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SACRIFICIUM LAUDIS: sull'uso della lingua latina nella Liturgia dei religiosi

Ultimo Aggiornamento: 05/10/2011 19:33
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17/08/2011 19:21
 
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Una dichiarazione profetica di Paolo VI

Continuate a cantare il Divin Ufficio in latino o perderete le vocazioni: la dichiarazione profetica di Paolo VI.


Sul blog del Presidente di Una Voce Inghilterra è comparso ieri un articolo per ricordare i quarantacinque anni dalla pubblicazione di Sacrificium Laudis, la Lettera Apostolica di Paolo VI ai Superiori degli Ordini religiosi, che potete leggere nel post precedente:

Esattamente quarantacinque anni fa S.S. Paolo VI emanò la Lettera Apostolica Sacrificium Laudis per i Superiori degli Ordini religiosi. Proprio oggi, come servizio alla Chiesa, Una Voce Inghilterra pubblica per la prima volta (a quanto pare) la traduzione in inglese della Lettera, traduzione del R.P. Thomas Crean OP, Cappellano Regionale di Una Voce per l’Inghilterra centrale. Non solo la Lettera non si è mai pubblicata in inglese, non è mai comparsa sull’Acta Apostolicae Sedis, anche se è comparsa in Notitiae, l’organo della Sacra Congregazione dei Riti (ora ‘del Culto Divino’) e la si trova in italiano e latino sul sito dell’Apostolica Sede. Merita un’attenta lettura.La lettera è assai breve e Sua Santità non chiede ma ordina a tutti i Superiori religiosi, usando tutta la sua autorità, di continuare a usare le melodie gregoriane autentiche mentre si canta l’Ufficio in latino. Prevedeva già il disastro che seguirà l’abbandono di tale tradizione. Eccone un passo importante:

Qui non si tratta soltanto di conservare nell'Ufficio corale la lingua latina - indubbiamente degna, non è cosa da poco, di essere custodita con cura, essendo nella Chiesa Latina sorgente fecondissima di cristiana civiltà e ricchissimo tesoro di pietà, ma anche di custodire indenni la qualità, la bellezza e l'originario vigore di tali preghiere e di tali canti: si tratta infatti dell'Ufficio corale, espresso «con le voci della Chiesa che dolcemente canta», e che i vostri fondatori e maestri e Santi del Cielo, luminari delle vostre Famiglie religiose, vi hanno tramandato. Non vanno sottovalutate le tradizioni degli antenati che lungo i secoli costruivano la vostra gloria. Questa maniera di recitare l'Ufficio divino in coro fu una delle principali ragioni della solidità e del felice sviluppo delle vostre Famiglie. Suscita quindi meraviglia che, al sorgere di un improvviso turbamento, ad alcuni sembri già di dover trascurare queste motivazioni.

Quale lingua, quale canto vi sembra che possa nella presente situazione sostituire quelle forme della pietà cattolica che avete usato finora? Bisogna riflettere bene, perché le cose non diventino peggiori dopo aver rinnegato questa gloriosa eredità. Poiché vi è da temere che l'Ufficio corale venga ridotto a una recitazione informe, della quale voi stessi sareste certamente i primi a risentire la povertà e la monotonia. Sorge anche un altro interrogativo: gli uomini desiderosi di sentire le sacre preci entreranno ancora così numerosi nei vostri templi, se non vi risuonerà più l'antica e nativa lingua di quelle preghiere, unita al canto pieno di gravità e bellezza? Preghiamo dunque tutti gli interessati, di ponderare bene quello che vorrebbero abbandonare, e di non lasciare inaridire la fonte alla quale hanno fino ad oggi abbondantemente attinto.

Come in tante altre cose, Paolo VI è stato profetico. Ahimé, anche qui la sua iniziale resistenze alle cose negative è stata abbattuta dai novatori. I religiosi hanno continuato a chiedergli di abbandonare la tradizione del canto corale del Divino Ufficio ed Egli ha ceduto. Le conseguenze, però, sono esattamente quelle che aveva previsto.

 


Fraternamente CaterinaLD

"Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
(fr. Carlos Alfonso Azpiroz Costa OP
Maestro dell’Ordine)
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