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Maria Assunta in Cielo ED IMMACOLATA (il culto mariano, la dottrina il dogma)

Ultimo Aggiornamento: 21/08/2013 14:32
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15/08/2010 12:14
 
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Dormizione, Assunzione della Vergine


L’Assunzione della Vergine esprime in modo mirabile l’adagio patristico diffusosi a partire da Ireneo di Lione, nel II secolo: “Dio si è fatto uomo perché l’uomo possa diventare Dio”. Diventare Dio: cioè un vivente la cui vita non ha limiti, una vita liberata dal male e dalla morte. Per descrivere con maggior chiarezza questa festa, accosterò l’una all’altra due icone: quella della Vergine con il bambino e quella della Dormizione-Assunzione (più avanti spiegherò questi due termini).

Nella prima è la madre a reggere e proteggere il bambino, e a volte, come nella “Vergine della tenerezza”, essa appoggia il proprio volto al volto minuto del Figlio. Maria, a nome di tutta l’umanità, accoglie Dio. Prima assunzione: quella della divinità da parte dell’umanità.

Nella seconda icona, avviene esattamente il contrario: la madre è morta; le sue spoglie, nera crisalide, sbarrano orizzontalmente la composizione; ma lo spazio della morte si apre, appare Cristo, vittorioso, verticale di luce che fa dell’icona una croce di gloria. Egli prende tra le braccia l’anima non disincarnata di sua madre, rappresentata come una bambina che porta a compimento la sua nascita nel regno. E in alcune icone, Gesù stringe al proprio volto il volto di questa donna bambina: germe e anticipazione della trasfigurazione di tutto il creato. Seconda assunzione, questa volta dell’umano da parte del divino. [v.a destra l'Icona di Novgorod, XIII secolo]

La Chiesa, infatti, maturò presto l’intuizione secondo cui il corpo di Maria, prodigiosamente “consustanziale” a quello del Risorto, non era possibile che fosse rimasto prigioniero della morte. Così, al Dio fatto uomo corrisponde l’uomo deificato, e il primo essere umano presente, anima e corpo, nella gloria divina è la “Donna vestita di sole” di cui parla l’Apocalisse.

Maria si trova ormai al di là della morte e del giudizio, in quella luce che le Scritture chiamano “regno di Dio”; e tuttavia umana, infinitamente materna, ella rimane totalmente rivolta verso gli uomini, verso le loro sofferenze, verso il pellegrinaggio compiuto così spesso a tastoni dalla chiesa, e prima ancora dalla chiesa mistica che ingloba l’intera umanità e tutto quanto il cosmo. Nella grande spiritualità della chiesa antica, come pure in molte leggende popolari, Maria è colei che pronuncia sull’inferno – anche sul nostro inferno interiore – la preghiera per la salvezza universale.

I testi delle omelie orientali associano, a partire dal V secolo, la Dormizione di Maria – vale a dire una morte pacifica, in cui l’anima entra nella pace – e la sua Assunzione corporale – l’anima ricongiunta al corpo nell’unità della persona (come avverrà a ciascuno di noi), ormai elevata al cielo, letteralmente sollevata dallo slancio “risurrezionale” del Cristo –.

Parecchie leggende, ricche peraltro di significato, si sono sedimentate nelle più antiche liturgie. Mentre Maria viene avvisata della sua morte da un angelo, gli apostoli, dispersi lontano da lei, le sono miracolosamente trasportati accanto. Lei li consola, li benedice, prega per la pace del mondo, e muore. Essi la seppelliscono nel Getsemani. Dopo tre giorni, Maria appare loro mentre stanno celebrando l’eucarestia, e gli apostoli trovano la sua tomba vuota.

Celebrata originariamente in ricordo di una “stazione” (così si faceva la liturgia, di stazione in stazione) ubicata nei pressi di Betlemme e dove la Vergine si sarebbe riposata, l’Assunzione veniva festeggiata in Oriente come in Occidente nel mese di gennaio. La festa estesa all’impero bizantino intorno all’anno 600, giunse in Occidente quarant’anni più tardi, grazie a papa Teodoro I, il quale proveniva dal clero di Gerusalemme.

Nel 1950, Pio XII proclamò con tutte le solennità che si addicono ad un dogma che l’“immacolata Madre di Dio, la sempre Vergine Maria, dopo aver terminato il corso della sua vita terrena, è stata elevata in corpo e anima alla gloria celeste”. La chiesa ortodossa, che si prepara a questa festa con un digiuno di quindici giorni, non ha avvertito la necessità di un simile dogma; nessun ortodosso, infatti, contesta il mistero della dormizione-assunzione proclamato dai testi liturgici dell’ortodossia: “Ella è la Madre della vita, e colui che aveva abitato il suo seno verginale l’ha trasferita alla vita… Ogni figlio della terra trasalga nel suo spirito e celebri con gioia la venerabile assunzione della Madre di Dio”. Si aggiunga che in oriente la venerazione mariana è al tempo stesso onnipresente e assai discreta, quasi iniziatica, poiché dipendente non tanto dall’annuncio della risurrezione di Cristo, quanto dalla ricezione di tale annuncio.

La differenza tra l’oriente e l’occidente è che per il primo Maria doveva passare, in Cristo, attraverso una morte e resurrezione reali, mentre per il secondo il dogma dell’Immacolata Concezione rende dubbia la sua morte: su questo punto il dogma del 1950 non si pronuncia. Si tratta di una semplice disputa terminologica? Ciò che è in gioco sono due approcci parzialmente differenti al tema del “peccato originale” e della sua trasmissione? Oppure il problema è un altro?

In realtà, sia per l’oriente che per l’occidente, l’assunzione è un segno delle cose ultime. In Maria, “figlia del proprio Figlio”, dice Dante, ci è data un’anticipazione della glorificazione di tutto l’universo che avverrà alla fine dei tempi, quando Dio sarà “tutto in tutti”, “tutto in ogni cosa”.

Innalzata al cielo – a differenza di Cristo che si innalza da se stesso – Maria, dicono certi testi liturgici, è la nostra “Terra promessa”. La dormizione-assunzione anticipa la parusìa, e non è affatto un caso che nei grandi affreschi che impreziosiscono i muri esterni delle chiese monastiche moldave, il tronco di Iesse divenga un immenso, cosmico roveto ardente.

L’ Assunzione anticipa e prepara il nostro comune destino. Nel corpo della Vergine, sepolto simbolicamente dagli apostoli (richiamo della pentecoste) nel Getsemani (richiamo della passione, unica fonte della nostra salvezza), in quel corpo portato verso la luce originaria e terminale, tutto il creato è assunto dall’Increato, tutta la carne della terra diventa eucaristia. Come Giovanni Damasceno, allora, anche noi possiamo dire: “Rallegrati, germe divino della terra, giardino in cui fu posto l’Albero della vita!”
Da “Le feste cristiane” di Olivier Clément.

E che la Regina del Cielo pieghi il suo sguardo su di noi e sussurri al Cuore del Suo Figlio la nostra preghiera, come a Cana. Perché venga il Suo Regno.


Ulteriori approfondimenti li trovate qui:

Per Ferragosto ricordiamo che è la Festa di Maria Assunta in Cielo

e qui la Preghiera

Sanctum Rosarium in latino..... con la Meditazione del Mistero


                                          Pope Benedict XVI delivers a speech during a mass in the St. Thomas church near his summer residence in Castelgandolfo, 40 kms south east of Rome, before his weekly Angelus prayer on August 15, 2010.

SANTA MESSA NELLA SOLENNITÀ DELL’ASSUNZIONE DELLA BEATA VERGINE MARIA, 15.08.2010

Alle ore 8.00 di oggi, Solennità dell’Assunzione della Beata Vergine Maria, il Santo Padre Benedetto XVI ha celebrato la Santa Messa nella parrocchia pontificia di "San Tommaso da Villanova" a Castel Gandolfo.
Nel corso della Celebrazione Eucaristica, il Papa ha pronunciato l’omelia che riportiamo di seguito
:

OMELIA DEL SANTO PADRE

Eminenza, Eccellenza, Autorità,
Cari fratelli e sorelle
,

oggi la Chiesa celebra una delle più importanti feste dell’anno liturgico dedicate a Maria Santissima: l’Assunzione. Al termine della sua vita terrena, Maria è stata portata in anima e corpo nel Cielo, cioè nella gloria della vita eterna, nella piena e perfetta comunione con Dio.
Quest’anno ricorre il sessantesimo anniversario da quando il Venerabile Papa Pio XII, il 1° novembre 1950, definì solennemente questo dogma, e vorrei leggere – anche se è un po’ complicato – la forma della dogmatizzazione. Dice il Papa: «in tal modo l’augusta Madre di Dio, arcanamente unita a Gesù Cristo fin da tutta l’eternità con uno stesso decreto di predestinazione, Immacolata nella sua Concezione, Vergine illibata nella sua divina maternità, generosa Socia del Divino Redentore, che ha riportato un pieno trionfo sul peccato e sulle sue conseguenze, alla fine, come supremo coronamento dei suoi privilegi, ottenne di essere preservata dalla corruzione del sepolcro e, vinta la morte, come già il suo Figlio, di essere innalzata in anima e corpo alla gloria del Cielo, dove risplende Regina alla destra del Figlio suo, Re immortale dei secoli» (Cost. ap. Munificentissimus Deus, AAS 42 (1950), 768-769).

Questo, quindi, è il nucleo della nostra fede nell’Assunzione: noi crediamo che Maria, come Cristo suo Figlio, ha già vinto la morte e trionfa già nella gloria celeste nella totalità del suo essere, «in anima e corpo».

San Paolo, nella seconda lettura di oggi, ci aiuta a gettare un po’ di luce su questo mistero partendo dal fatto centrale della storia umana e della nostra fede: il fatto, cioè, della risurrezione di Cristo, che è «la primizia di coloro che sono morti». Immersi nel Suo Mistero pasquale, noi siamo resi partecipi della sua vittoria sul peccato e sulla morte. Qui sta il segreto sorprendente e la realtà chiave dell’intera vicenda umana. San Paolo ci dice che tutti siamo «incorporati» in Adamo, il primo e vecchio uomo, tutti abbiamo la stessa eredità umana alla quale appartiene: la sofferenza, la morte, il peccato. Ma a questa realtà che noi tutti possiamo vedere e vivere ogni giorno aggiunge una cosa nuova: noi siamo non solo in questa eredità dell’unico essere umano, incominciato con Adamo, ma siamo «incorporati» anche nel nuovo uomo, in Cristo risorto, e così la vita della Risurrezione è già presente in noi. Quindi, questa prima «incorporazione» biologica è incorporazione nella morte, incorporazione che genera la morte. La seconda, nuova, che ci è donata nel Battesimo, è ««incorporazione» che da la vita. Cito ancora la seconda Lettura di oggi; dice San Paolo: «Perché, se per mezzo di un uomo venne la morte, per mezzo di un uomo verrà anche la risurrezione dei morti. Come infatti in Adamo tutti muoiono, così in Cristo tutti riceveranno la vita. Ognuno però al suo posto: prima Cristo, che è la primizia; poi, alla sua venuta, quelli che sono di Cristo. » (1Cor 15, 21-24).

Ora, ciò che san Paolo afferma di tutti gli uomini, la Chiesa, nel suo Magistero infallibile, lo dice di Maria, in un modo e senso precisi: la Madre di Dio viene inserita a tal punto nel Mistero di Cristo da essere partecipe della Risurrezione del suo Figlio con tutta se stessa già al termine della vita terrena; vive quello che noi attendiamo alla fine dei tempi quando sarà annientato «l’ultimo nemico», la morte (cfr 1Cor 15, 26); vive già quello che proclamiamo nel Credo «Aspetto la risurrezione dei morti e la vita del mondo che verrà».

Allora ci possiamo chiedere: quali sono le radici di questa vittoria sulla morte prodigiosamente anticipata in Maria?

                            Pope Benedict XVI delivers a speech during a mass in the St. Thomas church near his summer residence in Castelgandolfo, 40 kms south east of Rome, before his weekly Angelus prayer on August 15, 2010.

Le radici stanno nella fede della Vergine di Nazareth, come testimonia il brano del Vangelo che abbiamo ascoltato (Lc 1,39-56): una fede che è obbedienza alla Parola di Dio e abbandono totale all’iniziativa e all’azione divina, secondo quanto le annuncia l’Arcangelo. La fede, dunque, è la grandezza di Maria, come proclama gioiosamente Elisabetta: Maria è «benedetta fra le donne», «benedetto è il frutto del suo grembo» perché è «la madre del Signore», perché crede e vive in maniera unica la «prima» delle beatitudini, la beatitudine della fede. Elisabetta lo confessa nella gioia sua e del bambino che le sussulta in grembo: «E beata colei che ha creduto nell’adempimento di ciò che il Signore le ha detto» (v. 45).

Cari amici! Non ci limitiamo ad ammirare Maria nel suo destino di gloria, come una persona molto lontana da noi: no! Siamo chiamati a guardare quanto il Signore, nel suo amore, ha voluto anche per noi, per il nostro destino finale: vivere tramite la fede nella comunione perfetta di amore con Lui e così vivere veramente.

A questo riguardo, vorrei soffermarmi su un aspetto dell’affermazione dogmatica, là dove si parla di assunzione alla gloria celeste.

Noi tutti oggi siamo ben consapevoli che col termine «cielo» non ci riferiamo ad un qualche luogo dell’universo, a una stella o a qualcosa di simile: no. Ci riferiamo a qualcosa di molto più grande e difficile da definire con i nostri limitati concetti umani. Con questo termine «cielo» vogliamo affermare che Dio, il Dio fattosi vicino a noi non ci abbandona neppure nella e oltre la morte, ma ha un posto per noi e ci dona l’eternità; vogliamo affermare che in Dio c’è un posto per noi.

Per comprendere un po’ di più questa realtà guardiamo alla nostra stessa vita: noi tutti sperimentiamo che una persona, quando è morta, continua a sussistere in qualche modo nella memoria e nel cuore di coloro che l’hanno conosciuta ed amata.

Potremmo dire che in essi continua a vivere una parte di questa persona, ma è come un’«ombra» perché anche questa sopravvivenza nel cuore dei propri cari è destinata a finire. Dio invece non passa mai e noi tutti esistiamo in forza del Suo amore. Esistiamo perché egli ci ama, perché egli ci ha pensati e ci ha chiamati alla vita. Esistiamo nei pensieri e nell’amore di Dio. Esistiamo in tutta la nostra realtà, non solo nella nostra «ombra». La nostra serenità, la nostra speranza, la nostra pace si fondano proprio su questo: in Dio, nel Suo pensiero e nel Suo amore, non sopravvive soltanto un’«ombra» di noi stessi, ma in Lui, nel suo amore creatore, noi siamo custoditi e introdotti con tutta la nostra vita, con tutto il nostro essere nell’eternità.

È il suo Amore che vince la morte e ci dona l’eternità, ed è questo amore che chiamiamo «cielo»: Dio è così grande da avere posto anche per noi. E l’uomo Gesù, che è al tempo stesso Dio, è per noi la garanzia che essere-uomo ed essere-Dio possono esistere e vivere eternamente l’uno nell’altro. Questo vuol dire che di ciascuno di noi non continuerà ad esistere solo una parte che ci viene, per così dire, strappata, mentre altre vanno in rovina; vuol dire piuttosto che Dio conosce ed ama tutto l’uomo, ciò che noi siamo. E Dio accoglie nella Sua eternità ciò che ora, nella nostra vita, fatta di sofferenza e amore, di speranza, di gioia e di tristezza, cresce e diviene. Tutto l’uomo, tutta la sua vita viene presa da Dio ed in Lui purificata riceve l’eternità.

Cari Amici! Io penso che questa sia una verità che ci deve riempire di gioia profonda. Il Cristianesimo non annuncia solo una qualche salvezza dell’anima in un impreciso al di là, nel quale tutto ciò che in questo mondo ci è stato prezioso e caro verrebbe cancellato, ma promette la vita eterna, «la vita del mondo che verrà»: niente di ciò che ci è prezioso e caro andrà in rovina, ma troverà pienezza in Dio.

Tutti i capelli del nostro capo sono contati, disse un giorno Gesù (cfr Mt 10,30). Il mondo definitivo sarà il compimento anche di questa terra, come afferma san Paolo: «la creazione stessa sarà liberata dalla schiavitù della corruzione per entrare nella libertà della gloria dei figli di Dio» (Rm 8,21). Allora si comprende come il cristianesimo doni una speranza forte in un futuro luminoso ed apra la strada verso la realizzazione di questo futuro. Noi siamo chiamati, proprio come cristiani, ad edificare questo mondo nuovo, a lavorare affinché diventi un giorno il «mondo di Dio», un mondo che sorpasserà tutto ciò che noi stessi potremmo costruire. In Maria Assunta in cielo, pienamente partecipe della Risurrezione del Figlio, noi contempliamo la realizzazione della creatura umana secondo il «mondo di Dio».

Preghiamo il Signore affinché ci faccia comprendere quanto è preziosa ai Suo occhi tutta la nostra vita; rafforzi la nostra fede nella vita eterna; ci renda uomini della speranza, che operano per costruire un mondo aperto a Dio, uomini pieni di gioia, che sanno scorgere la bellezza del mondo futuro in mezzo agli affanni della vita quotidiana e in tale certezza vivono, credono e sperano.

Amen!

                                           Pope Benedict XVI greets pilgrims gathered in front of St. Thomas church near his summer residence in Castelgandolfo, 40 kms south east of Rome, at the end of his weekly Angelus mass on August 15, 2010.

                                   Pope Benedict XVI greets a child gathered in front of St. Thomas church near his summer residence in Castelgandolfo, 40 kms south east of Rome, after his weekly Angelus mass on August 15, 2010.



A mezzogiorno il Papa ha presieduto la preghiera dell’Angelus nel cortile del Palazzo Apostolico di Castel Gandolfo. Ecco le sue parole:
Cari fratelli e sorelle,
oggi, nella solennità dell’Assunzione al Cielo della Madre di Dio, celebriamo il passaggio dalla condizione terrena alla beatitudine celeste di Colei che ha generato nella carne e accolto nella fede il Signore della Vita. La venerazione verso la Vergine Maria accompagna fin dagli inizi il cammino della Chiesa e già a partire dal IV secolo appaiono feste mariane: in alcune viene esaltato il ruolo della Vergine nella storia della salvezza, in altre vengono celebrati i momenti principali della sua esistenza terrena. Il significato dell’odierna festa è contenuto nelle parole conclusive della definizione dogmatica, promulgata dal Venerabile Pio XII il 1° novembre 1950 e di cui quest’anno ricorre il 60° anniversario: «L'Immacolata sempre Vergine Maria, Madre di Dio, terminato il corso della vita terrena, fu assunta alla gloria celeste in anima e corpo» (Cost. ap. Munificentissimus Deus, AAS 42 [1950], 770).
Artisti d’ogni epoca hanno dipinto e scolpito la santità della Madre del Signore adornando chiese e santuari. Poeti, scrittori e musicisti hanno tributato onore alla Vergine con inni e canti liturgici. Da Oriente a Occidente la Tuttasanta è invocata Madre celeste, che sostiene il Figlio di Dio fra le braccia e sotto la cui protezione trova rifugio tutta l’umanità, con l’antichissima preghiera: “Sotto la tua protezione cerchiamo rifugio, Santa Madre di Dio: non disprezzare le suppliche di noi che siamo nella prova, ma liberaci da ogni pericolo, o Vergine gloriosa e benedetta”.
E nel Vangelo dell’odierna solennità, san Luca descrive il compiersi della salvezza attraverso la Vergine Maria. Ella, nel cui grembo si è fatto piccolo l’Onnipotente, dopo l’annuncio dell’Angelo, senza alcun indugio, si reca in fretta dalla parente Elisabetta per portarle il Salvatore del mondo. E, infatti, «appena Elisabetta ebbe udito il saluto di Maria, il bambino sussultò nel suo grembo … [e] fu colmata di Spirito Santo» (Lc 1,41); riconobbe la Madre di Dio in «colei che ha creduto nell’adempimento di ciò che il Signore ha detto» (Lc 1,45). Le due donne, che attendevano il compimento delle promesse divine, pregustano, ora, la gioia della venuta del Regno di Dio, la gioia della salvezza.
Cari fratelli e sorelle, affidiamoci a Colei che - come afferma il Servo di Dio Paolo VI - «assunta in cielo, non ha deposto la sua missione di intercessione e di salvezza» (Es. ap. Marialis Cultus, 18, AAS 66 [1974], 130). A Lei, guida degli Apostoli, sostegno dei Martiri, luce dei Santi, rivolgiamo la nostra preghiera, supplicandola di accompagnarci in questa vita terrena, di aiutarci a guardare il Cielo e di accoglierci un giorno accanto al Suo Figlio Gesù.

                                  Pope Benedict XVI waves to pilgrims gathered in the courtyard of his summer residence of Castelgandolfo, 40 kms south east of Rome, during his weekly general audience on August 11, 2010.


                           Pope Benedict XVI blesses pilgrims gathered in the courtyard of his summer residence in Castelgandolfo, 40 kms south east of Rome, during his weekly general audience on August 15, 2010.



[Modificato da Caterina63 15/08/2010 13:01]
Fraternamente CaterinaLD

"Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
(fr. Carlos Alfonso Azpiroz Costa OP
Maestro dell’Ordine)
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