Quindi Gesù VIVO E VERO....è soltanto nella Comunione Cattolica di rito Latino (Rona) e Cattolica di rito Orientale.....perchè hanno mantenuto la successione apostolica ininterrottamente....mantenedo la formula evangelica.......attraverso il Sacramento dell'Ordine......il quale rende effettivo il Mistero.....
Ops......e aggiungo per onestà......che tale comunione se pur in forma diversa....è presente là dove alcune Chiese storiche della Riforma, hanno mantenuto mediante i vescovi tale successione...è il caso della Chiesa Anglicana (ma non tutta) e il caso della Chiesa Luterana (ma non tutta)......
Inserisco ora un documento che mi ha inviato un teologo.....
"...e fai presente che l'Enciclica del Papa sull'Eucarestia, se è vero che non dice nulla di nuovo, ciò che dice ha in sè una enorme carità dal momento che il Diritto Canonico si esprime in forma molto più severa sull'uso dell'Eucarestia. Inserisci se puoi questo testo...."
Pontificium Consilium de Legum Textibus Interpretandis
(Aus L'Osservatore Romano vom 9. Juli 1999)
Tutela della Santissima Eucaristia
In merito all’interpretazione autentica circa i canoni 1367 del C.I.C. e 1442 del C.C.E.O., che si pubblica oggi su "L’Osservatore Romano", si fa presente che:
1. Con una espressione tanto lapidaria come ricca e pregnante il Concilio Vaticano II ha affermato: "In Sanctissima Eucharistia totum bonum spirituale Ecclesiae continetur" (Decreto "Presbyterorum Ordinis", n. 5). E il Codice di Diritto Canonico, sintetizzando l’abbondante insegnamento conciliare in merito e il perenne ammaestramento della Chiesa, sancisce: "Augustissimo Sacramento e la Sanctissima Eucaristia nella quale lo stesso Cristo Signore è presente, viene offerto ed è assunto, e mediante la quale continuamento vive e cresce la Chiesa" (can. 897); pertanto "i fedeli abbiano in sommo onore la Santissima Eucaristia (...) ricevendo con frequenza e massima devozione questo sacramento e venerandolo con somma adorazione" (can. 898).
Si comprende perciò la cura e l’impegno dei Pastori della Chiesa perché questo inestimabile Dono sia profondamente e religiosamente amato, tutelato e circondato di quel culto che esprima nel miglior modo possibile alla limitatezza umana la fede nella reale Presenza di Cristo – corpo, sangue, anima e divinità – sotto le Specie eucaristiche, anche dopo la celebrazione del Santo Sacrificio.
2. Come i credenti sono sollecitati ad esprimere tale fede con geste, preghiere e oggetti nobilmente decorosi, cosi è raccomandato che qualsiasi sciatteria o trascuratezza, segno di diminuita consapevolezza della divina Presenza eucaristica, sia bandita accuratamente dal coportamento dei sacri ministri e dei fedeli. Anzi, appare necessario che nella nostra epoca, caratterizzata dalla fretta anche nel rapporto personale con Dio, la catechesi riconduca il popolo cristiano al completo culto eucharistico, che non si riduce alla partecipazione alla Santa Messa comunicando con le dovute disposizioni, ma comprende anche la frequente adorazione – personale e comunitaria – del Santissimo Sacramento, e la cura amorosa perché il tabernacolo – in cui si conserva l’Eucaristia – sia collocato in un altare o luogo della chiesa ben visibile, davvero nobile e debitamente ornato, in modo da costituire il centro di attrazione d’ogni cuore innamorato di Cristo.
3. In contrapposizione a così profonda venerazione verso il Pane vivo disceso dal cielo possono capitare, e qualche volta sono capitati e capitano, non solo deplorevoli abusi disciplinari, ma perfino atti di disprezzo e di profanazione da parte di persone che, quasi diabolicamente ispirate, presumono di combattere in tal modo quanto di più sacro la Chiesa e il popolo fedele custodiscono, adorano, amano.
Allo scopo di dissuadere chi da siffatti sentimenti si lasciasse fuorviare, la Chiesa, insiema con l’esortazione ai credenti perché evitino ogni forma di deprecabile noncuranza e trascuratezza, contempla anche il caso spiacevolissimo di atti che deliberamente siano compiuti in odio e ad oltraggio del Santissimo Sacramento. Questi gesti costituiscono senza dubbio – a ragione della materia – gravissima colpa morale di sacrilegio. Ricorda, infatti, il Catechismo della Chiesa Cattolica che il sacrilegio "è un peccato grave soprattutto quando commesso contro l’Eucaristia, poiché in questo sacramento ci è reso presente sostanzialmente il Corpo stesso di Cristo" (n. 2120).
4. Anzi, in determinati casi questi sacrilegi costituiscono veri e propri delitti, secondo i canoni della legislazione ecclesiastica, sia latina che orientale, ai quali pertanto è annessa una pena. E quanto stabilisce il can. 1367 del Codice di Diritto Canonico, cui corrisponde, con i mutamenti propri di quella legislazione, il can. 1442 del Codice dei Canoni delle Chiese Orientali.
Il testo del can. 1367 è il seguente: "Qui species consecratas abicit aut in sacrilegum finem abducit vel retinet, in excommunicationem latae sententiae Sedi Apostolicae reservatam incurrit; clericus praeterea alia poena, non exclusa dimissione e statu clericali, puniri potest."
5. Attese le varie traduzioni che sono state eseguite del Codice di Diritto Canonico, con le conseguenti sfumature diverse che le parole proprie di ciascun idioma presentano, a questo Pontificio Consiglio è stato posto il dubbio se la parola "abicit" debba intendersi unicamente nel senso proprio – ma riddutivo – di "gettar via" le Specie Eucaristiche, o nel senso troppo generico di "profanare". Ferme restando, quindi, le due fattispecie di delitto consistenti nell’asportazione (abducit) e nella conservazione (retinet) delle Sacre Specie – in ambedue i casi "a scopo sacrilegio" –, è stata chiesta un’interpretazione autentica della prima fattispecie, espressa con il verbo abicit. Questo Pontificio Consiglio, dopo attento studio, ha dato la seguento interpretazione autentica, confermata dal Santo Padre che ne ha ordinato la promulgazione (cfr. C.I.C., can. 16, § 2; C.C.E.O., can. 1498, § 2).
Il verbo abicit va inteso non solo nel senso stretto di gettar via e nemmeno genericamente nel senso di profanare, ma nel significato più ampio di disprezzare, spregiare, umiliare. Pertanto commette grave delitto di sacrilegio contro il Corpo e il Sangue di Cristo chi asporta e/o conserva le sacre Specie con fine sacrilego (osceno, superstizioso, empio) e chi, anche senza sottrarle dal tabernacolo, dall’ostensorio o dall’altare, ne fa oggetto di un qualsiasi atto esterno, volontario e grave di disprezzo. A colui che si fa colpevole di questo delitto è comminata, nella Chiesa latina, la pena della scomunica latae sententiae (cioè automatica) la cui assoluzione è riservata alla Santa Sede; nelle Chiese orientali cattoliche la scomunica maggiore ferendae sententiae (cioè inflitta).
6. Non sarà inutile ricordare, come del resto si è già accennato sopra, che non va confuso il peccato di sacrilegio con il delitto di sacrilegio; infatti, non tutti i peccati commessi in materia si configurano come delitti. La dottrina canonistica insegna che il delitto è una violazione esterna e imputabile di una legge ecclesiastica, cui è ordinariamente annessa una sanzione penale. Valgono, quindi, tutte le norme e le circostanze attenuanti o scusanti, riportate nei rispettivi Codici latino e orientale. In particolare, va notato che il delitto di sacrilegio, di cui stiamo trattando, deve contemplare un atto esterno, ma non necessariamente pubblico.
7. La Chiesa, anche quando è, per così dire, costretta a comminare delle pene, è mossa sempre dalla necessità di salvaguardare l’integrità morale della comunità ecclesiastica e procurare il bene spirituale e la correzione dei delinquenti, ma in questo caso lo fa anche, e primariamente, per tutelare il Bene più grande che ha ricevuto dalla divina misericordia, cioè lo stesso Cristo Signore, fatto "pane di vita eterna" (cfr. Gv 6, 27) nella Santissima Eucaristia.
+ JULIÁN HERRANZ
Arcivescovo titolare di Vertara, Presidente
Patres Pontificii Consilii de Legum Textibus Interpretandis, in plenaria coetu diei 4 iunii 1999, dubio, quod sequitur, respondendum esse censuerunt ut infra:
D. Utrum in can. 1367 CIC et 1442 CCEO verbum "abicere" intelligatur tantum ut actus proiciendi necne.
R. Negative et ad mentem. Mens est quamlibet actionem Sacras Species voluntarie et graviter despicientem censendam esse inclusam in verbo "abicere". Summus Pontifex Ioannes Paulus II in Audientia diei 3 iulii 1999 infrascripto Praesidi impertita, de supradicta decisione certior factus, eam confirmavit et promulgari iussit.
+ IULIANUS HERRANZ
Archiepiscopus titularis Vertarensis, Praeses
+ BRUNO BERTAGNA
Episcopus titularis Drivastensis, a Secretis