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« AETATIS NOVAE» Istruzione Pastorale sulle Comunicazioni Sociali del 1992

Ultimo Aggiornamento: 29/10/2009 15:28
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26/10/2009 19:17
 
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PONTIFICIO CONSIGLIO DELLE COMUNICAZIONI SOCIALI

Istruzione Pastorale
« AETATIS NOVAE»
sulle Comunicazioni Sociali
nel 20° Anniversario della
Communio et Progressio

Introduzione

UNA RIVOLUZIONE NELLA COMUNICAZIONE

1. All'approssimarsi di una nuova era, la comunicazione conosce una considerevole espansione che influenza profondamente le culture del mondo nel suo insieme. Le rivoluzioni tecnologiche rappresentano solo un aspetto di questo fenomeno. Non c'è luogo in cui l'impatto dei media non si faccia sentire sugli atteggiamenti religiosi e morali, sui sistemi politici e sociali, sull'educazione.

Nessuno ignora, per esempio, il ruolo della comunicazione, che le frontiere geografiche e politiche non hanno potuto arrestare, nei capovolgimenti che si sono verificati nel corso degli anni 1989 e 1990, e di cui il Papa ha sottolineato la portata storica. (1)

"Il primo areopago del tempo moderno è il mondo della comunicazione, che sta unificando l'umanità, rendendola - come si suol dire - " un villaggio globale ". I mezzi di comunicazione sociale hanno raggiunto una tale importanza da essere per molti il principale strumento informativo e formativo, di guida e di ispirazione per i comportamenti individuali, familiari, sociali. (2)

Più di un quarto di secolo dopo la promulgazione del Decreto del Concilio Vaticano II sulle comunicazioni sociali, Inter mirifica, e due decenni dopo l'Istruzione pastorale Communio et progressio, il Pontificio Consiglio delle Comunicazioni Sociali desidera riflettere sulle conseguenze pastorali di questa nuova situazione. Lo fa nello spirito della conclusione di Communio et progressio: "Il Popolo di Dio, avanzando nei tempi in cui si svolge la storia umana, ... già scorge con immensa fiducia e caldo amore le meraviglie che a piene mani gli promette la già iniziata epoca spaziale della comunicazione sociale ". (3)

Ritenendo che i principi e le idee di questi documenti conciliari e postconciliari abbiano valore durevole, desideriamo applicarli al contesto attuale. Non pretendiamo di pronunciare parole definitive su una situazione complessa, in movimento e in continua evoluzione ma soltanto offrire uno strumento di lavoro e degli incoraggiamenti a coloro, uomini e donne, che si trovano di fronte alle conseguenze pastorali di queste nuove realtà.

2. Durante gli anni successivi alla pubblicazione di Inter mirifica e di Communio et progressio, ci si è abituati ad espressioni come "società di informazione", "cultura dei media" e "generazione dei media". Questo tipo di espressione è da mettere in evidenza: essa sottolinea che ciò che gli uomini e le donne dei nostri tempi sanno e pensano della vita è in parte condizionato dai media; l'esperienza umana in quanto tale è diventata una esperienza mediatica.

Gli ultimi decenni sono stati anche teatro di spettacolari novità nel campo delle tecnologie della comunicazione. Ciò ha comportato sia una rapida evoluzione delle vecchie tecnologie, sia la comparsa di nuove tecnologie della comunicazione tra le quali figurano i satelliti, la televisione via cavo, le fibre ottiche, le videocassette, i compact disc, la creazione di immagini con il calcolatore ed altre tecnologie digitali ed informatiche. L'utilizzazione di nuovi media ha dato origine a ciò che si è potuto chiamare "nuovi linguaggi", ed ha suscitato, da un lato, ulteriori possibilità per la missione della Chiesa, e dall'altro, nuovi problemi pastorali.

3. In questo contesto, incoraggiamo i Pastori e il Popolo di Dio ad approfondire il senso di tutto ciò che attiene alla comunicazione ed ai media, ed a tradurlo in progetti concreti e realizzabili.

"I Padri del Concilio, nel guardare al futuro e nel cercare di discernere il contesto nel quale la Chiesa sarebbe stata chiamata a compiere la sua missione, poterono chiaramente vedere che il progresso della tecnologia stava già "trasformando la faccia della terra" arrivando perfino a conquistare lo spazio (cf Gaudium et spes, n. 5). Essi riconobbero che gli sviluppi nella tecnologia delle comunicazioni, in particolare, erano di proporzioni tali da provocare reazioni a catena con conseguenze inattese". (4)

"Lungi dal suggerire che la Chiesa debba mantenersi a distanza o cercare di isolarsi dal flusso di questi eventi, i Padri conciliari videro la Chiesa essere nel cuore del progresso umano, partecipe delle esperienze del resto dell'umanità, per cercare di capirle ed interpretarle alla luce della fede. E proprio dei fedeli del Popolo di Dio il compito di fare uso creativo delle nuove scoperte e tecnologie per il bene dell'umanità e la realizzazione del disegno di Dio per il mondo ... perché le potenzialità "dell'era del computer" siano utilizzate al servizio della vocazione umana e trascendente dell'uomo, così da glorificare il Padre dal quale hanno origine tutte le cose buone". (5)

Teniamo ad esprimere la nostra riconoscenza nei confronti di tutti coloro che hanno permesso la costituzione nella Chiesa di una rete creativa di comunicazione. A dispetto delle difficoltà - dovute alle risorse limitate, agli ostacoli posti talvolta alla Chiesa nel suo accesso ai media, al rimodellamento costante della cultura, dei valori e degli atteggiamenti provocato dalla onnipresenza dei media - molto è già stato fatto e continua ad esserlo. I vescovi, il clero, i religiosi e i laici che si consacrano a questo apostolato fondamentale meritano la gratitudine di tutti.

Occorre anche che esprimiamo la nostra soddisfazione sia per tutti quegli sforzi positivi di collaborazione ecumenica nel campo dei media in cui sono implicati dei cattolici e i loro fratelli e sorelle di altre Chiese e Comunità ecclesiali, sia per la collaborazione inter-religiosa con i membri delle altre religioni dell'umanità. E non solo auspicabile ma necessario "impegnare i cristiani ad unirsi ancor più strettamente nella loro azione di comunicazione e ad accordarsi più direttamente con le altre religioni dell'umanità in vista di una comune presenza nelle comunicazioni" (6)


I

CONTESTO DELLE COMUNICAZIONI SOCIALI

A. Contesto culturale e sociale

4. Lo sconvolgimento che si verifica oggi nella comunicazione presuppone, più che una semplice rivoluzione tecnologica, il rimaneggiamento completo di ciò attraverso cui l'umanità apprende il mondo che la circonda, e ne verifica ed esprime la percezione. La disponibilità costante di immagini e di idee, così come la loro rapida trasmissione, anche da un continente all'altro, hanno delle conseguenze, positive e negative insieme, sullo sviluppo psicologico, morale e sociale delle persone, sulla struttura e sul funzionamento delle società, sugli scambi fra una cultura e l'altra, sulla percezione e la trasmissione dei valori, sulle idee del mondo, sulle ideologie e le convinzioni religiose. La rivoluzione della comunicazione influisce anche sulla percezione che si può avere della Chiesa e contribuisce a modellarne le strutture e il loro funzionamento.

Tutto ciò ha importanti conseguenze pastorali. Si può, infatti, ricorrere ai media, tanto per proclamare il Vangelo, quanto per allontanarlo dal cuore dell'uomo. L'intrecciarsi sempre più serrato dei media nella vita quotidiana influenza la comprensione che si può avere del senso della vita.

I media hanno la capacità di pesare non solo sulle modalità, ma anche sui contenuti del pensiero. Per molte persone, la realtà corrisponde a ciò che i media definiscono come tale; ciò che i media non riconoscono esplicitamente appare insignificante. Il silenzio può anche essere imposto de facto a individui o a gruppi che i media ignorano; la voce del Vangelo può, così anch'essa, ritrovarsi ridotta al silenzio, senza essere tuttavia interamente soffocata.

E' dunque importante che i cristiani siano capaci di fornire un'informazione che "crea le notizie", dando la parola a coloro che non hanno voce.

Il potere che hanno i media di rafforzare o di distruggere i punti di riferimento tradizionali in materia di religione, di cultura e di famiglia sottolinea bene la pertinente attualità delle parole del Concilio: "Per usare rettamente questi strumenti è assolutamente necessario che coloro i quali se ne servono conoscano le norme della legge morale e le osservino fedelmente in questo settore". (7)

B. Contesto politico ed economico

5. Le strutture economiche delle nazioni sono fortemente dipendenti dai sistemi di comunicazione contemporanei. Si ritiene generalmente necessario allo sviluppo economico e politico che lo Stato investa in una efficace infrastruttura di comunicazioni. Il rialzo del costo di questo investimento ha d'altronde costituito un fattore di primaria importanza che ha indotto i governi di numerosi Paesi ad adottare politiche tendenti ad aumentare la concorrenza.

E' in particolare per questa ragione che, in molti casi, i sistemi pubblici di telecomunicazioni e di diffusione sono stati sottoposti a delle politiche di deregolamentazione e di privatizzazione.

Così come il cattivo uso del servizio pubblico può portare alla manipolazione ideologica e politica, ugualmente la commercializzazione non regolamentata e la privatizzazione della diffusione hanno profonde conseguenze. In pratica, e spesso in modo ufficiale, la responsabilità pubblica dell'emittenza si trova svalutata. E' in funzione del profitto, e non del servizio, che si tende a valutare il suo successo. I motivi di profitto e gli interessi dei pubblicitari esercitano una influenza anormale sul contenuto dei media: si preferisce la popolarità alla qualità e ci si allinea sul denominatore comune più piccolo. I pubblicitari oltrepassano il loro ruolo legittimo, consistente nell'identificare i bisogni reali e nel rispondervi, e, spinti da motivi di mercato, si sforzano di creare bisogni e modelli artificiali di consumo.

Le pressioni commerciali si esercitano anche al di là delle frontiere nazionali, a spese di alcuni popoli e della loro cultura. Di fronte all'aumento della concorrenza ed alla necessità di trovare nuovi mercati, le imprese di comunicazioni rivestono un carattere sempre più "multinazionale"; nello stesso tempo la mancanza di possibilità locali di produzione rende alcuni Paesi più dipendenti dalle nazioni straniere. E' così che le realizzazioni di certi media popolari, caratteristici di una cultura, si diffondono in un'altra cultura, spesso a detrimento delle forme artistiche e mediatiche che vi si trovano e dei valori che esse contengono.

La soluzione dei problemi nati da questa commercializzazione e da questa privatizzazione non regolamentate non consiste tuttavia in un controllo dello Stato sui media, ma in una regolamentazione più importante, conforme alle norme del servizio pubblico, così come in una maggiore responsabilità pubblica. Bisogna sottolineare a questo proposito che, se i quadri di riferimento giuridico e politico all'interno dei quali funzionano i media di alcuni Paesi sono attualmente in netto miglioramento, vi sono altri luoghi in cui l'intervento governativo rimane uno strumento d'oppressione e di esclusione.


continua............................

Fraternamente CaterinaLD

"Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
(fr. Carlos Alfonso Azpiroz Costa OP
Maestro dell’Ordine)
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