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Interviste e varie di mons. Fellay (un grazie a Messainlatino per le molte traduzioni)

Ultimo Aggiornamento: 04/03/2011 17:13
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21/10/2010 12:00
 
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 INTERESSANTE RISPOSTA di padre Giovanni Scalese dal suo blog "Senzapelisullalingua":

A servizio della Chiesa, sotto la guida di Pietro

Si direbbe che Mons. Bernard Fellay sia diventato particolarmente loquace negli ultimi tempi: non passa mese che non rilasci qualche intervista. Secondo me fa bene: si tratta di una strategia comunicativa efficace per attirare l’attenzione dell’opinione pubblica. Se non altro, è meglio che parli lui, che per lo meno riesce a mantenere sempre un tono equilibrato, piuttosto che i suoi collaboratori, che ogniqualvolta aprono bocca combinano qualche pasticcio.

Anche nell’ultima intervista, rilasciata a Nouvelles de Chrétienté di settembre-ottobre 2010 (tradizione italiana su DICI), il Superiore generale della FSSPX conferma la sua saggezza e le sue doti diplomatiche. Quando, per esempio, viene interrogato sulle possibili soluzioni all’attuale crisi della Chiesa, risponde che, pur non escludendo una eventuale — “miracolosa” — soluzione istantanea, la via normale non può che essere una soluzione graduale, dimostrando cosí un realismo raro fra i suoi seguaci.

Concordo pienamente con lui, quando indica gli strumenti per il superamento della crisi (nomine episcopali; riforma dell’insegnamento nelle università pontificie; formazione dei sacerdoti nei seminari). Mi permetto di essere, in questo caso, un po’ piú pessimista di lui, che pensa che siano sufficienti dieci anni per raddrizzare la situazione. Non è facile intervenire nei settori da lui indicati. Non è da oggi che si cerca di farlo: Giovanni Paolo II ha impiegato tutto il suo lungo pontificato per dare vita a una nuova generazione di Vescovi. Con quale risultato? Anche ai nostri giorni, tutte le volte che il Papa cerca di toccare certe situazioni, vediamo che cosa succede. Le università pontificie: non sarà facile avviare un nuovo corso, dal momento che le nuove leve vengono formate da quegli stessi professori che si vorrebbe rimpiazzare. Lo stesso dicasi dei seminari, dove i formatori piú tradizionali sono costretti a fare i conti con l’ambiente circostante, per lo piú refrattario a qualsiasi tentativo di “disciplinamento”.

La parte che mi sembra piú interessante nell’intervista è quella centrale, dove si chiede a Mons. Fellay un giudizio sulla conferenza di Mons. Guido Pozzo, Segretario della Pontificia Commissione “Ecclesia Dei”, del 2 luglio 2010 (potete leggerne sul sito della Fraternità San Pietro, a cui la conferenza era rivolta). Mons. Fellay risponde:

«Questa conferenza è l’applicazione molto logica dei principi enunciati nel dicembre del 2005 da Benedetto XVI. Essa ci fornisce una presentazione dell’ecumenismo passabilmente differente da quella che abbiamo ascoltata per quarant’anni… una presentazione mescolata ai principi eterni sull’unicità della Chiesa e sulla sua perfezione unica, sull’esclusività della salvezza. In questo si vede bene un tentativo di salvare l’insegnamento di sempre e contemporaneamente un Concilio rivisitato alla luce tradizionale». 

Vede Mons. Fellay che è possibile dare un’interpretazione “cattolica” del Vaticano II? Che non è necessario rifiutare il Concilio per continuare a dirsi cattolici? Monsignore dovrà convenire che la strada indicata da Benedetto XVI, nel suo discorso alla Curia Romana del 2005, è l’unica percorribile; non ci sono alternative, se si vuole venir fuori dall’impasse in cui si trova la Chiesa attuale; non è pensabile che la Chiesa possa “abolire” un Concilio. Mons. Fellay trova, se non pienamente condivisibile, per lo meno “interessante” questa “versione rivista” del Concilio:

«È interessante, nel senso che ci si presenta un nuovo Vaticano II, un Concilio che in effetti non abbiamo mai conosciuto e che si distingue da quello che è stato presentato negli ultimi quarant’anni. Una sorta di nuova pelle! È interessante soprattutto per il fatto che vi si trova condannata con molta forza la tendenza ultra-moderna. Ci si presenta una sorta di Concilio moderato o temperato».

Tutto bene, dunque? No, perché i lefebvriani possono accettare questa nuova interpretazione del Concilio solo come primo passo verso un ritorno sic et simpliciter al pre-Concilio. Per esempio, a proposito dell’ecumenismo, Mons. Fellay afferma: 

«Il miscuglio, quantunque interessante, lascia ancora aperte delle questioni di logica sul ruolo che giuocano le altre confessioni cristiane… chiamate, fino a Pio XII incluso, “false religioni”. Si oserà usare finalmente questi termini di nuovo?».

Mi chiedo: che bisogno c’è di tornare a un certo tipo di linguaggio, quando i principi sono chiari? Se c’è una utilità del Concilio, che mi sembra difficile mettere in discussione, è proprio il suo approccio pastorale, tendente, in questo caso specifico, a eliminare certe espressioni di cui non si capisce l’opportunità ai nostri giorni. Possibile che Mons. Fellay non comprenda che possiamo essere autenticamente cattolici, senza dovere necessariamente apostrofare i nostri fratelli acattolici come seguaci di “false religioni” (espressione oltretutto falsa, se applicata a chi appartiene all’unica religione cristiana).

L’altro punto di divergenza sta nella individuazione delle cause dell’attuale crisi della Chiesa:

«Diciamo che una buona parte dei nostri attacchi si vede giustificata, una buona parte di ciò che noi condanniamo viene condannata. Ma se la cosa è condannata, resta la grande divergenza sulle cause. Poiché in definitiva se a proposito del Concilio è stato possibile un tale disorientamento degli spiriti, e a un tale livello, e di una tale ampiezza… ci sarà bene una causa proporzionata! Se a proposito dei testi del Concilio si constata una tale divergenza d’interpretazione, bisognerà bene un giorno convenire che le deficienze di questi testi vi svolgono una parte non da poco».

Certo, prima o poi, un discorso sui testi del Concilio e la loro corretta interpretazione, come chiede Mons. Gherardini, bisognerà pur farlo. Ma mi sembra troppo semplicistica l’analisi di Mons. Fellay: se i testi conciliari hanno prodotto interpretazioni cosí divergenti, significa che quei testi sono in sé stessi deficienti, e vanno perciò corretti. Ragionando in tal modo, si dovrebbe correggere anche il Vangelo, visto che ha dato origine a… tante eresie. Se un testo è passibile di molteplici interpretazioni (e qualsiasi testo lo è), non per questo diventa manchevole; l’importante è darne l’interpretazione corretta. Proprio per questo esiste nella Chiesa un Magistero che ci accompagna in tale sforzo ermeneutico. Che bisogno ce ne sarebbe se tutti i testi su cui si fonda la nostra fede fossero chiari in sé stessi?

Io mi vado sempre piú convincendo che i documenti conciliari sono il “massimo” che il Vaticano II poteva produrre; non possiamo chiedergli di piú. Che cosa voglio dire? Voglio dire che il Concilio Vaticano II va “storicizzato”, va inserito nel contesto storico in cui si è svolto; esso non può essere valutato con i criteri odierni. Spesso affermiamo (mi ci metto dentro io per primo) che il Concilio ha provocato la crisi della Chiesa; ormai sono giunto alla conclusione che il Concilio non è la causa, ma l’effetto della crisi. La crisi, nella Chiesa, già esisteva; essa ha radici assai profonde; bisogna andare indietro nei decenni e forse nei secoli. Per lungo tempo si è cercato di arginarla con vari interventi (si pensi alla condanna del modernismo di cento — diconsi cento! — anni fa); ma a un certo punto ciò non è stato piú possibile. In un momento di relativa (forse meglio sarebbe dire: apparente) tranquillità, un Papa pensò bene di dare voce a questo malessere diffuso nella Chiesa; e ne venne fuori il Vaticano II. Se si fosse lasciata mano libera all’ala progressista, ora non saremmo qui a discutere, dal momento che la Chiesa già oggi sarebbe solo un ricordo del passato. Il Concilio riuscí a mediare fra le diverse posizioni e a raggiungere un punto di equilibrio (di qui l’ambiguità di certi testi: solo cosí potevano essere accettati da tutti). Ovviamente dopo il Concilio, l’ala progressista, che era rimasta delusa dalle conclusioni ufficiali del Concilio, tentò di imporre le sue vedute tirando in ballo lo “spirito del Concilio”. Non si può negare che tale tendenza abbia fatto strada nella Chiesa, conquistando posizioni ragguardevoli (fra i Vescovi, nelle università pontificie e nei seminari, appunto). Per fortuna è rimasta sempre la ferma mano di Pietro a guidare la Chiesa e a interpretare correttamente il Concilio (l’interpretazione “cattolica” del Vaticano II non è una invenzione di Mons. Pozzo o di Benedetto XVI, ma è quella che è stata sempre praticata dai Papi in questi anni). Questo i lefebvriani non lo hanno mai capito: hanno pensato che il Papa fosse passato dall’altra parte; e, invece di aiutarlo, hanno cominciato ad attaccarlo. Ora pensano che la storia stia dando loro ragione; che la Chiesa sia salva grazie a loro. No, cari fratelli, la Chiesa è salva grazie alla roccia di Pietro e a tutti quei semplici fedeli che in questi anni, nel silenzio e nell’obbedienza, non si sono mai staccati da quella roccia.

Alla fine dell’intervista viene chiesto a Mons. Fellay «quale ruolo possono svolgere i fedeli legati alla Tradizione in quest’opera di restaurazione». Se mi è permesso rispondere al suo posto, vorrei dire che essi possono svolgere un ruolo fondamentale. A una condizione: a condizione che smettano di pensare a una Chiesa ideale, che esiste solo nelle loro menti, e pongano le loro energie a servizio della Chiesa reale, cosí com’è, con tutti i problemi che essa vive, sotto la guida di colui al quale, solo, è stato affidato il timone della Chiesa.


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 breve riflessione mia

caro Padre Giovanni,
sa bene che la seguo con filiale affetto  e la ringrazio anche per l'ultima riflessione postata che condivido in totos.... e preghiamo davvero tanto perchè questa tempesta finisca e torni a splendere il sole nella Chiesa....
 
Le aggiungo qui solo una ulteriore riflessione a quanto lei, meglio di me, dice:
 
L’altro punto di divergenza sta nella individuazione delle cause dell’attuale crisi della Chiesa:

mons. Fellay «Diciamo che una buona parte dei nostri attacchi si vede giustificata, una buona parte di ciò che noi condanniamo viene condannata. Ma se la cosa è condannata, resta la grande divergenza sulle cause. Poiché in definitiva se a proposito del Concilio è stato possibile un tale disorientamento degli spiriti, e a un tale livello, e di una tale ampiezza… ci sarà bene una causa proporzionata! Se a proposito dei testi del Concilio si constata una tale divergenza d’interpretazione, bisognerà bene un giorno convenire che le deficienze di questi testi vi svolgono una parte non da poco».

padre Scalese: Certo, prima o poi, un discorso sui testi del Concilio e la loro corretta interpretazione, come chiede Mons. Gherardini, bisognerà pur farlo. Ma mi sembra troppo semplicistica l’analisi di Mons. Fellay: se i testi conciliari hanno prodotto interpretazioni cosí divergenti, significa che quei testi sono in sé stessi deficienti, e vanno perciò corretti. Ragionando in tal modo, si dovrebbe correggere anche il Vangelo, visto che ha dato origine a… tante eresie. Se un testo è passibile di molteplici interpretazioni (e qualsiasi testo lo è), non per questo diventa manchevole; l’importante è darne l’interpretazione corretta. Proprio per questo esiste nella Chiesa un Magistero che ci accompagna in tale sforzo ermeneutico. Che bisogno ce ne sarebbe se tutti i testi su cui si fonda la nostra fede fossero chiari in sé stessi?
 
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Concordo dunque con le sue riflessioni e aggiungo che anche padre Giovanni Cavalcoli O.P. nel suo ottimo libro sugli errori di Karl Rahner "Il Concilio tradito", a pag. 13, spiegando gli errori dottrinali, osserva:
"Ad un attento confronto di entrambe le opere, ci si accorge che il "Corso" di Rakner e il "Catechismo" non sono due modalità semplicemente diverse di esporre la medesima dottrina cattolica, ma sono, per molti aspetti, due modalità contraddittorie, in modo tale che per certe tesi rahneriane, alla luce del Catechismo, appaiono come vere e proprie eresie o errori prossimi all'eresia. Sarà compito di questo libro dimostrare questo grave assunto, proprio confrontando il "Corso" col Catechismo e in generale con la dottrina della Chiesa pre e postconciliare..."
E a tal riguardo, alla Nota (7) dice:
"Data questa situazione, da varie parti si auspica un intervento chiarificatore da parte della Chiesa."
 
Ora, come tristemente sappiamo, l'insegnamento di Karl Rahner è entrato di "diritto" nei Seminari....come uscirne fuori se non si agisce subito alla radice sradicando l'errore in termini ufficiali?
Nel mentre noi discutiamo e approfondiamo e un padre Cavalcoli spiega in un attento esame gli errori, nei Seminari si continua ad insegnare Rahner....le anime si ingannano e l'errore dilaga...
Padre Cavalcoli spiega in questo libro che non è solo un problema di interpretazione, Rahner modificò la dottrina dalle fondamenta e molti vescovi e sacerdoti vi hanno aderito senza comprenderne l'errore...
A pag. 19 spiega:
"Lo so che spesso c'è un problema interpretativo, ma collegando i passi tra loro, un singolo passo preso in sé, dato che Rahner mantiene il linguaggio tradizionale, può sembrare ortodosso e può anche essere preso come tale, il senso viene fuori generalmente chiaro, anche perchè Rahner ha una sua coerenza e una sua logica nel restar fedele AI MEDESIMI ERRORI fondamentali in tutte le sue opere, quale che sia l'argomento che tratta..."
alla Nota 16 aggiunge:
"Alcuni parlano di tomismo trascendentale. Ma il pensiero rahneriano, dopo un primo periodo di falsificazione del pensiero tomistico, nella sua ultima fase non è affatto tomista."
 
Padre Cavalcoli è realista e a pag. 19-20 sottolinea:
"Certamente tali inconvenienti non dipendono solo da Rahner e dalla sua scuola, ma anche da molti altri personaggi di minor calibro. Sembrerebbe allora imporsi sempre più la necessità, non sappiamo a quale scadenza, di un nuovo Concilio, nel caso non si riesca a rimediare a quegli inconvenienti in altro modo.
Questo, come hoo detto, è normale nella stopria della Chiesa.
La speranza per adesso, è quella di una correzione o almeno di una attenuazione del movimento modernistico. Ma se ciò non avvenisse, non vedrei altra soluzione che la convocazione di un nuovo Concilio che facesse virare la navicella della Chiesa nuovamente verso quei valori tradizionali che la scomposta euforia postconciliare - da addebitarsi non al Concilio, ma ai modernisti - ha provocato nella Chiesa.
Comunque il compito per l'oggi sembra essere quello di una chiarificazione definitiva degli errori di Rahner, senza per questo misconoscere i suoi meriti. Le conquiste vanno conservate, ma accorre anche recuperare i valori dimenticati..."
 
Un libro davvero da meditare  Un abbraccio filiale e fraterno


Fraternamente CaterinaLD

"Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
(fr. Carlos Alfonso Azpiroz Costa OP
Maestro dell’Ordine)
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