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Archivio Denzinger: Simboli e Dichiarazioni sulla Fede Cattolica

Ultimo Aggiornamento: 02/06/2021 11:46
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21/10/2009 12:46
 
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Bolla "In nomine Domini"
sull’elezione del Sommo Pontefice - Niccolò II


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Nel nome del Signore Iddio Gesù Cristo, nostro Salvatore, nell'anno 1059 dalla sua incarnazione, nel mese di aprile, nella dodicesima Indizione, alla presenza dei Santi Evangeli, sotto la presidenza del reverendissimo e beatissimo Papa apostolico, Niccolò, nella patriarcale basilica Lateranense, chiamata basilica di Costantino con anche tutti i reverendissimi arcivescovi, vescovi, abati e venerabili presbiteri e diaconi, il medesimo venerabile Pontefice, decretando con autorità apostolica riguardo all'elezione del Pontefice, disse:

"Le Eminenze vostre conoscono, dilettissimi Vescovi e confratelli (né è sfuggito ai membri di grado più basso) quante avversità abbia sopportato questa Sede Apostolica cui per volontà divina io servo, dalla morte di Stefano nostro predecessore di beata memoria, a quanti colpi e battiture sia stata sottoposta per opera dei trafficanti simoniaci; a tal punto, che la colonna del Dio vivente così scrollata sembra quasi vacillare e che la sede del Sommo Pontefice è costretta dalle tempeste ad inabissarsi in profondità di naufragio. E perciò, se piace ai miei confratelli, con l'aiuto di Dio dobbiamo saggiamente affrontare le eventualità future e provvedere per il futuro alla costituzione ecclesiastica, si che i mali risorgendo (non sia mai) non prevalgano. Dunque, appoggiandoci sull’autorità dei nostri predecessori e degli altri Santi Padri, e stabiliamo: che, quando il Pontefice di questa universale Chiesa Romana muore, prima i cardinali vescovi decidano tra loro con la più diligente considerazione poi chiamino i cardinali chierici; e allo stesso modo si associno poi il resto del clero e il popolo, per consentire alla nuova elezione; affinché il tristo morbo della venalità non abbia qualche occasione di infiltrarsi siano i religiosi a condurre l’elezione del futuro Pontefice e tutti gli altri li seguano. E certo quest’ordine di elezione viene valutato giusto e legittimo, se, osservate le regole e le azioni dei vari Padri, si richiama quella nota frase del nostro beato predecessore Leone: "Nessuna ragione permette" disse "che si considerino tra i Vescovi coloro che non furono eletti dai chierici, né richiesti dal popolo, né consacrati dai vescovi comprovinciali con l’approvazione del metropolita". Poiché la Sede Apostolica è al di sopra di tutte le chiese in tutta la terra, e non può quindi avere su di sé un metropolita, non c’è dubbio che i cardinali vescovi abbiano funzione di metropolita, portando il sacerdote eletto al sommo della dignità apostolica.

Lo eleggano dal seno della chiesa di Roma, se è trovato degno, altrimenti lo si prenda da un’altra Chiesa. Salvo restando il debito onore e la reverenza verso il nostro diletto figlio Enrico che è ora chiamato re e che si spera sarà con l’aiuto di Dio il futuro imperatore, come gli abbiamo concesso, e verso i successori di lui che personalmente chiederanno questo privilegio a questa Sede Apostolica.

Che se la perversità di uomini empi ed iniqui prevarrà tanto, da rendere impossibile nell’Urbe un’elezione incorrotta, genuina e libera, i cardinali vescovi con i chierici e con i laici cattolici, sia pur pochi, abbiano il potere di eleggere il Pontefice della Sede Apostolica, dove stimino più opportuno.

Se, terminata completamente l’elezione una guerra o un qualunque tentativo di uomini per malizia si opponga a che l’eletto prenda possesso della Sede Apostolica secondo la consuetudine, ciò nonostante l’eletto abbia l’autorità di reggere come Pontefice la Santa Chiesa Romana, disponendo di tutte le sue prerogative, come sappiamo fece prima della sua consacrazione il beato Gregorio.

Ma se qualcuno, contrariamente a questo nostro decreto promulgato in sinodo, verrà eletto o considerato o insediato in trono attraverso la rivolta, la temerarietà o qualunque altro mezzo, sia da tutti creduto e considerato non Papa ma Satana non apostolo, ma apostata e con perpetua scomunica per autorità divina e dei santi apostoli Pietro e Paolo, insieme con i suoi istigatori, partigiani e seguaci, venga scacciato e respinto dalle porte della santa cristianità di Dio, come Anticristo, nemico e distruttore di tutta la Cristianità. E non. gli si dia alcuna udienza riguardo a ciò ma in perpetuo sia privato della dignità ecclesiastica di qualunque grado essa sia stata. Con la stessa sentenza sia punito chiunque sarà dalla sua parte o gli renderà qualsiasi omaggio, come a un Pontefice, o presumerà di difenderlo. E chi temerariamente si opporrà a questo nostro decreto e nella sua presunzione tenterà di confondere e turbare la Chiesa Romana contro questo statuto, sia condannato a perpetuo anatema e scomunica e sia considerato tra gli empi che non risorgeranno nel Giudizio; senta contro di sé l’ira dell'Onnipotente, del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo, e in questa vita e in quella futura esperimenti il furore dei santi apostoli Pietro e Paolo, la cui Chiesa egli presunse sconvolgere; la sua casa sita deserta e nessuno abiti nelle sue tende; i suoi Figli sian orfani e sua moglie vedova; venga scacciato nello spavento lui e i suoi figli e mendichino e siano respinti dalle loro case; l’usuraio si impadronisca della sua sostanza e stranieri approfittino dei frutto delle sue fatiche; tutta la terra combatta contro di lui e gli elementi gli siano avversi e i meriti di tutti i santi defunti lo confondano e mostrino aperta vendetta su di lui in questa vita.

La grazia di Dio Onnipotente protegge coloro che osserveranno questo decreto e per l'autorità dei santi apostoli Pietro e Paolo li assolva da ogni peccato.

Io, Niccolò, vescovo della Santa Chiesa Cattolica Apostolica Romana, ho firmato questo decreto da noi promulgato come sopra si legge. Bonifacio, per grazia di Dio vescovo di Albano, ho firmato. Umberto, vescovo della Santa Chiesa di Silva Candida, ho firmato. Pietro, vescovo di Ostia, ho firmato, ed altri vescovi, in numero di settantasei, unitamente al presbiteri e diaconi, hanno firmato".

Dato nella Basilica Lateranese, 12 aprile 1059






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Bolla "Dictatus Papae"
sui diritti della Santa Sede - san Gregorio VII


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1075

1) Che la Chiesa Romana è fondata da Dio solo.

2) Che soltanto il Pontefice Romano è a buon diritto chiamato universale.

3) Che Egli solo può deporre o ristabilire i Vescovi.

4) Che un suo messo, anche se inferiore di grado, in concilio è al di sopra di tutti i vescovi, e può pronunziare sentenza di deposizione contro di loro.

5) Che il Papa può deporre gli assenti.

6) Che non dobbiamo aver comunione o rimanere nella stessa casa con coloro che sono stati scomunicati da lui.

7) Che a lui solo è lecito promulgare nuove leggi in rapporto alle necessità del tempo, fare nuove congregazioni rendere abbazia una canonica e viceversa, dividere un episcopato ricco e unire quelli poveri.

8) Che luì solo può usare le insegne imperiali.

9) Che tutti i principi devono baciare i piedi soltanto al Papa.

10) Che il suo nome deve esser recitato in chiesa.

11) Che il suo titolo è unico al mondo.

12) Che gli è lecito deporre l'imperatore.

13) Che gli è lecito, secondo la necessità, spostare i vescovi di sede in sede.

14) Che ha il potere di ordinare un chierico da qualsiasi chiesa, per il luogo che voglia.

15) Che colui che è stato ordinato da lui può essere a capo di un'altra chiesa, ma non sottoposto, e che da nessun vescovo può ottenere un grado superiore.

16) Che nessun sinodo può esser chiamato generale, se non comandato da lui.

17) Che nessun articolo o libro può esser chiamato canonico senza la sua autorizzazione.

18) Che nessuno deve revocare la sua parola e che egli solo lo può fare.

19) Che nessuno lo può giudicare.

20) Che nessuno osi condannare chi si appella alla Santa Sede.

21) Che le cause di maggior importanza di qualsiasi chiesa, debbono esser rimesse al suo giudizio.

22) Che la Chiesa Romana non errò e non errerà mai e ciò secondo la testimonianza delle Sacre Scritture.

23) Che il Pontefice Romano, se ordinato dopo elezione canonica, è indubitabilmente santificato dai meriti del beato Pietro; ce lo testimonia sant’Ennodio, vescovo di Pavia, col consenso di molti Santi Padri, come è scritto nei decreti del beato Simmaco papa.

24) Che ai subordinati è lecito fare accuse dietro suo ordine e permesso.

25) Che può deporre e ristabilire i vescovi anche senza riunione sinodale.

26) Che non dev'essere considerato cattolico chi non è d'accordo con la Chiesa Romana.

27) Che il Pontefice può sciogliere i sudditi dalla fedeltà verso gli iniqui.


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Bolla "Per grazia della divina misericordia"
al diletto figlio in Cristo Arnolfo Vescovo di Mileto, e ai suoi successori in occasione dell’erezione della Chiesa di Mileto a Vescovado - san Gregorio VII


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Per grazia della divina misericordia, a tal fine abbiamo assunto la curia della Chiesa universale e portiamo la sollecitudine del governo Apostolico, perché con attenta benevolenza assecondiamo le giuste aspirazioni dei supplicanti, e siano munite di perpetua stabilità, con la sanzione di un nostro decreto, quelle cose che giustamente si desidera siano corroborate con l’autorità Apostolica.

Pertanto, giacché la chiesa di Bivona, purtroppo deserta di abitanti per punizione dei peccati, già sede vescovile e ora, per la sua desolazione sembrava sconveniente e abbastanza inopportuno che godesse del titolo vescovile, e ora a richiesta del nostro figlio Ruggiero, glorioso Conte, e per consiglio di uomini religiosi, abbiamo concesso che si facesse il trasferimento della sede da quella alla chiesa di Mileto, e abbiamo consacrato te, costituendoti Vescovo per grazia di Dio, aggiungendo pure, a maggior decoro della tua chiesa, che, come tu sei stato consacrato a noi, cosi i tuoi successori dovessero essere sempre ordinati dal Romano Pontefice.

A perpetua stabilità di questa chiesa Miletese, e a confermare in essa la dignità di sede episcopale, stabiliamo dunque che essa sia libera in futuro dalla giurisdizione di quella chiesa di Bivona, a cui finora fu soggetta; e abbiamo voluto e deliberato che tutte le competenze che a quella erano dovute nell’ordinamento ecclesiastico, o per onere o per diritto, fossero conservate in perpetuo, assegnandole a questa virtù del presente privilegio.

Inoltre, a petizione della tua fraternità che le competenze del tuo Vescovato di nuova costituzione fossero garantite con presidio della protezione Apostolica dalle temerarie molestie di chiunque, con la nostra Apostolica autorità, comandiamo e proibiamo che nessun re o imperatore, o Vescovo alcuno di qualsiasi titolo o pretesto, osi ridurre, sottrarre o applicare a suo beneficio, o concedere ad altri, per qualsiasi motivo a scusa della sua avarizia, alcunché di quanto è pervenuto alla detta venerabile sede dei brani appartenenti a quella precedente chiesa, o di quelli che sono stati donati successivamente dal predetto figlio Ruggero, o da qualsiasi altra persona di propria iniziativa, o per grazia di Dio saranno concessi in futuro; ma vogliamo che tutto quello che comunque perverrà o capiterà di venir donato, tanto da te quanto da coloro che succederanno nel tuo ufficio e al tuo posto, sia posseduto perennemente integro e senza alcuna molestia, per servire a vantaggio e ad uso di coloro al cui sostentamento e rimunerazione è stato in qualsiasi maniera concesso.

Se alcuno, re, sacerdote, chierico, giudice, o persona secolare, pur conoscendo il tenore di questa nostra costituzione, avrà tentato con temerario ardire andare contro di essa, ammonito una prima, una seconda e una terza volta con congrue dilazioni, se non si sarà ritratto e non avrà soddisfatto alla predetta chiesa, sia privato della sua carica, onore e dignità, e sappia che diventa reo di giudizio divino per il reato perpetrato, e se non avrà restituito ciò che avrà mal tolto, e non avrà espiato con congrua penitenza quanto illecitamente operato, sia separato dal santissimo corpo e sangue del Signore nostro Gesù Cristo, e sia soggetto all’inesorabile vendetta nell’eterno giudizio. A tutti quelli, invece, che rispetteranno la giustizia verso la detta sede, la pace del Signore nostro Gesù Cristo, e godano il frutto della buona azione di questa vita, e trovino il premio della pace eterna presso l’inesorabile giudice. La tua misericordia, o Signore, al di sopra di tutte le tue opere.

Dato presso il Laterano; il giorno 4 febbraio, per mano di Pietro Cardinale Prete di S.R.C. e Bibliotecario, anno ottavo del Signor (nostro) Gregorio VII Papa, indizione terza.





Fraternamente CaterinaLD

"Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
(fr. Carlos Alfonso Azpiroz Costa OP
Maestro dell’Ordine)
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