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Sacerdoti, riscopriamo insieme l'uso degli ABITI LITURGICI e della stessa LITURGIA SACRA

Ultimo Aggiornamento: 15/02/2012 11:18
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15/03/2011 18:27
 
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Sacerdoti....rimettete l'ABITO perchè l'occhio vuole la sua parte! 


Il significato mistico della cotta - parte prima
 
Dell'abito dei chierici.
del Ven. Jean-Jacques Olier

PARTE IIa – DELLA COTTA

Il santo vescovo, parlando dell'abito dei chierici, lo chiama l'abito della santa religione (60) come noi lo abbiamo già detto.
Questo abito significa due cose: la morte a se stesso ed al peccato, e la vi ta dedicata a Dio. «Consideratevi, – dice S. Paolo, – come morti al peccato e non vivendo più che per Dio in nostro Signore Gesù Cristo» (61).
Questo doppio stato di vita e di morte ci è comunicato nel santo battesimo, per il quale noi moriamo come Gesù e risuscitiamo come Lui alla nuova vita (62); Di ciò facciamo solenne e speciale professione nella tonsura, quando noi dichiariamo di morire al mondo ed alle creature (63) per non vivere che di Dio, della sua gloria e del servizio della sua Chiesa (64).
S. Giacomo . esprime la nostra religione in questi due effetti: Religio munda, dice egli, et inmaculata apud Deum et Patrem, haec est visitare pupillos et viduas in tribulatione eorum et inmaculatum se custodire ab hoc saeculo (65). La nostra santa religione consiste innanzi tulto nell'essere completamente morti pel mondo, di modo che nulla resti in noi delle sue macchie, della corruzione delle sue massime e della impurità del suo amore.
In secondo luogo, essa consiste nel compiere santamente le opere di carità e di vita divina, come soccorrere il prossimo nelle sue necessità, in vista di Dio, per famore del quale noi serviamo anche e soprattutto quelli da cui non possiamo aspettarci niente (66).

L'abito, come la religione, è duplice: esterno e interiore. Per essere universale, completo, la religione deve essere tale, imperocchè l'uomo è composto di corpo e di anima e deve quindi rendere palese in tutto se stesso e al di fuori e nell'intimo suo, il suo culto e la sua religione (67).
L'abito esteriore consiste dapprima nella nera sottana di cui abbiamo testè parlato che significa la morte al mondo e a tutti gli istinti, i sentimenti di Adamo, in unione con la morte e sepoltura del Figliuolo di Dio, che il chierico deve manifestare al mondo con le sue opere e con tutta la slia condotta. In secondo luogo, consiste nella cotta, che rappresenta la vita nuova di Gesù Cristo, stabilita in noi in seguito alla morte del peccato; la sua risurrezione e la sua vita divina, resa sensibile ai figli della Chiesa per mezzo della purezza, della santità e di tutte le virtù che devono risplendere nei chierici (68).
Questo abito è stato imitato da quasi tutti gli ordini, dei Carmelitani, dei frati di S. Bernardo, degli Agostiniani e dei Domenicani che hanno diviso il loro abito fra il nero e il bianco per esprimere esteriormente ciò che devono interiormente praticare, vale a dire la mortificazione della carne e la vita dello spirito (69).


Questi due santi esprimono i due principali misteri della nostra religione: San Bruno, col candore del suo abito, rappresenta la risurrezione di Nostro Signore, mentre S. Benedetto aveva dapprima raffigurato nel color nero del suo, il santo mistero della sua morte (70).
Questi due misteri e questi due stati del Figlio di Dio, esprimono nei chierici la veste talare e la cotta di cui sono rivestiti.
L'abito interiore dei chierici è Gesù Cristo stesso. Questo abito è ben diverso da quelli esteriori che non hanno che un legame morale con i corpi che ne sono rivestiti e che li coprono soltanto, senza penetrarli (71); mentre questi penetra e s'insinua nell'anima che ne è rivestita. Ed è Cristo stesso in noi, che in certo modo, si confonde con noi, riempiendoci delle sue perfezioni e della sua sostanza, compenetrandoci di tutto se stesso e manifestando in noi le sue qualità divine (72); di modo che, per mezzo della sua sostanza, si forma come una stessa cosa di lui e di noi.

È di questo abito che S. Paolo voleva fossero vestiti tutti i cristiani, quando diceva: Induimini Dominum Jesum Christum (73). Il vescovo, dando ai chierici la cotta, che rappresenta la perfezione e il compimento della nostra religione mostra loro l'impegno formale e l'obbligo speciale che hanno nel rivestirla, dicendo a ciascuno di essi: Induat te Dominus novum hominem, qui secundum Deum creatus est, in justitia et sanctilate veritatis. Il Signore ti rivesta dell'uomo nuovo, che fu creato da Dio nella vera giustizia e santità. Parole misteriose (74) che ci denotano la condotta invisibile di Dio nella sua Chiesa e la santità che Egli esige dai chierici. Per comprenderle, bisogna considerare che l'uomo, riabilitato da Gesù Cristo nel battesimo, non è conforme ad Adamo nello stato della sua innocenza, poiché questi era stato creato in uno stato di universale santità, vale a dire santo nell'anima e santo nel corpo (75).

L'uomo rinnovato e rifugiato nella Chiesa, che è il vero paradiso terrestre, non è creato in questa santità universale, ma in uno stato di santità e di giustizia, in justitia et sanctitate; di santità, perché è fatto figlio di Dio; di giustizia perché l'uomo battezzato, che porta una carne ribelle e pesante che per lui è giogo penoso e sensibilissimo peso, deve avere in sé lo spirito di zelo e di giustizia contro se stesso per castigare questa carne, per ridurla in servitù crocifiggendola con la giustizia e punendola del suo orgoglio e della sua insolenza.
Bisogna che, per virtù dello spirito di Cristo che lo anima, egli la sottometta alla legge di Dio, che la costringa, suo malgrado, a servire il prossimo, che la riduca a un totale annientamento di se stessa. In questo, il nuovo uomo differisce dall'antico che era stato creato in un tal grado di santità, che la carne e i sensi seguivano le disposizioni dello spirito, col quale vivevano in perfetta intelligenza, essendo sempre d'accordo nei loro movimenti e sempre egualmente portati ad azioni di santità e di giustizia: ciò che non avviene più nell’uomo nuovo e nei cristiani la cui carne non è santificata (76). La seconda differenza fra la santità del cristiano rinnovato e riformato in Gesù Cristo, e quella dell'uomo primitivo nello stato d'innocenza, è che la santità del cristiano lo porta senza posa a privarsi, più che può, delle creature (77) che, dopo il peccato, non gli sono che soggetti di tentazione (78) per dedicarsi a Dio con una fede pura, sciolto da ogni legame umano (79). Invece la santità del primo uomo e la grazia dell'innocenza non lo separavano in tal modo dalle creature, anzi ad esse lo avvicinavano per ammirarne le bellezze divine espresse in esse, ciò che lo innalzava a Dio, pur trattandosi di forme visibili che cadevano sotto i suoi sensi.

Questa differenza dimostra la grande purezza del nostro stato rinnovato in Gesù Cristo, che ci santifica e ci consacra al Padre in un distacco universale delle cose, dedicandoci a lui nella sua verità e scorgendolo al lume della fede pura, senza soffermarci alle esteriorità di tutto questo mondo. Sanctifica eos in veritate (80), diceva altra volta Nostro Signore al Padre suo. O Signore, santificate i servi vostri nella verità, e cioè uniteli al vostro essere divino, e non solo figuratamente come facevate altra volta (81). Poiché la religione dei veri adoratori è di adorare Dio in spirito e verità (82) e non più solamente sotto delle ombre.


NOTE

(60) Habitum sacrae religionis. Pontifical. Rom.
(6t) Existimate vos mortuos quidem esse peccato, viventes autem Deo in Christo Jesu. Rom ., 6, 11.
(62) Consepulti ei in baptismo, in quo et resurrexistis per fidem operationis Dei, qui suscitavit illum a mortuis, Coloss., 2, 12.
E se S. Benedetto, per una devozione particolare alla morte ed alla sepoltura di Gesù, si è rivestito completamente di nero, doveva nascere da lui un altro santo, l'umile san Bruno che, compiendo i disegni di Dio sul suo ordine, scelse l'abito bianco.
(63) Mortuum sibi deputet mundum, ac se mundi blandienltis illecebris exhibeat crucifixum. Jul. Pomer., de Vita Contempl., lib. 1, c. 8.
(64) Mercenarii sumus conducti… et ideo vocati a Christo, ut haec sola operemur, quae pertinent ad gloriam Dei... proximique profectum. S. Chrysost., hom. 34 oper. imp. in Matth.
(65) Jacob. 1, 27. – Visitare pupillos et viduas, etc., id est, exercere se in operibus misericordiae erga proximum, et in operibus munditiae erga seipsum. Lyran., hic. – Per sacculum, intelligit mundum et omnia quae sunt in mundo. Qui (enim) mundum diligit, immaculatum se a saeculo non custodit. Gloss.
(66) Puritas cordis in duobus consistit, in quaerenda gloria Dei, et utilitate proximi, ut in omnibus... nihil suum quaerat... sed tantum aut Dei honorem, aut salutem proximorum, aut utrumque. S. Bernard. Ep. 42, ad Henr. Sen., seu. de Offic. Episc., cap. 3, IL 10.
(67) Duplex est cultus Dei, interior et exterior. Cum enim homo sit compositus et anima et corpore, utrumque debet applicari ad colendum Deum, ut scilicet anima colat interiori cultu, et corpus exteriori. D. Thom., 1, 2, q. 101, a. 2, in corp.
(68) Ad hoc a Deo dati estis, ut depravatos mores ac leges mundi, verbo et exemplis viriiiter impugnetis. Barth. a Martyr., Stim. Past. p. 2, c. 6. –Superpelliceum primo propter sui candorem, munditiam seu puritatem castitatis designat... Tertio denotat innocentiam; et ideo ante omnes alias vestes sacras induitur; quia divino cultui deputati, innocentia vitae, cunctis virtutum actibus superpollere debent, juxta illud Psalmi: Innocentes et recti adhaeserunt mihi. Durand., Rat. divin. Offic., lib. 3, cap. 1, n. 10, 11.
(69) Visum est, ut mihi videtur, magnis Patribus illis nigrum colorem magis humilitati, magis poenitentiae, magis luctui convenire... Vestes candidas magis gloriam quam abjectionem, magis gaudium quam moerorem antiquitus designasse. Petr. Cluniac. ab. ad S. Bernard abb. Claraval., lib. 4, Ep. 17.
(70) Veteres Palres candida veste ad spiritualium genesim indicandam usi sunt; cum albus color vitae symbolum sit, et alter mortis. Vicecomes, de Baptism., lib. 5, c. 9.
(71) Vestis ad honorem et gloriam pIane sacrati sanctique generis, Christus est: atque praeclarum ac supernum sanctarum animarum ornamentum. S. Cyril. Alex., de Ador. in spirit. et verit., lib. 11, qui est de Sac.
(72) David ex persona Dei, de eis qui in ecclesiis sacerdotali munere funguntur, dicit: Sacerdotes ejus induam salutari. Paulus induere Dominum Jesum praccepit; hoc illud est de caelo habitaculum, illa exultationis tunica, et indumentum salutis. Ibid.
(73) Rom., 13, 14.
(74) Dicitur iuduere Christum qui Christum imitatur; quia sicut homo continetur vestimento, et sub ejus colore videtur, ita in eo qui Christum imitatur, opera Christi apparent. D. Thom., in Ep. ad Rom. c. 13, v. 14.
(75) Adam non opus habebat eo adjutorio quod implorant sancti in hac vita, ad quos perlinet liberationis gratia, cum dicunt: Video aliam legem in membris meis pugnantem legi mentis meae, etc., quoniam in eis caro concupiscit adversns spiritum, et spiritus adversus carnem... Ille vero nulla tali rlxa a seipso adversus seipsum tentatus atque turbatus, in illo beatitudinis loco sua secum pace fruebatur, S. Aug. de Corrept. et Grat. 11, n. 29.
(76) Byssus est genus lini candidissimi, et ad summum candorem multa vexatione et ablutione perductum. Significat autem perfectam carnis munditiam, secundum illud quod in Apocalypsi legitur; Byssus sunt justifìcationes sanctorum. Hac munditia caro sacerdotis ex se non habet; sicut nec linum ex se est candidum; sed, sicut dictum est, multis castigationibus et ablutionibus redditur candidum, ut aptum fiat indumentis pontificum. Forma est sacerdotalis munditiae, ut secundum Apostolum sacerdotes carnem suam castigent, et in servitntem redigant; at praeunte gratia habeant per industriam, quod non potuerunt habere per naturam. Ivo Carnot., de Signif. indum. sacerd., serm. 3 in Synod. – Hugo a S. Victor., de Sacram. Christi fid., lib. 2, p. 4, c. 2.
(77) Qui non renuntiat omnibus quae possidet, non potest meus esse discipulus. Luc., 14, 33.
(78) Creaturae Dei in odium factae sunt et in temptationem animis hominum et in muscipulum pedibus insipientium. Sap. 14, 11.
(79) Oportet Christianum, abnegato mundo, transferri ex hoc saeculo, in quo versatur animus illecebris illectus a tempore transgressionis Adam, in alterurn saeculum, et intellectu in superiori ac divino mundo versari. S. Macar., hom. 24. – Contemptu universorum Christus sequendus est. S. Hilar, in Matth. , cap. 16, n. 11.
(80) Joan. 17, 17. – In veritate, id est, in me. S. Cyril. Alex., lib., 11 in Joan. , c. 10.
(81) Sanctificantur in veritate heredes Testamenti novi, cujus veritatis umbrae fuerunt sanctifcationes veteris Testamenti, et cum sanctificantur in veritate, utique sanctificantur in Christo qui veraciter dicit Ego sum via et veritas. S. Aug., tract. 108 in Joan. n. 2.
(82) Veri adoratores adorabunt Patrem spiritu et veritate. – Joan. 4, 23.

Dell'abito dei chierici.
del Ven. Jean-Jacques Olier

PARTE IIa – DELLA COTTA
(continuazione)

Ecco quale deve essere la religione dei chierici. Tenendo gli occhi chiusi alla vanità del mondo e non soffermandosi più a guardarne tutto ciò che passa (83) essi devono contemplare la maestà di Dio quale e in se stessa; devono vedere e intrattenere il Signore come l'amico fa con l'amico (84) non considerandola più soltanto attraverso le sue figurazioni come dei servi, ma scoprendone la faccia per la nudità della fede (85) che, benché oscura, non lascia mai di mostrarcelo tale quale egli è in se stesso e ben diversamente da come lo facevano le allegorie. Questo ci avvicina maggiormente a Lui e gli procura un culto infinitamente più santo nella nostra religione.
Questa santa religione nostra, pura e immacolata, questa religione di veri adoratori è rappresentata nella cotta che il chierico porta in tutte le sue funzioni.
Questo abito indica la purezza e l'eminente santità di vita che deve avere colui che riceve la tonsura; significa il candore, l'innocenza che deve essere in lui diffusa (86); e il color bianco (87) deve rendergli ognora più presente e sensibile l'impegno preso di dedicarsi alla santità, alla perfezione della vita.
Anticamente la Chiesa seguendo il suo solito sistema di rappresentare col segno esterno e sensibile le disposizioni del cuore, rivestiva di bianco i neo-battezzati, per rappresentare la purezza e l'integrità che richiedeva la vita di cui avevano fatto professione nel battesimo (88).

Similmente, essa ricopre oggi esteriormente di una bianca cotta i chierici ammessi alla tonsura, per segnalare la santità di cui devono essere interiormente rivestiti.
Per questo inoltre, essa fa indossare ai sacri ministri, quale segno di consumata purezza un amitto e un camice che coprono completamente la testa e il corpo (89); il vescovo poi, che deve avere una santità e una pienezza di grazia ben più abbondante per sé e per gli altri, mette anche, sopra il suo camice, due tuniche, di cui l'una che lo cinge più da presso, significa che, al di sopra della comune santità ve ne deve essere una più eminente; l'altra, più ampia, esprime la santità più estesa di cui deve essere rivestito per abbracciare tutta la Chiesa (90).

La cotta, inoltre, con il suo candore, raffigura lo splendore del cielo e la magnificenza della sua gloria. Esprime questa vita divina di cui il chierico è rivestito, vita di risurrezione che è, in sostanza, la vita di purezza e di splendore di cui godono i Santi nel cielo raffigurato nella Chiesa la quale, essendo la stessa quaggiù e nel paradiso, comincia a servirsi fin d'ora di quegli ornamenti di cui essa sarà poi eternamente ricoperta (91).
Le vesti di Gesù, nella trasfigurazione, divennero bianche come neve: Vestimenta ejus facta sunt alba sicut nix (92), per esprimere la sua vita gloriosa e divina del giorno della risurrezione. Anche gli Angeli che annunciarono questo divino mistero, apparvero con delle vesti bianchissime, Quasi a significare a tutta la Chiesa quale doveva essere l'innocenza e la purezza di quelli che un giorno vi avrebbero preso parte sulla terra.

Per mezzo della bianca cotta il Vescovo esprime al chierico come la sua anima debba esser tutta ripiena di grazia, di purezza e di santità, e come non gli sia più permesso di dedicarsi ad alcun impiego secolare o profano sotto un abito di cielo (93).
Il chierico, così abbigliato, esprime che è entrato nella vita nuova, vita di risurrezione, vita divina di cui vivono nel cielo per la gloria di Dio gli angeli e i santi (94).

Questa vita divina è quella del Figlio di Dio risorto e nella quale il chierico si perde, per cantarne più che le lodi e l'amore, assimilandosi per così dire lo spirito del divin Salvatore glorioso e glorificante il Padre.
Di modo che, come nel Cielo l'occupazione del Figlio di Dio e quella di tutti gli angeli e dei beati in Cristo è di essere occupati senza posa di Dio, di contemplarlo senza interruzione, di lodarlo, amarlo continuamente, nella loro innocenza e santità, così i chierici nella Chiesa devono essere in stato di lode, d'amore e di giubilo verso Dio (95).
Una distrazione volontaria è, in riguardo alla cotta, ciò che è un moto della carne in riguardo alla veste talare. L'una macchia la cotta, come l'altro la sottana; ed entrambi profanano questo duplice segno della santa religione dei chierici (96).

Quale morte e quale vita sono quelle dei chierici! Che cosa non abbraccia questa morte e che cosa non racchiude questa vita, che penetra nell'intimo di Cristo stesso e di questa vita divina nella quale si perdono e si inabissano i santi del cielo (97) per raggiungere il culto perfetto dovuto alla maestà di Dio? Per Jesum Christum in gloriam et laudem Dei (98). Sotto la cotta appare in parte la sottana, quasi a tener presente al chierico che la morte, espressa nel colore di questa veste, non lo ha ancora del tutto consumato come lo sarà in cielo, perché la carne che lo riveste ancora, quantunque mortificata ed animata da la grazia, risente ancora della corruzione (99).
Egli deve arrossire di vergogna, nell'apparire davanti al Signore circondato da una natura di peccato (100), indegno di entrare nel santuario e in un luogo santo che rappresenta il paradiso su la terra dove nulla di macchiato può avere accesso. Egli deve tollerare la sua natura con dolore e gemere senza posa nel vedersi ad essa assoggettato necessariamente.

L'abito talare si porta in pubblico per rivelare che si è morti al mondo ;si è ricoperti della cotta in chiesa per testimoniare che si partecipa . alla santa vita della Chiesa. Si abbandona la cotta uscendo da la chiesa e rientrando nel mondo, perche questi, corrotto come è, non è degno di vedere, frammischiato alle sue vanità, l'abito della santità e della purezza di ,}I Nostro Signore che la cotta rappresenta (101).. La santa Chiesa soltanto è degna di Dio e questa dimora di santità merita, sola, di possedere Gesù Cristo (102).
Senza di essa infatti, il mondo non vedrebbe né possederebbe mai questo adorabile Salvatore (103). Ad essa dobbiamo la gioia della .sua presenza fra noi; e non c'è che la purezza, non c'è che la santità di questa dimora che siano degni di Lui.

Bisogna che portiamo delle vesti da lutto quando usciamo dalla Chiesa, vero paradiso terrestre (104) all'infuori del quale noi ci troviamo esposti ad ogni sorta di travagli e di pene. Per questo, i santi preti sono sovente afflitti lontani da questo santo luogo, mentre provano una grande gioia e una profonda pace quando vi si trovano per compiere i loro offici e le loro funzioni.


NOTE

(83) Praeterit figura hujus mundii. 1 Cor., 7, 31. – Negatur his terrena divisio, ut ipsi dum saecularem sibi non vindicant portionem, fiant caelestis possessio; vel hoc solum noverint possidere, hoc est, fidei et devotionis obsequium. S. Ambr. in Ps. 118, serm. 8, n. 5.
(84) Loquebatur autem Dominus ad Moysen facie ad faciem sicut loqui solet homo ad amicum suum. Exod., 33, 11. – Ore ad os, sicut quondam cum sancto Moyse, loquitur cum sponsa, et palam, non per aenigmata et figuras, Deum videt. S. Bern., Serm. 45 in Cant., n. 6.
(85) Fide colitur Deus, S. Aug. in expos. Ep. ad Gal., c. 3, n. 21.
(86) Mitto vobis superpelliceum novum et candidum, quod repraesentet vobis vitae novitatem et munditiae candorem. Steph. Tornac., ep. 123, ad Albin. Cardinal.
(87) Candore vestis munditia vitae significatur. Tales enim Dominum decet habere ministros, qui nullo carnis corrumpantur contagio; sed perfecta mentis et corporis castitate splendeant. Hugo a S. Victor., de Sacram. Christ. fidei, 2, p. 3, c. 11, tom 3.
S. Isid. Hispal., Offic. Eccl., t. 2, c. 8.
(88) Vestis candida traditur baptizato, ad signiflcandam puritatem vitae quam debet post baptismum observare. D. Thom. , 3 p., q. 66, a.10, ad 3.
(89) Post amictllm albam sacerdos induit, quae membris corporis convenienter apta nihil superfluum aut dissolutum in vita sacerdotis aut in ejus membris esse debere demonstrat; haec, ob speciem candoris, munditiam demonstrat. Durand., Ration. divino Offic., lib. 3, c. 3.
(90) Post albam, pontifex induit tunicam, et super lunicam dalmaticam vestit. Per tunicam virtutes intimae intelliguntur, quas semper habere debet perfectas; per dalmaticam, ampliorem quam debet habere caritatem… Et quia pontifex magis expresse gerit similitudinem Salvatoris, quam simplex sacerdos, ideo pluribus utitur ornamentis. Durand., Ration. divin. Offic. lib. 3, c. 10 et 11.
(91) Per vestimenta candida intelligimus aliquo modo decorem animarum nostrarum, scilicet gloriam immortalitatis nostrae. Durand., Rat. divin. Offic. proem., n. 6. – Vestis candida gloriae praefert indumentum. Ivo Carnot:, serm. de Sacram. Neophyt.
(92) Matth. , 17, 2.
(93) Habitus albus pertinet ad perfectos, et ad illos, qui ita, per terrenorum contemptum, ad ea quae sursum sunt elevati sunt, ut sint quasi in caelis per beatitudincm glorificati. Biblioth. Praemonst., lib. 1, c. 4, sect. 13. –Vestes candidas magis gloriam quam abjectionem designasse... et Angelus resurgentis, et Angeli ascendentis Domini praecones indicarunt: ipseque Salvator, in illa transformationis suae gloria, vestibus niveis plaeclarus apparens, ostendit. Petr. Cluniac., lib. 4, Ep. 17 ad S. Bern.
(94) Dum superpelliceum, qui amictus ex tela linea candida constat, induit (clericus), cogitet quam personam sustineat, nempe a sordibus labeque puram, qualem vestitus ille indicat. Conc. Mediol. , 5, p. 3, tit. 6, Quae ad divin. Offic. pertinent.
(95) De sacerdote omnes non quasi carne induto, et humana natura praedito, sed quasi Angelo, omni reliqua infirmitate libero, judicium ferre volunt, S. Chrysost., de Sacerd., lib. 3, cap. 14. – Sitis per Christum sensibus innovati, abjecta saeculi hujus figura; et tota inveteratae imaginis deformitate projecta formam vestram in formam vestri reducite Salvatoris: ut novitas scnsuum vestrorum in vestris actibus elucescat, et caelestis homo caelesti habitu jam gradiatur in terra. S. Petr. Chrysol., serm. 120. – Deo servite assiduis divinarum laudum officiis; et in Ecclesia, quasi perpetua vestra sacerdotali clericalique statione continenter versamini. Conc. Mediol. 4, p. 3, tit. 7, Monitiones.
(96) Sicut pretiosam vestem exigua quaevis macula turpius decolorat, nobis ad immunditiam minima qluaelibet inobedientia sufficit; nec jam naevus est, sed gravis macula. S. Bernard. de divers. serm. 17, n. 4.
(97) Vita Christi electis ejus membris applicata, vita est caelestis patriae, in qua resurrexit a mortuis, et fruitur sedens ad dexteram Dei... haud secus ac si et resuscitati et ad Dei dexteram cum illo essemus assumpti. Naclant. Episc. Clugien. in c. 1 Ep. ad Ephes.
(98) Philip., 1, 11.
(99) Scio quia non habitat in me, hoc est in carne mea, bonum. Rom. 7, 18. – Quantumlibet in hoc corpore manens profeceris, erras si vitia putas emortua, et non magis suppressa. Velis, nolis, intra fines tuos habitat Jebusaeus, subjugari potest sed non exterminari. S. Bernard., serm. 58 in Cant., n. 10.
(100) Video autem aliam legem in membris meis repugnantem legi mentis meae, et captivantem me in lege peccati, quae est in membris meis. Infelix ego homo, quis me liberabit de corpore mortis huius? Rom., 7, 23, 24.
(101) Sacris vestibus indutos extra tabernaculum videri non permittit, ne sanctificatae res, si ad impuros homines perveniant, contracta ex alienis labe, sancti tabernaculi venerationem imminuant. S. Cyril. Alex., de Ador. in spirit. et verit., lib. 12.
(102) Tabemaculum Dei in terra, Ecclesia ejus est.
S. Aug. in Ps. 41, n. 9.
(103) Candelabrum est Ecclesia quae bajulat verbum vitae. S. Chrysost. hom. 10 op. imp. in Matth., cap. 5.
(104) Ponite vobis Ecclesiam ante oculos ad instar similitudinemque paradisi. S. Àug. in Ps. 47, n. 9.

Fraternamente CaterinaLD

"Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
(fr. Carlos Alfonso Azpiroz Costa OP
Maestro dell’Ordine)
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