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Battesimo evangelico e santa cena

Ultimo Aggiornamento: 07/10/2009 21:20
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07/10/2009 21:02
 
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Da: Soprannome MSNFiorenzo946Inviato: 23/08/2003 1.18
Carissimo Alfonso
Mi hai citato S.Agostino che conferma ciò che ho scritto, e poi mi hai postato un lunghissimo discorso che spiega, spiega e alla fine sinceramente non ci ho capito niente, io desidero carissimo Alfonso, che tu mi contesti solo e soltanto ciò che io ti ho scritto, tutti i versi, che ti ho citato per esempio non mi hai spiegato per niente 1 Corinti 11:23-34, che ho notato che in tutte le spiegazioni fatte da protestanti contro  l'eucarestia non citano per niente, come nel tuo scritto non è citato per niente. Non bisogna tralasciare nessun verso altrimenti rischiamo veramente di far dire alle Sacre Scritture quello che non dice

Quando tu mi citi (Giovanni 6:63) ‘Le parole che vi ho dette sono spirito (Spirituale) e vita” per confermare che Gesù parlava in senso figurativo erri. Se il verso è letto così estrapolato dal contesto, per una persona igno­rante (di Bibbia) potrebbe confermare quello che tu dici.<o:p></o:p>

<o:p> </o:p>

Ora invece proviamo a leggere tutto il contesto e vediamo cosa ne esce (Giovanni 6:53—66):<o:p></o:p>

<o:p> </o:p>

2282 GIOVANNI 6,54<o:p></o:p>

<o:p> </o:p>

<o:p> </o:p>

                          verità vi dico: se non, mangiate la carne del Figlio dell’uomo e non <o:p></o:p>

                   bevete il suo sangue, non avrete in voi la vita.      Chi mangia la mia <o:p></o:p>

                    carne e beve  il  mio sangue  ha  la  vita eterna  e  io  lo   risusciterò <o:p></o:p>

                    nell’ultimo giorno. »Perché la mia carne è vero cibo e il mio sangue<o:p></o:p>

         vera bevanda. »Chi mangia la mia carne e beve il mio sangue dimora <o:p></o:p>

         in me e io in lui. > Come il Padre, che ha la vita, ha mandato me e io<o:p></o:p>

 vivo per il Padre, così anche colui che mangia di me vivrà per me. <o:p></o:p>

 Questo è il pane disceso dal cielo, non come quello che mangiarono <o:p></o:p>

 i padri vostri e morirono. Chi mangia questo pane vivrà in eterno>>.<o:p></o:p>

    Queste cose disse Gesù, insegnando nella sinagoga a Cafàrnao.<o:p></o:p>

                             Molti  dei  suoi  discepoli,  dopo  aver  ascoltato,  dissero:    «Questo<o:p></o:p>

        linguaggio è duro; chi può intenderlo?». «Gesù, conoscendo dentro<o:p></o:p>

di sé che i suoi discepoli proprio di questo mormoravano, disse loro:<o:p></o:p>

                                                           «Questo vi scandalizza? ‘tE se vedeste il Figlio dell’uomo salire là <o:p></o:p>

                        dov’era prima? ‘3E lo Spirito che dà la vita, la carne non giova a nulla;                                        <o:p></o:p>

                        le parole che vi ho dette sono spirito e vita. «Ma vi sono alcuni tra voi<o:p></o:p>

       che  non  credono».  Gesù  infatti  sapeva  fin  da  principio  chi  erano <o:p></o:p>

       quelli  che  non  credevano  e  chi  era  colui  che lo avrebbe tradito. E <o:p></o:p>

        continuò:  «Per  questo  vi  ho  detto  che nessuno può venire a me, se <o:p></o:p>

        non gli è concesso dal Padre mio».<o:p></o:p>

 “Da  allora  molti  dei  suoi  discepoli  si  tirarono  indietro  e  non<o:p></o:p>

andavano più con lui.<o:p></o:p>

<o:p> </o:p>

             La confessione di Pietro.<o:p></o:p>

                       57Disse  allora  Gesù  ai  Dodici:  «Forse  anche  voi volete andarve-<o:p></o:p>

                   ne?». «Gli rispose Simon Pietro:   «Signore, da chi andremo? Tu hai<o:p></o:p>

parole di vita eterna; “noi abbiamo creduto e conosciuto che tu

<o:p> 

Hai visto come è cambiato il significato? Quindi da quando hai letto avrai sicuramente capito che quella frase non sta a significare che Gesù parlava in senso simbolico ma in parole più semplici diceva:

“Questo vi scandalizza? (Il pane che io darò è la mia carne...ecc.) E se mi vedeste salire la dov’ero prima vi scandalizzeresti di più? E’ lo spirito che vi fa comprendere; la carne da sola non può com­prendere; e le mie parole erano spirituali. Ma alcuni di voi non avendo lo spirito non credono”……“Per questo vi ho detto che nessuno può venire a me, se non gli concesso dal Padre mio (cioè, che non riceve lo Spirito Santo).<o:p></o:p>

Da allora molti dei suoi discepoli si tirarono indietro e non andavano più con lui (perché scandalizzati dalle parole dette da Gesù, proprio perché non erano simboliche, e dato che è proibito mangiare carne umana).<o:p></o:p>

</o:p> 

Quindi come vedi fratello (Giovanni 6:63): “Le parole che ho detto sono spirito e vita”  significa, ed è chiarissimo, che le parole di Gesù sono spirituali divine), ripeto le parole, e non la frase e il significato, che è lontano dall’essere simboliche, da premettere che spirito non significa simbolo, se così fosse allora quando Gesù ha detto: “E se vedeste il Figlio dell’uomo salire là dov’era prima?”, questa frase dovrebbe essere simbolica e se è simbolica Gesù non è mai salito dov’era prima. Non ti pare?<o:p></o:p>

Quindi l’Eucarestia è il SACRAMENTO CHE CONTIENE VERAMENTE E REALMENTE IL CORPO ED IL SANGUE, L’ANIMA E LA DIVINITA’ DI GESU’ CRISTO, SOTTO LE APPARENZE DEL PANE E DEL VINO.

<o:p>

Termino nell’attesa di avere maggiori chiarimenti sulla Santa Eucaristia dimostrandomi, sempre con la Bibbia, se la mia interpretazione è errata o no, e spiegandomi tutti i  versetti Biblici menzionati compreso (l Corinti 11:23—34) e (‘Atti 2:42) dove si dice che erano assidui nella frazione del pane.

Saluti

Fiorenzo

</o:p> 


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Consiglia Elimina    Messaggio 44 di 114 nella discussione 
Da: Soprannome MSNcristiano-cattolicoInviato: 23/08/2003 10.51
Pace caro fratello Fiorenzo, e benvenuto tra noi,
ti do un piccolissimi consiglio da fratello, per evitare che il testo da te incollato nei post, presenti le fastidiose <<o:p>> devi semplicemente prima aprire il blocco note di Windows e incollarvi il testo scelto. Poi lo ricopi (selezionandolo al solito modo)  partendo dal blocco note, e lo incolli nella finestra del forum.
Praticamente fai un passaggio in più sul blocco note di Windows, ma ti assicuro che ti filtrerà tutti gli spazi aggiunti e le scritte che aggiunge automaticamente Word, rendendo così il testo più pulito.
Il tuo intervento caro Fiorenzo è stato molto chiaro, pulito, efficace, chiarificatore, semplificatore, ma sicuramente lo apprezzerà chi realmente vuole capire e vedere, non purtroppo alcuni fratelli evangelicali che si ostinano a non voler capire l'immenso significato dell'Eucaristia. Certamente la tua spiegazione di può integrare benissimo ai post che io avevo scritto, riguardo al significato delle parole "spirito e vita" e direi anzi che la tua spiegazione è molto più efficace e mirata delle mie.
Poi passo ad Alfonso, che continua a citare Agostino, ignorando bellamente ciò che gli ho risposto citandogli Ireneo. Perchè hai ignorato il post dove parlavo di Ireneo?
Poi perchè continui ironicamente a dire che il prete spezza Gesù?
Sembrerebbe che tu non abbia affatto letto i miei post, dove parlavo del corpo glorioso di Gesù.
Un corpo glorioso non si può spezzare, perchè non obbedisce alle leggi fisiche terrestri.
E poi ti ho pure riportato i versetti di Malachia, ma ripeto sembra che tu non li legga affatto.
Ecco cosa è per noi cattolici la Messa:
La natura propria della Messa è quella di essere un sacrificio. Non si tratta di un nuovo sacrificio, diverso dal sacrificio della Croce. La Croce è l’unico sacrificio del Nuovo Testamento; non vi sono altri sacrifici, quasi che quello fosse incompleto e manchevole (Eb 16,10-12). E’ attraverso una nuova offerta di esso al Padre, da parte del sacerdote, della Chiesa, dei fedeli.
Molte discussioni si sono fatte per precisare meglio questo rapporto essenziale per cui la Messa, non potendosi dire un nuovo sacrificio diverso da quello della Croce, non si può tuttavia neppure ridurre a una semplice memoria o commemorazione di esso, ed ha ragion vera di sacrificio: “l’augusto sacrificio dell’altare – dice Pio XII nella M.D., 55 – non è una pura e semplice commemorazione della passione e morte di Gesù Cristo, ma è un vero e proprio sacrificio”.
Comprendo le gravi difficoltà che possono sorgere su tale argomento che la Chiesa definisce
mistero della fede”, quasi a significare che è uno dei più grandi misteri, se non assolutamente il più grande, dei misteri del Cristianesimo.
La Messa, sacrificio incruento, “anziché diminuire la dignità del sacrificio cruento, ne fa risaltare come afferma il Concilio di Trento, la grandezza e ne proclama la necessità. Rinnovato ogni giorno, ci ammonisce della Croce di Nostro Signore Gesù Cristo.” (dalla Mediator Dei 65, di Pio XII).
Il Catechismo di Pio X, inoltre, aggiunge che “sulla Croce Gesù Cristo meritò ogni grazia per noi; invece sull’altare Egli… ci applica i meriti del Sacrificio della Croce”
Sul Calvario solo Gesù è vittima e sacerdote; nella Messa, insieme con Lui, che rinnova l’offerta attraverso il ministero del sacerdote, si unisce la Chiesa tutta e si uniscono i fedeli partecipanti… La Messa è l’offerta sacrificale del Cristo intero, persona fisica e persona mistica, di Gesù e della Chiesa, prolungamento di Cristo nella storia.
Il Salmo 109,4 richiama Gen 14,18 “Tu sei sacerdote in eterno secondo l’ordine di Melchisedech”
Questo salmo, che da tutti è ritenuto messianico afferma tre cose: Cristo è sacerdote e pertanto offre il sacrificio; Egli compirà questa funzione sacerdotale per sempre; la sua offerta sacrificale sarà fatta secondo il rito di Melchisedech (Gen 14,18).
L’inciso  “ed era sacerdote dell’Altissimo” suggerisce l’idea di una oblazione sacrificale di pane e vino, fatta da Melchisedech per la vittoria di Abramo…
Tale profezia si può ritenere pienamente verificata soltanto nell’ipotesi che la Messa sia un vero sacrificio; infatti solamente nella quotidiana offerta del pane e del vino consacrati, Cristo appare sacerdote che offre perpetuamente un sacrificio secondo il rito di Melchisedech.
Nel secolo V a.C., il profeta Malachia, riprendendo la tiepidezza dei sacerdoti dell’Antico Testamento, che offrivano roba di scarto (animali ciechi  o zoppi), così si esprime: “Io non sono contento di voi, dice il Signore degli eserciti, io non accoglierò più il sacrificio delle vostre mani, perché dall’Oriente all’Occidente il mio nome è grande fra le genti e in ogni luogo si sacrifica e si offre al mio nome un’oblazione pura, poiché grande è il mio nome fra le genti, dice il Signore degli eserciti” (Mal 1,10-11).
In questa profezia Malachia parla di un vero sacrificio, che sarà offerto nell’età messianica, caratterizzata dall’abrogazione del levitismo, dalla universalità e dalla santità.
La visione profetica di Malachia che vede l’offerta, il sacrificio puro all’unico Dio, ha il suo compimento perfetto nella Messa, che da ogni punto della terra e da tutte le stirpi è offerta come “ostia immacolata” al Signore.
Infatti è chiaro che l’espressione “dall’Oriente all’Occidente” indichi tutta la terra, tutti i popoli, e nell’Antico Testamento l’unico popolo eletto era quello ebreo, quindi appare chiaro come la profezia si riferisca al Nuovo Testamento, in cui tutti i popoli sono accolti dal Signore.
Se quindi appare chiaro che Malachia si riferisce al Nuovo Testamento, quale sarebbe questa oblazione pura secondo i protestanti o gli evangelicali?
Se Malachia si riferiva al sacrificio di Gesù sul calvario e basta, doveva indicare una sola persona (Gesù) e non usare l’espressione “dall’Oriente all’Occidente” indicando così tutti i popoli.
Qui appare chiaro il carattere sacrificale della Santa Messa, nella quale viene offerta “l’oblazione pura”
l’Agnello puro, l’Agnello di Dio che toglie i peccati del mondo; e come può essere offerto se come dicono molti protestanti la santa cena è solo una commemorazione?"
Alfonso, è così difficile da capire questa spiegazione?
Pace
Salvatore

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Consiglia Elimina    Messaggio 45 di 114 nella discussione 
Da: Soprannome MSN°CristianoInviato: 23/08/2003 11.27
Pace, le Parole di Gesù sono spirito è vita per questo vanno interpretate con la guida dello Spirito Santo e non materialmente,se si interpretano materialmente, si fa la fine dei giudei che non capivano che il corpo e sangue di Gesù andavano interpretate spiritualmente e non materialmente come carne da macello fatto  a pezzi e bere il sangue materialmente.
Ecco che il discorso di Cafarnao sul corpo e sangue di Gesù, non vanno interpretate materialmente ma spiritualmente, lo stesso Gesù lo spiega poi i discepoli:Leparoleche vi ho detto sono Spirito e Vita. 
Ma veniamo alla domanda di Fiorenzo su 1: Corinzi 11:23-34.
E' assolutamente falso quello che dici che   non citiamo 1 : Corinzi 11: 23-34.
Se vai sulla www.laparola.net trovi il commentario Evangelico.
Ecco ciò che dice su 1: Corinzi 11:23-34
23 Poiché ho ricevuto dal Signore quello che vi ho anche trasmesso; cioè, che il Signore Gesù, nella notte in cui fu tradito, prese del pane, 24 e dopo aver reso grazie, lo ruppe e disse: «Questo è il mio corpo che è dato per voi; fate questo in memoria di me». 25 Nello stesso modo, dopo aver cenato, prese anche il calice, dicendo: «Questo calice è il nuovo patto nel mio sangue; fate questo, ogni volta che ne berrete, in memoria di me. 26 Poiché ogni volta che mangiate questo pane e bevete da questo calice, voi annunciate la morte del Signore, finché egli venga».
27 Perciò, chiunque mangerà il pane o berrà dal calice del Signore indegnamente, sarà colpevole verso il corpo e il sangue del Signore. 28 Ora ciascuno esamini sé stesso, e così mangi del pane e beva dal calice; 29 poiché chi mangia e beve, mangia e beve un giudizio contro sé stesso, se non discerne il corpo del Signore.
Perciocchè io ho ricevuto dal Signore

Gesù, per via di rivelazione, come altrove dice dell'Evangelo che predica Galati 1:11-12,

quello che ancora ho trasmesso

a voi, nel mio insegnamento,

cioè, che il Signor Gesù, nella notte in cui veniva tradito, prese del pane...

L'imperfetto «era tradito» del testo emendato, indica ch'era in corso di esecuzione il tradimento che dovea far capo alla morte. Cristo scelse quella notte solenne fra tutte, per istituire il rito in cui si commemora il suo sacrificio. Qual contrasto fra i sacri ricordi di quella notte e la profana allegria di taluni gruppi dell'agape Corinzia. Il pane preso da Gesù era pane azzimo, ed egli lo distribuì durante la cena pasquale da lui anticipata il giovedì sera Matteo 26:26; ma queste circostanze erano accessorie. La Cena infatti dovea sostituire la Pasqua presso i cristiani, ed in Atti 2:20 ov'è questione della Santa Cena, si parla di pane ordinario.

24 E dopo aver rese grazie

(donde il nome d'Eucaristia che s'incontra di già, verso il 100, nella Didachè degli Apostoli),

lo ruppe e disse: questo è il mio corpo ch'è per voi.

Le parole «prendete, mangiate» sono tolte da Matteo 26:26, ma riconosciute inautentiche in questo luogo. Parimente, la parola «rotto» manca in tutti i più antichi codici. Uno legge: «stritolato»; due antiche versioni leggono, come in Luca 22:19, «dato» per voi. Tutti questi participi sono, secondo ogni probabilità, delle aggiunte destinate a chiarire il senso dell'espressione concisa: «che (è) per voi». L'ho assunto per voi, pare dica Gesù, e lo abbandono ai martorii ed alla morte della croce, per voi. (Cfr. Ebrei 10:5-10.) Il pane è il corpo di Cristo, non per via di transustanziazione o di consustanziazione, ma semplicemente in senso simbolico. Quando Gesù distribuiva il pane, il suo corpo era lì presente e vivente, ed il sangue gli scorreva ancora nelle vene. Quando Gesù dice che il calice è il nuovo Patto, egli parla manifestamente un linguaggio figurato. Il pane che si rompe ed il vino che si versa restano pane e vino secondo la Scrittura, come secondo le più ordinarie regole dell'evidenza. (Cfr. 1Corinzi 10:16-17; Atti 2:42; Matteo 26:29). Volendo significare che una cosa ne rappresenta simbolicamente un'altra, si usa dire che è la tale cosa. Una statua, un ritratto, è il tal dei tali. Sara ed Agar «sono due patti» Galati 4:24; le sette vacche, le sette spighe del sogno di Faraone sono sette anni (Genesi 40:26; cfr. Daniele 2:38; Matteo 13:37).

Fate questo in memoria di me.

In queste parole abbiamo l'ordine positivo che stabilisce la S. Cena come istituzione permanente nella Chiesa. Fate questo comprende gli atti del prendere, del benedire, del rompere, del mangiare il pane. Inoltre, si esprime qui chiaramente lo Scopo della istituzione, che non è di ripetere il sacrificio di Cristo, ma di ricordarlo, di commemorarlo.

25 Parimenti, dopo aver cenato, [prese] ancora il calice dicendo: questo calice è il nuovo patto nel mio sangue. Fate questo, ogni volta che voi ne berrete, in memoria di me.

L'aver compiuta l'istituzione del sacramento dopo la cena pasquale, accenna all'intenzione di Cristo che il rito commemorativo del sacrificio del vero Agnello pasquale, prendesse d'ora innanzi il posto della pasqua giudaica. «La nuova Economia venne innestata sull'antica. Spirò il mosaismo nei dolori del parto del cristianesimo» (Edwards). Il calice contenente il vino simboleggia il nuovo patto, fondato sul sangue che Cristo ha versato per ottenerci la remissione dei peccati Matteo 26:28; Luca 22:20. Nell'antico patto concluso al Sinai, Dio prometteva la vita a chi osservasse la sua legge; ma chi poteva adempiere ad una tale condizione? Il nuovo patto promesso già nei profeti (Geremia 31; Ezechiele 36; cfr. Ebrei 8:7-13), è un patto di grazia in cui Dio offre il perdono ed il rinnovamento del cuore a chiunque crede nel Signor Gesù. Perciò è chiamato «il patto migliore, stabilito su migliori promesse», «il patto eterno» Ebrei 7:22; 8:6;13:20. Ma quello che rende possibile il perdono e la giustificazione del peccatore, è l'espiazione dei peccati compiuta dal sacrificio di Cristo Romani 3:24-26. Il sangue di Cristo è quindi «il sangue del patto» Ebrei 9:11-28; e Cristo parla del nuovo patto nel suo sangue, cioè stabilito, fondato sul suo sangue. L'ordine: «Fate questo, ogni volta che voi ne berrete, ecc.», ribadisce il carattere permanente e lo scopo commemorativo della istituzione, così nella sua seconda, come nella sua prima parte. Che dire dinanzi ad un comando divino così esplicito, della soppressione del calice? il Signore non prescrive nulla circa la maggiore o minor frequenza della celebrazione della Cena, lasciando questo alla libertà della Chiesa.

Come l'ha notato Olshausen, abbiamo in 1Corinzi 11:23-25 una esposizione autentica del suo sacramento, fatta da Cristo stesso, dopo la sua risurrezione; ed in ogni tempo, la Chiesa ha considerato questo passo come la spiegazione più importante della Santa Cena nel Nuovo T. La narrazione evangelica che più si accosta a questa è quella di Luca, compagno di Paolo. D'altronde, quanto a sostanza, la relazione di Paolo concorda anche con Matteo e Marco. Probabilmente, non abbiamo in tutte quante le relazioni, che un sunto delle parole pronunziate da Gesù, in quella occasione.

Dopo aver ricordato le circostanze e lo scopo della Cena. Paolo ne deduce alcune conseguenze circa il modo in cui va celebrata se non si vuole, profanandola, incorrere nei giudicii di Dio, come appunto avevano fatto i Corinzi.

26 Gesù ha detto: «Fate questo in memoria di me»:

Ogni volta, infatti soggiunge Paolo, che voi mangiate questo pane e bevete il calice (testo emend.) voi annunziate la morte del Signore, finchè egli venga.

La S. Cena è la commemorazione del sacrificio di Cristo, ed in quel muto linguaggio dei simboli, il comunicante proclama, non il nudo fatto soltanto della morte di Gesù, ma il valore espiatorio di quella morte ch'è fondamento del nuovo patto. E quest'annunzio solenne ha da durare fino alla seconda venuta di Cristo Matteo 26:29; Marco 14:25. «La Cena è come il legame tra le due venute: monumento della prima, arra della seconda» (Godet).

27 Talchè, chi avrà mangiato il pane o bevuto il calice del Signore indegnamente,

chi avrà celebrato (anche in una sola delle sue parti) questa ricordanza tanto solenne, in un modo e con delle disposizioni che non sono in armonia col significato e col fine di essa,

sarà colpevole del corpo e del sangue del Signore.

Essendo il pane distribuito durante l'agape ed il calice fatto circolare alla fine, potea succedere che uno avesse il dovuto raccoglimento per una parte del Sacramento e non l'avesse più per l'altra; mentre ambedue sono del pari sacre. Esser colpevole del corpo, ecc., significa esser colpevole verso il corpo, riguardo al corpo ed al sangue del Signore Giacomo 2:10. Chi, nella leggerezza di una profana allegria, prendeva i sacri simboli del corpo del Signore, senza rendersi conto di quello che faceva 1Corinzi 11:29, insultava alle agonie del Cristo morente in croce per i peccati del mondo. Invece di far una pia commemorazione della morte di Gesù, coll'uso irriverente dei simboli, egli commetteva una profanazione. L'affermazione ha, d'altronde, carattere generale e si applica a qualsiasi modo di celebrare il sacramento che non sia in armonia colla natura e col fine di esso.

28 Ad evitare un tale peccato, Paolo consiglia a ciascun cristiano di fare, prima di partecipare ai simboli della Santa Cena, un serio esame di se stesso.

Piuttosto, provi l'uomo se stesso,

scruti bene le proprie disposizioni per vedere se si addicono a chi si appresta a ricordare piamente la morte di Cristo, a nutrirsi spiritualmente dell'efficacia del suo sacrificio, a proclamar che la morte di Cristo è la sua vita e ch'egli considera come suoi fratelli coloro che credono in Gesù, e così, dopo un tale esame interno,

mangi del pane e beva del calice.

Chi infatti, prende con irriverente leggerezza i sacri simboli, come si rende colpevole di profanazione, così non isfugge al castigo di Dio.

29 Perciocchè chi mangia e beve,

s'intende: gli elementi eucaristici,

mangia e beve giudicio a sè stesso qualora non discerna il corpo

del Signore, sotto al velame dei simboli materiali. La traduzione che diamo rende il testo meglio accertato di 1Corinzi 11:29. Il non discernere il corpo è proprio di chi, per ignoranza o per empia leggerezza, non fa distinzione tra la Cena del Signore ed un pasto ordinario, o per lo meno, non sa «apprezzare il valore e la portata dei fatti di cui l'atto ch'egli compie deve ravvivar la ricordanza» (Reuss). Invece di ricevere dalla sua partecipazione al pane ed al vino, una benedizione spirituale, egli attira su di sè un giudicio; cioè, non la eterna condanna di cui a 1Corinzi 11:32, ma un giudicio disciplinare, un castigo divino destinato a correggerlo. Di tali castighi eranvi di già molti esempi fra i Corinzi. 

E Veniamo anche alla tua domanda su Atti 2: 42-47

42 Ed erano perseveranti nell'ascoltare l'insegnamento degli apostoli e nella comunione fraterna, nel rompere il pane e nelle preghiere. 43 Ognuno era preso da timore; e molti prodigi e segni erano fatti dagli apostoli. 44 Tutti quelli che credevano stavano insieme e avevano ogni cosa in comune; 45 vendevano le proprietà e i beni, e li distribuivano a tutti, secondo il bisogno di ciascuno. 46 E ogni giorno andavano assidui e concordi al tempio, rompevano il pane nelle case e prendevano il loro cibo insieme, con gioia e semplicità di cuore, 47 lodando Dio e godendo il favore di tutto il popolo. Il Signore aggiungeva ogni giorno alla loro comunità quelli che venivano salvati.   

Rompendo il pane di casa in casa. Il rompere il pane, come ho notato già al ver. 42, accenna alla commemorazione dell'ultima cena del Maestro coi suoi. Il di casa in casa (kata oikon Atti 5:42) è meglio tradotto per in casa; ogni famiglia, in casa propria, rompeva il pane. Il tempio era il santuario comune, in cui i cristiani adoravano l'Iddio dei loro padri; le fraterne raunanze, il santuario in cui assieme si rallegravano dell'allegrezza della salvazione, che Cristo avea loro assicurata; la famiglia era il loro santuario domestico, privato; non a parole, com'è spesso ai nostri giorni; ma per davvero, e nel senso più alto e spirituale della espressione.

Prendeano il cibo insieme con letizia e con semplicità di cuore.

Si tratta ancora del santuario domestico; quindi, quell'insieme, che potrebbe far credere che si tratti di pasti collettivi, fuori di cotesto privato santuario, va tolto. Meglio tradurre così: prendeano il loro cibo con letizia ecc. E il passo avvalora quello che ho detto al vers. 42; è più che probabile, dire è quasi certo, che i primi cristiani celebravano in casa, ed alla fine del loro pasto serale, la Cena del Signore.

Con letizia.

Chi meglio del cristiano può goder pienamente dei beni temporali? In ogni cosa egli vede un dono del suo Padre celeste; e godendo di cotesti doni, egli "gusta quanto sia buono il Signore" 1Pietro 2:3.

Con semplicità di cuore; vale a dire, con cuor puro e sincero, contento di quel che Dio manda, e scevro d'ogni bollente bramosia di quel "superfluo" che il mondo agogna, ma che è purtroppo sovente la ruina della vita dello spirito 1Timoteo 6:6-10. Nota la parola greca afelohV (classico afeleia); essa vale, alla lettera, quello che non è pietroso; da felleuV terreno roccioso e l'a privativa.

47 Lodando Iddio;

benedicendolo, cioè, ringraziandolo, esaltandolo per tutte le sue grandi ed ineffabili benignità.

Ed avendo grazia appo tutto il popolo.

Meglio il Martini: Ed essendo ben, veduti da tutto il popolo. Il testo dice: trovando favore (econteV carin) presso tutto il popolo. Era impossibile che uno spettacolo edificante come quello che i primi convertiti offrivano, non facesse una qualche solenne e salutare impressione su quelli che li circondavano.

Ed il Signore aggiungeva alla chiesa ogni giorno coloro che erano salvati.

Il Signore è qui probabilmente il Signor Gesù, il Capo della Chiesa Efesini 1:22; ma può anch'essere l'Iddio d'Israele del quale Pietro ha così spesso parlato nel suo discorso. La parola Chiesa manca, in alcuni codici (Sinait. Alessandr. Vatic. ed altri); e invece delle parole th ekklhsia (alla Chiesa) essi hanno epi to auto che la Vulgata traduce per in idipsum, e il Martini per: aggiungeva alla stessa società ecc. Ad ogni modo è un fatto che si tratta della Chiesa. La Recepta aggiunge th ekklesia a kaq' 'hmeran e unisce l'epi to auto al principio di 3:1: Pietro e Giovanni salivano per una medesima via... Ma l'è tirata pei capelli. Chi aggiungeva Egli il Signore alla sua Chiesa?Coloro che aveano ad esser salvati diceva originariamente la traduzione diodatina. Qui salvi fierint dice S. Girolamo nella Vulgata; e il Martini: gente che si salvasse. Sono tutti modi errati. Il testo originale dice touV swzomenouV; e non può esser tradotto altrimenti che così: Il Signore aggiungeva alla Chiesa ogni giorno quelli che erano salvati; o i salvati; non quelli che dovevano esser salvati; ma quelli che già erano salvati. La Chiesa è la società dei credenti; è la riunione dei salvati. Ella non può salvare alcuno. È a Cristo e non alla Chiesa che dobbiamo rivolgerci se vogliamo esser salvati; e quando, per la fede in Cristo, abbiamo ricevuto la salvazione, è allora che diventiamo per diritto e di fatto dei membri della Chiesa.


Riflessioni

1. Le cinque caratteristiche della Chiesa primitiva non debbono esser qui dimenticate.

1) Assiduità nell'attendere alle istruzioni apostoliche; la Chiesa primitiva dunque non era soddisfatta di quel che già sapeva; voleva crescere nella conoscenza di Dio; e non una parola usciva dalle labbra degli apostoli, che non fosse subito raccolta, tesoreggiata, meditata, assimilata da quelle anime assetate delle cose di Dio.

2) Assiduità nell'attendere alle riunioni fraterne. Quei primi fratelli si sentivano deboli e si radunavano per fortificarsi assieme; si sapeano pochi e sentivano il bisogno di contarsi spesso; essi vedeano l'orizzonte oscurarsi; e, stringendo le file, si preparavano alle lotte avvenire.

3) Assiduità nel rompere il pane. La commemorazione della morte di Gesù si celebrava nella Chiesa primitiva ogni volta che i fratelli si raunavano per offrire a Dio il loro culto. La comunione era parte integrale del culto primitivo; era l'Evangelo in simboli; l'Evangelo, cioè, che, dopo essere stato annunziato nell'adunanza in parole, veniva annunziato per via dei simboli del pane e del vino; era un atto semplice, che non richiedea né apparato di forme, né persone ecclesiasticamente qualificate per amministrarlo; era un atto così semplice, che nel santuario domestico stesso poteva essere santamente celebrato. L'aver ridotto la comunione a cosa di tre o quattro volte all'anno, ha alterato il carattere dell'atto, che è diventato ormai un qualcosa di tanto severo, di tanto grave, che il più delle volte sgomenta. La Santa Cena non è più una santificata festa di famiglia: è il misterioso sacramento, parato a lutto e circondato dai fulmini dell'undecimo capitolo della prima ai Corinti; i quali fulmini, giustamente provocati da abusi locali, non hanno nulla che fare né con la origine né con lo spirito della istituzione.

4) Assiduità nella preghiera. La preghiera non dà la vita; in Cristo e la vita; ma la preghiera, che porta fino a Dio (proV (ton qeon) euch) il sospiro della Chiesa sulle ali della fede, muove il cuore di Dio a concedere quei santi battesimi dello Spirito Atti 4:24-31 che risvegliano quelli che dormono, che raffermano i deboli e trasformano i già forti in eroi.

5) Carità di fatti e non di parole; spirito di abnegazione non teorico ma pratico. E di questo, a più tardi. Intanto, non ci lasciamo sfuggire l'occasione di ammirare qui il commentario vivente delle divine parole di Giovanni: 1Giovanni 3:17-18. Il Martini, annotando il vers. 42, dice: Ed erano assidui alle istruzioni ecc. Sembra che qui si adombrino le tre parti del sacrifizio cristiano; l'orazione, l'istruzione e la comunione del corpo del Signore, la qual comunione indubitatamente s'intende per la frazione del pane. E di queste tre parti è stata sempre, ed è tuttora, composta la Messa. Fra il culto cristiano e la Messa, c'è un abisso. La Messa è, come la chiama il Martini, il sacrifizio cristiano; il culto non è un sacrifizio; è la manifestazione esterna dei sentimenti più intimi d'un'anima redenta; L'espressione dei sentimenti di fede, di adorazione, d'amore, che l'anima nutre per il suo Dio. E poi; qual comunione di spirito può avere il popolo col prete nelle orazioni della Messa? E nelle istruzioni impartite per mezzo della Messa, chi ci capisce nulla? E alla comunione dell'altare chi partecipa oltre al sacerdote? A veder nella Messa la riproduzione esatta del culto primitivo ci vuol, sul serio, la vista acuta!

2. La Chiesa, quando è quello che dev'essere, s'impone all'attenzione di tutti. Anche quelli che sono o per leggerezza di carattere o per aviti pregiudizi poco ben disposti verso di lei, bisogna che si fermino dinnanzi ad un fatto così solenne e straordinario. A cotesto "fermarsi" tien dietro una indefinibile sospensione d'animo, che, se non conduce addirittura alla conversione, desta nel cuore degli osservatori un sentimento di rispetto e di segreta ammirazione.

3. Ponete mente al santuario domestico della Chiesa primitiva. Gioia, sincerità di cuore, piena contentezza in mezzo ai beni largiti dalla mano del Padre, gratitudine verso la Provvidenza, simpatia profonda per tutti quelli che soffrono, carità di fatti e non di parole, ecco i sentimenti che sublimano quel santuario domestico primitivo, in cui Gesù spiritualmente si muove ed è ogni giorno ricordato con la commemorazione dell'ineffabile sacrificio del Golgota!

4. La Chiesa non è l'edificio materiale; non è, disposizione più o meno artistica di pietre morte; è organismo spirituale di pietre viventi 1Pietro 2:4-5. La Chiesa non è l'arca che salva i moribondi in mezzo al diluvio della umana corruzione; ma è la società dei già redenti, la fratellanza 1Pietro 5:9 dei già salvati, la famiglia di Dio, di cui una parte milita in terra, mentre l'altra è già glorificata nei cieli Efesini 3:14-15.

Pace

Alfonso

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