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Maria Assunta in Cielo ED IMMACOLATA (il culto mariano, la dottrina il dogma)

Ultimo Aggiornamento: 21/08/2013 14:32
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08/12/2011 15:53
 
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1.2. L’intervento decisivo del magistero della Chiesa

L’impressione di trovarsi dinanzi alla tela di Penelope quando si osserva l’opera del magistero pontificio circa l’Immacolata concezione - come affermava nel 1907 il modernista Turmel - si rivela inconsistente alla luce della storia. Uno studio documentato di R. Laurentin [19] dimostra la coerenza dei papi, di cui nessuno ha espresso l’opinione maculista nell’esercizio del magistero, e la loro attività moderatrice, promotrice di maturazione, chiarificatrice e decisionale.

Tra i papi che hanno svolto tale attività bisogna annoverare innanzitutto Sisto IV (†1484), che iniziò la serie degli interventi pontifici a favore dell’Immacolata concezione. Sul piano dogmatico egli non prese nessuna decisione, ma con le bolle Cum praeexcelsa (1477) e Grave nimis (1482) proibì ai macolisti e immacolisti di accusarsi vicendevolmente di eresia. Sul piano liturgico invece Sisto IV adottò ufficialmente per Roma la festa della Concezione e ne approvò il nuovo formulario, composto da Leonardo di Nogarole e Bernardino di Busto, dove veniva espresso con chiarezza il privilegio mariano.

Dopo il concilio di Basilea (1439), che aveva definito l’Immacolata concezione ma senza l’approvazione di Roma, [20] ulteriori passi in questo senso sono stati compiuti dal concilio di Trento, che senza giungere alla definizione non ha però incluso Maria nel peccato originale (1546), e da Alessandro VII con la bolla Sollicitudo (1661) dove si dichiara a favore dell’Immacolata concezione e vieta di attaccarla sotto qualunque forma.[21] Anche Clemente XI contribuisce notevolmente a rafforzare la fede nell’Immacolata concezione quando determina di celebrarla come festa di precetto per la Chiesa universale (1708).

Il papa conventuale Clemente XIV (Lorenzo Ganganelli), nel suo breve pontificato (1769-1774) non procede alla definizione dogmatica, che da cardinale dichiarava ben avviata, ma concede alla Spagna (e ad altre istituzioni) di celebrare un ufficio proprio con il titolo di Conceptio Virginis Immaculatae.[22] Egli giunge a sopprimere a Faenza la confraternita della Concezione per eliminare le liti in essa insorgenti.[23]

Finalmente giunge Pio IX, che mentre è ospitato a Gaeta (25 novembre 1848 - 4 settembre 1849) dopo essere fuggito da Roma a motivo della rivoluzione romana. Il 6 dicembre 1848 egli istituisce una Consulta di 30 teologi e una Congregazione antipreparatoria di 8 cardinali e 8 consultori per chiarire i termini della questione dell’Immacolata, verificare la possibilità di una definizione dogmatica e suggerire come procedere alla medesima.[24] Non tutti furono d’accordo sull’opportunità della definizione. Anche A. Rosmini, pur ritenendo «moralmente sicura» la credenza dell’Immacolata concezione, sconsiglia di definirla e propone al papa di interrogare tutti i vescovi mediante un’enciclica. È quanto fa Pio IX con l’enciclica Ubi primum, firmata a Gaeta il 2 febbraio1849. Egli realizza così come un «concilio scritto»,[25] da cui risulta una convergenza quasi plebiscitaria a favore della definizione dogmatica (546 su 603 vescovi),[26] che incoraggia Pio IX a far preparare la bolla di definizione. Questa subisce nove redazioni e in questo cammino si sposta l’accento da una dimostrazione storico-teologica alla fede attuale e alla tradizione viva della Chiesa docente e discente,[27] fino a che Pio IX giunge alla solenne definizione del dogma dell’Immacolata Concezione l’8 dicembre 1854.

Questa pietà mariana immacolista svolse un ruolo efficace nella storia del dogma vincendo le difficoltà teologiche e contribuendo a determinare quel «factum ecclesiae», cioè la realtà viva della prassi ecclesiale, cui si richiamerà Pio IX come al primo motivo della definizione. Infatti nella redazione della Bolla egli fa spostare l’accento da una dimostrazione storico-teologica alla fede attuale e alla tradizione viva della Chiesa docente e discente. Di fronte all’osservazione di mons. Giovanni Donney, vescovo di Montauban, che che rileva la debolezza probatoria dei passi biblici utilizzati dalla bolla, Pio Ix la sera del 4.12.l854, ordinò al Pacifici [segretario della consulta teologica] che stendesse la bolla nel modo sin dal principio ideato, che avesse prima posto il fatto della Chiesa, e quindi quanto si diceva dei padri, ossia che la seconda parte del progetto di bolla avesse formato la prima, e quella ch’era prima avesse formato la seconda[28]

Pio IX definendo l’Immacolata concezione ritiene di «soddisfare ai piissimi desideri del mondo cattolico», che recepisce con gioia la definizione dogmatica. Giustamente si ritiene che

il sensus fidelium, per il fatto di essere un elemento costitutivo del sensus Ecclesiae, viene ad assumere un ruolo di fondamentale importanza nella definizione dell’Immacolata concezione.[29]

A conclusione di questo primo punto, dobbiamo prendere atto che l’Immacolata Concezione non trova il suo luogo originario nella teologia, in quanto la sua intuizione o possesso vitale è dovuta al popolo cristiano, che come per istinto ha compreso come qualsiasi peccato fosse inconciliabile con la santità della Madre di Dio. Quindi dobbiamo imparare a stimare il popolo di Dio, fino ad affermare con s. Paolino: «Pendiamo dalla bocca di tutti i fedeli, perché in ognuno di essi soffia lo Spirito di Dio».[30] Dobbiamo prendere atto che esso indovina per istinto ciò che s’inserisce nell’orizzonte del cristianesimo, il quale non è anzitutto una dottrina ma una vita animata dallo Spirito in forza del battesimo. Si può parlare di un magistero popolare secondo la parola di Giovanni:

Ora voi avete l’unzione ricevuta dallo Spirito e tutti avete la scienza […] e non avete bisogno che alcuno vi ammaestri, ma la sua unzione vi insegna ogni cosa, è veritiera e non mentisce (1Gv 2,20.27).

Il processo verso la definizione dogmatica ci insegna che chi sta con la Chiesa, popolo di Dio, sta con la verità, mentre chi si apparta in uno splendido isolamento teologico rischia di sgarrare e di non capire il movimento della storia. Non solo, ma la definizione dell’Immacolata Concezione attira l’attenzione sulla natura della Chiesa, come comunità viva, guidata dallo Spirito di verità, che sviluppa la rivelazione biblica realizzando una crescita nella conoscenza del mistero. Il cristianesimo è vita, dono, presenza, esperienza, non un relitto del passato né una società inerte tutta preoccupata di conservare. Al contrario la Chiesa di Cristo si mostra tutta protesa a fruttificare.

Ma dobbiamo considerare un altro elemento trainante: il ruolo svolto dai teologi, che risolvono dei nodi dottrinali senza cui la causa dell’Immacolata Concezione si sarebbe definitivamente arenata.
2. Prospettiva cristologica: l’Immacolata Concezione un inno alla potenza salvifica dell’unico mediatore

La questione dell’Immacolata Concezione era nata male, in contesto pelagiano come caso di autosalvezza. La teologia ha svolto un ruolo molteplice per l’enucleazione della verità mariana sia mediante la formulazione chiara della fede popolare, sia armonizzandola con l’insieme dei dati rivelati, sia sciogliendo i nodi di ordine teologico e culturale, sia infine fondandola su argomenti plausibili.

Questa dottrina trova la sua espressione nella festa della Concezione di Maria, sorta in oriente tra il VII e l’VIII secolo passata in Italia nel IX secolo aprendo la lunga discussione sull’Immacolata dopo la breve parentesi della polemica pelagiana.

2.1. L’intervento di Agostino

In occidente l’esplicitazione della dottrina sull’Immacolata, partendo dalla santità di lei e dall’onore del Signore, è dovuta a Pelagio († ca. 422) e più chiaramente al suo seguace Giuliano di Eclano (†454). Si tratta però di una conclusione teologica unilaterale o almeno non armonizzata con altri dati di fede. Il merito di avere applicato al caso di Maria l’analogia fidei va riconosciuto a s. Agostino, il quale mentre ritiene che Maria debba essere tenuta lontana da ogni questione di peccato, riconduce questa sua santità nell’alveo della condizione umana inficiata dalla colpa originale e bisognosa della redenzione di Cristo. Maria sarebbe sottoposta al peccato d’origine solo per esserne subito liberata con la grazia della rigenerazione.[32]

Nella polemica pelagiana tale perfezione e dignità di Maria diviene un presupposto su cui puntano Pelagio († ca. 422) e Giuliano di Eclano († 454) e che lo stesso Agostino (†430) riferisce e condivide: cioè che la Madre del Signore «va riconosciuta senza peccato dal nostro senso religioso». Di fronte ai due assertori dell’Immacolata concezione, che non la proponevano però in un contesto di dipendenza salvifica da Cristo, Agostino protesta:

Escludiamo dunque la santa Vergine Maria, nei riguardi della quale, per l’onore del Signore, non voglio si faccia questione alcuna di peccato.[33]

D’altra parte, il suo traducianesimo e il giusto principio della necessità della redenzione gli impediscono di ammettere per Maria un’eccezione. Comunque egli respinge l’accusa di assoggettare Maria al diavolo - ciò che ripugnava alla coscienza cristiana - ricorrendo alla grazia della rigenerazione in un’espressione famosa, ma non priva di ambiguità:

Quanto a Maria, non la consegniamo affatto un potere al diavolo in conseguenza della sua nascita; tutt’altro, perché sosteniamo che questa conseguenza viene cancellata dalla grazia della rinascita.[34]

Nella posizione agostiniana negativa circa l’Immacolata concezione per motivi teologici e tuttavia attenta alla pietà popolare si intravede il contrasto tra dottrina dei colti e intuito del popolo, contrasto che si risolverà con la vittoria di quest’ultimo.

Indubbiamente questo riferimento alla redenzione complica e ritarda lo sviluppo della verità sull’Immacolata concezione, già chiaramente emersa nel discorso pelagiano, ma nello stesso tempo la inserisce nel contesto dell’umanità e nell’orbita della salvezza. In tal modo l’Immacolata concezione cessa di presentarsi come frutto della natura lasciata a se stessa - come pretendevano Pelagio e Giuliano - per misurarsi con l’opera salvifica dell’unico mediatore. Ormai la verità mariana si affermerà a patto di costituire non un caso di autosalvezza, ma un chiaro esempio della grazia redentiva di Cristo salvatore. Si può convenire con G. Söll che, con la sua posizione, Agostino

propose ai suoi successori, per così dire, un concorso a premio, che doveva impegnare gli spiriti sia meditativi che battaglieri per secoli, finché il magistero non credette di poter risolvere la questione.[35]
2.2. L’argomento di Scoto

L’idea dell’Immacolata concezione trovò in occidente un contesto irto di difficoltà. Essa cozzava sia con l’universalità della redenzione sia con le conoscenze d’ordine biologico che distinguevano la concezione attiva e passiva (a sua volta completa o incompleta), sia infine con la convinzione che il peccato originale si trasmettesse tramite l’atto generativo. Questi presupposti hanno condotto i grandi teologi del XIII secolo, quali Alessandro di Hales (†1245), Alberto Magno (†1280), Bonaventura (†1274),[36] Tommaso d’Aquino (†1274) e prima di loro Anselmo di Aosta (†1109) e Bernardo di Chiaravalle (†1153),[37] ad affermare che Maria venne purificata dal peccato originale in cui era stata concepita. Solo mediante l’attiva riflessione di alcuni teologi si è spianata la strada verso l’affermazione dell’Immacolata concezione della Vergine quale effetto dell’azione salvifica di Cristo.

Il nodo teologico viene sciolto dal concetto di redenzione preservativa, avanzata da alcuni teologi del XIII secolo (secondo la testimonianza di Bonaventura e di Olivi), ad assunta a fulcro di argomentazione dal francescano Giovanni Duns Scoto (†1308).

Si prolunga nel nostro millennio la polemica tra chi vuole sfatare il mito di Scoto e coloro che fanno di lui il dottore e il paladino dell’Immacolata Concezione. In occasione del centenario della definizione del dogma, Roschini con evidente minimismo teologico e storico, colloca Scoto in una zona neutra affermando che

né avversario, né dottore dell’Immacolata, Scoto è semplicemente uno dei tanti dottori del XIV secolo i quali […] non osarono schierarsi in favore della sentenza immacolatista e si limitarono ad ammetterne una qualche probabilità.[38]

Con più attenzione alla situazione teologica e culturale, G. Söll fa un discorso equilibrato in cui riconosce che il maestro francescano era convinto dell’esenzione di Maria dal peccato originale, altrimenti «tutto l’impiego della sua acutezza non si spiegherebbe», ma «ben al corrente delle idee dei grandi scolastici, Scoto presentò le sue convinzioni molto prudentemente già in Oxford e più ancora in Parigi e in parte come ipotesi». Comunque «il merito di Scoto è indiscutibile», in particolare per aver legato l’Immacolata alla soteriologia.[39]

Capofila degli studiosi francescani, Balić sottolinea l’importanza dell’intervento di Scoto con varie motivazioni: ha elaborato una teologia dell’Immacolata prima inesistente, ha capovolto la principale difficoltà avanzata dai grandi scolastici contro la pia sentenza mediante l’argomento del perfettisimo mediatore e della redenzione preventiva, ha presentato il suo pensiero con la clausola videtur probabile non perché non aderiva all’esenzione di Maria dal peccato originale ma a motivo della sentenza comune, infine ha esercitato un chiaro influsso sui successori che si rifaranno ai suoi argomenti.[40] Sulla sua scia si pongono Apollonio e Cecchin, per i quali Scoto «non nutre dubbi» circa l’Immacolata e quindi «è da chiarire una volta per tutte che Scoto nel suo insegnamento ad Oxford e a Parigi sostiene la sua opinione in favore dell’Immacolata Concezione in modo chiaro e senza dubbi».[41]

Marielle Lamy pubblica nel 2000 un grosso volume sull’Immacolata nel medioevo dove studia con vasta informazione, metodo scientifico e perspicacia la posizione di Scoto. Innanzitutto riconosce a Scoto l’originalità, rispetto al suo maestro o discepolo Gugliemo de Ware, circa l’argomento perfettissimo mediatore con cui egli è consciente di operare «una vera rivoluzione intellettuale». In secondo luogo, secondo Lamy, Scoto stabilisce la possibilità e anche la probabilità della preservazione di Maria dal peccato originale, ma non bisogna forzare queste espressioni nel senso di una certezza perché restano possibili altre due diverse soluzioni e tutto rimane condizionato all’«autorità della Scrittura e della Chiesa». Infine si apportano altri due testi in cui Scoto farebbe «una professione esplicita d’immacolismo» e che in realtà precisano il suo pensiero «nel senso favorevole al privilegio mariano», ma non si può attribuire loro lo stesso credito dell’Ordinatio. In conclusione Lamy ritiene che «le ambiguità e le esitazioni inscritte nei testi […] non permettono di farne [di Scoto] quell’eroe dell’Immacolata Concezione dipinto dalla leggenda», ma occorre riconoscere che Scoto, insieme a Ware, «seppero articolare la giustificazione del privilegio mariano o della sua possibilità con le categorie del discorso universitario» e quindi esercitarono un influsso sui contemporanei.[42]

A nostro parere non è esatto scorgere in Scoto «ambiguità ed esitazioni» (come fa Lamy) e neppure la proposta dell’Immacolata Concezione come verità inoppugnabile (come amerebbe affermare la corrente francescana). Scoto è convinto della possibilità e della probabilità di questa dottrina, anzi in due testi giunge a ritenerla vera,[43] ma non la considera una verità che giunga ad escludere le teorie opposte come errore o peggio eresie. Tali teorie erano da Scoto ritenute possibili, ma verosimilmente riconsiderandole dopo il suo progresso nella questione avrebbe dato loro meno credito.

Ciononostante, Scoto rimane il teologo dell’Immacolata, non solo perché ha sganciato la questione teologica dai condizionamenti culturali circa la generazione ponendo la persona come soggetto di colpa o di santità, ma anche ha elaborato definitivamente il concetto di redenzione preservativa. Per Scoto l’Immacolata concezione non è da interpretare come un’eccezione alla redenzione di Cristo (come facevano comunemente i Maestri della Scolastica: alberto, Bonaventura, Tommaso…), ma un caso di perfetta e più efficace azione salvifica dell’unico mediatore. In quanto «perfettissimo mediatore» - ragiona Scoto -

Cristo esercitò il più perfetto grado possibile di mediazione relativamente a una persona per la quale era mediatore. Ora per nessuna persona esercitò un grado più eccellente che per Maria... Ma ciò non sarebbe avvenuto se non avesse meritato di preservarla dal peccato originale.[44]


[SM=g1740771] continua.........


Fraternamente CaterinaLD

"Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
(fr. Carlos Alfonso Azpiroz Costa OP
Maestro dell’Ordine)
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