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Perchè la Chiesa Cattolica ha condannato il Comunismo (importante)

Ultimo Aggiornamento: 16/11/2016 21:26
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09/09/2009 18:25
 
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Due casi eclatanti che ci aiutano a comprendere.....I DANNI apportati alla Chiesa.....

il primo è la riflessione di padre Scalesi che condivido in pieno....il secondo è il racconto, breve di un sacerdote caduto nella trappola comunista e, grazie a Dio, rinsavito
....

Dossetti e Baget Bozzo

Strano destino quello di don Giuseppe Dossetti e don Gianni Baget Bozzo: i due sacerdoti hanno una storia molto simile, ma con esiti opposti. Entrambi militano nella DC (all’inizio su posizioni affini); entrambi lasciano la politica attiva e diventano sacerdoti; entrambi crescono all’ombra di due figure emblematiche della Chiesa italiana del Novecento (il Card. Giacomo Lercaro e il Card. Giuseppe Siri). Ma forse proprio per questo, per essersi formati alla scuola di due Vescovi cosí diversi fra loro, finiscono per ritrovarsi su fronti opposti. Entrambi diventano esponenti, ispiratori, “anime” del movimento cattolico italiano, ciascuno di uno dei due schieramenti che oggi si fronteggiano: uno diventa ispiratore dei “cattolici democratici”; l’altro, dei “cattolici liberali”. Il primo potrebbe essere considerato il gran patron di Prodi e, in qualche modo, il promotore dell’Ulivo prima e del Partito Democratico poi; il secondo, il gran patron di Berlusconi e il “padre spirituale” della Casa delle libertà prima e del Partito della Libertà poi (già solo questa osservazione la dice lunga sull’influsso tuttora esercitato dal cattolicesimo nella politica italiana).

Se si considera l’evoluzione della loro esperienza, ci si accorge che non solo sul piano intellettuale si ritrovano su fronti opposti, ma anche le loro scelte di vita si differenziano in maniera radicale. Dossetti, dopo aver lasciato la politica ed essere diventato sacerdote, a un certo punto abbandona anche la presenza attiva nella Chiesa e si dà completamente a vita monastica; Baget Bozzo, al contrario, una volta diventato prete, continua ad occuparsi di politica, non solo, ma a un certo punto torna alla militanza attiva e, per questo, viene sospeso a divinis. Se si fa un confronto fra le due figure, la prima potrebbe apparire molto piú spirituale della seconda. E di fatto lo è. Ma possiamo affermare categoricamente che Dossetti fu piú cattolico di Baget Bozzo? Devo ammettere di non conoscere abbastanza le due figure per esprimere un giudizio definitivo; ma ci sono degli indizi che mi portano a concludere che Baget Bozzo, al di là delle apparenze, fosse piú cattolico di Dossetti.

Recentemente è stato pubblicato il libro, scritto da Baget Bozzo in collaborazione con Pier Paolo Saleri, Giuseppe Dossetti. La Costituzione come ideologia politica, Ares, pp. 272. Sul sito della casa editrice
Ares si può trovare il link alle diverse recensioni comparse sulla stampa in occasione dell’uscita del volume. Il 1° luglio 2009 il Giornale ha riprodotto un brano tratto da tale volume. Lo trovo estremamente illuminante, perché riassume in poche battute l’evoluzione politico-spirituale di Dossetti e il suo influsso nella vita della Chiesa (in tale brano non ci si occupa del suo influsso sulla politica italiana).

Confesso che non sapevo del ruolo di primo piano svolto da Dossetti durante il Concilio Vaticano II, come “segretario dei moderatori” (e questo spiega come mai la “Scuola bolognese” si sia poi considerata l’interprete autorevole del Vaticano II e la custode dell’autentico “spirito del Concilio”). Non sapevo del suo «tentativo di dare una svolta radicale al Concilio ponendo ai voti la dichiarazione sulla collegialità della Chiesa», tentativo che trovò in Paolo VI un inflessibile oppositore. E non sapevo che tale opposizione perdurò dopo il Concilio; anzi, si radicalizzò fino al punto che Papa Montini rifiutò di nominare Dossetti, già vicario generale dell’Arcidiocesi di Bologna, anche vescovo ausiliare. «Fu la definitiva rottura di Dossetti con il papato».

Alla luce di queste, che a me appaiono come vere e proprie rivelazioni, si comprende tutto il resto dell’esperienza dossettiana. Anche la sua scelta monastica non va piú vista tanto come la naturale maturazione di un’esperienza spirituale, quanto piuttosto come espressione della suddetta opposizione fra il monaco e il papato e, piú in generale, fra una ipotetica “Chiesa spirituale” (che sarebbe dovuta scaturire, nelle intenzioni di Dossetti, dal Vaticano II) e la Chiesa istituzionale, che aveva trovato in Paolo VI il suo strenuo difensore. Si trattava di una concezione radicalmente diversa di Chiesa, alternativa a quella tradizionale riaffermata dal Vaticano II.

Il Concilio riconosce nella Chiesa una tensione fra la dimensione istituzionale e quella pneumatica, tensione che va ultimamente ricondotta alla sua costituzione teandrica; ma mai oppone le due realtà, quasi che siano inconciliabili o alternative (cf Lumen gentium, n. 8). Tale tensione è sempre esistita nella Chiesa: giustamente Baget Bozzo richiama «la contrapposizione antica, nella Chiesa, fra il monaco e il vescovo». Ciò che risulta nuovo, nell’esperienza di Dossetti, è il passaggio dalla tradizionale contrapposizione «fra il monaco e il vescovo» a quella, inedita, «tra il monaco e il Papa». Quest’ultima non appare mai nella tradizione, se non nei movimenti ereticali. Perché, se c’è stato un modo, nella storia della Chiesa, per superare l’opposizione fra monachesimo e potere episcopale, è sempre stata la stretta alleanza tra vita religiosa e papato (cosa che si è ripresentata ai nostri giorni con i movimenti ecclesiali).

Il titolista del Giornale ha forse esagerato nel riassumere il contenuto dell’articolo nell’espressione: «Dossetti, l’eretico che volle riformare anche il Vaticano»; ma certamente ha colto un elemento reale presente nella concezione ecclesiologica dossettiana: questa idea di “Chiesa spirituale” non appartiene alla tradizione cattolica; essa è propria dei movimenti ereticali (si pensi a Gioacchino da Fiore). Probabilmente non c’è mai stata in don Giuseppe Dossetti una piena consapevolezza della pericolosità della sua posizione (giustamente Baget Bozzo fa notare: «Dossetti non era un teologo né un esegeta»); probabilmente egli visse la sua esperienza spirituale in assoluta buona fede; ma ciò non toglie che si trattasse, oggettivamente, di una posizione del tutto aliena dalla tradizione cattolica.




La vicenda del gesuita che prima divenne comunista e poi ritornò in Chiesa


Il giornalista Andrea Galli racconta la vita di Padre Alighiero Tondi


ROMA, lunedì, 11 ottobre 2004 (ZENIT.org).- Padre Alighiero Tondi era un gesuita di punta della Gregoriana negli anni Cinquanta: artista, scrittore e collaboratore dell'Enciclopedia Cattolica.

Infatuatosi della dottrina marxista e travolto da una profonda crisi di coscienza, nel 1952 lasciò improvvisamente la Compagnia di Gesù e aderì al Partito Comunista Italiano.

Fu un caso clamoroso, con un'eco internazionale, ripreso per mesi dai giornali, anche perché Tondi divenne presto il contraltare dell'ex-confratello Padre Riccardo Lombardi, tenendo comizi in tutta Italia per il PCI e scrivendo velenosi libri tradotti in più lingue, come "Vaticano e neofascismo" o "I Gesuiti", che ebbero un'enorme diffusione.

Tondi sposò poi una parlamentare comunista, Carmen Zanti, e ad un certo punto fu mandato dal partito a insegnare all'Università Humboldt, nella Germania dell’est, dove però iniziò un altro - e noto a pochi - periodo di crisi.

Spentisi i riflettori dei media su di lui, resosi conto di essere stato usato dai comunisti come mero strumento di propaganda, toccato con mano cos'era il socialismo reale nei paesi dell'Est, dove viaggiò a lungo, Tondi maturò un cocente e silenzioso pentimento.

Tornato in Italia a metà anni '60 si eclissò dalla scena politica. E quando la moglie morì, nel 1978, pienamente pentito, chiese umilmente ed ottenne dal Vaticano il reintegro nella stato sacerdotale, vivendo gli ultimi anni della vita celebrando la Santa Messa.

Quando morì, nel 1984, in solitudine, lasciò anche un'interessante autobiografia incompiuta, il cui manoscritto sembra perso, tanto che P. Giacomo Martina SJ, nella sua ultima "Storia dei gesuiti in Italia" si chiedeva che fine mai avesse fatto.

Della vicenda Tondi si è occupato con una accurata inchiesta Andrea Galli, giornalista collaboratore di “Avvenire” e membro del servizio nazionale per il progetto culturale della Conferenza Episcopale Italiana. ZENIT lo ha intervistato.

Chi è stato veramente Alighiero Tondi?

Andrea Galli: Una figura dall'animo nobile, quanto passionale ed emotivo. Un religioso le cui disavventure prefigurarono, in un certo senso, quelle di tanti altri negli anni del disorientamento post-conciliare. Ma con un finale simile alla parabola del Figliol prodigo, come disse nel 1984 l'allora vescovo di Reggio Emilia mons. Gilberto Baroni.

Cosa lo portò ad aderire al marxismo?

Andrea Galli: L'approfondimento della filosofia marxista fece probabilmente contatto con la tradizione socialista della famiglia e la ricezione distorta della sensibilità per le tematiche sociali che andava allora maturando nella Compagnia: va ricordato che è del 1946 la lettera all'Ordine del generale Janssen sull'apostolato sociale e del 1948 la nascita a Milano della rivista Aggiornamenti Sociali, che segna per i gesuiti italiani l’inizio di quella svolta pastorale, di quella preferenza per i poveri, che diventerà manifesta sotto la guida di padre Arrupe. In più giocò un ruolo il carattere dello stesso Tondi, incline a entusiasmi e scelte di campo radicali.

Cosa significò il trasferimento nella Germania dell'Est?

Andrea Galli: Il trasferimento nella Germania Democratica intanto diede la stura a una serie di voci che vedevano in Tondi la longa manus di Stalin in Vaticano, spia in talare addestrata dal KGB, trafugatore di documenti segreti dai Sacri Palazzi, ecc. che rimbalzarono in tutto il mondo e ancora circolano qua e là, come dimostra un articolo uscito nel 2002 sul quotidiano argentino “La voz del interior”, che le ha riprese integralmente.

Una leggenda nera, la cui diffusione fu senza dubbio facilitata dal silenzio che ad un certo punto avvolse la vicenda dell'ex-gesuita. Costui fece infatti rientro in patria nel 1963, ma fu ignorato praticamente da tutti, in primis da chi lo aveva lanciato anni prima nell'agone politico, fatta eccezione per alcuni intellettuali del PCI come Ambrogio Donini.

Il motivo era che, negli anni berlinesi, oltre a sperimentare una cocente e inaspettata marginalità, Tondi aveva potuto ammirare di persona le conquiste del socialismo reale, dalla Polonia alla Cecoslovacchia alla stessa Russia, in cui aveva compiuto lunghi viaggi. Era insomma tornato alquanto traumatizzato e avviato sulla strada di un ultimo, definitivo pentimento, che si sarebbe manifestato soprattutto in due successivi momenti.

Quali?

Andrea Galli: Nel '63 Tondi e la Zanti, che si erano sposati civilmente, chiesero ed ottennero dal Pontefice la sanatio in radice del proprio matrimonio, che fu elevato alla dignità di sacramento. E alla morte di Lei, nel 1978, Tondi riuscì addirittura a farsi reintegrare nello stato sacerdotale, venendo incardinato nella diocesi di Reggio Emilia, dove visse gli ultimi anni della vita celebrando la Santa Messa.

Ma altrettanto significativa fu l'autobiografia che Tondi lasciò incompiuta al momento della morte, avvenuta nel settembre del 1984, e il cui manoscritto, rimasto intatto fra le sue carte personali, è tornato alla luce dopo vent'anni di oblio.

Un testo frammentario e più volte rimaneggiato, dominato dall'amarezza per un'ideologia abbracciata a suo tempo come verità, per le miserie umane di tante realtà attraversate nell'arco di una vita: "In questo libro si leggeranno parecchie critiche rivolte al Partito Comunista Italiano ma non soltanto a lui e alcuni riconoscimenti", si legge all'inizio della narrazione.

Ma soprattutto pagine punteggiate dalle prese di distanza rispetto agli scritti anticlericali degli anni '50, dalla confutazione delle dicerie complottistiche sul suo conto e dalla riaffermazione di una fede cristiana pienamente ritrovata.

Oltre che ornate dall'omaggio postumo a figure come Papa Montini: "Paolo VI era completamente diverso. La prima volta che gli parlai fu in Vaticano, quand'egli era in Segreteria di Stato. Modesto, semplice, naturale, schietto, quest'uomo mi fece un’impressione profonda, indimenticabile. Mi trovai subito a mio agio e capii di avere di fronte una personalità straordinaria".

O dai ricordi commossi della moglie Carmen, morta secondo Tondi da credente, nonostante il parere contrario di parenti e compagni di partito, che pretesero per lei un funerale rigorosamente civile. Tondi e moglie che, per la cronaca, oggi riposano uno accanto all'altra nel cimitero di Cavriago, il piccolo paese in provincia di Reggio Emilia che diede i natali, oltre che a Carmen Zanti, a un personaggio emblematico nel rapporto tra cattolicesimo e comunismo, quale fu Giuseppe Dossetti.

 ci salvi la Vergine Maria dal Comunismo....e protegga i suoi Sacerdoti...


Fraternamente CaterinaLD

"Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
(fr. Carlos Alfonso Azpiroz Costa OP
Maestro dell’Ordine)
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