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Lettera aperta alla FSSPX di Padre Giovanni Scalese ed altre LETTERE APERTE per cercare e trovare la Verità nella carità

Ultimo Aggiornamento: 03/08/2012 13:45
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12/09/2010 00:17
 
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Continua la riflessione da parte di padre Giovanni Scalese....

L'esperienza della tradizione

Sono svariati mesi che non mi occupo della Fraternità sacerdotale di San Pio X. Dopo l’inizio dei “colloqui dottrinali” con la Santa Sede, nell’ottobre 2009, solo una volta ho interrotto il silenzio che mi ero imposto: in séguito alle parole pronunciate da Mons. Fellay il 2 febbraio 2010 a proposito degli stessi colloqui (si veda il mio post del 6 febbraio).

Nel post del 19 ottobre 2009 spiegavo i motivi che suggerivano il silenzio: non sarebbe stato corretto interferire in alcun modo sulla delicatissima “trattativa” in corso. Ciò non significava affatto che io “credessi” in quei colloqui. Quale fosse la mia posizione in proposito, lo avevo messo in chiaro nel post del 18 marzo 2009; ma, visto che le due parti erano convinte della loro utilità, mi auguravo di cuore che quei colloqui potessero essere coronati da successo.

A quanto pare, però, essi sono entrati in una fase di stallo (mi viene da aggiungere: e non poteva essere altrimenti). Forse per questo, durante l’estate si è diffusa la voce che il Papa stia pensando a un motu proprio, nel quale, per giungere a una piena riconciliazione, chiederebbe alla FSSPX esclusivamente di sottoscrivere il Catechismo della Chiesa cattolica (come è avvenuto recentemente con i gruppi anglicani che hanno chiesto di ristabilire la piena comunione con Roma). La notizia è stata accolta con soddisfazione da tutti i fedeli legati alla tradizione, ma ha destato anche le preoccupazioni dell’ala massimalista del movimento lefebvriano (si veda qui).

Personalmente, se effettivamente si giungesse a un accordo su queste basi, ne sarei ben felice; ma ho i miei dubbi che ciò possa avvenire. La reazione del Vescovo Williamson appare assai significativa; e sono convinto che la sua posizione sia condivisa dalla maggioranza della Fraternità. Ma il problema non sta solo nell’atteggiamento della FSSPX; dobbiamo considerare la cosa in sé stessa, oggettivamente: che cosa è giusto — meglio, necessario, indispensabile — chiedere ai lefebvriani per riammetterli alla piena comunione con la Chiesa cattolica?

Finalmente, se la notizia del motu proprio è vera, si è capito che non si può chiedere loro l’accettazione del Concilio Vaticano II, un concilio che si è autodefinito “pastorale” e che, in alcuni punti, può essere — e di fatto è — messo in discussione. Ora, forse sulla scia di quanto avvenuto con gli anglicani, si vorrebbe chiedere alla FSSPX l’accettazione del Catechismo della Chiesa cattolica. Potrebbe sembrare un’idea ragionevole, che era stata in qualche modo già ventilata un anno fa e che io stesso avevo condiviso (si veda il post del 19 ottobre 2009).

Ma, se ci pensiamo bene, anche questa soluzione — a prescindere dalle reazioni dell’altra parte, ma solo in linea di principio — non è la piú corretta. Non certo perché il Catechismo della Chiesa cattolica sia, come vuole Williamson, “sostanzialmente modernista, ma in maniera sommessa”; bensí perché i catechismi — tutti i catechismi — sono anch’essi testi “pastorali”, legati al tempo e al luogo in cui sono stati composti. Non a caso oggi non usiamo piú il Catechismo del Concilio di Trento, ma il Catechismo della Chiesa cattolica; non perché uno sia giusto e l’altro sbagliato, ma semplicemente perché il secondo è piú adatto all’epoca in cui viviamo. Che il CCC non sia un assoluto lo dimostra il fatto che, dal momento in cui è stato pubblicato (1992), esso è già stato modificato (nel 1997) a proposito della pena di morte (nn. 2266-2267). Un catechismo non contiene solo il dogma nella sua purezza, ma cerca di presentarlo adottando le categorie proprie di un determinato periodo storico. Perché obbligare qualcuno ad accettare come definitivo un testo che, pur nella sua autorevolezza, conserva un carattere contingente e quindi può essere fatto oggetto, almeno su alcuni punti, di legittime riserve (come di fatto è avvenuto a proposito della pena di morte)?

Io mi vado sempre piú convincendo che l’unica cosa che si possa — e si debba — chiedere ai lefebvriani (come a chiunque altro) è la professione di fede: se essi sono disposti a emetterla, sono cattolici; se si rifiutano, non lo sono. E a nulla varrebbero i colloqui dottrinali, anche se durassero per anni.

Che poi ci possano essere delle divergenze su alcuni punti, soprattutto riguardo al Concilio Vaticano II, mi sembra piú che legittimo. Dove sta scritto che tutti la dobbiamo pensare allo stesso modo a proposito della libertà religiosa, dell’ecumenismo o del dialogo inter-religioso? Si tratta forse di dogmi di fede? È proprio uno scandalo se qualcuno la pensa in maniera diversa? Non è piuttosto uno stimolo per approfondire le questioni? Ho l’impressione che talvolta si voglia allargare indebitamente il campo dell’ortodossia; pensare che, per essere cattolici, tutti dobbiamo avere la stessa opinione su tutto; che non ci sia spazio per un legittimo pluralismo. I dogmi di fede, tutto sommato, non sono poi cosí tanti: una volta che ci ritroviamo tutti nella professione della medesima fede, possiamo discutere sul resto, purché lo si faccia con carità e senza reciproche scomuniche. Vale sempre l’antico adagio: In necessariis unitas; in dubiis libertas; in omnibus caritas.

Jesus di agosto ha riportato un fatto di cui non ero a conoscenza, avvenuto esattamente 34 anni fa, l’11 settembre 1976: Paolo VI ricevette a Castel Gandolfo Mons. Lefebvre, il quale si rivolse al Papa con queste parole: «Ci lasci fare, Santità, l’esperienza della Tradizione. Che ci sia, in mezzo a tutte le esperienze attuali, l’esperienza di ciò che è stato fatto per venti secoli». L’autore dell’articolo, lo storico Giovanni Miccoli, ricorda che Paolo VI, un mese dopo, rispose negativamente alla richiesta dell’Arcivescovo. Non mi sento di giudicare Papa Montini: probabilmente aveva ragione, in quel momento, a rigettare l’istanza. Era troppo importante, in quel momento, essere tutti uniti, sotto la guida di Pietro, nell’attuazione delle riforme volute dal Concilio. Come si può vedere da quanto riportato da Miccoli, la grande preoccupazione di Paolo VI era che si potesse intaccare l’“autorità apostolica del Concilio” (che non può essere in alcun modo messa in discussione neppure oggi) e — aggiungo io — la sua personale autorità pontificia.

Ma oggi la situazione è cambiata: il rinnovamento conciliare è stato attuato; semmai, è giunto il momento di fare una verifica e un bilancio di tale rinnovamento. Non c’è nulla di scandaloso se vengono messe in risalto alcune carenze e si suggeriscono possibili rimedi: è già avvenuto su molti aspetti; può avvenire su altri. In questi anni nella Chiesa sono sorte tante esperienze diverse, con i loro pregi e i loro limiti, ma tutte legittime.

Possibile che non ci sia spazio anche per l’“esperienza della tradizione”? La richiesta che Mons. Lefebvre rivolse a Paolo VI 34 anni fa mi sembra piú che legittima: non pretendeva che tutta la Chiesa lo seguisse nella sua strada (come sembrerebbe talvolta che vogliano i lefebvriani odierni…); chiedeva solo che gli fosse permesso di percorrere un cammino diverso, senza escludere o giudicare i cammini altrui («… in mezzo a tutte le esperienze attuali…»). Come si può negare tale possibilità oggi, che a tutti viene concesso di seguire il proprio carisma? L’unica cosa che si deve esigere dai lefebvriani, oltre alla professione della medesima fede, è di rimanere fedeli allo spirito del loro fondatore: fare, sí, l’esperienza della tradizione, ma senza avere la pretesa che quell’esperienza sia esclusiva e normativa per tutti. A queste condizioni, l’esperienza della tradizione potrà tornare a costituire una ricchezza per tutta la Chiesa e, a loro volta, i suoi seguaci potranno beneficiare delle ricchezze delle altre legittime esperienze ecclesiali.


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Caro Padre Giovanni,
in sostanza condivido integralmente le sue riflessioni tuttavia, nella possibilità di un approfondimento, c'è un passo che non mi è chiaro...
Lei sostiene che una "professione di fede" risolverebbe la questione...ma ci sono alcuni aspetti da considerare:

- tale professione di fede non fu chiesta neppure ai Vescovi olandesi che firmarono l'eretico "catechismo"...
si disse che "l'obbedienza" con la quale "permisero" l'aggiunta di Note come correzione, fu sufficienti a ricucire lo strappo...eppure in quel catechismo si metteva in dubbio perfino la Risurrezione di Cristo....la professione di fede sarebbe dovuta essere obbligatoria...

- la professione di fede, in tal senso, si fa se si nega qualcosa....a prescindere dalle ricadute fuori luogo di taluni come Williamson, quale Articolo di fede la FSSPX avrebbe rinnegato?
Il Concilio non è un articolo di fede, ma uno strumento dal quale scaturiscono dei Documenti....e se tale Concilio non ha aggiunto dottrine e non ne avrebbe modificato le presistenti, a quale dottrina ci riferiamo perchè facciano la professione di fede? non la fanno con il Credo? Non credono forse nel Papa e nella Chiesa una santa, cattolica ed apostolica?

- l'esempio lampante di chi rigettò veramente un Concilio lo abbiamo, sono i Vetero Cattolici che rinnegarono il Vaticano Primo e abbiamo visto come si sono ridotti: si all'aborto, si al divorzio, in Italia abbiamo la prima donna prete... eppure il cardinale di Milano brinda con lei facendosi fotografare, il cardinale di Milano 30 anni fa ha concesso in prestito una parrocchia cattolica.... a Milano, per la Festa di Pentecoste e per il Corpus Domini, i Vetero sono INVITATI e partecipano insieme....(da quest'anno per la verità no, con la donna prete i rapporti si sono complicati).... perchè allora tutte queste pretese con la FSSPX che nella Dottrina e nei Comandamenti e nel Catechismo (anche se quello detto di san Pio X sempre valido!) non hanno mai rigettato nulla?

- infine, come ho predetto, sono d'accordo con lei nel suo discorso complessivo, e non posso però fare a meno di chiedermi: può davvero un Concilio, per quanto santo, essere usato - in questo tempo di grave crisi e di grave apostasia - come strumento di "professione di fede" quando nel testo di indizione di apertura fu detto chiaramente che:

- Per questo motivo, come obbedendo ad una voce interiore e suggerita da una ispirazione venuta dall’alto, abbiamo giudicato essere ormai maturi i tempi per offrire alla Chiesa cattolica e a tutta la comunità umana un nuovo Concilio Ecumenico che continuasse la serie dei venti grandi Concili, che hanno ottimamente contribuito nel corso dei secoli all’incremento della grazia celeste negli animi dei fedeli e al progresso del cristianesimo.

 Nota mia: non credo che la FSSPX sia contraria a questo progetto fedele.... ma l'interpretazione del Concilio, è stata altrettanto fedele?

è pienamente consentaneo che il Concilio che sarà celebrato illustri più chiaramente quei punti della dottrina e presenti quegli esempi di fraterna carità dai quali, se rispettati, i cristiani separati da questa Sede Apostolica saranno spinti più vivamente a tale unità, e quasi si aprirà ad essi la strada per raggiungerla.

Nota mia: potrebbe essere davvero contraria la FSSPX a queste affermazioni se "fossero state davvero rispettate" ? La dottrina doveva essere più chiaramente ILLUSTRATA, ma non è avvenuto, non ci sono state le conversioni, anzi, abbiamo perduto molto gregge... le conversioni ci sono state quando, negli anni '80, il sacerdozio alle donne aveva preso la mano fra gli anglicani e con il coronamento oggi, con Benedetto XVI di un ottimo riavvicinamento grazie al Summorum Pontificum: è stata opera del Concilio o non forse il fatto che dall'altra parte hanno esagerato con l'eresia?
Da parte dei Luterani non abbiamo avuto alcuna significativa comversione.... due pastori molti noti, americani, sono entrati nella Chiesa Orotodossa perchè "la Tradizione era più tangibile".... non è un mistero che Bartolomeo I abbia detto in una intervista, prima della visita del Papa in Turchia, che difendere la Tradizione nella Liturgia sarebbe stato "un ulteriore passo di avvicinamento" accusando il dopo Concilio di aver avanzato con una liturgia che aveva diviso maggiormente...
ergo?

e ancora leggiamo:

- Vogliamo di conseguenza e ordiniamo che al Concilio Ecumenico da Noi indetto partecipino i Diletti Figli Nostri Cardinali di S. R. C., i Venerabili fratelli Patriarchi, i Primati, gli Arcivescovi e i Vescovi, sia residenziali sia titolari, e inoltre tutti gli ecclesiastici che per diritto devono intervenire al Concilio Ecumenico.


Nota mia: che ci facevano 6 Protestanti nella Commissione liturgica che a quanto pare diedero il loro parere, praticamente a Concilio chiuso, che influì non poco sulla "nuova" Messa? Davvero si può obbligare un cattolico di accettare questa intrusione?
 

altra espressioni di Giovanni XXIII
:

 

2. Ora, dopo avere ripetutamente ponderata la cosa, abbiamo deciso di fissare l’inizio della celebrazione del Concilio Ecumenico Vaticano II per il giorno 11 di ottobre di quest’anno. Abbiamo scelto tale data soprattutto perché si ricollega al ricordo del grande Concilio di Efeso, che ha la massima importanza nella storia della Chiesa.


Insomma, il Concilio Vaticano II, pur predicando bene e pur ammettendo che si doveva guardare agli altri Concili passati, ha completamente ignorato che l'influenza protestante era fatta di persone che negavano certi Concili, li rifiutano ancora oggi... e noi stiamo qui a discutere contro dei fratelli, nella fede, chiedendo loro l'obbligo di una professione di fede, rinnegando ad essi ospitalità e Chiese parrocchiali.... mentre poi si INVITANO E SI OSPITANO e si danno chiese parrocchiali ai protestanti che negano il sacerdozio cattolico, negano la Presenza reale, negano il primato petrino, alcuni negano perfino la Verginità di Maria...
Ma se invece di pretendere da loro una professione alla fede che NON hanno mai rinnegato, si cominciasse ad accoglierli con tutta onestà, prestandogli qualche chiesa invece di distruggerla e di venderla come sta accadendo, non sarebbe meglio e non si farebbe prima?

Poi senza dubbio il Papa potrà chiedere loro una forma di accettazione adeguata al caso unico e specifico in cui si trova la FSSPX....
Del resto si fa così con tutti fuorchè con loro...e si deve un grazie a Benedetto XVI che ha rotto il ghiaccio, muovendosi di sua iniziativa senza attendere il parere dei Vescovi per la revoca della scomunica...e neppure la sua Lettera ai Vescovi del febbraio 2009 ha convinto ancora i Vescovi a muoversi come ha fatto lui...
Non si può predicare la Carità e poi pretenderla a senso unico!

Grazie per questi approfondimenti!
Le sono sempre grata, fraternamente CaterinaLD

[Modificato da Caterina63 12/09/2010 00:18]
Fraternamente CaterinaLD

"Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
(fr. Carlos Alfonso Azpiroz Costa OP
Maestro dell’Ordine)
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