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Lettera aperta alla FSSPX di Padre Giovanni Scalese ed altre LETTERE APERTE per cercare e trovare la Verità nella carità

Ultimo Aggiornamento: 03/08/2012 13:45
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20/04/2011 11:24
 
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I tradizionalisti? Devono essere più proficui.

"Ecco, io ti servo da tanti anni, non ho mai trasgredito ad un tuo comando e tu non mi hai mai dato neppure un capretto per fare festa con i miei amici" (Lc 15:29). E' di certo umanamente comprensibile la reazione stizzita del fratello maggiore nella parabola evangelica del figliol prodigo. Ma non tutto ciò che è umano risulta accettabile per chi si professa cristiano.

Ed è indubbio, se non è così vorrei essere smentito, che parecchio di tale spirito trapela, non sempre soltanto tra le righe, in molti interventi di taluni esponenti delle congregazioni "Ecclesia Dei" quando si cimentano ad analizzare la tematica dei colloqui teologici fra la FSSPX e le autorità romane. Si respira infatti spesso un malcelato fastidio per l'importanza attribuita dal S. Padre a tali colloqui, una mal dissimulata speranza che essi falliscano e un senso di scavalcamento "a destra" reperibile anche in taluni movimenti laicali di antica osservanza lefebvriana. E pensare che, a differenza del personaggio evangelico, anche alcuni istituti come il Buon Pastore, secondo il loro attuale orientamento ecclesiale, sono stati anch'essi dei "figliuoli prodighi" per circa diciassette anni! Viene allora ancor più spontanea la similitudine con la nota favola esopica della "volpe e l'uva". Già; visto che a noi un tale onore non è stato concesso, è meglio delegittimare lo strumento ed auspicarne l'inutilità.

Tutto ciò però, oltre che poco edificante, presenta indubbiamente un retrogusto di "piccola bega da condominio" di insignificante lite di orizzonte ristretto e, in fin dei conti, attrae poco i fedeli tradizionalisti. E' ben vero che anche la FSSPX, specialmente in Francia, spesso non si dimostra tenera nei confronti degli "Ecclesia Dei". Gli argomenti addotti dai lefebvriani duri e puri però, seppur a volte esagerati, si riferiscono ad argomenti di portata generale: la Fede, la morale, la liturgia, questioni, in altre parole, assai meno di bottega. Ma perchè, in fin dei conti, agli istituti "Ecclesia Dei" è stata negata, fino ad oggi, la possibilità di accedere ai colloqui teologici? Perchè inoltre, e la qual cosa affligge molto tali congregazioni, non è stato loro concesso di avere vescovi propri? Alla prima domanda è relativamente facile rispondere. Visto che lo scopo dei colloqui è quello di trovare un accordo dottrinale fra la FSSPX e Roma, non ha senso che vi prenda parte chi un accordo lo ha già raggiunto a suo tempo.

La seconda questione risulta più complessa. L'idea che si ricava da alcune indiscrezioni ed impressioni personali è che il mondo "Ecclesia Dei" appaia, almeno agli occhi della Curia romana, eccessivamente frammentato, poco coeso al proprio interno ed animato da troppe rivalità di carattere personalistico. In altre parole, inaffidabile. Non so se tali impressioni siano giustificate e fino a che punto. Certo si tende assai più di frequente a porre l'accento degli osservatori sulle supposte divisioni interne della FSSPX ma tale struttura, al di là dei desideri malevoli, in fin dei conti, si dimostra assai più solida e disciplinata di altre realtà. In conclusione di queste mie semplici considerazioni vorrei precisare che non mi sento avversario degli Istituti "Ecclesia Dei". Comprendo le ragioni, senz'altro nobili, per cui alcuni di essi sono nati.

Non ho difficoltà a riconoscere loro alcuni meriti come quello di essere, tranne poche eccezioni, riusciti a difendere la Liturgia Tradizionale quando molti prevedevano un loro graduale "assorbimento" nella cosiddetta forma ordinaria. E' innegabile tuttavia che la loro battaglia, ammesso che ci sia, può essere portata avanti con armi spuntate e sostanzialmente poco efficaci. Sono infatti completamente soggetti all'autorità dei Vescovi e, chi si azzarda a dissentire, rischia di essere cacciato o quanto meno emarginato. Noto altresì una difficoltà ad emanciparsi completamente dal proprio passato ed a pensarsi a prescindere dalla questione FSSPX. La cosiddetta sindrome del transfuga condiziona ancora troppo tali congregazioni.

Sembra che molti loro esponenti, anche a distanza di decenni, si sentano ancora preoccupati soprattutto di giustificare, di fronte a sè stessi ed ai fedeli, le scelte che li portarono a separarsi, a suo tempo, dalla Fraternità. Il tempo probabilmente rimarginerà anche queste ferite dolorose. Bisognerebbe però fare uno sforzo già da adesso. La S. Chiesa ha infatti bisogno di tutti ed i tradizionalisti hanno il dovere di usare le proprie energie in modo più proficuo. .

Marco BONGI


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Vi invitiamo anche a prendere visione di quanto segue:

Approfondimento e aggiornamenti dei Dialoghi della FSSPX con la Santa Sede (2)



Fraternamente CaterinaLD

"Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
(fr. Carlos Alfonso Azpiroz Costa OP
Maestro dell’Ordine)
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