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La S. Messa e l'Officio strapazzati (di sant'Alfonso M. De Liguori)

Ultimo Aggiornamento: 11/09/2009 16:08
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11/09/2009 16:08

APPENDICE

Regolamento di vita per un sacerdote secolare


In levarsi la mattina faccia gli atti di ringraziamento, d'amore, di offerta di tutto ciò che farà e patirà in quel giorno, colla preghiera in fine a Dio ed alla b. Vergine, acciocché l'aiutino a fuggire ogni peccato. Indi faccia mezz'ora d'orazione mentale sopra le massime eterne o sulla passione di Gesù Cristo, la cui meditazione per altro è più propria al sacerdote prima di celebrare, giacché va a rinnovare la memoria sull'altare con offerire a Dio la stessa vittima e lo stesso sacrificio. Nell'orazione poi, letto che avrà il punto, s'impieghi a fare atti di dolore e d'amore, e più spesso preghiere a Dio, affinché gli doni la perseveranza nella sua grazia e 'l suo divino amore. E non lasci l'orazione per qualunque tedio e pena che vi senta; se la lascerà si metterà in gran pericolo di perder Dio. Quando altro non potesse dire in quella, che Dio mio aiutatemi, Gesù mio misericordia, l'orazione sarà ottima e gli sarà di gran frutto. Acciocché poi l'orazione riesca più raccolta, si chiuda allora dentro qualche stanza da solo a solo col crocifisso; e perciò si procuri con ogni sforzo di tenere la sua camera a parte. Che se mai non potesse poi averla, sarà meglio che l'orazione la faccia in chiesa che in casa, in mezzo al romore d'altri che passeggiano e parlano. Indi dirà le ore sino a nona, e dopo andrà a celebrare. Sarebbe spediente, sempre che non vi fosse altro impedimento, che la messa la dicesse prima degli altri affari, acciocché celebrasse con più di raccoglimento. Oltre la meditazione fatta, non lasci di fare ancora un altro breve apparecchio alla messa, con ravvivare la fede di quel che va a fare: e faccia almeno questi tre atti d'amore, di dolore e di desiderio di unirsi con Gesù Cristo. Dopo la messa non lasci di fare il ringraziamento di un'ora o almeno di mezz'ora, trattenendosi a far atti d'amore, di offerta e preghiere. Il tempo dopo la messa è tempo di guadagnar tesori di grazie. Quando si trovasse desolato di spirito e non sapesse allora che farsi, almeno legga qualche libretto spirituale di affetti devoti verso Gesù Cristo.

Indi fatto il ringraziamento, si metta al confessionario, se è confessore. Avvertendosi qui che ne' giorni di gran concorso, come di qualche festa solenne, allora potrà abbreviare il ringraziamento per sentir le confessioni. Ma ciò s'intende in simili casi che son rari; del resto il confessore ordinariamente non dee lasciare il suo solito ringraziamento alla messa, acciocché le penitenti non aspettino. Quando non però venissero a confessarsi uomini che non sogliono frequentare i sagramenti, sarà bene che li senta prima di dir messa, perché questi non han pazienza di aspettare; e se lasciano di confessarsi in quel giorno, Dio sa quando si confesseranno. Il sacerdote poi che non è confessore, si ritiri in casa a studiare. Si avverte qui non pretendersi che tutti gli esercizi in questo regolamento descritti abbiano ad adempirsi collo stesso ordine come stanno qui notati; basta che si facciano dentro la giornata, che poi si faccia prima l'uno che l'altro, secondo riuscirà più comodo alla persona, poco importa. Come infatti per esempio in tempo d'inverno, nel quale fa giorno al tardi, allora nella mattina, dopo l'orazione e l'officio, potrà fare lo studio di una o due ore. Del resto un sacerdote che vuol far vita da sacerdote bisogna che stabilisca il tempo e l'ore di tutti i suoi esercizi, acciocché tutto vada con ordine stabile, e non faccia come fanno taluni che non hanno alcun ordine nelle cose loro. La vita disordinata è simbolo dell'inferno che vien chiamato da Giobbe: Terram miseriae, ubi nullus ordo, sed sempiternus horror inhabitat. Lo studio lo farà o sulla morale per rendersi abile ad amministrare il sagramento della penitenza o in farsi le prediche o in altre cose simili che conducono alla propria istruzione o a benefizio dell'anime.

Venuta l'ora di pranzo, pranzerà sobriamente, secondo conviene ad un sacerdote; e non farà come fanno certi sacerdoti golosi, i quali vogliono che tutta la casa stia applicata a preparar loro diverse vivande, e fatte secondo essi l'ordinano sin dalla mattina; e se poi non vengono quelle a lor soddisfazione, disturbano e mettono a romore tutti i servi e parenti. Dicea s. Filippo Neri: Chi attende a contentar la gola non si farà mai santo. E se il sacerdote dee usar la sobrietà nel cibo, più dee usarla nel bere del vino, il di cui eccesso è più pernicioso allo spirito e specialmente alla castità. Nel sabbato procuri di fare il digiuno, almeno comune se non si confida di farlo in pane ed acqua, in onore della ss. Vergine; almeno si contenti in quel giorno d'una sola vivanda; ed in qualche altro giorno della settimana, come nel mercoledì e venerdì, come anche in tutte le novene della Madonna, almeno si astenga a mensa da qualche cosa.

Nel giorno poi dopo il riposo dirà il vespro e compieta, e farà la lezione spirituale per mezz'ora. Per la lezione potrà servirsi dell'erario della vita cristiana del p. Sangiurè, o pure della perfezione religiosa del p. Rodriguez (libri che son pieni di spirito e d'unzione), o d'altri, ma sopra tutto ami di leggere vite di santi, come di s. Filippo Neri, di s. Francesco Borgia, di s. Pietro d'Alcantara e simili. Negli altri libri spirituali si leggono le virtù in teorica, ma nelle vite de' santi si leggono le virtù in pratica, il che muove assai più all'imitazione. S. Filippo Neri non faceva che esortare a' suoi penitenti di leggere vite di santi. Molti santi, come s. Giovan Colombino, s. Ignazio di Loiola e s. Teresa di Gesù, non da altro ebber la mossa a darsi tutti a Dio, che dalle lezioni delle vite di alcuni santi.

Indi andrà a far la visita al ss. sagramento. Molti secolari puntualmente ogni giorno fanno la visita al venerabile, e non la tralasciano per qualunque affare, e con qualunque incomodo; ma parlando de' sacerdoti secolari, rari, anzi rarissimi son quelli che la fanno. Bisogna dire che troppo mala fortuna incontra Gesù Cristo coi sacerdoti. Tutto nasce dal poco amore che i sacerdoti portano a Gesù Cristo. Chi ama assai un amico, cerca quanto più spesso può di rivederlo, e tanto più se l'amico molto gradisce le di lui visite. Per visita poi non solamente intendo qualche Pater noster detto di passaggio e distrattamente davanti al sagro altare; intendo di trattenersi per qualche spazio notabile a fare affetti divoti verso Gesù sagramentato, e a domandargli grazie, specialmente il dono della perseveranza finale e del suo santo amore. Oh Dio! e chi mai più spesso e per più lungo tempo, dovrebbe andare a trattenersi con Gesù Cristo, che un sacerdote, il quale ogni giorno lo fa scendere dal cielo in terra, lo prende colle sue mani, si ciba delle sue carni sagrosante, ed anche per suo bene lo ripone nella custodia, per trovarlo presente sempre che vuole? Dopo la visita al sagramento non lasci di fare nella stessa chiesa la visita alla divina Madre in qualche immagine alla quale ha più divozione.

Indi potrà andare a sollevarsi un poco passeggiando in qualche villa o via solitaria, unitamente con qualche sacerdote o altra persona spirituale che parli di Dio, non di mondo. In altro caso vada solo, perché altrimenti accompagnandosi con qualche uomo di mondo perderà tutto il raccoglimento ricavato da' suoi divoti esercizi fatti. Se potesse poi allora andare all'accademia di morale, farebbe meglio; perché ciò anche gli sarebbe di sollievo e di più gli riuscirebbe di frutto.

Nella sera poi è bene che faccia un'altra mezz'ora d'orazione mentale, e meglio sarebbe che quest'orazione la facesse (s'è possibile) con tutta la gente di casa, leggendo egli i punti della meditazione, e terminandola cogli atti cristiani. Indi reciterà mattutino colle laudi, ed appresso farà un'altra ora di studio; e dopo reciterà il rosario di cinque poste, unitamente anche con quei di casa, enunciando i misteri che debbono contemplarsi, ed aggiungendovi in fine le litanie della ss. Vergine. Al rosario seguirà la cena, nella quale dee usarsi maggior sobrietà che nel pranzo della mattina; perché se mai nella sera la persona si carica di cibo eccedente, nella mattina poi, in cui dovrà far tanti esercizi divoti, la meditazione, dir la messa, sentirle confessioni, trovandosi pieno di stomaco, patirà non solo nello stomaco, ma anche nella testa, e così tutto riuscirà con distrazione e tedio, e sarà mezzo perduto. Alla cena seguirà l'esame di coscienza coll'atto di dolore ed altri atti divoti; e dette tre Ave alla Vergine colla faccia per terra colle altre divozioni in onore de' santi avvocati, si metterà a riposare.

Ciò in quanto agli esercizi giornali. Si confessi poi, due o almeno una volta la settimana. E non manchi di tenere il suo direttore particolare dal quale dipenda in tutti gli esercizi spirituali, ed anche in tutti gli affari temporali che possono giovare o nuocere allo spirito. In ogni mese faccia un giorno di ritiro: in quel giorno licenzierà ogni negozio temporale, ed anche spirituale a riguardo degli altri, e ritirato in casa o in qualche convento religioso, attenderà in silenzio solamente a se stesso, impiegando tutta la giornata in orazioni, lezioni spirituali, visite al sacramento ed altri simili esercizi. Oh che forza prende l'anima in questi ritiri per più unirsi con Dio e per meglio camminar poi negli altri giorni! In tempo di tentazioni, specialmente se sono contro la purità, rinnovi il proposito di patir mille morti, prima che offendere Dio, e poi subito ricorra per aiuto a Gesù ed a Maria, invocando i loro ss. nomi, finché non si sedi l'empito della tentazione. Attenda a vestir modestamente, sempre di lungo, e non mai di seta. Fugga i conviti, i balli e le conversazioni de' secolari, precisamente dove son donne.

Regole di spirito per un sacerdote alla perfezione

Un sacerdote che attende alla perfezione e desidera farsi santo, prima di tutto dee attendere ad evitare più che la morte qualunque minimo peccato veniale deliberato. Secondo la fragilità umana niun uomo può al presente, né ha potuto mai dopo il peccato di Adamo (eccettuandone solamente Gesù Cristo e la sua ss. Madre) essere esente da tutte le colpe veniali indeliberate; ma col divino aiuto ben può ciascuno sfuggire qualunque colpa deliberata, cioè commessa con piena avvertenza e consenso; e così han fatto i santi. Pertanto chi attende alla perfezione bisogna che stia con animo risoluto di farsi prima tagliare a pezzi, che ad occhi aperti dire una bugia, o fare altro peccato veniale per minimo che sia.

Così dee star risoluto; ma accadendo per disgrazia che commetta qualche colpa o deliberata o indeliberata, non dee disturbarsi e restarne inquieto. L'inquietudine non viene mai da Dio; è fumo che sempre sorge dal luogo dell'inquietudine, cioè che sorge dall'inferno: poiché, come saggiamente dicea s. Luigi Gonzaga, nell'acqua torbida sempre trova che pescare il demonio. Quando taluno ha commesso un difetto (per esempio) si disturba, e poi si disturba d'essersi disturbato; in questo stato d'inquietudine non solo non è atto a far cosa alcuna di bene, ma facilmente commetterà più altre colpe d'impazienze, o d'altra specie. Pertanto dopo il difetto commesso bisogna che la persona si umilii e subito ricorra a Dio, facendo un atto di amore o di pentimento, e proponendo l'emenda, cerchi aiuto con confidenza, dicendo: Signore, questo so far io; e se mi levate le mani da sopra farò peggio di questo. Io v'amo, mi pento del disgusto che v'ho dato, non voglio darvelo più; datemi poi l'aiuto, da voi lo spero. Fatto ciò, si metta in pace, come se non avesse commessa niuna colpa; e se torna a cadere nello stesso giorno, ritorni a far così; e se cade cento volte, sempre così faccia; sempre si umilii e si rialzi, né resti mai caduta. Ed avvertasi che 'l disturbarsi dopo il difetto commesso non è effetto d'umiltà, ma di superbia, sdegnandosi la persona per quel difetto, non tanto per lo disgusto dato a Dio, quanto per lo rossore che sente di comparirgli avanti così macchiata. Non mai dunque si disturbi per li difetti commessi, ma si umilii come capace di commettere quelli ed altri; e poi facendo un atto d'amore verso Dio, subito si metta in pace; e così si servirà del difetto, non per allontanarsi, ma per più stringersi con Dio. E così s'intende quel che dice l'apostolo: Omnia cooperantur in bonum colla Glossa che aggiunge, etiam peccata.

Desideri sempre di crescere nel divino amore. Il non voler andare avanti nella perfezione (che tutta consiste nell'amare Dio) è voler andare indietro: Non progredi reverti est, dice s. Agostino. Chi cammina contro la corrente del fiume, e non procura di spingersi a verso di quella, la stessa corrente lo porterà indietro. Ciò avviene a noi che abbiamo da camminare contro la concupiscenza de' sensi. I santi desideri son quelli che ci alleggeriscono la fatica e ci portano avanti. Ma questi desideri bisogna che sieno risoluti ed efficaci, cioè che si pongano in esecuzione per quanto si può, e non siano come quelli di taluno che va dicendo per esempio: Oh! se non avessi fratelli o nipoti, me n'anderei in una religione; se avessi sanità, farei le tali penitenze; e frattanto non dà mai un passo avanti nella via di Dio, sempre commette gli stessi difetti, sempre conserva gli stessi attacchi e rancori, e sempre va di male in peggio. Bisogna dunque desiderare di avanzarsi nel divino amore, ma con risoluzione di far tutto dalla parte sua per giungervi; diffidando nonperò totalmente delle proprie forze, e confidando solamente in Dio; poiché chi in sé confida resta abbandonato dal divino aiuto.

Per avanzarsi nella perfezione sia inoltre molto divoto della passione di Gesù Cristo e del ss. sacramento. Chi pensa a questi due gran misteri d'amore, d'un Dio che per farsi amare dà la vita e si fa cibo d'un verme sua creatura, non è possibile che non viva innamorato di Gesù Cristo, Caritas Christi urget nos, dice san Paolo. Chi pensa all'amore di Gesù Cristo si sente quasi forzato ad amarlo. San Bonaventura chiamò le piaghe di Gesù Cristo Vulnera vulnerantia et corda gelata inflammantia; piaghe che impiagano i cuori e infiammano di amor divino l'anime più gelate. Per tanto non lasci ordinariamente di fare ogni giorno una mezz'ora di orazione sulla passione del Signore. E spesso poi tra 'l giorno faccia atti d'amore verso Gesù Cristo, cominciando dallo svegliarsi, e procurando di addormentarsi con un atto d'amore. Dicea s. Teresa che gli atti d'amore sono le legna che mantengono acceso nel cuore il beato fuoco del divino amore. Specialmente sono atti d'amore molto cari a Dio le offerte di se stesso, offerendosi a fare ed a patire quanto a Dio piacerà. S. Teresa facea queste offerte almeno per 50 volte al giorno.

Inoltre procuri in ogni azione di rettificar l'intenzione, facendo quanto opera solo e tutto per Dio. La retta intenzione chiamasi da' maestri di spirito l'alchimia spirituale, che ogni azione la fa diventare oro per lo spirito, anche i sollievi corporali, come sono il riposare, il cibarsi e 'l ricrearsi. Ma tanto più è necessario poi che gli esercizi spirituali si facciano solo per dar gusto a Dio, e non già per fine d'interesse o di propria stima o compiacenza, altrimenti tutto sarà perduto, ed in vece di premi ne riporteremo castighi. Perciò affine di far sicuramente per Dio quanto facciamo, è necessario il far tutto colla dipendenza dal nostro direttore.

Sia amante della solitudine e del silenzio. Chi troppo tratta e parla cogli uomini, ancorché usi cautela, difficilmente ne uscirà senza colpa: In multiloquio non deerit peccatum. Che perciò disse Isaia: In silentio et spe erit fortitudo vestra. La nostra fortezza contro le tentazioni sta nel confidare in Dio e nel distaccarci dalla conversazione colle creature. Inoltre chi parla assai cogli uomini poco parlerà e tratterà con Dio. Egli nella solitudine parla e conversa alla famigliare colle anime. O solitudo, esclamava s. Girolamo, in qua Deus cum suis familiariter loquitur et conversatur! E prima Dio stesso fe' intenderci, che nella solitudine egli parla a' nostri cuori: Ducam eam in solitudinem et loquar ad cor eius. Quindi è che l'anime innamorate di Dio van sempre cercando solitudini. I santi sono andati ad intanarsi nelle selve e nelle caverne più orride della terra, affine di non esser disturbati dallo strepito del secolo e di trattare ivi da solo a solo con Dio.

Dicea s. Bernardo: Silentium et a strepitu quies cogit coelestia meditari; il silenzio e la solitudine forzano, per così dire, l'anima a pensare solamente a Dio. La virtù nondimeno del silenzio non consiste nel sempre tacere ma nel tacere quando si dee. Il sacerdote santo dee tacere, sempre che dee tacere, ma dee parlare poi quando dee parlare; ma dee parlare solo di Dio o di cose che s'appartengono alla sua gloria e al bene dell'anime. Quante volte un discorso di Dio fatto alla famigliare in una conversazione o con un amico, gioverà più che molte prediche! Procuri dunque in tutti i discorsi, anche indifferenti, che occorrono, sempre di concludere poi con qualche massima di verità eterna, o di amore verso Dio. Chi ama una persona vorrebbe sempre di colei parlare e sentirne parlare: chi ama Dio non parla e non vuol sentir parlare che di Dio.

L'amore a Dio sovra tutto consiste nell'unirsi alla sua divina volontà, specialmente in quelle cose che sono più contrarie al nostro amor proprio, come sono le infermità, la povertà, gli obbrobri, le persecuzioni, le aridità di spirito. Stiamo sicuri che quel che viene da Dio tutto è utile per noi, mentre tutto quello ch'egli fa lo fa per nostro bene, poiché non abbiamo chi ci ami più di Dio. Diciamo sempre in tutti gli avvenimenti, se vogliam farci santi: Fiat voluntas tua: Sit nomen domini benedictum: Domine, quid me vis facere? Sicut Domino placui, ita factum est: Ita Pater, quoniam sic placitum fuit ante te. E, per quanto ci avviene in questo mondo di prospero o d'avverso, procuriamo di conservare sempre la pace e quell'uniforme tranquillità praticata da' santi, dicendo sempre: In pace, in id ipsum dormiam et requiescam. Chi ama Dio, Sempre unito al suo Dio vive uniforme, cantò quel gran servo del Signore il cardinal Petrucci, giusta il detto dello Spirito santo: Non contristabit iustum quicquid ei acciderit. Sicché il sacerdote che ama Dio non dee stare mai afflitto; solo il peccato dee apportargli dolore; e pure questo dolore, come di sopra si è detto, dee essere un dolore tranquillo che apporti pace, non disturbo all'anima.

Desideri spesso il paradiso, e perciò desideri la morte per andar presto in cielo ad amare Gesù Cristo con tutte le forze ed in eterno, senza pericolo di poterlo più perdere. Vada frattanto con Dio senza riserba, e non gli neghi alcuna cosa che intende essere di suo maggior gusto. Perciò stia continuamente attento a discacciare dal cuore ogni cosa che non è Dio, o non è per Dio.

Procuri di avere una gran confidenza ed una tenera divozione verso la ss. Vergine. Tutti i santi han procurato sempre di nudrire una tenerezza di figli verso questa divina Madre. Non lasci ogni giorno di leggere qualche libro che tratti delle sue glorie, e della speranza grande che dobbiamo avere nella sua potente intercessione. Non lasci di fare il digiuno nel sabbato, come meglio può, e qualche astinenza almeno di cibo con qualche altra mortificazione in tutte le sue novene. Non lasci di visitarla una o più volte il giorno in qualche divota immagine. Parli quanto può agli altri della confidenza che dobbiamo avere nella protezione di Maria, e procuri nel sabbato di fare in qualche chiesa un sermoncino, per infervorare la gente alla di lei divozione; almeno in ogni predica la nomini con modo speciale, e ne raccomandi la divozione a tutti i suoi penitenti, e ad ognuno che può. Chi più ama Maria, amerà più Dio, poich'ella tutti gli amanti suoi li tira a Dio. Quia tota ardens fuit, dice s. Bonaventura, omnes se amantes incendit, et sibi assimilat.

Procuri d'esser umile di cuore. Molti sono umili di parole, ma non di cuore, poiché dicono colla bocca di essere i peggiori peccatori dei mondo, di meritar mille inferni, ma poi vogliono essere preferiti, stimati e lodati; e quando non v'è altri che li lodi, si lodano da se stessi: ambiscono gli uffici di maggiore splendore, e non possono soffrire una parola di disprezzo. Gli umili di cuore non fanno così; non parlano mai de' loro talenti, nobiltà, ricchezze o d'altra cosa che ridondi in propria lode. Ami dunque gli uffici ed esercizi più umili e di meno lustro: abbracci i vilipendi che gli son fatti senza disturbarsi, anzi di quelli se ne compiaccia, nello spirito, vedendosi fatto simile a Gesù Cristo che fu saziato di obbrobri. Perciò quando riceve qualche incontro, e la superbia si risente, facciasi allora forza a non parlare, né fare alcuna azione, ancorché forse egli come superiore fosse tenuto a correggere l'insolenza di chi così lo maltratta; in quel tempo, sino a quando si sente coll'animo sturbato taccia, ed aspetti sino che si sente rasserenato; altrimenti in quel fumo che porta seco il disturbo non ci vedrà, crederà che quel che dice o fa sia giusto, ma tutto sarà difetto e disordine. Oltreché quando la correzione si fa con animo disturbato, il suddito non la riceve più come correzione dovuta, ma come sfogo di passione del superiore, e così poco o niente gioverà più la correzione. E per la stessa ragione il superiore, quando vede che 'l suddito sta disturbato, dee allora tralasciare di correggerlo, ed aspettare il tempo in cui sarà quegli serenato; altrimenti il suddito, offuscato dalla sua passione, non solo non riceverà la correzione, ma proromperà in maggiori escandescenze.

Procuri quanto può di soccorrere tutti, specialmente di render bene a chi gli ha fatto male: almeno col raccomandarlo a Dio. Questo è il modo con cui si vendicano i santi.

Attenda alla mortificazione interna ed esterna. Questa fu già significata da Gesù Cristo in quell'abneget semet ipsum, ch'è assolutamente necessario per giungere alla santità. La mortificazione esterna importa il vincersi coll'astenersi da ogni cosa, in cui non si trova altro guadagno che compiacere l'amor proprio; e così si astenga da tutte quelle azioni che non si fanno per altro che per compiacere la curiosità, o l'ambizione, o la propria volontà. Ami ancora le mortificazioni esterne, i digiuni, le astinenze, le discipline e cose simili. I santi han macerati i loro corpi quanto più potevano, cioè quanto loro permetteva l'ubbidienza: questa è la regola dei santi. Chi poi per la poca sanità non potesse far mortificazioni esterne, procuri di abbracciare i dolori e gl'incomodi delle sue infermità, procurando di soffrirli con pazienza e pace, astenendosi di manifestarli senza necessità, e di lagnarsi della poca assistenza de' domestici o de' medici.

Preghi sempre e si raccomandi a Dio. Tutte le nostre buone risoluzioni e promesse vanno in fumo quando non preghiamo; perché non pregando saremo privi dell'aiuto di Dio per eseguirle. Sicut pullus hirundinis, sic clamabo. Bisogna che teniamo sempre la bocca aperta a pregare e a dire: Signore, aiutami, Signore, misericordia, Signore, abbi pietà di me. Così han fatto tutti i santi, e così si son fatti santi. Specialmente domandiamo sempre a Gesù Cristo il dono del suo santo amore. Dicea s. Francesco di Sales, che il dono di amar Gesù Cristo è quello che comprende tutti gli altri doni; perché chi ama Dio, procurerà di evitare ogni di lui disgusto, e di far quanto può per compiacerlo. Domandiamo ancora sempre la grazia di avere una gran confidenza nella passione di Gesù Cristo e nell'intercessione di Maria. Non lasciamo ancora di raccomandar sempre a Dio le anime sante del purgatorio ed i poveri peccatori, poiché tali preghiere son molto gradite a Dio.

Massime di spirito per un sacerdote


Si perda tutto e non si perda Dio.

Si disgustino tutti e non si disgusti Dio.

Solo il peccato si ha da temere e ci ha da affliggere.

Prima morire che commettere un peccato, anche veniale, ad occhi aperti.

Ogni cosa finisce.

Il mondo è una scena che presto termina.

Ogni momento vale un tesoro per l'eternità.

Tutto è buono quel che piace a Dio.

Eleggi quel che vorresti aver fatto in morte.

Vivi come non vi fosse altro che tu e Dio.

Solo Dio contenta.

Non vi è altro bene che Dio, non vi è altro male che il peccato.

Non far mai niente per propria soddisfazione.

Chi più si mortifica in questa vita più godrà nell'altra.

Agli amanti di Dio l'amaro è dolce e il dolce è amaro.

Chi vuole quel che vuole Dio ha tutto quel che vuole.

La volontà di Dio rende dolce ogni amarezza.

Nell'infermità si scopre chi ha spirito.

Chi non brama niente di questo mondo non ha bisogno di niente.

Non procrastinare i buoni propositi, se non vuoi andare indietro.

Il disturbarsi per i difetti commessi non è umiltà, ma superbia.

Tanto siamo, quanto siamo davanti a Dio.

Chi ama Dio, più vuole amare che sapere.

Chi vuol farsi santo bisogna che scacci dal cuore ogni cosa che non è Dio.

Non è tutto di Dio chi cerca qualche cosa che non è Dio.

Il dolore, la povertà e il disprezzo furono i compagni di Gesù, questi siano anche i nostri.

Il disturbo, sia per qualunque buon fine, non viene mai da Dio.

L'umile si tiene per indegno d'ogni onore e per degno d'ogni disprezzo.

Chi pensa all'inferno meritato patisce con pace ogni pena.

Scordati di te e Dio penserà a te.

Ama i disprezzi e troverai Dio.

Chi si contenta del meno buono sta vicino al male.

Dio poco stima chi cerca d'essere stimato.

I santi parlano sempre di Dio; sempre male di loro e sempre bene degli altri.

I curiosi stanno sempre dissipati.

Guai a chi ama più la sanità che la santità.

Il demonio va a caccia degli oziosi.

D'un sacerdote vano il demonio si serve come d'una palla da gioco.

Chi vuol pace bisogna che mortifichi tutte le passioni, senza eccezione.

Diceva il b. Giuseppe da Calasanzio: Il servo di Dio poco parla, molto fatica, sopporta tutto.

I santi studiano per essere, non già per comparir santi.

Non giungerà mai a qualche buon grado di perfezione chi non ama molto l'orazione.

Bisogna esser prima conca per raccogliere, e poi canale per diffondere.

Ogni attaccamento impedisce d'esser tutto di Dio.

Il sacerdote non deve altro rimirare che Gesù Cristo, e il gusto di Gesù Cristo.

Nelle opere d'apparenza spesso si nasconde la superbia.

L'offrirsi tutto a Dio è un grande apparecchio per la comunione.

Camminando per l'abitato tieni gli occhi bassi; pensa che sei sacerdote, non pittore.



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