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La bellezza di essere sacerdote storie lontane e vicine

Ultimo Aggiornamento: 15/06/2018 23:26
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22/04/2016 00:52
 
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Ogni giorno, mi rinchiudo in un triplice castello



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La bellissima omelia del cardinale Sarah (dal blog romualdica.blogspot.it), tenuta in occasione del funerale di fr. Vincent-Marie de la Résurrection*, al quale aveva già dedicato il suo libro “Dio o niente”.

Carissimi Fratelli e Sorelle,

Sono emozionato e alquanto felice di essere con voi in questo momento per accompagnare con l’affetto e le preghiere alla sua ultima dimora il nostro fratello Vincent-Marie de la Résurrection. Egli sul suo letto di malato, come Gesù, nei giorni della sua vita carnale, ha trascorso giorni e notti a offrire preghiere e suppliche, con un potente grido di fede, per ottenerci da Dio l’aiuto e le grazie di cui abbiamo bisogno. Oggi siamo noi che preghiamo per lui, onde attirare su di lui la misericordia e il perdono di Dio. Poiché siamo tutti peccatori. Il bambino è simbolo di una purezza che non dobbiamo mai smettere di volere, ma che sappiamo, anche nell’agonia, che non raggiungeremo mai.

Mio carissimo Vincent, ringrazio Dio e la comunità dei Canonici Regolari di sant’Agostino, che ci hanno permesso di conoscerci e di camminare assieme durante un piccolo tratto della nostra esistenza. Ti eri impegnato, e avevi preso la decisione di sostenermi e accompagnare il mio ministero con le tue preghiere e i tuoi sacrifici. Tutti i nostri incontri si sono svolti nel silenzio e nella preghiera. Ogni volta che Dio mi ha permesso di venirti a trovare, abbiamo pregato intensamente il Rosario, sotto lo sguardo della Vergine Maria. E siamo rimasti durante lunghi momenti in silenzio. Tu perché Dio ti chiedeva di essere un’offerta silenziosa per la salvezza del mondo. Io perché diventassi tuo allievo, per apprendere il mistero della sofferenza.

Osservandoti in silenzio, ho sempre considerato che il tuo volto splendeva. Il tuo corpo portava la sofferenza e il dolore. Ma sul tuo viso si poteva vedere una grande gioia, un’immensa pace e un abbandono totale a Dio. Pregando con te e ascoltando il mistero della vita, mi hai insegnato che le sofferenze e le gioie esistono insieme. Mi hai insegnato che la preghiera non asciuga le lacrime.

E il silenzio ha insegnato a entrambi che l’unità della sofferenza e della beatitudine, è il segreto di Dio che dobbiamo accogliere nella fede e con una grande serenità. Quando, qualche volta, ti ho telefonato da Roma, la sola parola che tu volevi scolpire nel mio cuore, era: Sì, sì, sì! Eri diventato un Fiat continuo. Eri diventato interamente olocausto per un amore per Dio. Qualche volta non eri più capace di dire Sì, ma sentivo un respiro forte e doloroso. E mi hai rivelato così che l’espressione la più sublime dell’amore, è la sofferenza.

Ciò che Dio mi dava da percepire intuitivamente, tu stesso me ne dai conferma nel momento in cui ci lasci. In effetti, questa notte ho letto nel tuo diario personale questi pensieri di una densità spirituale eccezionale che hanno nutrito la tua vita interiore. Ti cito: “Credo che la sofferenza è stata accordata da Dio all’uomo in un grande pensiero di amore e di misericordia. Credo che la sofferenza è per l’anima la grande operaia della redenzione e della santificazione”.

Sì, la sofferenza è uno stato di felicità e di santificazione delle anime. Ad ascoltarti, sembra di sentire santa Teresa del Bambino Gesù, che scriveva: “Ho trovato la felicità e la gioia sulla terra, ma unicamente nella sofferenza, perché quaggiù ho molto sofferto”.

Ma per arrivare ad assumere in tal modo la sofferenza e per trovare la gioia nella sofferenza, oggi tu ci consegni il tuo segreto. Questo segreto io l’ho trovato nel tuo quaderno:

“Ogni giorno, mi rinchiudo in un triplice castello:

Il primo è il Cuore purissimo di Maria, contro tutti gli attacchi dello spirito maligno.

Il secondo è il Cuore di Gesù, contro tutti gli attacchi della carne.

Il terzo è il Santo Sepolcro, dove mi nascondo vicino a Gesù contro il mondo”.

Questa mattina, la tua camera è vuota come il sepolcro, perché tu sei vivente.

Ti dico nuovamente il mio immenso grazie, Vincent, per ciò che sei stato per me e per noi.

Continua a pregare per i tuoi fratelli, i Canonici Regolari di sant’Agostino, per la Chiesa, per la tua famiglia e per noi. Anche noi preghiamo per te. Dio ci ha separati per un momento, ma restiamo uniti.

Tu sei di più in più profondamente nel cuore di Dio, ma rimani nel più profondo del nostro cuore. Ora che contempli il volto di Dio, prega per noi, per i tuoi fratelli i Canonici Regolari di sant’Agostino. Tu ci hai preceduto presso il Padre per essere nostro protettore. E imploriamo la misericordia di Dio su di te. Ti affido alla Vergine nostra Madre. Lei che invocheremo nell’ora della nostra morte.

Amen!

 

 

frere_vincent*[Domenica 10 aprile 2016 si è addormentato nella pace del Signore – all’età di 39 anni, di cui 12 nella vita religiosa – fr. Vincent-Marie de la Résurrection (Benoît Carbonell), canonico regolare della Madre di Dio presso l’abbazia Sainte-Marie de Lagrasse, una comunità legata alla forma extraordinaria del Rito romano. Da qualche anno fr. Vincent era affetto da sclerosi multipla, che un poco alla volta lo ha completamente immobilizzato.
Invitiamo a leggere la bella e toccante testimonianza sulla sua vita resa dai suoi fratelli canonici.
La Messa di esequie, celebrata in rito romano antico, è stata celebrata sabato 16 aprile dal R.P. Emmanuel-Marie, Abate di Lagrasse, alla presenza di Sua Eminenza il cardinale Robert Sarah, che ha svolto l’omelia e in seguito benedetto la salma. Da qualche anno si era stretto un forte legame di amicizia e intimità spirituale fra il card. Sarah e fr. Vincent, che portava dentro di sé con un senso di missione di preghiera e di silenzio le intenzioni per la Chiesa che il porporato veniva ad affidargli regolarmente; ha scritto di lui il cardinale africano: “Ho dedicato a fr. Vincent il mio libro Dio o niente perché ho compreso dal nostro primo incontro che Cristo aveva poggiato il suo cuore contro il suo”. 

 





Don Vincent, dagli hippies ai malati terminali "Cercare Dio è entrare in una Grande storia"
di Andrea Zambrano

06-10-2016

Don Vincent Nagle

Cercare Dio è un ricordo che riaffiora: una madre che ti culla, ma che lentamente sta morendo. E una madre che ti rialza, una madre celeste. Per Padre Vincent Nagle la scoperta di quel Dio nel quale tutto si compie ha le sembianze di un’immagine plastica, onirica, codificata nel momento più duro dell’esistenza, quando si sta per lasciare la vecchia vita e si intravede un esito nuovo che sta arrivando, ma ancora non si conosce e per questo lo si teme. Il sacerdote americano della Fraternità San Carlo sarà uno dei protagonisti della Giornata della Nuova Bussola Quotidiana che si svolgerà domenica a Monza. E parlerà di sé, della sua vita ai nostri occhi così avventurosa per mostrare attraverso quale tortuoso percorso si possa giungere ad abbracciare una fede che è principalmente un incontro con la verità.

L’accento californiano rende ancor più coloriti i contorni del suo percorso, un percorso, anche questo, di ricerca. Quaerere Deum, cercare Dio, ma partendo da un contesto di partenza lontanissimo da Lui. Quasi irraggiungibile con le nostre forze umane. Vincent in fondo poteva dire di essere nato nel migliore dei mondi possibili secondo il dettato umano delle nostre vanità. Se nasci nel ’58 in California da genitori newyorkesi impastati di cultura lib e hippie, non puoi che considerarti al centro del mondo. Un padre cattolico, sindacalista e militante del Partito Democratico, una madre ebrea, figlia di una stella di Broadway.

Sembra quasi un cliché pronto uso per un qualche mito hollywoodiano, ma non riusciamo a immaginarci lei che leggeva William Blake vicino a una finestra e lui che beveva caffè perché in fondo la vita inizia quando finisce l’ultima strofa. Nonostante desiderasse molti figli, la mamma di Vincent non riusciva ad affezionarsi a loro e tentò due volte il suicidio. Pesava come un macigno il suo passato di abbandoni e ferite e forse per capire l’approdo di don Vincent bisogna rileggere in parallelo il percorso dietro le quinte della madre: negli anni della beat generation è una hippie sfegatata che porta la famiglia a vivere nella foresta per vivere più a contatto con una natura non corrotta dalla società.

Illusioni, si dirà. Mille esperienze distruttive nella società americana così già aperta a sperimentare la fuga dalla realtà: buddismo, new age che diventa un preciso catechismo di famiglia e poi sesso libero, droga, musica psichedelica. Vincent subisce impaurito quelle rivoluzioni che continuamente spostano il baricentro dei suoi affetti. Lasciando una domanda: ma qualche cosa di vero, qualcuno che risponda a quel desiderio di eternità e amore ci sarà da qualche parte?

La paura di Vincent risuonava come un grido intricato nella foresta eletta innaturalmente a nido famigliare. E con essa risuonava la sua preghiera nascosta. Che ha scavato dentro di sé fino a quell’incontro con un sacerdote, a 16 anni, che nel corso di un campeggio gli mostra un’altra vita. Qualcosa si accende, ma è ancora terribilmente intricato. Ma si snoda lentamente secondo un tracciato unico e irripetibile: gli affetti, una fidanzata, un abbandono, l’esperienza del viaggio. E poi la conversione radicale, i dubbi sulla scelta vocazionale, l’incontro con don Giussani e infine l’approdo alla Fraternità sacerdotale San Carlo Borromeo, dove ad accoglierlo c’è un altro sacerdote, don Massimo Camisasca.

Proprio nell’incontro del futuro vescovo di Reggio Emilia con la madre c’è la chiave che apre le porte di tutte le stanze che si affacciano sul corridoio buio. “Dopo un anno che ero in seminario – ha raccontato alla Nuova BQ recentemente -, Don Massimo è venuto negli Stati Uniti per conoscere la mia famiglia. Mia mamma mi ha chiesto di presentarle il prete della zona e ha deciso di battezzarsi, fare la comunione e la cresima. Io non osavo chiedere niente, ma finalmente quando ci siamo parlati lei mi ha detto: quando Don Massimo è stato qua, ho visto quanto la Chiesa ti vuole bene e anche io voglio poterti amare così. Questo episodio di mia mamma fa vedere che una persona cede al cristianesimo perché ha bisogno. Ciò che ha cambiato me non è stato che difendevo la verità della Chiesa, ma vedere una Presenza. Non è un progetto, ma Gesù che mi invita in una compagnia”.

Oggi don Vincent vive a Milano nella parrocchia di San Carlo alla Ca’ Granda a Niguarda ed è cappellano della Fondazione Maddalena Grassi, un’opera che si occupa dell’assistenza soprattutto ai malati terminali. Ma si occupa anche di famiglia e di educazione, proprio perché chi ha ricevuto tanto per la sua famiglia è in grado di restituire tanto. Le sue catechesi e testimonianze fanno il tutto esaurito. Anche perché don Vincent sa di che cosa parla.

“Mia sorella è un’esponente molto conosciuta di una certa espressione della cultura lesbica. Dunque, io sono cresciuto proprio nell’ambiente omosessuale. Quando ero ragazzo la nostra casa in California era frequentata da diversi personaggi di rilievo di questa cultura, persone con cui spesso mi capitava di discutere, e posso dire con certezza che tutto quello che oggi sta accadendo era già scritto e stabilito. Mi raccontavano come il loro obiettivo fosse innanzitutto quello di impadronirsi dell’educazione, di entrare nelle scuole, specialmente in quelle elementari, per diffondersi nei corridoi della politica e della burocrazia”. E' un programma di distruzione di massa che si sta attuando secondo un disegno diabolico.

Che però non potrà avere l’ultima parola perché l’happy end, sembra suggerirci la sua storia, non è un cartellone sul sunset boulevard, ma è un fatto che si fa Presente oggi come ieri. “L’educazione cristiana – ci spiega - consiste nell’introdurre chi ci è stato affidato in una grande avventura che ha un buon finale. É poter partecipare non solo a una grande storia, ma alla Grande Storia”.

 




[Modificato da Caterina63 06/10/2016 12:26]
Fraternamente CaterinaLD

"Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
(fr. Carlos Alfonso Azpiroz Costa OP
Maestro dell’Ordine)
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