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Approfondiamo il Sacramento della Riconciliazione

Ultimo Aggiornamento: 10/10/2009 22:51
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10/10/2009 22:49
 
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Da: Soprannome MSNIyvan5Inviato: 28/04/2004 23.23
Cara Caterina,
quello che hai scritto lo capisco, ma non risponde alle domande che ho formulato nel post n. 11
Ho ben chiare le motivazioni dottrinali che possono indurre il sacerdote a non accordare l'assoluzione, ma credo anche che occorra valutare caso per caso.
Fraternamente
iyvan

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Da: Soprannome MSNHanzoHattori1984Inviato: 29/04/2004 0.21
NON fare la Comunione non è perciò un ricatto della Chiesa...come il NON dare l'assoluzione, non è un ricatto che la Chiesa ti fa, ma è per ricordarci che stiamo vivendo in un grave difetto e che se persistiamo....rischiamo veramente la felicità eterna....per soddisfare una felicità effimera di pochi anni qui sulla terra nei confronti dell'eternità.....
----
Allora, Dory (ti posso chiamare così? :D)
Ti faccio un esempio pratico
Tizio si sposa con Sempronia
ma Sempronia dopo 2 anni di onorato matrimonio, per motivi suoi (che possono essere molteplici) forza la mano per avere il divorzio.
Alla fine (per volontà di Sempronia) i due divorziano, nonostante Tizio abbia fatto di tutto, pregato, ricorso a vari mezzi etc. per non divorziare.
E alla fine una volta divorziato, rimane single per onorare quello che a suo dire è una promessa  che ha fatto.
Bene, secondo te è uno che pecca?
Grave difetto?
-___-

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Da: Soprannome MSN°RaptorInviato: 29/04/2004 6.32
Non è forse vero che se le condizioni di un contratto non vengono ottemperate da una delle parti, l'altra parte ha facoltà di rescinderlo?
Vedi, Yivan, la differenza è proprio questa: il matrimonio è un Sacramento, NON un contratto.

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Da: Soprannome MSN°RaptorInviato: 29/04/2004 6.36
E alla fine una volta divorziato, rimane single per onorare quello che a suo dire è una promessa  che ha fatto.
Bene, secondo te è uno che pecca?
Il peccato non sta nell'essere divorziato ( dato che il divorzio può anche non essere stato causato da quel soggetto) ma nel convivere more uxorio con un'altra persona.
Una persona che resta single non è "uno che pecca" .

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Da: Soprannome MSN°RaptorInviato: 29/04/2004 6.37
E, scusate, ma che c'entra tutto questo col Sacramento della Riconciliazione?

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Consiglia Elimina    Messaggio 18 di 33 nella discussione 
Da: Soprannome MSNcristiano-cattolicoInviato: 29/04/2004 9.28
Caro fratello Stefano,
"Caro Salvatore, se ti sembra che 2Cor 5 possa dimostrare questo vai dai fratelli pentecostali e cerca di convincerli solo con quel verspoi dimmi i risultati che ottieni."
Con un singolo versetto non si dimostra nulla, non si è mai dimostrato nulla, quindi io non ci penserei nemmeno a persuadere un pentecostale con un singolo versetto, ma di versetti riguardo la riconciliazione ne esistono diversi, quindi potrei tranquillamente procedere al confronto e alle spiegazioni. Perchè ti ostini a voler utilizzare solo quei versetti di Paolo?
In Isaia 47,7 "Io formo la luce e creo le tenebre,  faccio il bene e provoco la sciagura;  io, il Signore, compio tutto questo."
se ci fermeremmo a questo versetto, potremmo forse accusare Dio di provocare il male, o pensare che il male procede da Dio?
Per capire, da qualunque parte si stia, non ci si può fermare ad un singolo versetto,
così non significa più capire, ma storpiare la Parola di Dio.
Pace
Salvatore

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Consiglia Elimina    Messaggio 19 di 33 nella discussione 
Da: Soprannome MSN7978PergamenaInviato: 29/04/2004 11.02
Caro Diego hai messo il dito nella piaga.....ASTINENZA......farsi eunuchi per il Regno dei Cieli.....
Tema questo che causa un RIGETTO AUTOMATICO  delle nostre coscienze perchè viene a ledere la nostra vita privata e sopratutto la nostra libertà negli appagamenti della carne e dell'affettività........
Ma questo è un altro forum.....non mischiamolo con la Confessione.....anche se alla fine diventa un legame in quanto è tramite questo Sacramento che possiamo comprendere lo stesso valore dell'astinenza...
L'astinenza NON è UN OBBLIGO......MA E' UN INVITO DEL CRISTO PER NON RISCHIARE DI PECCARE D'ADULTERIO.....
Anche convertirsi a Cristo NON E' UN OBBLIGO.....ma se uno si converte...non è dicendo "Signore Signore" che ci salveremo, ma se avremmo ACCOLTO L'INVITO A FARE CIO' CHE CI CHIEDE......
Quindi alla tua domanda rispondo con l'insegnamento della Chiesa......
Chi divorzia senza aver avuto la colpa di divorziare e si mantiene SINGLE......ottiene dal Vescovo della sua diocesi il permesso di frequentare i Sacramenti......Nella Confessione questo va detto se il Parroco non fosse a conoscenza di una situazione particolare......
Una recente Pastorale invita i divorziati a frequentare CORSI DIOCESANI per comprendere la situazione del loro stato.....e per poter conoscere in quale modo essi possono ugualmente contribuire NELLA CHIESA perchè NON è vero che per i divorziati le porte "sono chiuse", tutt'altro.....ma l'ignoranza è una gran brutta bestia.....
Siccome rischiamo di uscire fuori dal tema, cliccate qui per approfondire l'argomento....ricordandovi di non scrivere in questo forum, ma di copiare ed aprire un nuovo forum se volete approfondire il tema:
Fraternamente Caterina

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Consiglia Elimina    Messaggio 20 di 33 nella discussione 
Da: Soprannome MSN°RaptorInviato: 29/04/2004 20.11
Bene, visto che ora abbiamo risolto ( spostandolo) il problema dell' Eucarestia ai divorziati, possimao tornare al tema del sacramento della Riconciliazione.
Facciamo un breve riepilogo di questo e dei forum già aperti in precedenza sull'argomento. Cominciamo con quello che ci dice il Catechismo della Chiesa Cattolica:
VI. Il sacramento della Penitenza e della Riconciliazione 1439

1440 Il peccato è anzitutto offesa a Dio, rottura della comunione con lui. Nello stesso tempo esso attenta alla comunione con la Chiesa. Per questo motivo la conversione arreca ad un tempo il perdono di Dio e la riconciliazione con la Chiesa, ciò che il sacramento della Penitenza e della Riconciliazione esprime e realizza liturgicamente [Cf Conc. Ecum. Vat. II, Lumen gentium, 11].

 
Dio solo perdona il peccato

1441 Dio solo perdona i peccati [Cf Mc 2,7 ]. Poiché Gesù è il Figlio di Dio, egli dice di se stesso: "Il Figlio dell'uomo ha il potere sulla terra di rimettere i peccati" ( Mc 2,10 ) ed esercita questo potere divino: "Ti sono rimessi i tuoi peccati!" ( Mc 2,5; Lc 7,48 ). Ancor di più: in virtù della sua autorità divina dona tale potere agli uomini [Cf Gv 20,21-23 ] affinché lo esercitino nel suo nome.


 Da questo primo paragrafo si capisce una verità fondamentale. Dio e solo Dio può perdonare il peccato. Gli anti cattolici dicono che sono i sacerdoti a perdonare i peccati ma questo non è vero. E' scritto a chiare lettere: Dio solo perdona il peccato.
(fine prima parte)

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Consiglia Elimina    Messaggio 21 di 33 nella discussione 
Da: Soprannome MSN°RaptorInviato: 29/04/2004 20.21
(Seconda parte)
Gesù, durante il Suo ministero sulla terra, perdonava i peccati. Riprendiamo ancora il CCC.
1441 Dio solo perdona i peccati [Cf Mc 2,7 ]. Poiché Gesù è il Figlio di Dio, egli dice di se stesso: "Il Figlio dell'uomo ha il potere sulla terra di rimettere i peccati" ( Mc 2,10 ) ed esercita questo potere divino: "Ti sono rimessi i tuoi peccati!" ( Mc 2,5; Lc 7,48 ).
Gesù di se stesso dice: Come il Padre ha mandato me.. ( Gv 20,21). poichè Gesù Cristo è il mediatore fra il Padre e l'uomo.
Nessuno può dubitare che Gesù Cristo abbia il potere di perdonare i peccati. Siamo d'accordo su questo?
(fine seconda parte)

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Da: Soprannome MSNIyvan5Inviato: 30/04/2004 12.01
Oddìo, e io che non posso sopportare le fictions a puntate!
Ma che fai, centellini?
(anonimo)

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Consiglia Elimina    Messaggio 23 di 33 nella discussione 
Da: Soprannome MSN7978PergamenaInviato: 30/04/2004 12.46
Perfettamente d'accordo con l'anonimo del messaggio 22...
non amo le telenovela......
(anch'io, anonimo...)

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Consiglia Elimina    Messaggio 24 di 33 nella discussione 
Da: Soprannome MSN7978PergamenaInviato: 30/04/2004 14.13

Lunedì, 29 giugno 1998
Solennità dei SS. Apostoli Pietro e Paolo

   Giovanni Paolo II

1. La solenne memoria degli apostoli Pietro e Paolo ci invita, ancora una volta, a recarci in spirituale pellegrinaggio al Cenacolo di Gerusalemme, il giorno della risurrezione di Cristo. Le porte "erano chiuse... per timore dei Giudei" (Gv 20,19); gli Apostoli presenti, già intimamente provati dalla passione e morte del Maestro, erano turbati dalle notizie sulla tomba vuota, che per tutto quel giorno si erano succedute. E, all'improvviso, malgrado la porta fosse chiusa, ecco apparire Gesù: "«Pace a voi! - Egli dice -. Come il Padre ha mandato me, anch'io mando voi»... «Ricevete lo Spirito Santo; a chi rimetterete i peccati saranno rimessi e a chi non li rimetterete, resteranno non rimessi»" (Gv 20,21-23).

Egli afferma questo con una potenza che non lascia adito a dubbi. E gli Apostoli gli credono perché lo riconoscono: Egli è lo stesso che avevano conosciuto; è lo stesso che avevano ascoltato; è lo stesso che tre giorni prima era stato crocifisso sul Golgota e sepolto non molto lontano. Egli è lo stesso: è vivo. Per assicurarli che è proprio lui, mostra le ferite nelle mani, nei piedi e nel costato. Sono le sue ferite a costituire la prova principale di ciò che ha appena detto e della missione che affida loro.

I discepoli sperimentano così in pienezza l'identità del loro Maestro ed allo stesso tempo comprendono a fondo da dove gli viene il potere di rimettere i peccati; potere che appartiene solamente a Dio. Una volta, Gesù aveva detto ad un paralitico: "Ti sono rimessi i tuoi peccati", e davanti ai farisei indignati, come segno del proprio potere, lo aveva guarito (cfr Lc 5,17-26). Ora ritorna tra gli Apostoli dopo aver realizzato il più grande miracolo: la sua risurrezione, nella quale in modo singolare ed eloquente è iscritto il potere di rimettere i peccati. Sì, è vero! Soltanto Dio può rimettere i peccati, ma Dio ha voluto compiere quest'opera mediante il Figlio crocifisso e risorto, affinché ogni uomo, nel momento in cui riceve il perdono delle colpe sappia con chiarezza che in questo modo passa dalla morte alla vita.

2. Se ci soffermiamo a riflettere sulla pericope evangelica poc'anzi proclamata, torniamo ancora più indietro nella vita di Cristo, per meditare su un episodio altamente significativo, svoltosi nei pressi di Cesarea di Filippo, quando Egli interroga i discepoli: "La gente chi dice che sia il Figlio dell'uomo?... voi chi dite che io sia?" (Mt 16,13-15). A nome di tutti risponde Simon Pietro: "Tu sei il Cristo, il Figlio del Dio vivente" (Mt 16,16). A questa confessione di fede fanno seguito le note parole di Gesù, destinate a segnare per sempre il futuro di Pietro e della Chiesa: "Beato te, Simone figlio di Giona, perché né la carne né il sangue te l'hanno rivelato, ma il Padre mio che sta nei cieli. E io ti dico: Tu sei Pietro e su questa pietra edificherò la mia Chiesa e le porte degli inferi non prevarranno contro di essa. A te darò le chiavi del regno dei cieli, e tutto ciò che legherai sulla terra sarà legato nei cieli, e tutto ciò che scioglierai sulla terra sarà sciolto nei cieli" (Mt 16,17-19).

Il potere delle chiavi. L'Apostolo diventa depositario delle chiavi di un tesoro inestimabile: il tesoro della redenzione. Tesoro che trascende di gran lunga la dimensione temporale. E' il tesoro della vita divina, della vita eterna. Dopo la risurrezione esso è stato affidato definitivamente a Pietro e agli Apostoli: "Ricevete lo Spirito Santo; a chi rimetterete i peccati saranno rimessi e a chi non li rimetterete, resteranno non rimessi" (Gv 20,22-23). Chi possiede le chiavi ha la facoltà e la responsabilità di chiudere e di aprire. Gesù abilita Pietro e gli Apostoli a dispensare la grazia della remissione dei peccati e ad aprire definitivamente le porte del Regno dei cieli. Dopo la sua morte e la sua risurrezione, essi ben comprendono il compito loro affidato e con tale consapevolezza si rivolgono al mondo, spinti dall'amore del loro Maestro. Vanno dappertutto come suoi ambasciatori (cfr 2 Cor 5,14.20), poiché il tempo del Regno è divenuto ormai la loro eredità.

(....)

4. In questo giorno così solenne, a Roma convengono, secondo una significativa tradizione, gli Arcivescovi Metropoliti nominati nel corso dell'ultimo anno. Sono giunti da varie parti del mondo, per ricevere dal Successore di Pietro il Sacro Pallio, segno di comunione con lui e con la Chiesa universale.

Con grande gioia vi accolgo, venerati Fratelli nell'Episcopato, e vi abbraccio nel Signore! Esprimo viva riconoscenza a ciascuno di voi per la vostra presenza, che manifesta in modo singolare tre delle note essenziali della Chiesa: che essa, cioè, è una, cattolica ed apostolica; quanto alla sua santità, essa risalta in piena luce nella testimonianza delle "colonne" Pietro e Paolo.

Nel celebrare con voi l'Eucaristia, prego in modo particolare per le Comunità ecclesiali affidate alle vostre cure pastorali: invoco abbondante su di esse l'effusione dello Spirito Santo, che le guidi a varcare, ricolme di fede, speranza ed amore, la soglia del terzo millennio cristiano.

5. E' motivo, inoltre, di particolare letizia e di conforto la presenza all'odierna celebrazione dei venerati Fratelli della Chiesa Ortodossa, delegati del Patriarca Ecumenico di Costantinopoli. Li ringrazio di cuore per questo rinnovato segno di omaggio alla memoria dei santi apostoli Pietro e Paolo, e ricordo con emozione che tre anni or sono, in questa solenne ricorrenza, Sua Santità Bartholomaios I volle venire ad incontrarmi a Roma: insieme avemmo allora la gioia di professare la fede presso la tomba di Pietro e di benedire i fedeli.

Tali segni di reciproca vicinanza spirituale sono provvidenziali, specialmente in questo tempo di preparazione immediata al Grande Giubileo del Duemila: tutti i cristiani, e in modo speciale i Pastori, sono invitati a porre gesti di carità che, nel rispetto della verità, manifestino l'impegno evangelico per la piena unità e al tempo stesso la promuovano, secondo la volontà dell'unico Signore Gesù. La fede ci dice che l'itinerario ecumenico sta saldo nelle mani di Dio, ma chiede la sollecita cooperazione degli uomini. Ne affidiamo oggi le sorti all'intercessione dei santi Pietro e Paolo, che per la Chiesa hanno versato il loro sangue.

6. Gerusalemme e Roma, i due poli della vita di Pietro e di Paolo. I due poli della Chiesa, che l'odierna Liturgia ci ha fatto evocare: dal Cenacolo di Gerusalemme al "cenacolo" di questa Basilica Vaticana. La testimonianza di Pietro e di Paolo ha avuto inizio a Gerusalemme e si è compiuta a Roma. Così ha voluto la Provvidenza divina, che li ha liberati da precedenti pericoli di morte, ma ha lasciato che terminassero a Roma la loro corsa (cfr 2 Tm 4,7) e qui ricevessero la corona del martirio.

Gerusalemme e Roma sono anche i due poli del Grande Giubileo del Duemila, verso il quale la presente celebrazione ci fa avanzare con intimo slancio di fede. Possa la testimonianza dei santi Apostoli richiamare a tutto il Popolo di Dio il vero senso di questo traguardo, che è storico, certamente, ma che trascende la storia e la trasforma con il dinamismo spirituale proprio del Regno di Dio.

In questa prospettiva, la Chiesa fa proprie le parole dell'Apostolo delle genti: "Il Signore mi libererà da ogni male e mi salverà per il suo regno eterno; a lui la gloria nei secoli. Amen" (2 Tm 4,18).

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