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Il Santo Sacrificio della Santa Messa

Ultimo Aggiornamento: 07/09/2009 16:13
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Sesso: Femminile
07/09/2009 16:13

Egli si è dato... Diamoci anche noi!

C'è una parola ispirata straordinariamente luminosa in ri­ferimento ai misteri dell'Incarnazione e della Croce e a quel­lo, stupendo per bellezza e maestà, che è il Sacrificio della S. Messa. Eccola questa parola luminosa: "Tradidit semetipsum". Ed eccone il commento dottrinale.

Il Verbo di Dio, per la gloria del Padre e per la redenzio­ne dell'uomo colpevole, si dà alla morte e alla morte di Cro­ce! E anche, nei secoli, all'immolazione della divina Eucari­stia. È dunque "amoris victima" per riscattare i nostri crimi­ni e i nostri misfatti. Egli è sull'Altare quale olocausto di espiazione e di propiziazione che arresta lo sdegno del Pa­dre... Il suo Cuore lo vince, il suo amore lo incatena per sempre!

Ora, nella celebrazione della S. Messa, vi è un gesto tra­scendente e esclusivamente sacerdotale, quello della Consa­crazione. Il Sacerdote, nel compierlo, partecipa come non mai al Sacerdozio di Cristo, investito di un potere unico conferito il Giovedì Santo dal mandato ricevuto da Gesù stesso.

Ma sia il Celebrante che i fedeli possono e devono realiz­zare un altro prodigio che la celebrazione veramente santa del Sacrificio richiede dal Sacerdote e da quelli che con lui offro­no la Vittima divina. Questo prodigio morale deve consistere nel raggiungere e riprodurre "l'abbandono totale del Cristo al Padre" per mezzo del nostro abbandono, anche totale, alla volontà del Padre - "Pater, in manus tuas commendo spiritum meum!" (Lc XXIII, 46).

Abbandonarci così sarà morire tutti i giorni, "quotidie morior", con un'immolazione a fuoco lento, abbandonandoci al Padre, alla sua volontà, per glorificarLo in unione con l'ab­bandono di Cristo sulla Croce e sull'Altare. Questo abbando­no da parte nostra sarebbe perfezionare e coronare il Sacrifi­cio con Gesù Cristo e come Gesù Cristo, in qualità di "offe­renti" che si abbandonano e di "vittime" che si immolano: "Offerens et oblatio".

Ecco la celebrazione integrale della S. Messa! Vale a dire che noi dovremmo aggiungere al rito liturgico, mille volte sa­cro, il dono totale e volontario di noi stessi al Padre, per mez­zo di Cristo, Sommo Sacerdote, con il Cristo-Mediatore e nel Cristo-Vittima.

Questa celebrazione integrale non dura solo lo spazio di una mezz'ora, ma tutta la giornata, e l'intera vita. Infatti, pri­ma, durante e dopo la celebrazione liturgica all'Altare, noi dobbiamo, con un immenso amore di generosità, abbandonar­ci incessantemente e senza riserva al Padre che diede il suo Figlio per amore, e anche al Verbo che si fece Vittima per amore al Padre e a noi. Due Vittime in una sola e stessa immo­lazione.

Dobbiamo essere pienamente convinti, preti e fedeli che il Rito sacramentale, per divino che sia, non ci darà di per se stesso e contro la nostra volontà ciò che questa partecipazione spirituale alla morte del Cristo, mediante il nostro abbandono e la nostra morte morale, ci otterrà sicuramente.

Se dunque noi lasciamo che il Signore si offra da solo, senza darci con Lui, noi faremo un grosso taglio alla gloria accidentale e esteriore del Padre e noi perderemo un enorme tesoro che ci era riservato.

È qui che bisogna applicare l'assioma che afferma che la santità suppone, certamente, l'amore che previene e che si riceve gratuitamente, ma essa consiste praticamente nell'amore generoso che si dona in cambio. Abbandonarsi al Padre per mezzo di Gesù Cristo è perciò un amore molto più grande di santità che il semplice fatto di accettare i suoi doni.

Chiunque si sforza di vivere pienamente e completamente la volontà di Dio, soprattutto quando è una volontà che ci cro­cifigge, nelle ore del Getsemani e del Calvario, costui sa vera­mente amare, perché sa donarsi in un perfetto abbandono.

Il Sacerdote che con queste ammirabili disposizioni sale all'Altare offre pienamente il S. Sacrificio, perché ne vive. E il fervente cattolico, che, pieno di questo spirito, si avvicina alla Sacra Mensa, mangia e assimila la grazia della sua santificazione... Una vita profondamente cristiana è una Messa vissuta!

"Padre - ha detto il Verbo incarnandosi - ecco che lo ven­go per fare la tua volontà, morendo di una morte crudele e ignominiosa!" E Colui che parla così è il solo Innocente, il solo Giusto, il solo Santo! Per essere meno indegno di cele­brare con un tale Pontefice, per partecipare alla sua immola­zione eucaristica, bisogna assolutamente saper rinunciare a Sé stesso: "abneget semetipsum", e aderire così, in spirito e veri­tà, alla Vittima della Croce e dell'Altare... Non dimentichia­molo, è in questa morte morale di tutti i giorni, è in questa abbandono della nostra volontà alla Sapienza e all'Amore del Padre che consiste la più autentica e la più alta celebrazione del S. Sacrificio.

Ecco veramente ciò che vuol dire "comunicare al suo Cor­po e al suo Sangue, comunicare alla sua vita e alla sua mor­te". Per Lui, è sempre il "tradidit semetipsum". E con Lui, anche per noi, celebrare con Lui vuol dire "abbandonarci senza riserve". In effetti, non si può, in questa Messa integrale, se­parare l'Ostia dal Celebrante, perché il Celebrante deve esse­re sempre, come Gesù Sacerdote, un'ostia.

Non ci inganniamo: solo un amore forte come la morte dà la soluzione di questa sublime Mistero... Non ci sono che gli eroi dell'amore che sanno morire così, perché essi solo sanno abbandonarsi. Essi soli hanno veramente compreso e voglio­no riprodurre, nella loro vita cristiana, questo "tradidit semetipsum", l'abbandono totale del Cristo sul Santo Altare!

Il Calice di salvezza

Parliamo ora della Missione di salvezza del Calice. "Calix salutaris", offerto per la redenzione di molti. Ah, le nostre anime sono state riscattate ad un così alto prezzo! Noi siamo costati quel che vale agli occhi del Padre il torrente versato sulla Croce e la cui effusione svuotò le vene del Salvatore, "redemisti nos Deo in Sanguine tuo!" (Ap V, 9).

In effetti, la principale missione di salvezza nella Chiesa, non è né la parola né 1'ammirabilissima attività di un France­sco Saverio. No! Questa attività apostolica suppone un San­gue redentore. La principale missione effettiva e reale, perché eminentemente divina, è precisamente quella della Croce, quella perciò del S. Sacrificio. Questo è assolutamente il pro­digio redentore del Giovedì Santo, coronato dal miracolo del Venerdì Santo.

La S. Messa li comprende tutti e due: il dramma del Cenacolo e la divina tragedia del Calvario, l'immolazione mistica del Giovedì Santo e quella cruenta del Venerdi Santo!

Non è questa una lezione tanto solida quanto confortante per la folla di belle anime che piangono, aspettando la conver­sione di una persona cara? Perché - ahimè! - i prodighi e i pubblicani abbondano anche nelle famiglie cristiane.

Quale nobile e santa angoscia è quella di una sposa cri­stiana, di una madre modello, di una figlia pia, che hanno in casa il cadavere morale di un marito, di un figlio, di un padre, lontani da Dio, che lavorano, guadagnano del danaro, godono della vita sull'orlo stesso dell'inferno!... La morte avanza, li aspetta al varco, potrebbe sorprenderli come un ladro e i loro conti non sono pronti; al contrario!... Quante anime sante, quante ferventi Religiose e soprattutto, quanti preti, pieni di zelo, soffrono questa angoscia, sentendo la responsabilità delle anime in grave pericolo!

Che cosa fare in tali situazioni? quale segreto misericor­dioso potrà ottenere queste risurrezioni morali, molto più dif­ficili di quella di Lazzaro? Perché convertire un'anima ingra­ta e indurita è un prodigio molto più straordinario che rianimare un cadavere... Come ottenere questo prodigio? Con la onnipotenza misericordiosa del S. Sacrificio! Perché una sola Messa pesa di più nella bilancia della giustizia e della miseri­cordia che tutte le buone opere di tutti i Santi! Sul loro esem­pio, compiamo, sì, anche noi le loro opere buone, penitenze, elemosine, preghiere. Ma perché queste opere divengano fe­conde fino al miracolo, mettiamole come una goccia d'acqua nel Sangue prezioso del Calice!

Parliamo spesso di anime "impossibili da convertire"... Convertire delle anime che sembrano inconvertibili! Che gran­de miracolo ci vorrà per far piangere di pentimento un disgra­ziato peccatore che si è allontanato dai Sacramenti e conduce una vita scandalosa da lunghi anni! Ed eccolo purificato nella piscina di una confessione ammirevole per sincerità: guarda­telo: con quale pietà va a ricevere il Dio della sua prima Co­munione, dopo un'assenza dal focolare della Chiesa di qua­ranta anni e più!... Questo "impossibile", dunque, non esiste­va affatto: il miracolo è avvenuto!

Queste meraviglie si ottengono molto spesso ed è sempre il grido della Vittima dell'Altare che le provoca. Il Padre non può rifiutare questa gloria e questa vittoria al suo diletto Fi­glio, che rese l'ultimo respiro chiedendo perdono e donando il Paradiso con una misericordia infinita.

Ma il Cielo esige sempre che si paghi il debito della giu­stizia. Il miracolo esplode quando la giustizia è perfettamente placata. È allora che la misericordia frantuma le tombe e fa cantare i morti risuscitati.

Le devozioni non mancano, ma la regina di tutte, quella del S. Sacrificio della Messa, ci manca troppo spesso. Ed ecco perché le grandi conversioni non avvengono. Io vorrei provo­care una forte reazione tra i buoni cattolici su un punto così importante. Con la Regina dei dolori, e come Giovanni e Maddalena ai piedi della Croce, preghiamo e piangiamo da­vanti al Calvario dell'Altare, facciamo violenza alla Vittima divina in favore dei cari figlioli prodighi dei nostri focolari. Strappiamo con la onnipotenza della Messa questi miracoli.

È con questo mezzo, classico a partire dal Venerdì Santo, che si fende la roccia dei più grandi peccatori. La mia convin­zione profonda è questa: un focolare dove vi è veramente un'anima fervente innamorata della Santa Messa, paga il ri­scatto e quindi salva dall'inferno coloro che sono in pericolo. Quest'anima è apostolo perché porta il Calice della salvezza nel suo cuore e il suo cuore vive nel Calice! È così che mia madre è stata la felice garante davanti a Dio, lo strumento di salvezza di mio padre, di mio fratello maggiore. E anche della mia vocazione. Parlo più che mai di una felice esperienza.

Metto le mie mani sul Vangelo e sull'Altare per testimoniare che dico la verità!... Io sono certo che, se voi siete fedeli e docili a seguire questo grande consiglio, mi benedirete un gior­no, in compagnia di coloro che voi avrete convertito e salvato con l'apostolato della Messa.

Sì, che i miei confratelli nel sacerdozio mi ascoltino con benevolenza; che mi leggano con attenzione i predicatori e i missionari e tutti gli apostoli dell'Azione Cattolica! Nell'af­fermare ciò io non faccio, in fondo, che una glossa molto sem­plice alla preghiera della Chiesa nell'offerta del Sacrificio: "Accetta, Padre Santo, questa Ostia immacolata, per la quale noi domandiamo la vostra clemenza... per la nostra salvezza e quella del mondo intero!".

E dal momento che io parlo con tanta compassione cri­stiana della missione misericordiosa che deve condurre tanti sviati all'ovile, credo molto opportuno ricordare qui che il suffragio per eccellenza per le anime sofferenti del Purgato­rio fu e resterà sempre l'oblazione della S. Messa. Infatti, la nostra Santa Madre Chiesa riversa ogni mattino fiotti del Pre­zioso Sangue, come una rugiada di sollievo e spesso anche come prezzo d'una liberazione definitiva, per le anime che si purificano ed espiano in quei luoghi di tormento.

Mi sembra che migliaia di anime volino in Paradiso, can­tando le divine misericordie, mentre il Sacerdote e i fedeli pagano ai piedi dell'Altare l'ultimo centesimo del loro debito. Non dimentichiamole mai queste povere anime quando of­friamo l'oblazione della Messa! E in un modo specialissimo, preghiamo per le anime sacerdotali del Purgatorio che, aven­do rinunziato a una famiglia naturale, sono spesso le più ab­bandonate.

Beati i misericordiosi, perché otterranno misericordia!


Sappiamo amare

Stiamo già per terminare questa meditazione e io spero che, come un bel sole, essa abbia illuminato e riscaldato l'ani­ma dei cari lettori.

Qui si impone un'affermazione dottrinale della più alta importanza di cui si trovano profondamente saturate ed im­pregnate tutte le pagine del Vangelo e le Epistole di S. Paolo. Intendo parlare di ciò che il Grande Apostolo chiama "la scien­za della Carità di Gesù Cristo". Sì, questa divina Carità ci incalza, "urget nos".

Disgraziatamente sono numerosi coloro che temono di parlare apertamente di questo tema, e ciò semplicemente per­ché hanno una grande paura di amare! E, per scusarsi tentano candidamente di prevenirci - essi dicono - contro il pericolo che chiamano "sentimentalismo, sdolcinatura, sogno" fanta­stici e poetici. Come se il primo comandamento "Amerai!" fosse un'aberrazione del Cielo, e come se lo spirito e lo stile di S. Paolo fossero debolezza o sogno!

No, mille volte no! amare non è né sentire né poetare... Amare, è donarsi. Ora, questo sublime donarsi a Dio e alle anime fu e resterà sempre il fondamento e la quintessenza di ogni virtù cristiana. L'amore divino è il grande, il solo segreto di ogni eroismo: "La perfezione della Legge è l'Amore" (Rm XIII, 10). Amare è possedere Dio nel fondo delle nostre ani­me. Ora, Dio è Amore! E perciò chiunque ama davvero, è già o sarà domani un Santo.

Vantarsi di essere un pensatore o un intellettuale è cosa molto facile, perché ciò non ha alcuna conseguenza morale e non obbliga a niente... Molto spesso questa pretesa non è che gonfiore, per fortuna senza dolore!... Invece, amare è stato sempre molto arduo.

In effetti, darsi, abbandonarsi alla sequela di Gesù Cristo non è affatto sentimentalismo, ma un martirio interiore. L'amo­re vero è sempre un nobile tiranno. E tuttavia "amare" è pro­prio "il primo e il più grande dei comandamenti!". E, siccome è così facile credersi e dirsi ragionatore e intellettuale, noi abbiamo una legione di costoro, mentre, per viltà, perché non si osa darsi amando con tutto cuore, i Santi, gli eroi ci manca­no! Domandate al martire dei lebbrosi, il celebre padre Damiano, se l'amore è sentimentalismo e debolezza o se non è... un dolce e terribile tiranno.

E il Santo Sacrifico è per eccellenza il Mistero della Fede e dell'Amore. La sua spiegazione soprannaturale, tanto sobria quanto forte e divina, si ritrova in queste parole: "Dio ha tanto amato il mondo che ha dato il suo unico Figlio" (Gv III, 16). È lo Spirito Santo che parla così; noi possiamo dispensarci dai nostri poveri commenti.

Perciò, è l'Amore di Dio Padre e di Dio Figlio, Incarnato e Ostia sempre per amore, che ci dona la chiave di questo inef­fabile mistero. E nella stessa maniera che nel Cielo la contem­plazione beatifica si risolve in un'estasi d'amore, non certa­mente infinita ma smisurata, così anche quaggiù il mistero del S. Sacrificio si rivela nella luce che sgorga sempre dalla fiam­ma di un'ardente carità.

È proprio il caso di gustare quel detto ben conosciuto dai Santi: "Ama e conoscerai". Se tu vuoi veramente penetrare nell'oscurità di questo grande Mistero, se tu desideri contem­plare ciò che è incomprensibile nel dramma del S. Altare, al­lora: ama! ama! ama perdutamente e tu conoscerai! Nella di­vina chiarezza provocata da un immenso amore, tu vedrai ciò che Maria, la Regina dei dolori, vide sul Golgota,

Oh, la calma meravigliosa di Maria, e la sua pace dolce e inalterabile nel contemplare il deicidio commesso dai carnefi­ci! Non un grido non una protesta indignata esce dalla sue labbra... Eppure ella soffre l'agonia, ed ella è la Madre, una Madre unica per la nobiltà sublime della sua Maternità divina e verginale. GuardateLa in piedi, intrepida, pur soffrendo l'in­dicibile, ma in un oceano inalterabile di pace. Ascoltatela: i suoi pianti sono quelli di una tortorella ferita, e i suoi gemiti hanno quasi le modulazioni di un canto, di un Magnificat che rapisce gli Angeli!

Come spiegarci questo atteggiamento incomprensibile di Maria al Calvario? Ah! la sua pace è nel fondo del suo Cuore che ama come nessuna persona ha mai amato in questo mon­do! È dunque il suo amore che La fa penetrare in questo Mi­stero di sapienza e di follia della Croce. Ella è imperturbabile e calma perché Ella vede. Sì, Ella vede e comprende meravi­gliosamente il Mistero del Calvario, perché Ella ama con Cuore di Madre, di Vergine e di Martire... Ella è la Madre del Bell'Amore. PreghiamoLa che voglia ottenerci, con il raggio di una grande conoscenza, la fiamma di un amore immenso. Allora, come Lei, noi penetreremo nel Mistero della Croce che è quello dell'Altare: "Ama e conoscerai!".

I Santi, come un Curato d'Ars, un Filippo Neri, un Vin­cenzo de' Paoli, un Giovanni Bosco, possedettero certamente la scienza della Carità, amarono di un amore forte come la morte. È per questo che sono i Santi specialisti del S. Sacrifi­cio della Messa. Quanti grandi Maestri di teologia non otter­rebbero un buon voto se dovessero subire un esame su questa tesi da parte del santo Curato d'Ars!

Noi abbiamo fiotti di luce elettrica, ma luce molto fredda e che rende ammalati gli occhi dell'anima. Luce elettrica, di­ciamo, quella di uno studente che legge molto, ma prega poco. Spalanca gli occhi, desideroso di vedere... Ahimè! senza sa­perlo soffre di cateratte spirituali, perché non ha il tempo di meditare! Sfortunatamente, non ama di un grande amore. L'Altare è davvero la cima che tocca il trono dell'Altissi­mo. Speculativamente vi salgono solo i dottori ed i pensatori, ma della statura di Tommaso d'Aquino, di Bonaventura, di Bellarmino, di Contardo Ferrini: i Santi. Perché la S. Messa, ha detto qualcuno, è l'estasi ufficiale della Chiesa e la più alta contemplazione, molto più sublime di quella di S. Paolo. Ma ugualmente, sono numerosi gli umili, i piccoli che gustano con delizia il Mistero del S. Sacrificio. Hanno veramente il privilegio di squarciare il velo, e ci stupirebbero molto se do­vessero rispondere a questa domanda: "Come comprendete la S. Messa per quanto riguarda la gloria di Dio e la salvezza delle anime?". E ascoltandoli, meravigliati, voi comprendere­ste con profonda emozione perché il Salvatore, trasalendo di gioia, esclamò: "Ti rendo grazie, Padre, perché hai nascosto queste cose ai prudenti e ai sapienti di questo mondo e le hai rivelate ai piccoli!" (Lc X, 21).

Amiamo dunque Gesù Cristo, amiamoLo con un amore infuocato e con un santo delirio! E allora Lui, per ripagare il nostro amore, ci introdurrà nel santuario del suo Cuore e là ci racconterà i secreti che il Padre ha affidato a Colui che è il suo Splendore e il suo Diletto.

Amiamo, e allora Colui che si è detto "Lux mundi" e che è Salvatore e Pontefice del S. Sacrificio, ce ne affiderà la chia­ve, la comprensione che riserva ai suoi amici, che diede a S. Giovanni, il privilegiato della Cena e del Calvario.

Se noi amiamo di una immensa carità, come solo i Santi sanno amare, allora noi comprenderemo ciò che i Santi com­presero, frutto prezioso e dilettevole del loro amore... "Ama e conoscerai!".

Mentre i fedeli adorano e pregano, e il Celebrante offre al Padre, con questa "maxima actio", l'Ostia divina, gli Angeli cantano, alternandosi con i Santi: "Dio ha così amato il mon­do da dargli il suo unico Figlio" (Gv 111, 16). ContemplateLo all'Altare. È proprio la Vittima del suo amore per il Padre, e anche la Vittima dell'amore che Lo dona irreversibilmente, a noi, sue creature ingrate!

Il Paraclito

Ho detto spesso predicando, ma ci tengo a ridirlo in questo piccolo libro: noi ignoriamo tante cose semplici e su­blimi sul Mistero dell'Altare, perché lo Spirito Santo non è amato. Egli è invocato soltanto nel campo cattolico molto pio. Ahimè! quanto poco numerosi sono quelli che abitualmente fanno ricorso al Paraclito, Luce sostanziale e Amore increato! Il Sole della Pentecoste è un po' dappertutto avvolto di una nebbia fitta e fredda di indifferenza... Dio misconosciuto! E tuttavia, solo il Paraclito ha la missione, nella Chiesa, di illu­minare le anime, di riscaldarle e di santificarle, Lui solo, il "Santificatore"! Non è dunque strano che, dopo venti secoli di cristianesimo, il Sacrificio della Messa sia così poco ap­prezzato da una folla di fedeli, che hanno certamente una "buo­na fede", ma non sempre la "vera fede".

Ah! bisognerebbe far bruciare davanti all'Altare il cande­labro ai sette Doni dello Spirito Santo, perché il celebrante e i fedeli penetrino nel Santo dei santi, ripieni della dolce maestà del Signore. Dopo che il velo del Tempio di Gerusalemme fu squarciato, un Veneri Santo, noi abbiamo tutti il diritto d'en­trarvi: il Figlio di Dio colà ci chiama e ci attende!

Consigli pratici

Ora, sempre sotto le ali e il soffio dello Spirito Santo, con­sideriamo la maniera pratica di ravvivare in noi e intorno a noi la fiamma che dovrebbe consumarci con la Vittima sacro­santa della Messa.

E prima di tutto, bisognerà decidere molto risolutamente di fare uno studio molto serio del S. Sacrificio, tesi del più alto valore teologico e spirituale. Le opere non ci mancano, avremo persino l'imbarazzo della scelta. Ma bisognerebbe soprattutto fare uno studio a parte del "Canone" della Messa, vero mosaico composto di frammenti delle più antiche pre­ghiere della Chiesa. Ci assicurano che vi si trova la polvere d'oro della Messa delle catacombe, anche frammenti, sembra, di S. Ireneo.

Poi, non contentarsi di assistere corporalmente alla Mes­sa, ma parteciparvi, offrirla con il sacerdote, cioè seguire su di un libro tutte le preghiere liturgiche e tutte le cerimonie, o avere delle preghiere di nostra scelta consone con il S. Sacri­ficio. E guardiamoci bene dal tagliare questa corrente sopran­naturale o di interrompere indiscretamente il concerto subli­me della Chiesa con delle devozioni private che non conven­gono con la maestà della Liturgia ufficiale. Adoriamo, lodia­mo e preghiamo l'Altissimo per Gesù Cristo Nostro Signore, in perfetta unione con la Santa Chiesa. Offriamo il S. Sacrifi­cio per Lui, con Lui e in Lui! Tra le sue braccia e sul suo Cuo­re adorabile, saliamo fino al Padre che, in quel momento, mette tutte le sue compiacenze nel Figlio che pontifica all'Altare.

Ed infine, promettiamo sinceramente di non mancare mai ad una Messa per colpa nostra. Dunque: Messa e Comunione quotidiane, se il dovere ce lo permetterà.

La Santissima Trinità

Il Cristo-Mediatore è la scala di Giacobbe per la quale dobbiamo salire fino al Padre. Perché nessuno può andare a Lui se non per il Figlio!

Ed ecco ora un frutto squisito dell'amore del Santo Sacri­ficio: la devozione alla SS.ma Trinità

Per una dolce e lunga esperienza posso affermare che non ho mai incontrato un vero devoto dell'Augusta Trinità che non vi sia arrivato per la via regale del Mediatore della Messa. Sì, la conoscenza e l'amore del Padre e della Trinità nascono e si sviluppano sempre nel raggio dell'Altare. Questa devozione sboccerà un giorno nel cantico degli Angeli "Sanctus, Sanctus, Sanctus, Deus Sabaoth!".

Sembra molto opportuno dire qui una parola sulla Festa della SS.ma Trinità, liturgicamente celebrata la prima dome­nica dopo la Pentecoste. Ah! Ma la Trinità è una Maestà tal­mente al disopra dei cieli e talmente gloriosa che converrebbe prolungare tutto l'anno la celebrazione di questa bella dome­nica. Ecco dunque una affermazione tanto bella quanto dottrinale: la grande, la meravigliosa Festa della SS.ma Trini­tà, celebrata all'unisono con il Cielo, la Terra e il Purgatorio, lungo tutto il giorno e l'anno, festa ininterrotta e infinitamente gloriosa è il S. Sacrificio della Messa!.

Sì, la Chiesa trionfante, militante e purgante si uniscono in uno stesso slancio d'adorazione, di lode e d'amore per can­tare ad ogni Messa: "Gloria in excelsis Deo!... Gloria Patri et Filio et Spiritui Sancto in Altari!". Non c'è, e non può esserci una celebrazione della SS.ma Trinità più divina e dunque più degna della Divinità, che l'inno ufficiale di lode del Pontefi­ce, del Mediatore e della Vittima del S. Sacrificio. "Confitebor Tibi in cithara, Deus!" dice la Chiesa: "Io ti lodo, o Dio, sul­l'Arpa divina che è il Cuore del Sommo Sacerdote, l'adorabi­le Celebrante della Messa!". È questo già il concerto dell'eter­nità, ma trasportato all'Altare con la "sordina" del mistero eucaristico. Sì, la S. Messa è dunque l'aurora di un Paradiso che non attende che il nostro trapasso per rivelarsi senza veli.

La Realtà tutta divina e sostanziale è assolutamente la stessa in Cielo e sull'Altare... Ah! ma non la visione e il possesso di questa Realtà, di questo Tesoro... La perfetta visione, faccia a faccia, e il possesso definitivo, eterno, è l'appannaggio riser­vato ai cittadini del Cielo!

Come sarebbe augurabile che soprattutto i sacerdoti aves­sero una devozione bruciante, straordinaria, per questo inef­fabile Mistero, ma una devozione fondata sulla dottrina e sti­molata da una reale pietà!... Ogni Sacerdote dovrebbe essere sempre per sé e per gli altri un "grande specialista" del S. Sacrificio. Com'è vero l'aforisma che dice: "Qualis Missa, talis Sacerdos": il Sacerdote è qual è la sua Messa.

Beato il sacerdote che sa preparare con molta cura la sua Messa, che la sa assaporare molto lentamente e deliziosamente e che ne vive, con cuore pieno! "Donaci, Signore, molti santi Sacerdoti che comprendano questa dottrina, ma che soprattut­to ne vivano".

Riparazione!

Noi abbiamo affermato con un santo ardore che la S. Mes­sa è l'espiazione adeguata e perfetta dei peccati del mondo. Ricordiamoci a questo scopo con quale insistenza il Salvatore domandò a S. Margherita Maria un'ammenda onorevole, pie­na d'amore, e una riparazione fervente e solenne per gli spa­ventosi sacrilegi di cui è Vittima nel S. Sacramento.

Non dimentichiamo, infatti, che consegnandosi al Padre, Gesù, che vedeva attraverso i secoli, si consegnava a Giuda e ai suoi scherani ed eredi. Ahimè! la dinastia di quel traditore è lungi dall'essere estinta! Come si sono diffusi dappertutto i Giuda che tradiscono e consegnano il loro Maestro con un bacio! Meglio sarebbe stato per essi non essere mai nati! S. Paolo dice che queste anime sacrileghe mangiano e bevono la propria condanna! (1 Cor XI, 29).

Ah! non ci si immagina con quale furore satanico ci si accanisce contro la Persona di Gesù, presente sotto il bianco velo dell'Ostia. Egli è colà il centro e l'oggetto di un amore che giunge fino al delirio... Ma anche, ahimè! Egli è la vitti­ma di un odio come quello degli scribi e dei Sacerdoti che abbeverarono di sarcasmo l'Agonizzante del Calvario!

Pietà per tutti, Re d'Amore, pietà e perdono, Gesù-Ostia, per tutti questi Giuda! Voglia il vostro Cuore trafitto prendersi una vendetta di misericordia, perché essi non sanno quello che fanno!

"Parce, Domine, parce sacerdotibus tuis, parce populo tuo, ne in aeternum irascaris nobis... Miserere!".

Ah! se per chiudere questa meditazione io potessi avere l'ispirazione e il cuore di colui che cantò il "Lauda, Sion, Salvatorem!".

Se ascoltandomi parlare con un tono così convinto e vi­brante sulla maestà del S. Sacramento, la creazione si sentisse commossa e sconvolta come lo fu alla morte del Signore, il Venerdì Santo! E se, afferrata da questa commozione, si di­sponesse ad esplodere in un inno di lode al Creatore nasco­sto nell'Ostia, io la fermerei dicendo: "Sole, stelle e vulcani, valli e oceani, foreste, vigne e giar­dini, tacete, non cantate ancora!

Angeli e Santi del Paradiso, anche voi restate muti un momento, non cantate ancora!

E voi, Maria, Regina della creazione, Voi la Madre divina del Re dei re, in ginocchio ai vostri piedi, io oso pregarVi di fare un momento di silenzio, perché l'Arpa divina all'Altare, che è il Cristo, sta per vibrare, per cantare al Padre!

Gesù-Vittima, Gesù-Mediatore, Gesù-Pontefice, cantate, lodate e benedite l'Altissimo a nome dell'umanità riscattata dal vostro Sangue prezioso!

Cieli, tacete; terra, taci mentre migliaia di Sacerdoti, da un polo all'altro della terra, elevano l'Ostia e il Calice! Ed ora, cieli e terra, ascoltate: l'Arpa adorabile già vibra... Essa canta all'Altare l'inno che cantò il Venerdì Santo sul Calvario!

Oh! Cristo Gesù, cantate dunque alla SS.ma Trinità, con la Chiesa e a nome di tutta la creazione!

Gloria al Padre, l'Amore onnipotente! Gloria al Figlio, l'Amore misericordioso! Gloria allo Spirito Santo, l'Amore sostanziale! Gloria all'Altissimo nei Cieli!

Gloria alla Trinità sull'Altare del S. Sacrificio!".

E il Cielo e la terra rispondano: "Osanna! Osanna! Amen!... Fiat, fiat per i secoli senza fine!".

È Sacerdote fervente e vero cristiano colui che sa vera­mente apprezzare il prodigio d'amore e di grazia che è il S. Sacrificio della Messa, che l'ama con una santa passione e che soprattutto si sforza di viverne... questo predestinato - io dico - ha avuto il privilegio inestimabile di trovare, come la Samaritana, il Messia Salvatore. Ma ben più fortunato di lei, egli ha ricevuto nel Cuore di Gesù la fonte d'acqua viva che zampilla fino alla vita eterna.

Domandate con fervore allo Spirito Santo la luce divina che scaturisce da una fiamma divina, per conoscere profonda­mente il Dono per eccellenza che è l'Eucaristia-Sacrificio e l'Eucaristia-Sacramento! E per la scala di Gesù, che sono le braccia del Sommo Sacerdote e della Vittima dell'Altare, sali­te fino al trono della SS.ma Trinità... E allora, con una auda­cia tutta filiale, rapite il Cuore del Padre mediante il Cuore del Figlio, il Mediatore del S. Sacrificio della Messa!

Trois-Rivières 17 dicembre 1948

P. Mateo Crawley, SS. CC.



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