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Maria: punto di Unità fra Protestanti e Cattolici

Ultimo Aggiornamento: 11/10/2009 22:46
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11/10/2009 22:46
 
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Da: Soprannome MSN7978PergamenaInviato: 18/05/2005 22.22

SEMI DI DIALOGO
L’importanza della Madre di Dio nel portare l’uomo a Cristo è il tema al centro del testo interconfessionale che senza negare le differenze chiude cinque anni di lavoro comune

Maria di Nazareth, grazia e speranza sulla via dell'unità www.avvenire.it

A Seattle la presentazione del documento teologico frutto di un’apposita Commissione mista cattolico-anglicana

Di Fabrizio Mastrofini

Si intitola «Maria: grazia e speranza in Cristo», il documento reso noto lunedì notte (ora italiana) a Seattle, negli Stati Uniti ieri dalla Commissione internazionale cattolico-anglicana (Arcic), che prosegue così nel ventennale dialogo teologico, che ha registrato anche diversi momenti di stasi e difficoltà. In 43 pagine, il documento, frutto di cinque anni di lavoro, rileva i molti punti di convergenza tra le due confessioni, a partire dall'importante affermazione iniziale. «Crediamo - dice infatti il testo - che non ci siano motivi per una divisione teologica sull'argomento». La prima sezione del lungo documento, dal paragrafo 6 al 30, ripercorre il ruolo di Maria come viene descritto nei testi evangelici e costituisce un valido ausilio per la catechesi, soprattutto perché sottolinea che «è impossibile essere fedeli alle Scritture senza dare la giusta attenzione al ruolo di Maria». Nella seconda sezione, dal paragrafo 31 al 40, il testo ripercorre il ruolo avuto da Maria nella tradizione del primo millennio, dei Concili e dei Padri della Chiesa, documenti che vengono considerati normativi da entrambe le Chiese. Soprattutto si mette al centro il tema di Maria come «Theotokos», Madre di Dio, presente fin dall'inizio della riflessione teologica della Chiesa. I paragrafi dal 41 al 46 prendono in esame la devozione mariana come si è sviluppata durante il Medioevo, rilevando tuttavia che «il peso della devozione nel Medioevo, le controversie teologiche che vi furono associate, mostrano che alcuni eccessi nella devozione e le reazioni che vi furono all'epoca della Riforma, hanno contribuito a rompere la comunione tra di noi». Da qui in avanti, il documento prosegue mettendo alla luce gli elementi di convergenza che possono portare in futuro a nuovi sviluppi nel dialogo teologico tra le Chiese. In particolare, ci sono diversi riferimenti ai due dogmi - Immacolata Concezione e Assunzione di Maria - la cui definizione è spesso vista come un ostacolo alla co mprensione. A proposito dell'Immacolata Concezione, il paragrafo 59, sottolinea che «alla luce della vocazione di Maria di essere Madre di Dio, possiamo affermare insieme che l'opera redentrice di Cristo è radicata in Maria nella profondità della sua esistenza e fin dall'inizio. Ciò non è contrario all'insegnamento della Scrittura e può anzi venire compreso solo alla luce della Scrittura. I cattolici possono riconoscere in questo ciò che è affermato dal dogma a proposito di Maria "preservata dal peccato originale" e "dal primo momento della sua concezione"». Il paragrafo 58, sottolinea che «in Cristo, vi è una nuova creazione" che coinvolge anche la Madonna e dunque "possiamo affermare insieme che l'insegnamento che Dio abbia portato la Beata Vergine Maria nella pienezza della sua persona e nella Sua gloria, è conforme con la Scrittura e può venire compreso alla luce della Scrittura, ed apre la strada ad una comprensione comune del dogma cattolico dell'Assunzione». Naturalmente il testo è ben consapevole che non ha l'autorità per risolvere le differenze tra le Confessioni sul tema delicato ed importante dei due dogmi; tuttavia si rileva come ci sia almeno una base comune e accettata. Il documento è il quinto elaborato dalla Commissione internazionale cattolica - anglicana (Arcic) dalla sua istituzione nel 1982 su mandato di Giovanni Paolo II e dell'allora Primate anglicano Robert Runcie. Le precedenti dichiarazioni hanno avuto per tema la salvezza (1987), la Chiesa come comunione (1981), la morale (1994), autorità e ministero petrino (1998). Il Pontificio Consiglio per l'unità dei cristiani ha rilevato nei giorni scorsi in un comunicato che dopo la pubblicazione del documento, la Commissione internazionae cattolico-anglicana per l'unità e le missione (Iarccum, in sigla), «tornerà a dedicarsi al compito che le era stato affidato, quello cioè di passare in rassegna i documenti del secondo ciclo di lavori dell'Arcic con l'intento di identificare ed articolare il grad o di fede che cattolici ed anglicani condividono».


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Da: Soprannome MSN7978PergamenaInviato: 22/07/2005 16.54

Maria torna ad unire......

L'icona mariana è tornata a Kazan

Da Mosca www.avvenire.it

È tornata a casa l'icona della Madre di Dio. Ieri mattina, in concomitanza con la festa dell'apparizione dell'icona, il patriarca di Mosca Alessio II l'ha ridata alla diocesi di Kazan, dopo 101 anni di assenza.

Lo scorso anno l'icona era stata donata alla Chiesa ortodossa russa da Giovanni Paolo II, che aveva incaricato il cardinale Walter Kasper, presidente del Pontificio consiglio per la promozione dell'unità dei cristiani, di portarla a Mosca.

 Quella presieduta ieri da Alessio II, è stata la prima funzione religiosa nella chiesa di Kazan dopo 80 anni.

Insieme a migliaia di persone, erano presenti il presidente del Tatarstan Mintimer Saripovic Saimiev ed i rappresentanti della comunità musulmana, tra cui il presidente dei mufti di Russia. La Madonna di Kazan è l'icona più venerata dagli ortodossi russi e rappresenta la riappacificazione tra le varie confessioni religiose.

Cliccando qui: MESSAGGIO 38 

ne abbiamo parlato l'anno scorso.....


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Da: Soprannome MSN7978PergamenaInviato: 27/07/2005 23.19
La Madonna e il cammino dell’unità

C’è un nuovo episodio nel dialogo con la Comunione anglicana. Il testo congiunto sulla madre di Gesù, Maria: grazia e speranza in Cristo, frutto del lavoro della Commissione internazionale cattolico-anglicana, può aiutare non solo il dibattito teologico ed ecclesiologico, ma anche una pratica condivisa di pietà popolare di Giovanni Cubeddu



L’arcivescovo di Canterbury Rowan Williams con papa Benedetto XVI, il 25 aprile 2005 in Vaticano


È stato presentato in maggio l’ultimo documento dell’Arcic (Anglican-Roman Catholic International Commission, Commissione internazionale cattolico-anglicana) dal titolo Maria: grazia e speranza in Cristo. Il documento è un passo importante nel dialogo ecumenico tra anglicani e cattolici. Ne abbiamo parlato con il cardinale Cormac Murphy-O’Connor, arcivescovo di Westminster.

Eminenza, perché un testo su Maria ora? Qual è la sua importanza nel dialogo tra anglicani e cattolici?
CORMAC MURPHY-O’CONNOR: Maria ha avuto un posto di rilievo nella vita e nella liturgia sia degli anglicani che dei cattolici. Ma i due dogmi mariani dell’Immacolata Concezione e dell’Assunzione, come pure alcune modalità di devozione mariana nella Chiesa cattolica nel passato, sono stati motivi di forte disaccordo tra anglicani e cattolici. Così, tra le nostre due Chiese, qualunque dialogo sincero – che l’Arcic ha sempre promosso – avrebbe prima o poi dovuto guardare alla questione. L’altra ragione per scegliere di parlare di Maria consiste nel fatto che, oltre ai disaccordi su di Lei, emerge il disaccordo sull’autorità nella Chiesa. Credo che dovevamo anzitutto chiarire la nostra diversa concezione dell’autorità nella Chiesa – come abbiamo fatto nel 1999 con la dichiarazione “Il dono dell’autorità”,The gift of Authority – prima di poterci muovere a considerare espressamente i dogmi. Dunque, questo documento desidera proprio andare al cuore del problema: in che modo la comprensione cattolica di Maria si è sviluppata secondo la Scrittura e la Tradizione?

Quale risposta fornisce il testo ?
MURPHY-O’CONNOR: La parte che il documento dedica a Maria nella Scrittura è davvero ben fatta e potrebbe essere utilizzata per l’insegnamento. Ciò che emerge è una sorta di ri-accoglimento di Maria sia da parte dei cattolici che degli anglicani, una comprensione, rinnovata, dei diversi aspetti della tradizione che forse erano stati persi di vista. Il documento aiuterà tanti anglicani a recuperare aspetti della comune tradizione che essi avevano smarrito e a vedere come la devozione cattolica per Maria, intesa propriamente, combaci genuinamente con la tradizione biblica ed ecclesiastica. E credo che esso aiuterà i cattolici a riscoprire alcuni di quei fondamenti biblici che riguardano Maria e l’orizzonte teologico all’interno del quale Lei deve essere guardata, orizzonte perso di vista in alcune forme di devozione.
È un documento che ridona freschezza ad ambedue le nostre tradizioni e fa sì che noi siamo più vicini nella reciproca comprensione.

L’Arcic ha esaminato da vicino la tradizione mariana dell’Oriente (Maria la “Tutta Santa” e la “dormizione” di Maria) per affrontare i problemi che hanno diviso l’Occidente. Inoltre nel testo si riprende ampiamente san Paolo.
MURPHY-O’CONNOR: È una sorpresa quello che può accadere quando degli uomini di fede si incontrano di fronte alle Scritture! La Commissione ha finito per lavorare in maniera molto estesa sul brano della Lettera ai Romani 8, 28-30, che non è nello specifico un testo mariano. Ma per i membri della Commissione è divenuto una sorta di strumento interpretativo, che ha consentito loro di vedere in Maria un modello di grazia e di speranza, rivelatrice per noi della maniera con cui Dio stesso agisce con gli uomini. Sia l’Immacolata Concezione che l’Assunzione rivelano qualcosa di come Dio opera su di noi in anticipo, per chiamarci durante la nostra vita, e del fine a cui Dio ci esorta. Così Maria è esemplare nella chiamata e nella risposta, e la devozione a Lei ci può portare più vicini a Dio attraverso Gesù Cristo.

Questo documento congiunto è un passo in avanti verso la condivisione dell’eucaristia con gli anglicani?
MURPHY-O’CONNOR: È stato enormemente d’aiuto nel rimuovere l’ennesimo ostacolo alla comprensione tra cattolici e anglicani. Ci porta più vicini alla condivisione dell’eucarestia? Direi allo stesso modo sì e no. No, perché il modo in cui l’Arcic ha proceduto mira a chiarire le differenze e non necessariamente a risolverle. Si occupa di ripulire la strada per far sì che le due Chiese possano camminare ancor più vicine. E ciò perché – e qui risponderei di sì alla sua domanda – più sapremo camminare insieme, più potremo costruire quell’unità dalla quale sgorga la condivisione dell’eucarestia.

A proposito di cammino da condividere, qual è la realtà odierna della Chiesa cattolica in un Paese a maggioranza anglicana come la Gran Bretagna?
MURPHY-O’CONNOR: A essere sincero considero assai affascinante la vita quotidiana, oggi, in Gran Bretagna, di un vescovo o di un cardinale cattolico. Da un lato c’è un veloce processo di scristianizzazione del Paese che davvero mi preoccupa: la crisi della famiglia, la mancanza di rispetto per la vita umana – l’aborto, l’eutanasia, la sperimentazione sugli embrioni umani – come pure la poca o inesistente generosità verso gli immigrati, e un egoismo generalizzato. Dall’altro lato, però, vedo per la Chiesa cattolica e per il suo cardinale una possibilità sconosciuta sino a poco tempo fa di far ascoltare la loro voce.

In che modo?
MURPHY-O’CONNOR: Oggi, per tante ragioni, io e gli altri vescovi cattolici possiamo esprimerci su temi legati alla vita, all’aborto, all’eutanasia, alla famiglia, alla riforma delle carceri, alla cura dei poveri, in una maniera che solo pochi anni fa era inimmaginabile. Ai tempi della mia gioventù la Chiesa cattolica era ai margini della società britannica, la gente ci guardava con sospetto. Ora siamo al centro delle questioni, e si ode distintamente quello che diciamo. In parte una ragione di ciò sta nel fatto che i cattolici non sono più solo degli immigrati appena arrivati dall’Irlanda, ma bensì cittadini inglesi che desiderano e hanno bisogno di farsi sentire. E dunque, in molti ambiti sociali e nella vita quotidiana in genere, puoi oggi trovare dei cattolici, anche al governo.

Un nuovo pontificato è appena iniziato.Quale sostegno la Chiesa in Inghilterra può offrire a papa Benedetto XVI ?
MURPHY-O’CONNOR: Il grande dono che è stato fatto alla Chiesa inglese è quello della sua salda fedeltà nei tempi della prova. Sono stato per anni rettore del Venerabile Collegio Inglese, e ricordo ad esempio che durante la Riforma, quarantaquattro studenti del Collegio furono martirizzati. Per secoli la Chiesa cattolica e i cattolici furono penalizzati e perseguitati. Da quell’esperienza la Chiesa nel diciannovesimo secolo è rinata e da allora va avanti. Così, ciò che la Chiesa inglese possiede è un’eredità di fedeltà, di grande fedeltà al Papa e alla Chiesa universale. E l’esperienza della Chiesa britannica può offrire molto alla Chiesa universale nel suo modo di essere presente nell’Europa moderna. Concretamente, noi aiutiamo il Papa con il consiglio che possiamo dargli, con l’unità della nostra Chiesa, dei nostri vescovi, insieme nella collegialità. In tal modo, dunque, diamo al Papa l’esempio di una gerarchia che è unita, che s’impegna in tutti i modi per far sì che la Chiesa sia più forte e più evangelizzatrice all’interno della cultura odierna.

Negli ultimi tempi il primate anglicano ha dovuto affrontare forti crisi interne alla Comunione anglicana. Ha potuto in qualche maniera aiutarlo?
MURPHY-O’CONNOR: L’arcivescovo Williams sa che può contare non solo sulla mia amicizia ma pure su quella del cardinale Kasper e del Pontificio Consiglio per l’unità dei cristiani a Roma. Sa che avrà sempre da parte nostra un ascolto comprensivo e un consiglio fidato, che è poi ciò di cui un’amicizia è fatta. Parliamo regolarmente dei temi per i quali lui affronta battaglie all’interno della Comunione anglicana, anche perché questi scontri riguardano l’unità dei cristiani. Noi proviamo ad aiutarlo in ogni maniera possibile.

In che modo giudica possibile l’unità dei cristiani in terra anglicana?
MURPHY-O’CONNOR: San___t’Agostino chiedeva l’unità nelle cose essenziali, la libertà in quelle non essenziali e la carità in tutte. È davvero una buona massima. Siamo ancora in cerca del modo con cui si possa giungere a un accordo sulle cose essenziali della fede. La Trinità, l’Incarnazione, la Redenzione sono tre grandi misteri che condividiamo nel Credo. Poi abbiamo le fondamentali dottrine della Chiesa sulle quali la maggioranza degli anglicani potrebbero convenire. Mettiamola così: ciò che noi abbiamo da offrire alla Comunione anglicana è il dono che abbiamo ricevuto, la nostra comprensione e l’esperienza di quello che significa essere Chiesa. I mesi appena trascorsi ci hanno mostrato in una maniera unica l’ecclesiologia del cattolicesimo: il papa, i vescovi, il popolo di Dio e l’incredibile unità che sostiene tutto ciò. Credo che anche altre Chiese ne abbiano bisogno, come pure hanno bisogno di approfondire la collegialità, di vedere come l’unità opera, in carità, libertà e nella condivisione della fede.

E cosa può insegnarci la Comunione anglicana?
MURPHY-O’CONNOR: Ad esempio il maggiore ascolto dei laici nelle diocesi. Il vescovo è uno che ha cura della sua diocesi, deve dare ascolto ai suoi preti, ai religiosi e ai laici, il che significa che egli dipende da un tipo di governo della Chiesa che è maggiormente sinodale. Qui c’è qualcosa che probabilmente possiamo imparare dagli anglicani, riportandolo però all’interno dell’intera ecclesiologia della Chiesa. Ed ecco allora il papato, nel suo ruolo che consiste nel servire in tutto il mondo la comunione dei cristiani. Giovanni Paolo II nella Ut unum sint ha chiesto ai capi cristiani delle risposte su come la sede di Pietro possa servire nel migliore dei modi la causa della comunione, e credo che dobbiamo portare ancora avanti questo dialogo.


Il cardinale Cormac Murphy-O’Connor davanti alla Cattedrale di Westminster, Londra



tratto da
30Giorni

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Da: Soprannome MSN7978PergamenaInviato: 01/11/2005 11.54

Vittorio Messori
IPOTESI SU MARIA
Fatti, indizi, enigmi
pagine 600
Edizioni Ares, 2005
€ 18



«I motivi di fondo di questa opera - ha detto lo scrittore - sono due: innanzitutto, dimostrare che si può essere devoti della Madonna senza cadere in atteggiamenti sdolcinati, in secondo luogo, sottolineare che, come diceva un’antifona purtroppo abolita dalla riforma liturgica, Maria è nemica di tutte le eresie. E siccome oggi il vero problema continua a essere quello di una fede cattolica sempre in bilico, riscoprire la mariologia equivale a riscoprire l’ortodossia, perché nei dogmi mariani, a saperli leggere, c’è la difesa e la base del vero cattolicesimo».


Il Giornale, 19/10/05
«Ipotesi» e conferme su Maria
di ANDREA TORNIELLI

Dopo Ipotesi su Gesù e i successivi libri dedicati alla passione e alla resurrezione di Cristo, Vittorio Messori torna in libreria con un volume interamente dedicato alla figura della Madonna. S’intitola Ipotesi su Maria (Edizioni Ares, pagg. 536, euro 18), sarà in distribuzione nei primi giorni di novembre e raccoglie, con rivisitazioni e aggiunte, il «taccuino mariano» che lo scrittore ha tenuto dal 1995 al 2000 sul mensile dei paolini Jesus. Molte delle oltre cinquecento pagine del libro di Messori sono dedicate alle apparizioni di Lourdes e alle guarigioni miracolose di malati che si sono recati presso la grotta di Massabielle. Un caso tra questi, peraltro già ben noto, colpisce particolarmente e si lega in qualche modo a un’altra indagine dello scrittore divenuta un libro di successo. È la storia di un giardiniere belga, Peter van Rudder, il quale il 16 febbraio 1867, a causa della caduta di un albero ebbe la gamba sinistra spezzata sotto il ginocchio. Entrambe le ossa, tibia e perone, risultarono fratturate e i due tronconi erano separati tra loro da ben tre centimetri di vuoto. In totale, dunque, mancavano sei centimetri di osso, che si erano frammentati e provocavano sofferenze indicibili. Molti medici, tra i quali l’illustre Thiriart, chirurgo della casa reale belga, visitarono il giardiniere e non potendo in alcun modo risolvere la sua situazione proposero di amputare la gamba. Van Rudder però, ostinatamente, rifiutava l’operazione, nonostante le sofferenze che la frattura insanabile gli procurava.

La sua pervicacia era determinata dall’incrollabile fede: era infatti convinto che ci avrebbe pensato la Madonna, l’Immacolata apparsa a Lourdes alla piccola Bernadette Soubirous. Il 7 aprile 1875, otto anni dopo il grave incidente che lo aveva lasciato storpio, con le ossa rotte che spuntavano tra la carne ormai incancrenita, il giardiniere riesce finalmente a partire per la cittadina di Oostaker, dove nel frattempo era stata realizzata una copia esatta della grotta di Lourdes. La sua situazione è diventata drammatica e i testimoni raccontano che dalla piaga usciva pus maleodorante.

Davanti alla statua della Vergine, che ricalca quella della grotta di Massabielle, l’uomo si sente pervadere da «una specie di rivoluzione». Getta le stampelle e riprende a camminare, improvvisamente guarito. La relazione, stilata dai medici curanti di van Rudder, afferma che «la gamba e il piede, assai gonfi, hanno ripreso di colpo il volume normale» e che «le piaghe in cancrena appaiono cicatrizzate». E soprattutto che «la tibia e il perone fratturati si sono ricongiunti, malgrado la distanza che li separava»: la saldatura risulta completa e le gambe sono di nuovo di lunghezza uguale. Il giardiniere sarebbe vissuto in perfetta salute per altri 23 anni. Sei centimetri d’osso, dunque, ricresciuti improvvisamente. Un episodio che richiama un altro miracolo mariano, quello di Calanda, indagato da Messori nel libro Il miracolo: una gamba amputata che viene riattaccata. Ipotesi su Maria, quasi un taccuino di viaggio per approfondire la figura della Madre di Dio e il suo manifestarsi in modo così misterioso e inspiegabile nelle vicende umane, ha lo stile inconfondibile di Vittorio Messori. «I motivi di fondo di questa opera - ha detto lo scrittore - sono due: innanzitutto, dimostrare che si può essere devoti della Madonna senza cadere in atteggiamenti sdolcinati, in secondo luogo, sottolineare che, come diceva un’antifona purtroppo abolita dalla riforma liturgica, Maria è nemica di tutte le eresie. E siccome oggi il vero problema continua a essere quello di una fede cattolica sempre in bilico, riscoprire la mariologia equivale a riscoprire l’ortodossia, perché nei dogmi mariani, a saperli leggere, c’è la difesa e la base del vero cattolicesimo».

Andrea Tornielli


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Da: Soprannome MSN7978PergamenaInviato: 30/01/2006 10.07

Il Santuario di Loreto nelle parole di Giovanni Paolo II e del Cardinale Ratzinger

In un volume pubblicato recentemente dalle Edizioni Lauretane

ROMA, domenica, 29 gennaio 2006 (ZENIT.org).- E’ stato pubblicato recentemente un volume che raccoglie gli scritti dal 1979 al 2004 del compianto Papa polacco e le riflessioni dal 1988 al 1995 dell’allora Prefetto della Congregazione per la Dottrina della Fede.
Intitolata, “Il Santuario di Loreto nella parola di Giovanni Paolo II e del Cardinale Joseph Ratzinger ora Benedetto XVI” (Edizioni Lauretane Santa Casa, 19 Euro, pag. 284), l’opera è stata presentata per la prima volta il 7 dicembre 2005 nella Sala Paolo VI del Vaticano.

Il volume intende introdurre al pensiero mariologico del Papa del “Totus Tuus” e di un teologo di fama mondiale come il Cardinale Ratzinger, oltre a rinsaldare la fede nella Madre di Dio e della Chiesa – a cui solo in Italia sono dedicati 1.500 Santuari –.

Allo stesso tempo, però, l’opera si configura come espressione di gratitudine nei riguardi di Giovanni Paolo II che, più di ogni altro Papa, ha scritto su Loreto, e come omaggio augurale a Benedetto XVI, molto devoto della Santa Casa, che durante il suo cardinalato ha visitato questo luogo ben sette volte.

La pubblicazione apre ufficialmente la serie delle “Edizioni Lauretane Santa Casa”, promosse dalla Delegazione Pontificia e gestite dalla Tecnostampa di Loreto.

I Santuari affermava Giovanni Paolo II il 15 maggio del 1993 sono “luoghi di evangelizzazione, vere e proprie cittadelle della fede in cui si fa esperienza dell’assoluto di Dio”.

E proprio ad essi, spiegava in una lettera per il VII Centenario del Santuario della Santa Casa di Loreto il 15 agosto 1993, spetta di essere “non luoghi del marginale e dell’accessorio, ma, al contrario, luoghi dell’essenziale, luoghi dove si va per ottenere la grazia prima ancora che le grazie”.

Il volume – composto di 288 pagine e arricchito di oltre 140 immagini del fotografo Arturo Mari – si apre con una presentazione agli scritti di Giovanni Paolo II a Loreto, firmata da monsignor Gianni Danzi, Arcivescovo Delegato Pontificio di Loreto, e da una prefazione del Cardinale Angelo Scola, Patriarca di Venezia.

Nel libro viene proposto un percorso attraverso le cinque visite pastorali di Giovanni Paolo II a Loreto – l’ultima delle quali avvenne il 5 settembre 2004 – offerto da padre Giuseppe Santarelli, religioso cappuccino e noto storico del Santuario.

Il volume include anche un Messaggio di Papa Benedetto XVI e una “Postfazione” di quello che fu per molti anni Segretario personale del Papa polacco e che attualmente è l’Arcivescovo di Cracovia, monsignor Stanislaw Dziwisz.

Nella sua prefazione il Patriarca di Venezia avverte che “oggi più che mai i Santuari mariani svolgono un ruolo decisivo perché sono occasioni privilegiate di coagulo del popolo di Dio e della sua rigenerazione”.

“Oggi più che mai, infatti, l’uomo spesso smarrito e confuso nella sua acuta domanda di felicità e di libertà, ha bisogno di una dimora”, osserva il porporato.

Sul Santuario di Loreto, l’8 settembre 1991, durante l’omelia in occasione della festività della natività di Maria, il Cardinale Ratzinger affermava: “Così si esprime il messaggio vero di questa casa, che non è una casa privata di una persona, di una famiglia, di una stirpe, ma sta sulla via di noi tutti: è una casa aperta a tutti”.

Sempre nella lettera del 15 agosto 1993, Papa Giovanni Paolo II ricordava come “la Santa Casa di Loreto non è solo una reliquia, ma anche una preziosa icona concreta, l’icona non di astratte verità ma di un evento e di un mistero: l’Incarnazione del Verbo”.

Di questo particolare legame fra il Papa polacco e il Santuario ha dato testimonianza monsignor Dziwisz, il quale scrive nel libro: “L’ ‘Eccomi’ della fanciulla di Nazareth che risuona nella mura della Santa Casa di Loreto è stata la scuola cui Giovanni Paolo II ha imparato a lasciarsi possedere da Dio, diventando un’Eucaristia vivente”.

Papa Wotyla sosteneva che la Santa Casa “convince il pellegrino che davvero Dio ama l’uomo così com’è”, aggiungendo poi che “dove abita Dio tutti noi siamo a casa; dove abita Cristo i suoi fratelli e le sue sorelle non sono stranieri. Così è anche con la Casa di Maria e con la vita stessa di lei: è aperta per tutti noi”.

A queste parole faceva eco ancora l’8 settembre 1991 il Cardinale Ratzinger: “Dove c’è Maria c’è la Casa; dove c’è Dio, siamo tutti a casa; la casa di Nazareth non è una reliquia del passato, essa ci parla del presente e ci provoca ad un esame di coscienza”.

Inoltre, affermava Giovanni Paolo II nel suo primo pellegrinaggio a Loreto l’8 settembre 1979, questo Santuario continua a ricordare all’uomo di oggi il valore della famiglia e il senso della casa come luogo privilegiato dell’amore: “La casa come arca dell’alleanza delle generazioni e tutela dei valori umani e divini”.

L’invito lanciato in quell’occasione da Papa Wojtyla era quello di lasciarsi “educare dallo stile di Loreto; uno stile fatto di semplicità e di intensità, di bellezza e di verità, di universalità e di storicità, di silenzio e di parola”.

“Dio non è legato a pietre, ma egli si lega a persone vive”, aveva sottolineato il Cardinale Ratzinger.

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