'Altare di un rappresentante del popolo che è co­lui che serve la Messa o il chierichetto. Costui, nella sua fun­zione ufficiale, in quanto "luogotenente" del popolo, deve pre­sentare al Celebrante il vino e l'acqua. E in virtù sempre della sua qualità di "deputato", egli avvia con il Sacerdote quel dia­logo che, nei primi secoli della Chiesa, fu la forma liturgica stabilita per la celebrazione del Santo Sacrificio.



È con immensa soddisfazione che constatiamo che da qual­che tempo si predica e si scrive molto sulla S. Messa. E grazie a ciò, lo riconosciamo, i fedeli hanno fatto un grande passo verso l'Altare, manifestando una fede più illuminata e più co­sciente.

Ammettiamo, tuttavia, che si è ancora lontani dall'ideale perseguìto dalla Chiesa in questa questione così importante... Ahimè! sono ancora troppi i buoni che mancano di una solida istruzione, del catechismo... Ahimè, sono legione quelli che vengono alla Messa unicamente o quasi per comunicarsi, e non, certamente, per prendere parte al Sacrificio, non per glo­rificare la SS.ma Trinità... Per quante anime pie la divina Eucaristia si riduce al Pane consacrato che si distribuisce alla Sacra Tavola!

La S. Messa è per costoro una bella cerimonia liturgica durante la quale si suole fare la S. Comunione. La Messa non è dunque per essi il grande Sacrificio, vero centro della Chie­sa, ma soltanto la chiave d'oro che apre il Tabernacolo quan­do, per devozione privata, si vuole ricevere Gesù-Ostia... È perciò che, durante la Messa, si recitano delle novene, dei ro­sari, inconsapevoli o quasi del Dramma divino che si svolge sull'Altare. Io l'ho detto: ci sono di quelli che separano il Sa­crificio dal Sacramento.

Come ha ragione quel gran teologo che ha scritto: "Colui che non apprezza la S. Messa non sarà mai un'anima vera­mente eucaristica; non apprezzerà mai la S. Comunione, an­che se la riceve tutti i giorni"... In effetti, l'ignoranza e l'abi­tudine unite insieme hanno in questo caso un ruolo nefasto. Esse fanno del S. Sacramento una devozione insipida e senza sostanza, come un latte scremato!



E che cosa dicono il Catechismo e la Teologia sul Santo Sacrificio? Prima di entrare direttamente in questo argomento impegnativo, ci tengo a fare un'osservazione di estrema im­portanza.

Scrivendo questo capitolo io voglio assolutamente offrire ai cari lettori un pane di luce per lo spirito, ma anche un pane consa­crato per il cuore. Voglio dire che, con questa esposizione, io mi propongo, certamente, di dare una grande luce che dia una pro­fonda convinzione soprannaturale sul mistero dei nostri Altari. Sì, io voglio chiarire e istruire, perché la fede del "carbonaro" non è più dei nostri giorni. Ma io voglio anche, ci tengo soprattut­to a riscaldare le anime nell'amore di Gesù Cristo. E tanto più lo voglio perché vi sono dei buoni libri che producono solo una scarica di luce elettrica, terribilmente fredda.

Voglia, a questo scopo, il Cuore di Gesù animare il mio pensiero e la mia penna perché io possa scrivere con la fiam­ma di una grande unzione!

Sì, io vorrei tanto infiammare tutti coloro che mi leggono. Come sarei contento se i miei lettori potessero parla­re come quello studente che scriveva ad un suo amico Sacer­dote: "Padre, il vostro libro riscalda la mia anima, il vostro stile mi fa piangere e le mie mani nel girare le pagine, brucia­no... Mi domando come la vostra penna, arroventata, possa ancora resistere e scrivere!".

Perché non sarebbe possibile unire, in perfetta fratellanza, molta dottrina e molta unzione, un ragionamento solido e un grande amore? Perché no? Per quale motivo, parlando delle cose divine, bisogna stabilire un divorzio tra la testa e il cuo­re?... Perché questa strana anomalia? Bisogna certamente il­luminare, è un bisogno tanto nobile quanto indispensabile; ma bisogna nello stesso tempo edificare e accendere una fiamma di carità. Il Vangelo ce ne dà un meraviglioso esempio; è al tempo stesso sole che illumina e sole che vivifica con il calore della carità. "Ego sum lux mundi"; dice il Maestro (Gv VIII, 12). E aggiunge: "Io sono venuto a portare il fuoco sulla ter­ra"... (Lc XII, 49). "Venite a Me voi tutti" (Mt XI, 28).

Per niente al mondo vorrei dare la delusione di scrivere un libro che sia uno scheletro disincarnato senza l'anima dell'amo­re! E che? L'Amore di Dio non è il più alto vertice e la sostan­za della più autentica teologia? Ricordiamoci che il genio che scrisse la "Somma" incomparabile, compose anche il capola­voro che è la Messa del Santissimo Sacramento. Io non invi­dio il cervello meraviglioso del Dottore Angelico, ma invidio la fiamma del suo cuore sacerdotale, perché io sono sacerdote come lui.

La Chiesa, d'altronde, lo dice molto bene in questa invo­cazione bella e semplice nello stesso tempo: "Intellectum illu­mina", illumina la mia intelligenza, "Affectum infiamma", in­fiamma il mio cuore! entrambe le cose: la luce apre la via alla grazia, e l'amore completa e rende efficace la sua azione.

Il Sacrificio

Un 25 marzo, lo Spirito Santo dando al Verbo di Dio un corpo nel seno verginale di Maria, Lo consacrò Sommo Sa­cerdote per la gloria della Trinità e Lo costituì Vittima redentrice d'Adamo e della sua discendenza... Così afferma la Chiesa nell'Orazione della bellissima Messa di Gesù Cristo Sommo Sacerdote: "O Dio che, per la gloria della Vostra Maestà e per la redenzione del genere umano, avete costituito il Vostro Unigenito Figlio sommo ed eterno Sacerdote" (Mes­sale).

Per l'Incarnazione il Figlio di Dio diveniva, in quanto Fi­glio dell'uomo, passibile, capace di soffrire, di agonizzare e di morire, Lui, l'immortalità e la vita. Incarnandosi per fare la volontà del Padre, il Verbo si consegnò Lui stesso alla morte: "quia Ipse voluit" (Is LIII, 7).

Infatti, era disceso come Messia e Salvatore: "salvum facere quod perierat" (Lc XIX, 10). Veniva espressamente per divenire l'olocausto di immenso valore del Sacrificio per ec­cellenza, quello della nuova Alleanza. Ah! com'è commo­vente e sconvolgente considerare che, potendoci salvare su un Tabor risplendente di gloria e di delizie, Egli ha scelto per amore la follia e l'ignominia della Croce!

Detto ciò, con l'animo pieno di gaudio, entriamo nell'ar­gomento. Voglia Iddio che, grazie a questa meditazione, le anime si sentano perdutamente innamorate dell'augusto Mi­stero di cui parliamo. Più che mai lo Spirito Santo sia con me! Che cos'è la Messa, secondo la Chiesa? Il Santo Sacrifi­cio è l'Adorazione di Gesù Cristo, l'Uomo Dio, che loda il Padre e la Trinità sull'Altare come sul Calvario, che Lo glori­fica come Lo glorificava in cielo "prima che il mondo fosse" (Gv XVII, 5). - Sì, il Figlio di Dio, Pontefice e Ostia, Dio Lui stesso, adora Dio suo Padre.

La sua Adorazione è divina!

Che cos'è fondamentalmente il Dramma eucaristico? Il S. Sacrificio è l'Espiazione perfetta che Gesù Cristo, Uomo-Dio, offre sull'Altare al Padre gravemente offeso dalla ribellione criminale del peccato. E dunque Lui, l'Agnello senza mac­chia, si immola dall'aurora al tramonto e offre il suo Sangue prezioso in olocausto di Propiziazione per i nostri innumere­voli peccati, e così salva i peccatori!

La sua Espiazione è divina!

Teologicamente che cos'è la S. Messa? Il S. Sacrificio è l'Eucaristia o Azione di ringraziamento che Gesù Cristo, l'Uo­mo Dio, offre al Padre, in nome dei figli colmati di doni, ma così ingrati! Senza questa Azione di grazie suprema la nostra nera ingratitudine attirerebbe l'ira divina. Ah! per quanti be­nefici spirituali e temporali noi dobbiamo essere riconoscenti al Cielo! ... Per il Battesimo di acqua; per il Battesimo di san­gue sul Calvario; per il Battesimo di fuoco nel Cenacolo, la meravigliosa Pentecoste; per la nostra filiazione di figli adot­tivi del Padre. Per l'oceano di grazie dei Sacramenti. Per l'Ar­ca di salvezza che è la Chiesa e, in essa, per la roccia del Pon­tificato romano. Per la Maternità divina e la mediazione uni­versale di Maria, e per tutti i suoi privilegi che sono altrettante grazie per noi. Per il Dono dei doni che è l'Eucaristia-Sacrifi­cio e l'Eucaristia-Sacramento fino alla consumazione dei se­coli: "In finem dilexit eos" (Gv XIII, 1).

Il suo Ringraziamento è divino!

Che cos'altro è questo prodigio inaudito dell'Altare? - Il S. Sacrificio è 1'Impetrazione di Gesù Cristo, l'Uomo-Dio, che, con piena conoscenza della nostra grande indigenza mo­rale, domanda al Padre, con pari sapienza e misericordia, una pioggia di benedizioni e di grazie che solo Lui conosce e che solo Lui può ottenere... Perché Egli ha detto: "Il Padre Mi ascolta sempre" (Gv XI, 42).

È il nostro Avvocato il cui grido sale incessantemente in nostro favore fino al Trono dell'Altissimo. Molto meglio di Mosè, Gesù Cristo sull'Altare alza le mani supplicanti e tra­fitte e ci protegge contro i rigori della Giustizia. Ed è perciò che i favori che Egli ci ottiene superano di gran lunga il nume­ro dei nostri delitti.

La sua Impetrazione è divina!

Non possiamo meglio chiudere e coronare queste rifles­sioni gravi e commoventi se non riportando qui la definizione testuale del S. Sacrificio data da Sua Santità Pio XII. Egli dice. "Il Sacrificio eucaristico consiste essenzialmente nell'immo­lazione incruenta della Vittima divina, immolazione che è misticamente indicata dalla separazione delle Sante Specie e dall'oblazione fatta all'Eterno Padre. La S. Comunione ap­partiene all'integrità del Sacrificio e alla partecipazione ad esso per mezzo della comunione dell'augusto Sacramento; ma, mentre è assolutamente necessaria da parte del Ministro sacrificatore, ai fedeli essa è solamente da raccomandarsi vi­vamente".

Fermiamoci qui, perché la bellezza di queste riflessioni esige un commento, breve, ma pieno di luce e di fuoco. Rom­peremo, perciò, in briciole saporite questo pane di dottrina. Che esse non vadano perdute! Prendetele, mangiatele con amore!

La voce del Cristo, Pontefice e Mediatore, che adora, che espia, che ringrazia e che domanda al Santo Altare è davvero la voce della Chiesa cattolica. Infatti, la Santa Messa è l'omag­gio ufficiale, sociale e pubblico dell'umanità redenta e cristia­na, che attraverso le labbra e le piaghe del Cristo Mediatore adora, loda e benedice all'Altare il Dio-Uno nelle sue tre adorabili Persone. Ecco perché una sola Messa rende gloria a Dio più di tutti i miracoli e della lode della Corte celeste degli Angeli e dei Santi. È un Dio che all'Altare adora e loda Dio con una lode infinita.

La Messa è dunque un omaggio divino, quello del Sacrifi­cio, e una preghiera collettiva, mai un culto di devozione pri­vata come le visite al Santissimo Sacramento, la Via Crucis, il Rosario. È il grande grido cattolico della famiglia cristiana che soffre in questo esilio la nostalgia del Cielo.

Per Lui, con Lui, in Lui

Per ben cogliere l'imponente maestà della Messa, evoche­rò ora, e con grande emozione, un gesto del Celebrante che riassume mirabilmente tutto l'ideale della glorificazione del Padre e della Trinità per mezzo dell'adorabile Pontefice e Mediatore della Santa Messa.

Mi sembra che in quel momento, mille volte sublime, i nove cori degli Angeli, tutta l'Assemblea dei Santi e il Purga­torio, circondando da vicino il Celebrante, debbano bere le sue parole e stare sospesi ai suoi gesti, pieni di una divina maestà.

Poco dopo la Consacrazione il Sacerdote, tenendo nella sua mano destra l'Ostia divina, traccia con Essa cinque croci sul prezioso Sangue del Calice dicendo: "Per Lui, con Lui, e in Lui a Te Dio Padre Onnipotente, nell'unità dello Spirito Santo, ogni onore e gloria"! E nel dire ciò, solleva insieme verso il cielo l'Ostia Santa e il Calice.

Sottolineiamo calorosamente la grandezza inesprimibile di questo gesto che sembrerebbe divino...

Lo stesso geniale S. Paolo, discendendo dal terzo cielo, avrebbe trovato l'eloquenza necessaria per spiegarci tutta la maestà di questa formula liturgica, ricca di un significato infi­nito?

Per Lui, l'Uomo-Dio di Betlemme, del Tabor e del Calva­rio, realmente presente tra le mani del Sacerdote, come lo fu nelle mani di Sua Madre...

Con Lui, l'Uomo-Dio crocifisso, morto e risuscitato... che è salito al Cielo e che è assiso, come Dio, alla destra del Pa­dre, e al quale il Padre ha conferito ogni potere in cielo e in terra...

In Lui, l'Uomo-Dio per mezzo del quale e per il quale tutto è stato fatto, e che è stato costituito Re immortale e il Giudice che verrà sulle nubi del cielo per giudicare i vivi e i morti...

Sì, per Lui, con Lui e in Lui, sia gloria infinita all'augusta e adorabile Trinità!

Se in quel momento un bagliore miracoloso illuminasse il celebrante rivelandogli il significato di quel gesto, egli mor­rebbe, non di paura, ma di sorpresa e di gaudio! Solo la Vergi­ne Madre ebbe l'insigne privilegio di superare il Sacerdote con l'oblazione che fece del Figlio al Padre, a Betlemme, al Tempio di Gerusalemme e sul Calvario.

Non è dunque la Messa l'inno ufficiale della gloria, il solo degno dell'augusta Trinità?

E a questo fine assaporiamo dilettandocene una magnifica strofa di questo inno, quale Gesù Cristo stesso lo ha insegnato agli apostoli e quale Egli lo canta all'Altare con la liturgia e la voce della Chiesa: "Padre Nostro che sei nei Cieli... Padre, sia santificato il tuo nome!... Padre, venga il tuo regno!... Padre, sia fatta la tua volontà come in cielo così in terra!".

Oh, pensate che 1'Orante che così prega è niente di meno che il Verbo Incarnato, il Figlio di Dio e di Maria che, all'Al­tare esalta la gloria di Colui che è suo e nostro Padre! Si può perciò affermare che la creazione dell'universo dal niente è soltanto una scintilla di gloria, paragonata alla gloria che Gesù, Sommo Sacerdote, rende all'Altare alle Tre Persone dell'augusta Trinità.

E ora, fissando i nostri occhi e il nostro cuore sul Golgota dell'Altare, facciamo un'audace supposizione, creazione molto legittima e verosimile della nostra fantasia... Il Signore stesso se ne è servito per dipingere gli inimitabili quadri dei suoi discorsi pieni di immagini e delle sue incomparabili parabole. Ecco: supponiamo, che al tempo degli Imperatori romani Augusto e Tiberio, si fossero già scoperti e anche diffusi i meravigliosi apparecchi "Registratori-Radio-Televisione", ma ancora più perfezionati che ai nostri giorni. E supponiamo che Cesare, informato dai suoi agenti dell'emozione prodotta in Palestina dalla predicazione di Gesù e dalla risoluzione del Sinedrio di farLo morire, avesse ordinato a Pilato di inviare a Roma, con il dossier del processo, un film del dramma della crocifissione del preteso Re dei Giudei. Quale non sarebbe la nostra indicibile emozione se questo film audio-visivo, ripro­duzione esatta, grafica del deicidio del Venerdì santo, si svol­gesse nelle Chiese, prima del Santo Sacrificio della Messa, davanti ai nostri occhi! Questo film sarebbe una sorta di visio­ne di ordine naturale e scientifico del dramma divino dei no­stri Altari. Ci permetterebbe di ascoltare le sette parole di Gesù e anche le bestemmie di cui i nemici abbeverarono la Vittima divina. Noi vedremmo con i nostri occhi ciò che videro i tre testimoni fedeli, Maria, Giovanni e Maddalena. Noi assiste­remmo come loro a ciò che fu la scena del Calvario, da mez­zogiorno alle tre del pomeriggio, in quel Venerdì Santo.

Ebbene, esattamente così, ma infinitamente di più, è la meravigliosa realtà che la Fede, che non può ingannarci, mo­stra ai credenti attraverso un velo sottile e trasparente, quan­do, ben istruiti e devoti, assistiamo al Santo Sacrificio. Questo film avrebbe rappresentato un fatto passato, come la Sindone di Torino, mentre la S. Messa ci offre una realtà attuale e pre­sente.

In effetti, sono venti secoli che nella Chiesa cattolica una Messa, tre volte santa e ininterrotta, è stata sempre celebrata, quella del Venerdi Santo, esattamente quella di cui Gesù Cro­cifisso fu nello stesso tempo Pontefice e Vittima. È questa stessa Messa, rinnovata, riprodotta, prolungata attraverso i secoli, che è essenzialmente la nostra Messa quotidiana... Ancora una volta, non un bel simbolo religioso, non un film ammirabile, registrato, diciamo così, dagli-Angeli; no, ma la stupenda e divina realtà del Calvario, esattamente riprodotta sull'Altare, eccetto la sofferenza e il versamento di sangue, dato che la Vittima eucaristica è oggi impassibile perché gloriosa.

Sulla base di questi princìpi, il Concilio di Trento dichiara che il Santo Sacrificio compie, innanzi tutto, un'opera di stretta giustizia, pagando il riscatto delle nostre colpe con il "Sangue dell'Agnello che toglie i peccati del mondo".

È dunque un fatto certo, di ordine soprannaturale, che il Santo Sacrificio ci salva placando la divina Giustizia, offren­do nel Calice il prezzo stesso già offerto sul Calvario. Senza questo riscatto, il solo adeguato, i nostri delitti non avrebbero remissione. Ma fortunatamente Gesù è morto gridando: "Pa­dre, perdona loro!".

Una volta che l'opera di rigorosa giustizia è compiuta, la misericordia risplende come un sole sfolgorante. La riconci­liazione è suggellata tra il cielo e la, terra ribelle... Ma Dio esige che noi applichiamo costantemente alle cicatrici delle nostre anime peccatrici il Sangue redentore. Ah! versato una volta sul Calvario, esso riempie il Calice del Santo Sacrificio.

Bisogna però far notare chiaramente la differenza tra il Golgota in Gerusalemme e il Calvario dei nostri Altari. Que­sto è un Tabor glorioso, anche se sempre imporporato di un

La S. Comunione

Ecco un'altra briciola deliziosa che ha tutto il sapore del Sangue dell'Agnello!

Parliamo della S. Comunione la quale, secondo la sana dottrina e la liturgia, è il "Consummatum est!" di Gesù, cioè la consumazione mistica del Sacrificio, il suo termine, il suo coronamento.

L'abbiamo già detto: non c'è Messa senza Comunione del Celebrante, ma non c'è neppure Comunione senza Messa, se­condo i princìpi della liturgia e del Sacrificio.

Ma qual è teologicamente parlando il fine supremo della Comunione eucaristica? Quale dovrebbe essere il nostro più veemente desiderio, il nostro grande ideale nel ricevere Gesù­Ostia?

Io rispondo categoricamente che il fine supremo della S. Comunione è essenzialmente legato a quello del S. Sacrificio, cioè: la glorificazione della SS.ma Trinità. Questo è evidente perché la Comunione è della stessa natura del Sacrificio; essa è dunque liturgicamente un banchetto sacrificale che si inte­gra col Sacrificio.

Noi dobbiamo dunque fare la S. Comunione per lo stesso altissimo fine per il quale offriamo il S. Sacrificio, vale a dire in omaggio di gloria e di fede della SS.ma Trinità. La S. Co­munione, in effetti, completa ciò che il Sacrificio ha incomin­ciato. Ecco perché il fine supremo dell'uno e dell'altro è iden­tico: "Gloria Patri, per Jesum Christum Dominum Nostrum!".

Secondo questa bella e solida dottrina, se dunque il Ce­lebrante consacra un grande ciborio con 500 ostie, vuol dire che i 500 fortunati comunicanti vogliono, alla Sacra Mensa, rendere alla SS.ma Trinità la stessa gloria che il Celebrante Le rende all'Altare. Così Sacrificio e Sacramento sono lo stesso identico, inno di lode divina, lo stesso inno di gloria a Dio.

Ciò detto, dobbiamo affermare molto categoricamente che la S. Comunione ha in più un altro scopo capitale che ci ri­guarda tutti personalmente: secondo l'insegnamento formale di Cristo, la S. Comunione è per istituzione divina un nutri­mento celeste. L'Autore stesso della grazia vi si dona, e Gesù Cristo diviene allora per la S. Comunione alimento delle no­stre anime: "Mens impletur gratia".

La "Manna" dell'Altare, il Pane degli Angeli, è, dunque, per un capolavoro dell'amore del Salvatore, un alimento, fon­te di vita e di vigore, dei viandanti in esilio che sono i mortali. Noi ci comunichiamo per avere una vita soprannaturale e averla sovrabbondante; ci comunichiamo per santificarci mediante questa unione sacramentale, intima, con il Santo dei Santi.

La S. Comunione è talmente un dovere sacro che il Salva­tore ha dichiarato formalmente che "colui che non mangia la sua Carne e non beve il suo Sangue, non avrà la vita in sé, non avrà la vita eterna" (Gv VI, 54). Il Sacerdote, quando distribu­isce la Santa Comunione, ce lo dice: "Il Corpo di Nostro Si­gnore Gesù Cristo custodisca la tua anima per la vita eterna!". Il comunicante fervoroso può ben dire con S. Paolo: "La mia vita è Gesù Cristo" (Fil I, 21).

Facciamo a questo punto un'osservazione estremamente interessante. Eccola: il comunicante, che sa tener conto della gamma dei valori spirituali, saprà anche, per ciò stesso, inten­sificare in sé la grazia e il merito. Voglio dire che, quando un comunicante fervoroso si è proposto nella sua Comunione pri­ma di tutto di onorare la SS.ma Trinità, per ciò stesso il Sacra­mento che riceve diventa in lui prodigiosamente nutriente ed egli profitta della sua Comunione al cento per cento, grazie a queste ammirabili disposizioni. È certissimo, in effetti, che colui che dà al Padre e alla SS.ma Trinità la parte di onore che Gli tocca, la parte principale, non soltanto non perde niente, ma moltiplica il suo tesoro e lo rende meravigliosamente effi­cace.

Facciamo a questo proposito un paragone: immaginiamo due invitati da un Re a un magnifico banchetto; l'uno vi va soprattutto desideroso e affamato di godere delle pietanze e dei vini della tavola reale; l'altro vi va soprattutto per onorare colui che l'onora, per deferenza verso il Re, in omaggio d'af­fettuosa lealtà... Ciò non gli impedisce, certamente, di gode­re del banchetto come l'altro, ma con un atteggiamento ben più nobile e ammirevole. Io so bene che questo paragone, per quanto bello, zoppica come tutti i paragoni; perché nel caso della S. Comunione, il Re che invita e lo splendido banchetto che ci offre è sempre Lui stesso!

Manteniamo, perciò, molto strettamente uniti con la fede e l'amore, la gloria dovuta alla SS.ma Trinità e il nostro pro­fitto spirituale nel ricevere il SS. Sacramento. Per un'ultima volta: colui che nel servizio di Dio, pur cercando molto legit­timamente il proprio profitto spirituale, dà al Signore la prima parte, riceve tutto il resto, con il regno di Dio e la sua giusti­zia, e lo riceve sovrabbondantemente... Sì, costui ha veramente trovato la pietra filosofale, cioè, il segreto di convertire tutto in oro di buona lega.

Concludiamo questa interessante esposizione: la S. Co­munione è essenzialmente un banchetto sacrificale che fa parte del Sacrificio come la parte del tutto. Il Sacrificio richiede la consumazione che è la S. Comunione. Ed ecco perché è molto conveniente che i fedeli facciano la S. Comunione durante la Messa.

Si è discusso a lungo se, per partecipare al Sacrificio, i fedeli dovessero necessariamente fare la S. Comunione du­rante la S. Messa. Ed ecco che Sua Santità Pio XII, nella sua recente e bella enciclica, tronca questa discussione. Citiamo testualmente le sue parole: "Non è raro che vi siano dei motivi per distribuire la S. Comunione o prima, o dopo lo stesso Sa­crificio... Anche in questi casi... il popolo partecipa regolar­mente al S. Sacrificio eucaristico... Se dunque, nella sua ma­terna accondiscendenza, la Chiesa si sforza di andare incontro ai bisogni dei suoi figli, questi nondimeno, da parte loro, non devono facilmente sdegnare tutto ciò che la sacra liturgia con­siglia e sempre che non vi sia un motivo plausibile in contra­rio, devono fare tutto ciò che più chiaramente manifesta al­l'Altare l'unità vivente del Corpo mistico".

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