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Benedetto XVI Giornata del Migrante: più diritti ai bambini

Ultimo Aggiornamento: 26/10/2010 21:05
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Li chiede il Papa invitando gli Stati e gli organismi internazionali a rispettare i loro diritti

Istruzione, lavoro e integrazione sociale
per i bambini migranti




Istruzione scolastica, inserimento nel mondo del lavoro e integrazione sociale per i bambini migranti: li chiede il Papa nel messaggio per la Giornata del migrante e del rifugiato 2010. Benedetto XVI si rivolge in particolare ai responsabili delle nazioni e degli organismi internazionali, ribadendo che chi vive l'esperienza della migrazione "è una persona umana con diritti fondamentali inalienabili da rispettare sempre e da tutti".





Cari fratelli e sorelle,
la celebrazione della Giornata del Migrante e del Rifugiato mi offre nuovamente l'occasione di manifestare la costante sollecitudine che la Chiesa nutre verso coloro che vivono, in vari modi, l'esperienza dell'emigrazione. Si tratta di un fenomeno che, come ho scritto nell'Enciclica Caritas in veritate, impressiona per il numero di persone coinvolte, per le problematiche sociali, economiche, politiche, culturali e religiose che solleva, per le sfide drammatiche che pone alle comunità nazionali e a quella internazionale. Il migrante è una persona umana con diritti fondamentali inalienabili da rispettare sempre e da tutti (cfr. n. 62).

Il tema di quest'anno - "I migranti e i rifugiati minorenni" tocca un aspetto che i cristiani valutano con grande attenzione, memori del monito di Cristo, il quale nel giudizio finale considererà riferito a Lui stesso tutto ciò che è stato fatto o negato "a uno solo di questi più piccoli" (cfr. Mt 25, 40.45). E come non considerare tra "i più piccoli" anche i minori migranti e rifugiati? Gesù stesso da bambino ha vissuto l'esperienza del migrante perché, come narra il Vangelo, per sfuggire alle minacce di Erode dovette rifugiarsi in Egitto insieme a Giuseppe e Maria (cfr. Mt 2, 14).

Se la Convenzione dei Diritti del Bambino afferma con chiarezza che va sempre salvaguardato l'interesse del minore (cfr. art. 3), al quale vanno riconosciuti i diritti fondamentali della persona al pari dell'adulto, purtroppo nella realtà questo non sempre avviene. Infatti, mentre cresce nell'opinione pubblica la consapevolezza della necessità di un'azione puntuale e incisiva a protezione dei minori, di fatto tanti sono lasciati in abbandono e, in vari modi, si ritrovano a rischio di sfruttamento. Della drammatica condizione in cui essi versano, si è fatto interprete il mio venerato Predecessore Giovanni Paolo II nel messaggio inviato il 22 settembre del 1990 al Segretario Generale delle Nazioni Unite, in occasione del Vertice Mondiale per i Bambini. "Sono testimone - egli scrisse - della straziante condizione di milioni di bambini di ogni continente. Essi sono più vulnerabili perché meno capaci di far sentire la loro voce" (Insegnamenti XIII, 2, 1990, p. 672).

Auspico di cuore che si riservi la giusta attenzione ai migranti minorenni, bisognosi di un ambiente sociale che consenta e favorisca il loro sviluppo fisico, culturale, spirituale e morale. Vivere in un paese straniero senza effettivi punti di riferimento crea ad essi, specialmente a quelli privi dell'appoggio della famiglia, innumerevoli e talora gravi disagi e difficoltà.

Un aspetto tipico della migrazione minorile è costituito dalla situazione dei ragazzi nati nei paesi ospitanti oppure da quella dei figli che non vivono con i genitori emigrati dopo la loro nascita, ma li raggiungono successivamente. Questi adolescenti fanno parte di due culture con i vantaggi e le problematiche connesse alla loro duplice appartenenza, condizione questa che tuttavia può offrire l'opportunità di sperimentare la ricchezza dell'incontro tra differenti tradizioni culturali.

È importante che ad essi sia data la possibilità della frequenza scolastica e del successivo inserimento nel mondo del lavoro e che ne vada facilitata l'integrazione sociale grazie a opportune strutture formative e sociali. Non si dimentichi mai che l'adolescenza rappresenta una tappa fondamentale per la formazione dell'essere umano.

Una particolare categoria di minori è quella dei rifugiati che chiedono asilo, fuggendo per varie ragioni dal proprio paese, dove non ricevono adeguata protezione. Le statistiche rivelano che il loro numero è in aumento. Si tratta dunque di un fenomeno da valutare con attenzione e da affrontare con azioni coordinate, con misure di prevenzione, di protezione e di accoglienza adatte, secondo quanto prevede anche la stessa Convenzione dei Diritti del Bambino (cfr. art. 22).

Mi rivolgo ora particolarmente alle parrocchie e alle molte associazioni cattoliche che, animate da spirito di fede e di carità, compiono grandi sforzi per venire incontro alle necessità di questi nostri fratelli e sorelle. Mentre esprimo gratitudine per quanto si sta facendo con grande generosità, vorrei invitare tutti i cristiani a prendere consapevolezza della sfida sociale e pastorale che pone la condizione dei minori migranti e rifugiati. Risuonano nel nostro cuore le parole di Gesù: "Ero forestiero e mi avete ospitato" (Mt 25, 35), come pure il comandamento centrale che Egli ci ha lasciato: amare Dio con tutto il cuore, con tutta l'anima e con tutta la mente, ma unito all'amore al prossimo (cfr. Mt 22, 37-39).

Questo ci porta a considerare che ogni nostro concreto intervento deve nutrirsi prima di tutto di fede nell'azione della grazia e della Provvidenza divina. In tal modo anche l'accoglienza e la solidarietà verso lo straniero, specialmente se si tratta di bambini, diviene annuncio del Vangelo della solidarietà. La Chiesa lo proclama quando apre le sue braccia e opera perché siano rispettati i diritti dei migranti e dei rifugiati, stimolando i responsabili delle Nazioni, degli Organismi e delle istituzioni internazionali perché promuovano opportune iniziative a loro sostegno. Vegli su tutti materna la Beata Vergine Maria e ci aiuti a comprendere le difficoltà di quanti sono lontani dalla propria patria. A quanti sono coinvolti nel vasto mondo dei migranti e rifugiati assicuro la mia preghiera e imparto di cuore la Benedizione Apostolica.

Dal Vaticano, 16 ottobre 2009




(©L'Osservatore Romano - 28 novembre 2009 )


Fraternamente CaterinaLD

"Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
(fr. Carlos Alfonso Azpiroz Costa OP
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La presentazione del messaggio pontificio



È in significativo aumento in ogni parte del mondo il numero dei bambini migranti, soprattutto di quelli che vivono separati dai genitori: il dato è emerso durante la presentazione del messaggio di Benedetto XVI per la Giornata del migrante e del rifugiato 2010, svoltasi venerdì mattina 27 novembre, nella Sala Stampa della Santa Sede.

Non è un caso, infatti, che il Papa abbia voluto dedicare il messaggio del prossimo anno proprio al tema "I migranti e i rifugiati minorenni".

Che la percentuale di minori immigrati sul totale dei bambini residenti nel territorio di una nazione sia in ascesa lo dimostrano le statistiche rese note, nell'agosto di quest'anno, dal Centro ricerca Innocenti dell'Unicef dopo un'indagine effettuata in otto Paesi cosiddetti ricchi. In Svizzera i bambini nati da almeno un genitore immigrato ormai costituiscono il 39 per cento del totale dei minori, in Australia il 33, in Germania il 26, negli Stati Uniti d'America e nei Paesi Bassi il 22, in Francia il 17, in Italia il 10. Tuttavia l'indagine si riferisce ai minori al seguito di una famiglia di emigrati o di rifugiati.

Diversi sarebbero i dati se si potessero aggiungere i numeri riguardanti i minori che fuggono dalle loro case, sempre più spesso con il consenso e con l'aiuto dei genitori, e da soli approdano, dopo indicibili peripezie, in Paesi il più delle volte poco accoglienti. E dunque devono affrontare una serie di situazioni negative delle quali si è parlato durante la conferenza stampa di questa mattina.
"Ci sono - ha infatti spiegato l'arcivescovo Antonio Maria Vegliò, presidente del Pontificio Consiglio per la Pastorale dei Migranti e degli Itineranti - vari tipi di migranti minorenni: coloro che emigrano con gli adulti, generalmente i genitori, o che comunque li raggiungono; coloro che nascono da genitori immigrati e quelli che emigrano non accompagnati".

Inutile cercare differenze con gli adulti quanto alle motivazioni che li spingono a emigrare. Semmai c'è da aggiungere la speranza riposta in loro dai genitori, che li aiutano come possono pur di farli approdare, anche irregolarmente, in un Paese. Questo perché, secondo una legge internazionalmente riconosciuta anche se non sempre rispettata, un minore non accompagnato non può essere rimpatriato. Il bambino dunque diventa fonte di speranza per i genitori. Ma viene così caricato di un peso psicologico non indifferente: non vuole deludere la famiglia e dunque "è pronto a subire ingiustizie, violenze e maltrattamenti - ha detto il presule - pur di ottenere il permesso di soggiorno, una formazione e soprattutto un lavoro per poter aiutare la famiglia di origine. La loro è una situazione diversa da quella dei minori che hanno al fianco i loro genitori".

L'impegno della Chiesa in questo campo è stato ricordato dall'arcivescovo Agostino Marchetto, segretario del dicastero. In particolare, il presule ha richiamato l'attenzione proprio sui minorenni non accompagnati e separati dai nuclei familiari. Essi conducono una vita isolata, spesso rinchiusi nei campi e centri specializzati d'accoglienza, senza di che mantenersi. Troppo spesso vivono in ambienti a rischio di abusi e di sfruttamento, come per la tratta di esseri umani o il reclutamento per fini criminali. "Trattenere i ragazzi in centri di detenzione - ha aggiunto monsignor Marchetto - contraddice le conclusioni e linee guida dell'Acnur e anche la convenzione dei diritti del bambino, della quale la Santa Sede è firmataria".

Monsignor Novatus Rugambwa, sotto-segretario del Pontificio Consiglio, si è soffermato sugli ostacoli che vengono frapposti alla loro integrazione. "L'orientamento professionale - ha detto - l'istruzione e l'apprendimento della lingua devono essere visti come elementi atti a facilitare il processo per ottenere un lavoro adeguato". "Tali elementi - ha aggiunto - hanno anche un ruolo da svolgere nell'auto-realizzazione dei giovani rifugiati e migranti. La formazione educativa e lo sviluppo di nuove capacità, specialmente quella di parlare la nuova lingua per comunicare adeguatamente nel Paese di ricezione, permettono di svolgere un ruolo attivo nell'integrazione e di assumere il posto che spetta loro nella società di accoglienza".

D'altra parte aiutare questi giovani a integrarsi "favorisce non solo loro stessi, ma anche la famiglia, la comunità e il Paese d'accoglienza". Invece in tante parti del mondo si continua a esercitare nei loro confronti "restrizioni istituzionali - è la denuncia del sottosegretario - che ne impediscono l'accesso" alle forme più elementari di istruzione, dunque di formazione professionale e di inserimento graduale nel processo culturale e produttivo del paese ospitante. "Si avverte la necessità - ha concluso il sotto-segretario - di impegnarsi contro le tendenze alla segregazione scolastica, contro l'assenza di politiche di opportunità uguali e complete, contro il fatto che le scuole spesso non si sono ancora adattate alle esigenze dei figli dei migranti o non possono arrivare alle loro famiglie, contro la mancanza delle necessarie abilità interculturali da parte degli insegnanti".



(©L'Osservatore Romano - 28 novembre 2009 )


Fraternamente CaterinaLD

"Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
(fr. Carlos Alfonso Azpiroz Costa OP
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Il messaggio del Papa per la Giornata mondiale del migrante e del rifugiato 2011

Tutti hanno diritto a emigrare
e a usufruire dei beni della terra


I migranti e le popolazioni locali che li accolgono fanno parte di "una sola famiglia" e hanno lo stesso diritto a usufruire dei beni della terra. Lo scrive Benedetto XVI nel messaggio per la prossima Giornata mondiale del migrante e del rifugiato, che si celebrerà il 16 gennaio 2011.

Cari Fratelli e Sorelle,
la Giornata Mondiale del Migrante e del Rifugiato offre l'opportunità, per tutta la Chiesa, di riflettere su un tema legato al crescente fenomeno della migrazione, di pregare affinché i cuori si aprano all'accoglienza cristiana e di operare perché crescano nel mondo la giustizia e la carità, colonne per la costruzione di una pace autentica e duratura. "Come io ho amato voi, così amatevi anche voi gli uni gli altri" (Gv 13, 34) è l'invito che il Signore ci rivolge con forza e ci rinnova costantemente:  se il Padre ci chiama ad essere figli amati nel suo Figlio prediletto, ci chiama anche a riconoscerci tutti come fratelli in Cristo.

Da questo legame profondo tra tutti gli esseri umani nasce il tema che ho scelto quest'anno per la nostra riflessione:  "Una sola famiglia umana", una sola famiglia di fratelli e sorelle in società che si fanno sempre più multietniche e interculturali, dove anche le persone di varie religioni sono spinte al dialogo, perché si possa trovare una serena e fruttuosa convivenza nel rispetto delle legittime differenze. Il Concilio Vaticano ii afferma che "tutti i popoli costituiscono una sola comunità. Essi hanno una sola origine poiché Dio ha fatto abitare l'intero genere umano su tutta la faccia della terra (cfr. At 17, 26); essi hanno anche un solo fine ultimo, Dio, del quale la provvidenza, la testimonianza di bontà e il disegno di salvezza si estendono a tutti" (Dich. Nostra aetate, 1). Così, noi "non viviamo gli uni accanto agli altri per caso; stiamo tutti percorrendo uno stesso cammino come uomini e quindi come fratelli e sorelle" (Messaggio per la Giornata Mondiale della Pace 2008, 6).

La strada è la stessa, quella della vita, ma le situazioni che attraversiamo in questo percorso sono diverse:  molti devono affrontare la difficile esperienza della migrazione, nelle sue diverse espressioni:  interne o internazionali, permanenti o stagionali, economiche o politiche, volontarie o forzate. In vari casi la partenza dal proprio Paese è spinta da diverse forme di persecuzione, così che la fuga diventa necessaria. Il fenomeno stesso della globalizzazione, poi, caratteristico della nostra epoca, non è solo un processo socio-economico, ma comporta anche "un'umanità che diviene sempre più interconnessa", superando confini geografici e culturali.

A questo proposito, la Chiesa non cessa di ricordare che il senso profondo di questo processo epocale e il suo criterio etico fondamentale sono dati proprio dall'unità della famiglia umana e dal suo sviluppo nel bene (cfr. Benedetto XVI, Enc. Caritas in veritate, 42). Tutti, dunque, fanno parte di una sola famiglia, migranti e popolazioni locali che li accolgono, e tutti hanno lo stesso diritto ad usufruire dei beni della terra, la cui destinazione è universale, come insegna la dottrina sociale della Chiesa. Qui trovano fondamento la solidarietà e la condivisione.

"In una società in via di globalizzazione, il bene comune e l'impegno per esso non possono non assumere le dimensioni dell'intera famiglia umana, vale a dire della comunità dei popoli e delle Nazioni, così da dare forma di unità e di pace alla città dell'uomo, e renderla in qualche misura anticipazione prefiguratrice della città senza barriere di Dio" (Benedetto XVI, Enc. Caritas in veritate, 7). È questa la prospettiva con cui guardare anche la realtà delle migrazioni. Infatti, come già osservava il Servo di Dio Paolo VI, "la mancanza di fraternità tra gli uomini e tra i popoli" è causa profonda del sottosviluppo (Enc. Populorum progressio, 66) e - possiamo aggiungere - incide fortemente sul fenomeno migratorio.

La fraternità umana è l'esperienza, a volte sorprendente, di una relazione che accomuna, di un legame profondo con l'altro, differente da me, basato sul semplice fatto di essere uomini. Assunta e vissuta responsabilmente, essa alimenta una vita di comunione e condivisione con tutti, in particolare con i migranti; sostiene la donazione di sé agli altri, al loro bene, al bene di tutti, nella comunità politica locale, nazionale e mondiale.

Il Venerabile Giovanni Paolo II, in occasione di questa stessa Giornata celebrata nel 2001, sottolineò che "(il bene comune universale) abbraccia l'intera famiglia dei popoli, al di sopra di ogni egoismo nazionalista. È in questo contesto che va considerato il diritto ad emigrare. La Chiesa lo riconosce ad ogni uomo, nel duplice aspetto di possibilità di uscire dal proprio Paese e possibilità di entrare in un altro alla ricerca di migliori condizioni di vita" (Messaggio per la Giornata Mondiale delle Migrazioni 2001, 3; cfr. Giovanni XXIII, Enc. Mater et Magistra, 30; Paolo VI, Enc. Octogesima adveniens, 17). Al tempo stesso, gli Stati hanno il diritto di regolare i flussi migratori e di difendere le proprie frontiere, sempre assicurando il rispetto dovuto alla dignità di ciascuna persona umana. Gli immigrati, inoltre, hanno il dovere di integrarsi nel Paese di accoglienza, rispettandone le leggi e l'identità nazionale. "Si tratterà allora di coniugare l'accoglienza che si deve a tutti gli esseri umani, specie se indigenti, con la valutazione delle condizioni indispensabili per una vita dignitosa e pacifica per gli abitanti originari e per quelli sopraggiunti" (Giovanni Paolo II, Messaggio per la Giornata Mondiale della Pace 2001, 13).

In questo contesto, la presenza della Chiesa, quale popolo di Dio in cammino nella storia in mezzo a tutti gli altri popoli, è fonte di fiducia e di speranza. La Chiesa, infatti, è "in Cristo sacramento, ossia segno e strumento dell'intima unione con Dio e dell'unità di tutto il genere umano" (Conc. Ecum. Vat. ii, Cost. dogm. Lumen gentium, 1); e, grazie all'azione in essa dello Spirito Santo, "gli sforzi intesi a realizzare la fraternità universale non sono vani" (Idem, Cost. past. Gaudium et spes, 38). È in modo particolare la santa Eucaristia a costi tuire, nel cuore della Chiesa, una sorgente inesauribile di comunione per l'intera umanità. Grazie ad essa, il Popolo di Dio abbraccia "ogni nazione, tribù, popolo e lingua" (Ap 7, 9) non con una sorta di potere sacro, ma con il superiore servizio della carità. In effetti, l'esercizio della carità, specialmente verso i più poveri e deboli, è criterio che prova l'autenticità delle celebrazioni eucaristiche (cfr. Giovanni Paolo II, Lett. ap. Mane nobiscum Domine, 28).

Alla luce del tema "Una sola famiglia umana", va considerata specificamente la situazione dei rifugiati e degli altri migranti forzati, che sono una parte rilevante del fenomeno migratorio. Nei confronti di queste persone, che fuggono da violenze e persecuzioni, la Comunità internazionale ha assunto impegni precisi. Il rispetto dei loro diritti, come pure delle giuste preoccupazioni per la sicurezza e la coesione sociale, favoriscono una convivenza stabile ed armoniosa.

Anche nel caso dei migranti forzati la solidarietà si alimenta alla "riserva" di amore che nasce dal considerarci una sola famiglia umana e, per i fedeli cattolici, membri del Corpo Mistico di Cristo:  ci troviamo infatti a dipendere gli uni dagli altri, tutti responsabili dei fratelli e delle sorelle in umanità e, per chi crede, nella fede. Come già ebbi occasione di dire, "accogliere i rifugiati e dare loro ospitalità è per tutti un doveroso gesto di umana solidarietà, affinché essi non si sentano isolati a causa dell'intolleranza e del disinteresse" (Udienza Generale del 20 giugno 2007:  Insegnamenti ii, 1 [2007], 1158). Ciò significa che quanti  sono  forzati  a  lasciare  le loro case o la loro terra saranno aiutati a trovare un luogo dove vivere in pace e sicurezza, dove lavorare e assumere i diritti e doveri esistenti nel Paese che li accoglie, contribuendo al bene comune, senza dimenticare la dimensione religiosa della vita.

Un particolare pensiero, sempre accompagnato dalla preghiera, vorrei rivolgere infine agli studenti esteri e internazionali, che pure sono una realtà in crescita all'interno del grande fenomeno migratorio. Si tratta di una categoria anche socialmente rilevante in prospettiva del loro rientro, come futuri dirigenti, nei Paesi di origine. Essi costituiscono dei "ponti" culturali ed economici tra questi Paesi e quelli di accoglienza, e tutto ciò va proprio nella direzione di formare "una sola famiglia umana". È questa convinzione che deve sostenere l'impegno a favore degli studenti esteri e accompagnare l'attenzione per i loro problemi concreti, quali le ristrettezze economiche o il disagio di sentirsi soli nell'affrontare un ambiente sociale e universitario molto diverso, come pure le difficoltà di inserimento.

A questo proposito, mi piace ricordare che "appartenere ad una comunità universitaria (...) significa stare nel crocevia delle culture che hanno  plasmato  il  mondo  moderno" (Giovanni Paolo II, Ai Vescovi Statunitensi delle Provincie ecclesiastiche di Chicago, Indianapolis e Milwaukee in visita "ad limina", 30 maggio 1998, 6:  Insegnamenti xxi, 1 [1998], 1116). Nella scuola e nell'università si forma la cultura delle nuove generazioni:  da queste istituzioni dipende in larga misura la loro capacità di guardare all'umanità come ad una famiglia chiamata ad essere unita nella diversità.

Cari fratelli e sorelle, il mondo dei migranti è vasto e diversificato. Conosce esperienze meravigliose e promettenti, come pure, purtroppo, tante altre drammatiche e indegne dell'uomo e di società che si dicono civili. Per la Chiesa, questa realtà costituisce un segno eloquente dei nostri tempi, che porta in maggiore evidenza la vocazione dell'umanità a formare una sola famiglia, e, al tempo stesso, le difficoltà che, invece di unirla, la dividono e la lacerano. Non perdiamo la speranza, e preghiamo insieme Dio, Padre di tutti, perché ci aiuti ad essere, ciascuno in prima persona, uomini e donne capaci di relazioni fraterne; e, sul piano sociale, politico ed istituzionale, si accrescano la comprensione e la stima reciproca tra i popoli e le culture. Con questi auspici, invocando l'intercessione di Maria Santissima Stella maris, invio di cuore a tutti la Benedizione Apostolica, in modo speciale ai migranti ed ai rifugiati e a quanti operano in questo importante ambito.

Da Castel Gandolfo, 27 settembre 2010








Benedetto XVI Stemma





(©L'Osservatore Romano - 27 ottobre 2010)
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"Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
(fr. Carlos Alfonso Azpiroz Costa OP
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