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Libertatis Nuntius correzione alla errata Teologia della Liberazione

Ultimo Aggiornamento: 19/08/2015 16:26
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Sesso: Femminile
03/07/2012 20:25
 
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[SM=g1740733]uno strano e indefinibile commento di Tornielli sulla TdL  ci impone una risposta secca e senza tentennamenti:

La Santa Sede condanna solo quella che adotta l’analisi marxista. I passi dimenticati del documento che contribuì a creare il cliché di Ratzinger «panzerkardinal»

Andrea Tornielli
Città del Vaticano 3.7.2012


In occasione della nomina del nuovo Prefetto della Congregazione per la dottrina della fede, il vescovo tedesco Gerhard Ludwig Müller è stato ricordato il suo legame con Gustavo Gutierrez, uno dei padri della Teologia della Liberazione. Si è diffusa l’idea che Giovanni Paolo II e l’allora cardinale Joseph Ratzinger, Prefetto dell’ex Sant’Uffizio, abbiano condannato senza appello questa teologia e dunque il rapporto tra un vescovo e un teologo liberazionista (peraltro mai condannato o sanzionato da Roma) sarebbe un elemento «sospetto».



In realtà l’istruzione Libertatis nuntio, pubblicata dalla Congregazione per la dottrina della fede il 6 agosto 1984 metteva in guardia dai rischi e dalla deviazioni di quella Teologia della liberazione che adottava l’analisi marxista della realtà. Erano anni in cui nel «Continente della speranza» c’erano dittature e una parte della Chiesa era schierata con movimenti di liberazione di stampo marxista, anche se con il viaggio di Papa Wojtyla a Puebla, nel 1979, per la riunione dei vescovi del Celam aveva segnato una svolta. Erano gli anni di Reagan, e gli Stati Uniti stanno combattendo con tutti i mezzi «l’impero del male» sovietico: una battaglia cruciale avveniva proprio in America Latina. Nel mirino della Congregazione non c’era però tutta la Teologia della liberazione, nata nei Paesi dell’America Latina negli anni del post-concilio, né tanto meno la sua «opzione preferenziale per i poveri». Ma soltanto l’analisi marxista che alcuni dei teologi utilizzavano.

Il documento parlava infatti della «tentazione di ridurre il Vangelo della salvezza ad un vangelo terrestre», del rischio di «dimenticare e rinviare a domani l’evangelizzazione». Contestava gli «a priori ideologici» che venivano usati come presupposti per la lettura della realtà sociale da parte di certa teologia, che presentava la lotta delle classi come «una legge oggettiva, necessaria» e faceva credere che «entrando nel suo processo, dalla parte degli oppressi si “fa” la verità, si agisce “scientificamente”. Di conseguenza, la concezione della verità va di pari passo con l’affermazione della necessità della violenza». L’eucarestia si trasformava in «celebrazione del popolo in lotta», il «Regno di Dio e il suo divenire si tende ad identificarlo con il movimento della liberazione umana».



È proprio con la pubblicazione di Libertatis nuntio che il cardinale Joseph Ratzinger, arrivato due anni prima alla guida del dicastero dottrinale della Santa Sede, comincia ad essere indicato come il «nemico» dei teologi più aperti, l’«affossatore» delle speranze che il Concilio aveva suscitato nei Paesi poveri. E quello che arriva dalla Chiesa cattolica wojtyliana viene fatto passare come un segnale di appoggio ai regimi anticomunisti che governano diversi stati dell’area latinoamericana.

Eppure, a leggere integralmente quel primo documento sulla Teologia della liberazione, si scoprono passaggi che dimostrano il contrario. «Questo richiamo - scrive la Congregazione nell’introduzione del documento - non deve in alcun modo essere interpretato come una condanna di tutti coloro che vogliono rispondere con generosità e con autentico spirito evangelico alla “opzione preferenziale per i poveri”».

«Essa (la presente Istruzione, ndr) non dovrebbe affatto servire da pretesto a tutti coloro che si trincerano in un atteggiamento di neutralità e di indifferenza di fronte ai tragici e pressanti problemi della miseria e dell’ingiustizia. Al contrario, essa è dettata dalla certezza che le gravi deviazioni ideologiche denunciate finiscono ineluttabilmente per tradire la causa dei poveri».



«Più che mai - continua il documento - la Chiesa intende condannare gli abusi, le ingiustizie e gli attentati alla libertà, ovunque si riscontrino e chiunque ne siano gli autori, e lottare con i mezzi che le sono propri, per la difesa e la promozione dei diritti dell’uomo, specialmente nella persona dei poveri».

L’istruzione sostiene inoltre che «lo scandalo delle palesi disuguaglianze tra ricchi e poveri... non è più tollerato». E che «il richiamo contro le gravi deviazioni, di cui sono portatrici talune “teologie della liberazione”, non deve assolutamente essere interpretato come un’approvazione, neppure indiretta, di coloro che contribuiscono al mantenimento della miseria dei popoli, di coloro che ne approfittano e di coloro che questa miseria lascia rassegnati o indifferenti. La Chiesa, guidata dal Vangelo della misericordia e dall’amore dell’uomo, ascolta il grido che invoca giustizia e vuole rispondervi con tutte le forze».



Non manca, nel finale del documento, un riferimento al ruolo dei vescovi, particolarmente significativo per quegli esponenti della gerarchia cattolica considerati troppo «morbidi» con il potere se non «organici» ad esso. «I difensori della “ortodossia” sono talvolta rimproverati di passività, di indulgenza o di complicità colpevoli nei confronti delle intollerabili situazioni di ingiustizia e dei regimi politici che mantengono tali situazioni. Si richiede da parte di tutti, e specialmente da parte dei pastori e dei responsabili la conversione spirituale, l’intensità dell’amore di Dio e del prossimo, lo zelo per la giustizia e la pace, il senso evangelico dei poveri e della povertà. La preoccupazione della purezza della fede non deve essere disgiunta dalla preoccupazione di dare, mediante una vita teologale integrale, la risposta di un’efficace testimonianza di servizio del prossimo, e in modo tutto particolare del povero e dell’oppresso».

********************************

[SM=g1740729] Non so a quale gioco stia giocando Tornielli, dal suo articolo sembra volersi farsi amico della TdL, ma di certo è che la TdL è stata condannata eccome, Tornielli ha la memoria corta:

Benedetto XVI, «principî ingannatori della teologia della liberazione», ai Vescovi del Brasile, 5-12-2009.
le sue parole:

" vale la pena ricordare che, lo scorso agosto, ha compiuto venticinque anni l’Istruzione Libertatis nuntius della Congregazione per la Dottrina della Fede, su alcuni aspetti della teologia della liberazione; in essa si sottolineava il pericolo che comportava l’accettazione acritica da parte di alcuni teologi di tesi e metodologie provenienti dal marxismo. Le sue conseguenze più o meno visibili fatte di ribellione, divisione, dissenso, offesa, anarchia, si fanno ancora sentire, creando nelle vostre comunità diocesane grande sofferenza e una grave perdita di forze vive. Supplico quanti in qualche modo si sono sentiti attratti, coinvolti e toccati nel proprio intimo da certi principi ingannatori della teologia della liberazione, di confrontarsi nuovamente con la suddetta Istruzione, accogliendo la luce benigna che essa offre a mani tese; a tutti ricordo che “la “regola suprema della propria fede” (della Chiesa) … proviene dall’unità che lo Spirito ha posto tra la Sacra Tradizione, la Sacra Scrittura e il magistero della Chiesa in una reciprocità tale per cui i tre non possono sussistere in maniera indipendente” (Giovanni Paolo II, Fides et ratio, n. 55). 

[SM=g1740733] se questa non è una condanna! Vogliamo cominciare a parlare papale papale?

il testo integrale:



DISCORSO DEL SANTO PADRE BENEDETTO XVI
AI VESCOVI DELLA CONFERENZA EPISCOPALE DEL BRASILE
(REGIONI SUL 3 E SUL 4)
IN VISITA «AD LIMINA APOSTOLORUM»

Sala del Concistoro
Sabato, 5 dicembre 2009

 

Venerati fratelli nell’episcopato,

Do il benvenuto e saluto tutti e ciascuno di voi, nel ricevervi collegialmente nell’ambito della vostra visita ad limina. Ringrazio monsignor Murilo Krieger per le parole di devota stima che mi ha rivolto a nome di tutti voi e del popolo affidato alle vostre cure pastorali nelle regioni ecclesiastiche Sul 3 e 4, esponendo anche le vostre sfide e le vostre speranze. Nell’ascoltare queste cose, sento levarsi dal mio cuore azioni di rendimento di grazie al Signore per il dono della fede misericordiosamente concesso alle vostre comunità ecclesiali e da esse zelantemente conservato e coraggiosamente trasmesso, in obbedienza al mandato che Gesù ci ha lasciato di portare la sua Buona Novella a ogni creatura, cercando di pervadere di umanesimo cristiano la cultura attuale.

Riguardo alla cultura, il pensiero si volge a due ambiti classici in cui essa si forma e comunica – l’università e la scuola -, fissando l’attenzione principalmente sulle comunità accademiche che sono nate all’ombra dell’umanesimo cristiano e che s’ispirano a esso, onorandosi del nome di “cattoliche”. Ora “è proprio nel riferimento esplicito e condiviso da tutti i membri della comunità scolastica – sia pure in grado diverso – alla visione cristiana, che la scuola è “cattolica”, poiché i principi evangelici diventano in essa norme educative, motivazioni interiori e insieme mete finali” (Congregazione per l’Educazione Cattolica, La scuola cattolica, n. 34).

Possa essa, in una convinta sinergia con le famiglie e con la comunità ecclesiale, promuovere quella unità fra fede, cultura e vita che costituisce l’obiettivo fondamentale dell’educazione cristiana.

Anche le scuole statali, secondo diverse forme e modi, possono essere aiutate nel loro compito educativo dalla presenza di professori credenti – in primo luogo, ma non esclusivamente, i professori di religione cattolica – e di alunni formati cristianamente, come pure dalla collaborazione delle famiglie e della stessa comunità cristiana. In effetti, una sana laicità della scuola non implica la negazione della trascendenza, e neppure una mera neutralità dinanzi a quei requisiti e valori morali che si trovano alla base di un’autentica formazione della persona, includendo l’educazione religiosa.

La scuola cattolica non può essere pensata né vivere separata dalle altre istituzioni educative. Essa è al servizio della società: svolge una funzione pubblica e un servizio di pubblica utilità, non riservato solo ai cattolici, ma aperto a tutti coloro che desiderano usufruire di una proposta educativa qualificata. Il problema della sua equiparazione giuridica ed economica alla scuola statale potrà essere correttamente impostato solo se partiamo dal riconoscimento del ruolo primario delle famiglie e da quello sussidiario delle altre istituzioni educative. Nell’articolo 26 della Dichiarazione Universale dei Diritti dell’Uomo si legge: “I genitori hanno diritto di priorità nella scelta del genere di istruzione da impartire ai loro figli”. L’impegno plurisecolare della scuola cattolica va in questa direzione, spinto da una forza ancora più radicale, ossia dalla forza che fa di Cristo il centro del processo educativo.

Questo processo, che ha inizio nelle scuole primaria e secondaria, si realizza in modo più alto e specializzato nelle università. La Chiesa è stata sempre solidale con l’università e con la sua vocazione di condurre l’uomo ai più alti livelli della conoscenza della verità e del dominio del mondo in tutti i suoi aspetti. Mi compiaccio di esprimere la mia viva gratitudine ecclesiale alle diverse congregazioni religiose che fra di voi hanno fondato e sostenuto rinomate università, ricordando loro tuttavia che queste non sono proprietà di chi le ha fondate o di chi le frequenta, ma espressione della Chiesa e del suo patrimonio di fede.

In tal senso, amati fratelli, vale la pena ricordare che, lo scorso agosto, ha compiuto venticinque anni l’Istruzione Libertatis nuntius della Congregazione per la Dottrina della Fede, su alcuni aspetti della teologia della liberazione; in essa si sottolineava il pericolo che comportava l’accettazione acritica da parte di alcuni teologi di tesi e metodologie provenienti dal marxismo. Le sue conseguenze più o meno visibili fatte di ribellione, divisione, dissenso, offesa, anarchia, si fanno ancora sentire, creando nelle vostre comunità diocesane grande sofferenza e una grave perdita di forze vive. Supplico quanti in qualche modo si sono sentiti attratti, coinvolti e toccati nel proprio intimo da certi principi ingannatori della teologia della liberazione, di confrontarsi nuovamente con la suddetta Istruzione, accogliendo la luce benigna che essa offre a mani tese; a tutti ricordo che “la “regola suprema della propria fede” (della Chiesa) … proviene dall’unità che lo Spirito ha posto tra la Sacra Tradizione, la Sacra Scrittura e il magistero della Chiesa in una reciprocità tale per cui i tre non possono sussistere in maniera indipendente” (Giovanni Paolo II, Fides et ratio, n. 55). Che, nell’ambito degli organismi e comunità ecclesiali, il perdono offerto e accolto in nome e per amore della Santissima Trinità, che adoriamo nei nostri cuori, ponga fine alla sofferenza dell’amata Chiesa che peregrina nelle terre della Santa Croce.

Venerati fratelli nell’episcopato, nell’unione con Cristo ci precede e ci guida la Vergine Maria, tanto amata e venerata nelle vostre diocesi e in tutto il Brasile. In Lei troviamo, pura e non deformata, la vera essenza della Chiesa e così, attraverso di Lei, impariamo a conoscere e ad amare il mistero della Chiesa che vive nella storia, ci sentiamo profondamente parte di essa, diveniamo a nostra volta “anime ecclesiali”, imparando a resistere a quella “secolarizzazione interna” che minaccia la Chiesa e i suoi insegnamenti.

Mentre chiedo al Signore di effondere l’abbondanza della sua luce su tutto il mondo brasiliano della scuola, affido i suoi protagonisti alla protezione della Vergine Santissima e imparto a voi, ai vostri sacerdoti, ai religiosi e alle religiose, ai laici impegnati, e a tutti i fedeli delle vostre diocesi, una paterna benedizione apostolica.



[SM=g1740763]



Fraternamente CaterinaLD

"Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
(fr. Carlos Alfonso Azpiroz Costa OP
Maestro dell’Ordine)
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