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Ultimo Aggiornamento: 26/09/2009 21:41
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22/09/2009 15:36
 
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Autenticità dei Vangeli

 

"(...) se l'originale dei vangeli è davvero ebraico o aramaico è perché sono stati scritti subito, tra il 30 (anno probabile della morte di Gesù) e il 50, o poco più. In ogni caso, ricolto prima che, con la distruzione del 70, il vecchio Israele sia travolto e scompaiano gli intinti testimoni di ciò che è raccontato in quei testi". (VITTORIO MESSORI, Patì sotto Ponzio Pilato?, SEI, Tosino 1992, p. 297)

 

1. La nostra indagine sulla credibilità del Cristianesimo ha affron­tato, nel capitolo precedente, il problema della esistenza di Gesù Cristo e abbiamo visto, grazie alla documentazione in nostro possesso, che si tratta di un dato storicamente accertato.

 

2. Ora, tra i documenti che abbiamo preso in considerazione non abbiamo incluso i quattro Vangeli. E ciò non perché essi non siano da considerarsi storici, ma soltanto perché non abbiamo ancora esaminato il loro spessore di testimonianze affidabili, di documentazione attendibile. È ciò che cominceremo a fare ora.

 

3. Il cattolico sa che: "La santa madre Chiesa ha ritenuto e ritiene con fermezza e costanza massima che i quattro Vangeli, di cui afferma senza alcuna esistnza la storicità, trasmettono fedelmente quanto Gesù Figlio di Dio, durante la sua vita tra gli uomini, effettivamente operò e insegnò per la loro eterna salvezza" (Dei Verbum, 19). Sulla scorta di que­sta definizione, tratta da una Costituzione dogmatica del Concilio Vati­cano II, il cattolico non nutre alcun dubbio che i Vangeli siano docu­menti storici autentici e veritieri.

 

4. Poiché quanto insegnato dalla Dei Verbum ha valore normativo solo per i cattolici, per accertare l'attendibilità storica dei Vangeli, e convincere di ciò chi la contesta, il cattolico deve percorrere altre strade, quelle tracciate dalla ricerca storica.

 

5. Molto semplificando, possiamo dire che la disciplina storica, quando incontra un documento scritto che riporta fatti accaduti in pas­sato, solitamente percorre queste strade:

- in primo luogo, ne accerta l'autenticità;

- poi verifica l'integrità del contenuto;

- quindi esamina quanto è scritto per accertare se corrisponde a fatti real­mente accaduti.

 

6. Ora, per mostrare a chi non crede che i Vangeli sono documenti storici, che riportano con fedeltà fatti realmente accaduti, il cattolico per­corre la stessa strada indicata dallo storico.

 

7. Che cosa significa indagare sull'autenticità dei Vangeli? Vuol dire appurare in primo luogo che essi risalgano effettivamente all'età apostolica, ossia al I secolo, e poi che siano stati scritti realmente dagli autori cui sono attribuiti.

 

8. Che cosa significa indagare sull'integrità dei Vangeli? Vuol dire accertarsi che i Vangeli oggi in nostro possesso, quelli che abitualmente leggiamo, corrispondano nel contenuto esattamente a quelli che hanno redatto Matteo, Marco, Luca e Giovanni. Sarà necessario, dunque, sgomberare il campo da ogni possibile sospetto di manomissione, di mutilazione e di correzione del testo evangelico originale.

 

9. Che cosa significa indagare sulla veridicità dei Vangeli? Vuol dire:

- in primo luogo, controllare che i Vangeli siano stati scritti in epoca vicina ai fatti che narrano (e qui riprenderemo il discorso sull'autenticità dei Vangeli).

- poi, recuperare informazioni sui loro autori, perché interessa sapere se sono persone meritevoli di fiducia, competenti in materia e testimoni attendibili dei fatti che raccontano.

- infine, e questa è forse la parte più importante, accertare che i fatti nar­rati siano realmente accaduti.

 

10. Il cattolico sa che il problema relativo alla datazione dei Van­geli è molto importante. Vi sono certe correnti di pensiero, sostenute anche da qualche teologo e da qualche biblista, stando alle quali tra il Cristo della storia, cioè quello che è realmente vissuto, e la composizione dei Vangeli sarebbero intercorsi lunghi periodi di tempo, da 30 fino a 70 anni.

 

11. Quanti negano pieno valore di documentazione storica ai Van­geli ritengono che in questo lungo arco di tempo la Chiesa primitiva, mentre era in fase di organizzazione e con lo scopo di guadagnare nuovi fedeli, avrebbe divinizzato la persona di Gesù, attribuendogli parole ed opere che in realtà Egli non avrebbe mai pronunciato o compiuto.

 

12. Una vera e propria manipolazione, una autentica falsificazione della verità, quella compiuta dalla Chiesa primitiva nel redigere i Vangeli. Per rimediare, teologi, biblisti e studiosi, a partire da quelli di confes­sione protestantica, hanno dato il via ad un processo cosiddetto di "demitizzazione", con l'intento di eliminare dal testo dei Vangeli, e quindi dalla vita di Gesù Cristo, ogni parola e ogni episodio che non sarebbe razionalmente comprensibile.

 

13. Riguardo la scelta tra le parole e i fatti da conservare e quelli da eliminare nel testo evangelico, ogni studioso ha personali opinioni. Per alcuni, espressioni come "Io e il Padre siamo una cosa sola" sono puramente inventate. Impossibile che un uomo, un giudeo, abbia mai pronunciato queste parole che lo fanno uguale a Dio. Ma è anche impos­sibile che abbia camminato sulle acque, sfamato migliaia di persone con pochi pani e pesci, guarito all'istante ciechi, sordi e storpi, risuscitato il figlio della vedova di Nain, comandato alle forze della natura e che, dopo la morte, sia anche risuscitato. Tutto questo ripugna, secondo alcuni "studiosi", alla ragione umana. Nei Vangeli vi sarebbe stato aggiunto da mani ignote e interessate a tutto tranne che a trasmettere fedelmente la vita di Gesù Cristo.

 

14. Che cosa rimanga della vita di Gesù che meriti qualche inte­resse, dopo averla depredata di quanto abbiamo sopra ricordato, non è dato di capirlo bene. Per quanto ci riguarda, solo se le nostre tre piste di ricerca - autenticità, integrità, veridicità dei Vangeli - dovessero condurci a risultati positivi, solo in questo caso noi saremo autorizzati a trattare i Vangeli come documenti storici atendibili, credibili, meritevoli della nostra considerazione.

 

15. E se i Vangeli sono documenti storici attendibili, il cattolico li proporrà con schiettezza e semplicità a chi non crede, perché si renda conto dell'irragionevolezza delle sue convinzioni e si disponga, con l'aiuto della grazia di Dio, a convertirsi.

 

I Vangeli sono documenti del primo secolo

 

16. Una tradizione bimillenaria, giunta ininterrottamente fino a noi, attribuisce i Vangeli a quattro autori di nome Matteo, Marco, Luca e Giovanni, tutti vissuti - si dice - nel I secolo d.C. Come possiamo veri­ficare la fondatezza di questa tradizione?

 

17. Il punto di partenza della nostra ricerca è un dato storico indi­scutibile, perché di esso possediamo molte testimonianze. Subito dopo la morte di Gesù, il Cristianesimo si diffonde in numerose e vaste regioni dell'Impero di Roma. Proprio di questa capillare presenza rimangono molte tracce, anche archeologiche, che perfino un turista distratto può facilmente notare solo che viaggi in Terra Santa o in Asia Minore.

 

18. A Cipro, a Tessalonica, ad Atene, a Efeso, a Corinto (Grecia), in certe zone dell'Asia Minore (Panfilia, Pisidia, Galazia, Iconio e Colossi), Paolo fonda comunità cristiane che presto diventano fiorenti e si dotano, fin dal I secolo, di una certa struttura gerarchica e di una organizzazione.

 

19. A Gerusalemme, a Cesarea, ad Antiochia, a Joppe (Giaffa) e in Samaria, Pietro fonda altre comunità cristiane. Anche a Rorna, probabil­mente fu Pietro il fondatore della locale comunità cristiana.

 

20. Altri Apostoli fondano comunità in Egitto, nella Cappadocia, in Armenia e in zone dell'Asia Minore (Porto, Frigia, Bitinia).

 

21. Una presenza così numerosa di focolai di Cristianesimo è atte­stata da fonti storiche non cristiane. Abbiamo ricordato, nel capitolo pre­cedente, la lettera di Plinio il Giovane (anno 112) all'imperatore Traiano, nella quale si legge: "Il Cristianesimo è professato da un gran numero d'ambo i sessi, di ogni età e classe sociale" e nella quale si dice che questa nuova Religione è ormai diffusa non solo nelle città ma anche nei villaggi e nelle campagne.

 

22. Queste comunità cristiane sono tra loro assai distanti e soprat­tutto sono spesso indipendenti una dall'altra. Tra alcune di esse non mancheranno scontri e rivalità che sfoceranno, talvolta, in dure lotte di carattere dottrinale, fino a giungere successivamente a dolorose separa­zioni.

 

23. Ma su di un punto esse concordano sempre: nel ritenere gli scritti di Matteo, di Marco, di Luca e di Giovanni i soli autentici Vangeli, realmente scritti dai quattro personaggi suddetti, tutti vissuti nel I secolo d.C.

 

24. Questo è un primo dato che gioca a favore dell'autenticità dei Vangeli, da prendere in seria considerazione. Ma ve ne sono altri.

 

25. Tra il 95 ed il 150 d.C. visse Papia, che fu anche vescovo di Gerapoli, in Asia Minore. Papia fu discepolo di un altro grande della Chiesa, san Policarpo, vescovo di Smirne. E san Policarpo fu amico e discepolo di san Giovanni Apostolo, l'autore del quarto Vangelo.

 

26. Nelle sue "Spiegazioni dei detti del Signore", di cui ci parla lo storico Eusebio di Cesarea (Historia Ecclesiastica, III, 39), Papia scrive: "Questo diceva il Presbitero: Marco, divenuto interprete di Pietro, scrisse con accuratezza, ma non con ordine, tutto ciò che ricordava delle parole o dei fatti del Signore. Egli, infatti, non aveva udito il Signore né era stato suo discepolo, ma più tardi, come dicevo, aveva accompagnato Pietro, il quale impartiva le sue istruzioni secondo i bisogni, ma senza fare esposizione ordi­nata dei detti del Signore, cosicché non commise colpa Marco scrivendo alcune cose così come le ricordava. Egli ebbe una sola preoccupazione, di non omettere nulla di quanto aveva inteso e di non introdurre alcun errore...

Quanto a Matteo, egli in lingua ebraica ordinò i detti del Signore e cia­scuno l'interpretò come era capace di fare".

 

27. Nella testimonianza di Papia si fa cenno ad un "Presbitero". A detta degli studiosi si tratta proprio di san Giovanni apostolo, le cui parole furono riferite a Papia probabilmente proprio da quel Policarpo discepolo dell'autore del quarto Vangelo.

 

28. Siamo davanti ad una testimonianza preziosa, la cui fonte potrebbe risalire, con la mediazione di san Policarpo, nientemeno che ad Lui Apostolo del Signore, autore di un Vangelo. Papia parla solo di un Vangelo di Matteo e di uno di Marco; tace sugli altri due e così facciamo, - per ora, anche noi. Segnala che Marco era "interprete di Pietro" e "aveva accompagnato" il Principe degli Apostoli. Pertanto, Marco è certamente vissuto in età apostolica e il suo Vangelo va datato al I secolo.

 

29. La documentazione storica ci offre altre testimonianze impor­tanti a conferma dell'autenticità dei Vangeli.

 

30. Nell'anno 185, Ireneo, vescovo di Lione (Gallia), scrive: "Matteo fra gli Ebrei nella propria lingua di essi produsse un Vangelo, nel tempo in cui Pietro e Paolo predicarono a Roma e vi fondarono la Chiesa. Quindi, dopo la dipartita di costoro, Marco, discepolo e segretario di Pietro, ci trasmise anch'egli per iscritto le cose predicate da Pietro. A sua volta, Luca, compagno di Paolo, compose in un libro il Vangelo predicato da quello. Infine, Giovanni, il discepolo del Signore, quello che riposò pure sul petto di Lui, anch'egli pubblicò un Vangelo, mentre dimorava in Efeso d'A­sia... Esistono dunque solo quattro Vangeli né più né meno. Come quattro sono le parti del mondo e quattro i venti principali (...) È manifesto quindi che il Verbo ci ha dato il Vangelo quadriforme, permeato da un solo spirito" (Adversus Haereses, III, 1, 1).

 

31. Dunque, al tempo di Ireneo, sul finire del II secolo, è assodato che gli unici Vangeli ai quali la Chiesa attribuisce valore sono quelli di Matteo, di Marco, di Luca e di Giovanni. Ireneo ci offre una datazione dei Vangeli ancora generica, ma molto significativa: Matteo scrive "nel tempo in cui Pietro e Paolo predicarono a Roma e vi fondarono la Chiesa", quindi prima del 64/67 d.C., anno della loro morte. Ci informa, inoltre, che Luca, autore del terzo Vangelo, era compagno di Paolo mentre Gio­vanni, autore del quarto, era apostolo di Gesìi. Dunque, tutti uomini vis­suti nel primo secolo, che scrissero i Vangeli certamente in età apostolica.

 

32. La testimonianza di Ireneo è preziosa sia per l'autorevolezza della fonte, perché egli fu uomo di profonda cultura e di grande presti­gio e autorità nella Chiesa primitiva, sia perché, sebbene giovanissimo, conobbe personalmente san Policarpo, discepolo dell'Apostolo Giovanni.

33. Un altro testimone che conferma l'autenticità dei Vangeli è Clemente Alessandrino (Atene 150 ca. - 212 ca.), di cui ci siamo già occupati quando abbiamo esaminato il pensiero cattolico riguardo l'esi­stenza di Dio. Uomo coltissimo, educato nel paganesimo, conosceva perfettamente i filosofi greci e il Nuovo ed Antico Testamento, citati nei suoi scritti per almeno 3.500 volte.

 

34. Ricordando le sue Ipotiposi, una raccolta in otto libri di appun­ti sulla Sacra Scrittura, Eusebio di Cesarea scrive: "In questi stessi libri Clemente espone, circa la serie dei Vangeli, la tradizione degli antichi pre­sbiteri che è questa. Egli dice che sono stati scritti dapprima i Vangeli che contengono le genealogie del Salvatore (Matteo, Luca), e che quello secondo Marco ha avuto la seguente origine. Avendo Pietro predicato pubblicamen­te a Roma la Parola di Dio ed esposto il Vangelo in virtù dello Spirito San­to, i molti che erano stati presenti esortarono Marco come colui che l'aveva seguito da gran tempo e si ricordava delle cose dette, di mettere per iscritto le cose pronunciate. Avendo fatto ciò, Marco consegnò il Vangelo a quelli che l'avevano pregato. Pietro risaputo ciò non volle esplicitamente né impe­dire né incitare. Ultimo, pertanto, è Giovanni: vedendo che negli Evangeli precedenti erano state manifestate le cose corporee (ea quae ad corpus Chri­sti pertinent), spinto dagli amici, divinamente portato dallo Spirito Santo, produsse un Vangelo spirituale" (Historia Ecclesiastica, VI, 14).

 

35. Come si può notare, anche Clemente Alessandrino attesta i nomi degli Evangelisti e l'epoca in cui furono scritti, certamente il I secolo, offrendoci un ulteriore dato storico in favore della loro autenti­cità.

 

36. Un altro testimone in favore dell'autenticità dei Vangeli è un discepolo di Clemente Alessandrino, suo successore, a partire dall'anno 203, nella Scuola di Alessandria. Stiamo parlando di Origene, autore di un Commentario in Matteo, in cui scrisse: "Ecco quanto appresi dalla tra­dizione intorno ai quattro Vangeli, che sono gli unici ammessi senza contro­versia dalla Chiesa di Dio. Dapprima fu composto il Vangelo secondo Mat­teo, il quale una volta era pubblicano e in seguito divenne Apostolo di Gesù Cristo. Egli pubblicò il Vangelo in lingua ebraica per i Giudei convertiti alla fede. Il secondo è quello composto da Marco dietro quantogli aveva espo­sto Pietro... Il terzo è quello secondo Luca, il Vangelo raccomandato da Paolo, scritto a favore dei Gentili. L'ultimo quello secondo Giovanni" (Euse­bio di Cesarea, Historia Ecclesiastica, VI, 25).

 

37. Un'altra testimonianza è quella di Tertulliano, autore del Libro contro Marcione, scritto intorno al 200. Egli scrive: "Abbiamo stabilito prima di tutto che lo strumento evangelico ha per autori gli Apostoli ai quali il Sitgnore stesso diede l'incarico di promulgare il Vangelo. Quando ne furono autori dei discepoli, non rimasero però isolati, bensì in comunione con gli Apostoli; poiché la predicazione dei discepoli potrebbe essere sospettata di una gloria, se non fosse garantita dall'autorità dei maestri, anzi dall'auto­rità di Cristo che conferì il magistero agli Apostoli. Così, tra gli Apostoli, Gioranni e Matteo ci hanno comunicato la fede; tra i loro discepoli, Luca e Marco la rinnorano" (Adversus Marcionem, IV 2).

 

38. Fino ad ora abbiamo esaminato una serie di testimonianze molto antiche, tutte concordi sull'autenticità dei quattro Vangeli. Dob­biamo ricordare che queste testimonianze provengono da uomini auto­revoli, prestigiosi, di grande cultura anche se diversi tra loro per sensibi­lità e formazione. Tutti però attestano che la Chiesa primitiva riteneva ispirati, dunque canonici, solo i Vangeli di Matteo, di Marco, di Luca e di Giovanni, che furono scritti nel I secolo.

 

39. A questa serie di documenti ne possiamo aggiungere un altro di incomparabile valore. Si tratta del celebre Canone Muratoriano, un rammento datato verso la metà del II secolo d.C., scoperto dallo storico Ludovico Antonio Muratori (1672 - 1750) nella Biblioteca Ambrosiana di Milano e reso pubblico nell'anno 1742.

 

40. È un frammento incompleto. Contiene il catalogo dei Libri del Nuovo Testamento, ma è privo dell'inizio e della fine. Pur così mutilato, esso esordisce affermando"... il terzo Vangelo è di Luca, medico, compa­gno di Paolo,... il quarto è di Giovanni, uno dei discepoli".

 

41. In realtà, prima dell'esordio sopra ricordato, vi sono alcune parole che concludono una frase precedente, della quale non si ha l'ini­zio, andato perso. Gli studiosi concordano che si riferisca al Vangelo di Marco. Ma a noi importa notare come il Codice Muratoriano enumera i Vangeli di Luca e di Giovanni, definendoli rispettivamente "il terzo" e "il quarto".

 

42. Non è proprio difficile credere, anche sulla base delle altre testimonianze che abbiamo ricordato, che i primi due Vangeli, dei quali certamente il Codice Muratoriano riferiva, dovevano essere quelli di Matteo e di Marco.

 

43. A questo punto della nostra ricerca si impone una conclusione. Tutti i dati storici che abbiamo riferito concordano nel ritenere i Vangeli scritti nel primo secolo e proprio dai noti quattro Evangelisti. Dunque, la loro autenticità è pienamente confermata. Nello stesso secolo in cui Cri­sto era vissuto, dopo la sua morte e risurrezione, vi sono testimoni che hanno messo per iscritto ciò che avevano visto o udito. Il dato è di straordinaria importanza.

 

44. Quelle che abbiamo ricordato fino ad ora sono prove che gli studiosi definiscono "esterne" ai Vangeli. Vi sono anche prove "interne", cioè prove che possiamo ricavare da un attento esame del testo evange­lico. Qui ne proponiamo soltanto due.

 

45. La prima. Se si pone attenzione alla Chiesa così come è descritta nei Vangeli, essa ci appare certamente dotata di un "Capo" ("Tu sei Pietro") e di una primitiva scala gerarchica, occupata dagli Apostoli. Ma nei Vangeli non vi è alcun cenno di quella struttura gerar­chica più complessa, che nasce subito ma che ci è ricordata da altri scritti del Nuovo Testamento, composta di Vescovi, presbiteri e dia­coni.

 

46. Questa mancanza si spiega solo se si ammette che i Vangeli sono stati scritti prima che la Chiesa si strutturasse completamente, quindi in un tempo estremamente vicino alla morte del Signore, avve­nuta nel 30 d.C.

 

47. La seconda. Stando ai Vangeli, gli unici avversari che incontra Gcsù Cristo sono Farisei, Sadducel e Scribi. Manca qualsiasi riferimento ai primi terribili avversari del Cristianesimo primitivo: Gnostici, Doceti, Montanisti, etc. Neppure si trova nei Vangeli alcun riferimento alle per­secuzioni scatenate periodicamente dalle autorità dell'Impero di Roma che ebbero, però, una notevole ripercussione sulla vita delle prime comu­nità cristiane.

 

48. Questo silenzio su eventi che sconvolsero la vita della Chiesa primitiva si spiega solo ammettendo che i Vangeli sono stati scritti quando le eresie e le persecuzioni sopra ricordate non erano ancora avve­nute, quindi proprio a ridosso della vita terrena di Gesù di Nazareth.

 

49. La nostra ricerca sull'autenticità dei Vangeli andrebbe comple­tata esaminando più a fondo la data della loro composizione. Fino ad ora, abbiamo visto che furono scritti nel I secolo, ma possiamo essere più precisi.

 

50. Affronteremo questo tema nel capitolo dedicato alla "veridi­cità" dei Vangeli. Prima, dobbiamo accertare se questi documenti sono giunti fino a noi integralmente, senza alterazioni. È ciò che faremo nelle pagine che seguono immediatamente.

"Gli autori sacri scrissero i quattro Vangeli, scegliendo alcune cose tra le molte tramandate a voce o già per iscritto, redigendo una sintesi delle altre o spiegandole con riguardo alla situazione delle Chiese, conservando infine il carattere di predicazione, sempre però in modo tale da riferire su Gesù cose vere e sincere". (Dei rerImm, 19)

 

Integrità dei Vangeli

 

"I Vangeli sono il cuore di tutte le Scritture". (CATECHISMO DELLA CHIESA CATTOLICA, n. 125)

 

1. Abbiamo finora accertato che Gesù Cristo è realmente esistito e che nel I secolo furono scritti quattro Vangeli per riferirne parole ed opere. La nostra ricerca sull'attendibilità storica dei Vangeli ha fatto solo un primo passo. Altri ne restano da compiere, e il successivo deve rispon­dere a questa domanda: siamo sicuri che i Vangeli in nostro possesso, che sentiamo proclamare in Chiesa o leggiamo personalmente, siano proprio quelli scritti dai quattro Evangelisti?

 

2. E ancora: le variazioni che si trovano nelle numerose versioni, talvolte dovute a errori dei copisti o a loro indebite correzioni, hanno forse alterato irrimediabilmente gli scritti originali degli Evangelisti, tanto da renderci impossibile sapere che cosa hanno realmente scritto? E, di conseguenza, che cosa ha veramente detto e fatto Gesù Cristo?

 

3. A tutte queste domande, che sono fondamentali per accertare la credibilità storica del Cristianesimo, risponde l'indagine sulla integrità dei Vangeli.

 

Codici e frammenti

 

4. Per rispondere alle domande che abbiamo posto, dobbiamo par­tire da un dato pacificamente acquisito e facilmente verificabile da cia­scun studioso.

 

5. Il dato è questo: i Vangeli che oggi possediamo sono sostanzial­mente identici a quelli in uso nelle comunità cristiane del IV secolo dopo Cristo. I Cristiani dei nostri tempi e quelli che vivevano nell'Impero di Roma ai tempi di Costantino (280 - 337) hanno avuto tra le loro mani lo stesso, identico testo evangelico.

 

6. Siamo in grado di affermare che dal 300 d.C. sino ad oggi non sono avvenute alterazioni sostanziali di contenuto nella trasmissione del testo evangelico. Come possiamo essere così sicuri?

 

7. Dobbiamo ricordare che nell'anno 313, con il Rescritto di Milano, l'Imperatore Costantino concede la libertà di manifestare la pro­pria Fede religiosa. I Cristiani non temono più di essere perseguitati a causa della loro Fede, come era spesso accaduto fino ad allora.

 

8. Da quel momento il testo dei Vangeli comincia a circolare libe­ramente. I Vangeli vengono scritti su pergamena (pelle di agnello - pecora, montone, capra - opportunamente lavorata fino a diventare una membrana liscia e traslucida, secondo un sistema inventato a Pergamo, e usata anticamente come materia scrittoria) e relegati sotto forma di codice (libro manoscritto formato da più fogli - in contrapposizione al rotolo manoscritto e al libro stampato). Fino ad allora i Vangeli erano stati ricopiati su papiro, materiale scrittorio che aveva il pregio di essere poco costoso ma il difetto di essere deteriorabile.

 

9. Quindi, dall'inizio del IV secolo, con l'autorevole avvallo della Chiesa, i papiri sui quali è fissata la Parola di Dio vengono ricopiati in Codici e questi cominciano a circolare liberamente tra le numerosissime comunità cristiane dell'Impero.

 

10. Alcuni di questi Codici sono stati conservati e sono giunti in buono stato fino a noi. Grazie ad un semplicissimo confronto tra i nostri Vangeli e quelli riportati nei Codici possiamo acquisire la certezza, docu­mentata, che da almeno 17 secoli la Chiesa legge, conserva e trasmette lo stesso testo evangelico.

 

11. Il Codice più antico in nostro possesso è il Codice Vaticano, del IV secolo, scritto su tre colonne e contenente quasi per intero l'An­tico Testamento, i quattro Vangeli e la maggior parte delle Lettere degli Apostoli. Oggi è conservato nella Biblioteca Vaticana.

 

12. È giunto fino a noi il Codice Sinaitico, ritrovato nel Mona­stero di santa Caterina ai piedi del Monte Sinai, nella omonima penisola, in Egitto. Gli studiosi lo datano all'inizio del IV secolo. Contiene per intero il Nuovo Testamento (quindi anche i quattro Vangeli) e quasi tutto l'Antico Testamento. Oggi è conservato al Museo Britannico di Londra.

 

13. Al V secolo risale il Codice Alessandrino che contiene Antico e Nuovo Testamento, salvo qualche parte mancante. Anch'esso è conser­vato nel Museo Britannico di Londra.

 

14. Sempre del V secolo è il Codice di Efrem, conservato nella Biblioteca Nazionale di Parigi e contenente i quattro Vangeli e altre parti della Sacra Scrittura. Questo Codice ha una storia curiosa. Nel tardo Medioevo, il testo del Nuovo Testamento fu raschiato e la pergamena riutilizzata per scrivervi 38 omelie di Sant'Efrem di Siro. Nonostante ciò, l'antico testo dei Vangeli può essere ancora letto esponendolo alla luce dei raggi ultravioletti.

 

15. Come è facile osservare, non è mancato agli studiosi materiale abbondante e preziosissimo per valutare l'integrità dei nostri Vangeli, almeno nei confronti di quelli in uso nella Chiesa del IV e V secolo. I risultati acquisiti dopo un semplice confronto sono oggi pacificamente acquisiti: vi è piena corrispondenza. Questo è un primo dato di enorme valore documentale e storico.

 

16. A questo punto della nostra ricerca, resta ancora aperto un interrogativo, il più importante: "Siamo certi che i Codici del IV e V secolo riproducano fedelmente i testi evangelici scritti da Matteo, Marco, Luca e Giovanni e in possesso delle primitive comunità cristiane? O, al contrario, si ha qualche ragione di dubitare che, prima della stesura dei Codici, vi siano state manipolazioni dei testi originali e che questi ultimi siano andati definitivamente perduti?".

 

17. Per rispondere a questa domanda decisiva, dobbiamo ricordare che gli Evangelisti scrissero su papiro. Purtroppo, il papiro è materiale deperibile e dunque quelli su cui scrissero effettivamente i quattro autori sacri non ci sono giunti, sono andati perduti.

 

18. Ma è noto che i Vangeli originali furono ricopiati più e più volte su altri papiri, perché tutte le comunità cristiane desideravano pos­sedere questi scritti. Ora, di queste innumerevoli copie su papiro dei Vangeli originali, alcune datate pochissimi anni dopo la versione origi­nale, ne sono giunte fino a noi un centinaio, tutte frammentate, più o meno complete. E la ricerca, ovviamente, continua.

 

19. Si è dunque potuto procedere al confronto tra i testi contenuti in questi frammenti papiracei dei primissimi tempi con i testi dei Codici del IV e V secolo, che abbiamo sopra ricordato.

 

20. Il risultato è davvero stupefacente: i testi dei Codici corrispon­dono nella sostanza ai frammenti papiracei. Vi sono solo alcune margi­nali differenze, dovute spesso ad errori dei copisti facilmente identifica­bili.

 

21. Questo consente agli studiosi di affermare, con un altissimo grado di sicurezza, che i Codici del IV e V secolo riproducono fedel­mente i Vangeli in possesso dei primi cristiani, cioè quelli scritti in epoca vicinissima agli originali.

 

22. Gli esperti ormai non hanno alcun dubbio. Oggi siamo in pos­sesso dei testi evangelici così come furono scritti dagli Evangelisti. Per confermare questo dato, compiamo una breve incursione tra i frammenti papiracei dei primissimi tempi.

 

23. Nella Biblioteca John Ryland, di Manchester, si trova un anti­chissimo frammento di un Codice in papiro, il Codice Ryland, datato prima metà del II secolo. Contiene alcuni versetti del capitolo XVIII del Vangelo di Giovanni. Alcuni studiosi lo fanno risalire all'epoca dell'impe­ratore Adriano (137 - 139), altri addirittura a qualche anno prima. Fu trovato in Egitto nel 1920.

 

24. Nel 1930 furono scoperti, sempre in Egitto, alcuni papiri confluiti successivamente nella collezione Chester Beatty. Si tratta di 11 Codici in papiro, tre dei quali contengono parti consistenti del Nuovo Testamento. Tutta la collezione è oggi conservata a Dublino. I papiri sono datati III secolo.

 

25. Ancora più antico è il Codice papiraceo che si trova nella Biblioteca Bodmer di Colygny, nei pressi di Ginevra. Contiene, presso­ché intatti, i primi 14 capitoli del Vangelo di Giovanni (mancano solo 24 versetti) e frammenti dei rimanenti 7 capitoli. Sono datati II secolo, pro­babilmente intorno alla metà.

 

26. Alla collezione Bodmer appartengono anche un Codice del­l'anno 200, contenente i Vangeli di Luca e Giovanni, entrambi con molte lacune, e un altro Codice, sempre del 200, che contiene le Lettere di Pietro e Giuda.

 

27. Abbiamo ricordato solo alcuni, tra i più importanti, frammenti che ci sono materialmente giunti dai secoli precedenti i Codici del IV e V secolo. Abbiamo tralasciato volutamente i frammenti in assoluto più anti­chi: quello detto 7Q5, datato addirittura al 50 d.C., contenente solo 20 lettere greche, disposte su 5 righe e trovato a Qumran. Contiene un bre­vissimo passaggio del Vangelo di Marco. E abbiamo tralasciato tre fram­menti conservati al Magdalen College di Oxford, datati tra il 60 ed il 70 d.C. Di questi ultimi parleremo nel prossimo capitolo, quando si dovrà accertare la "veridicità" dei Vangeli.

 

28. Data la straordinaria antichità di questi frammenti, e data la straordinaria concordanza dei testi che contengono, pur essendo stati redatti in ambienti diversi, possiamo ragionevolmente presumere che chi li scrisse aveva ben presente il testo dei quattro Vangeli, in originale o in copia vicinissima all'originale.

 

29. Il dato che a noi interessa è ormai ben delineato: tutti questi frammenti, che provengono da località diverse e che sono stati scritti in epoca vicinissima agli originali, messi a confronto con il testo dei Vangeli contenuto nei Codici del IV e V secolo, ci permettono di affermare che questi ultimi riproducevano fedelmente i testi loro precedenti.

 

30. Frederic Kenyon, uno dei più prestigiosi esperti nel campo della paleografia greca e della critica testuale della Sacra Scrittura, ha scritto: "Alla fine è rassicurante trovare che il risultato complessivo di tutte queste scoperte e di tutto questo studio consiste nel rafforzare la prova di autenticità della Scrittura e la nostra convinzione che abbiamo in mano, nella sua sostanziale integrità, la vera Parola di Dio" (EG. KENYON, The story of the Bible, London 1936, p. 144, citato in FREDERYK FYVIE BRUCE, Rotoli e pergamene. Così nacque la Bibbia, Piemme, Ca­sale Monferrato 1994, p. 175).

 

31. Aggiungiamo una considerazione. L'importanza di tutti questi frammenti, così antichi e vicini nel tempo al testo originale dei Vangeli, si comprende molto meglio se si tiene conto che l'intervallo tra il testo ori­ginale dell'opera di Omero (forse IX secolo a.C.) e il manoscritto ad essa più vicino, ora in nostro possesso, è di ben 2.000 anni.

- Per Euripide (poeta tragico greco, 480 - 406 a.C.) gli anni sono 1.600.

- Per Sofocle (poeta tragico greco, 497 o 496 - 406 a.C.) sono 1.400.

- Per Platone (filosofo, 428/27 - 347 a.C.) gli anni sono 1.300.

- Per Caio Giulio Cesare (100 - 47 a.C.) sono 8/900. Le campagne di Cesare in Gallia da lui descritte nel De bello gallico sono testimoniate da pochissimi manoscritti che distano 8 secoli dall'originale.

- Per Orazio (poeta latino, 65 - 8 a.C.) gli anni sono 800.

- Per Virgilio (poeta latino, 70 - 19 a.C.) gli anni sarebbero 400 se non fosse stato trovato, nella fortezza di Masada, in Israele, un preziosissimo frammento di papiro contenente una citazione dell'Eneide, la cui data­zione risale a soli 92 anni dalla morte del grande poeta (i dati riportati sono stati tratti da: GIOVANNI GIAVINI, Verso la Bibbia, Ufficio Cate­chistico Diocesano di Milano, Milano 1974, p. 28).

 

32. Tutto questo ci porta ad affermare che di nessun'altra opera esistente siamo così certi della sua integrità e della sua fedeltà al testo ori­ginale come per i Vangeli e per la Sacra Scrittura in generale.

 

33. Se si considera poi il Nuovo Testamento, la certezza che oggi siamo in possesso del testo originale è indiscutibile. Ci sono pervenuti ben 5.000 frammenti, talvolta dal contenuto molto esteso. Una quantità di materiale enorme. Ma per comprendere il valore di questa quantità di materiale a disposizione degli studiosi, si ricordi che di Orazio ci sono pervenuti solo 250 Codici, di Omero solo 110, di Virgilio 100 e di Tacito soltanto uno (cfr. G. GIAVINI, cit., p. 28).

 

Conclusione

 

34. Ci sembra di poter dire, al termine di questo capitolo, che i Vangeli sono da considerarsi a pieno titolo documenti integralmente conservati, fedeli al loro testo originale. È ormai assodato che noi posse­diamo gli stessi scritti evangelici delle comunità cristiane primitive.

 

35. Naturalmente, tutto questo non basta per considerare i Vangeli come documenti storici attendibili. Dobbiamo affrontare e risolvere l'ultima questione, la più importante e decisiva, dalla quale dipende in gran parte una nostra ragionata risposta al problema della storicità del Cristianesimo.

 

36. Ci dobbiamo chiedere se il contenuto dei Vangeli, certamente risalente al primo secolo, certamente conservato intatto fino ai nostri giorni, può essere considerato veritiero. Inoltre, dobbiamo esaminare se sono stati scritti da persone competenti ed oneste, da testimoni affidabili dei fatti che raccontano. Dovremo anche riprendere, per entrare nei par­ticolari, il discorso sulla datazione dei Vangeli originali. Questo è il com­pito che affronteremo nel prossimo capitolo.

 

"L'intervallo tra le date originali di composizione e le più antiche testimonianze che ci sono pervenute, diventa tal­mente piccolo da risultare trascurabile e, ora, sono stati rimossigli ultimi dubbi che la Scrittura non ci sia stata trasmessa sostanzialmente come fu scritta. L'autenticità e la sostanziale integrità dei libri del Nuovo Testamento, finalmente, possono essere considerate fuori discussione". (F. G. KENYON, in FIZEDERYK F. BRUCE, Rotoli e peryaneene. Così nacque la Bibbia, Piemme, Casale M.to 1994, p. 175.)

 

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