A tutti voi che passate da qui: BENVENUTI
Se avete desiderio di capire che cosa insegna la Bibbia che il Magistero della Santa Chiesa, con il Sommo Pontefice ci insegna, questo Gruppo fa per voi. Non siamo "esperti" del settore, ma siamo Laici impegnati nella Chiesa che qui si sono incontrati da diverse parti d'Italia per essere testimoni anche nella rete della Verità che tentiamo di vivere nel quotidiano, come lo stesso amato Giovanni Paolo II suggeriva.
Nuova Discussione
Rispondi
 
Pagina precedente | 1 | Pagina successiva

PER UNA SANTA QUARESIMA 2010 NEL SUO TEMPO LITURGICO DI MEDITAZIONI

Ultimo Aggiornamento: 25/03/2010 10:42
Autore
Stampa | Notifica email    
OFFLINE
Post: 39.988
Sesso: Femminile
30/01/2010 16:37
 
Email
 
Scheda Utente
 
Quota

Ringraziando Rinascimento Sacro [SM=g1740722] :


Elevazioni spirituali in Tempo di Settuagesima - I

In occasione dell'incipiente Tempo di Settuagesima, che la Santa Chiesa ci dona in preparazione alla Quaresima, proponiamo un ciclo di brani composti dal M. Mons. Domenico Bartolucci nell'esecuzione del Rossini Chamber Choir e dell'Orchestra Sinfonica "G. Rossini" di Pesaro diretti dal M. Simone Baiocchi: iniziamo questa settimana con un Sicut cervus. Buona visione e...Buona Meditazione!

Sicut cervus:
secondo Libro dei Salmi, il 42.2 (41 nell'antica versione): come il cervo aspira/desidera le sorgente d'acqua , cosí l'anima mia sospira per voi, Dio mio.
Il testo latino attuale è quello:
"quemadmodum desiderat cervus ad fontes aquarum, ita desiderat anima mea ad te, Deus."


estratto dal concerto di inaugurazione della stagione 2009 - 2010 del PONTIFICIO ISTITUTO DI MUSICA SACRA.
ROMA, sala accademica del P.I.M.S. 14 novembre 2009
Concerto dedicato a Domenico Bartolucci

ROSSINI CHAMBER CHOIR
ORCHESTRA SINFONICA "G. ROSSINI", PESARO
SIMONE BAIOCCHI, direttore

VALLERO EDIZIONI AUDIO VIDEO






[SM=g1740717] [SM=g1740720]

Fraternamente CaterinaLD

"Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
(fr. Carlos Alfonso Azpiroz Costa OP
Maestro dell’Ordine)
OFFLINE
Post: 39.988
Sesso: Femminile
06/02/2010 23:56
 
Email
 
Scheda Utente
 
Quota

Elevazioni spirituali in Tempo di Settuagesima - II


Proseguiamo la serie delle elevazioni spirituali di Settuagesima con uno Iubilate Deo, brano composto dal M. Mons. Domenico Bartolucci, nell'esecuzione del Rossini Chamber Choir e dell'Orchestra Sinfonica "G. Rossini" di Pesaro diretti dal M. Simone Baiocchi; il pezzo, come quello proposto la settimana scorsa, è stato registrato durante il concerto di inaugurazione della stagione 2009/2010 del Pontificio Istituto di Musica Sacra in Roma, tenutosi nella Sala Accademica dell'Istituto il 14 novembre 2009.







[SM=g1740738]



Elevazioni spirituali in Tempo di Settuagesima - III

Concludiamo la serie delle elevazioni spirituali in Tempo di Settuagesima con il Kyrie della Missa Papae Marcelli di Giovanni Pierluigi da Palestrina, nell'esecuzione del Rossini Chamber Choir diretto dal M. Simone Baiocchi; il brano è stato registrato durante un concerto tenuto il 21 settembre 2008 presso la Basilica Cattedrale di Pesaro.





[SM=g1740717] [SM=g1740720]



[Modificato da Caterina63 14/02/2010 10:09]
Fraternamente CaterinaLD

"Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
(fr. Carlos Alfonso Azpiroz Costa OP
Maestro dell’Ordine)
OFFLINE
Post: 39.988
Sesso: Femminile
15/02/2010 20:03
 
Email
 
Scheda Utente
 
Quota

LA MISERICORDIA DI DIO E' PER CHI LO TEME





ABUSO DELLA DIVINA MISERICORDIA


Ignoras, quoniam benignitas Dei ad poenitentiam te adducit? (Rom 2,4)

PUNTO I

Si ha nella parabola della zizania in S. Matteo (Matth 13) che essendo cresciuta in un campo la zizania insieme col grano, volevano i servi andare ad estirparla: "Vis, imus, et colligimus ea?". Ma il padrone rispose: No, lasciatela crescere, e poi si raccoglierà e si manderà al fuoco: "In tempore messis dicam messoribus, colligite primum zizania, et alligate ea in fasciculos ad comburendum". Da questa parabola si ricava per una parte la pazienza che il Signore usa co' peccatori; e per l'altra il rigore che usa cogli ostinati. Dice S. Agostino che in due modi il demonio inganna gli uomini: "Desperando, et sperando". Dopo che il peccatore ha peccato, lo tenta a disperarsi col terrore della divina giustizia; ma prima di peccare, l'anima al peccato colla speranza della divina misericordia. Perciò il santo avverte ad ognuno: "Post peccatum spera misericordiam; ante peccatum pertimesce iustitiam". Sì, perché non merita misericordia chi si serve della misericordia di Dio per offenderlo. La misericordia si usa con chi teme Dio, non con chi si avvale di quella per non temerlo. Chi offende la giustizia, dice l'Abulense, può ricorrere alla misericordia, ma chi offende la stessa misericordia, a chi ricorrerà?

Difficilmente si trova peccatore sì disperato, che voglia proprio dannarsi. I peccatori voglion peccare, senza perdere la speranza di salvarsi. Peccano e dicono: Dio è di misericordia; farò questo peccato, e poi me lo confesserò. "Bonus est Deus, faciam quod mihi placet", ecco come parlano i peccatori, scrive S. Agostino. Ma oh Dio così ancora dicevano tanti, che ora sono già dannati.

Non dire, dice il Signore: Son grandi le misericordie che usa Dio; per quanti peccati farò, con un atto di dolore sarò perdonato. "Et ne dicas: miseratio Domini magna est, multitudinis peccatorum meorum miserebitur" (Eccli 5,6). Nol dire, dice Dio; e perché? "Misericordia enim, et ira ab illo cito proximant, et in peccatores respicit ira illius"
 (Eccli 5,7). La misericordia di Dio è infinita, ma gli atti di questa misericordia (che son le miserazioni) son finiti.
 Dio è misericordioso ma è ancora giusto. "Ego sum iustus, et misericors", disse il Signore un giorno a S. Brigida; "peccatores tantum misericordem me existimant".
I peccatori, scrive S. Basilio, voglion considerare Dio solo per metà: "Bonus est Dominus, sed etiam iustus; nolite Deum ex dimidia parte cogitare".
Il sopportare chi si serve della misericordia di Dio per più offenderlo, diceva il P. M. Avila che non sarebbe misericordia, ma mancamento di giustizia. La misericordia sta promessa a chi teme Dio, non già a chi se ne abusa. "Et misericordia eius timentibus eum", come cantò la divina Madre.
Agli ostinati sta minacciata la giustizia; e siccome (dice S. Agostino) Dio non mentisce nelle promesse; così non mentisce ancora nelle minacce: "Qui verus est in promittendo, verus est in minando".

Guardati, dice S. Gio. Grisostomo, quando il demonio (ma non Dio) ti promette la divina misericordia, affinché pecchi; "Cave ne unquam canem illum suscipias, qui misericordiam Dei pollicetur". Guai, soggiunge S. Agostino, a chi spera per peccare: "Sperat, ut peccet; vae a perversa spe".
 Oh quanti ne ha ingannati e fatti perdere, dice il santo, questa vana speranza. "Dinumerari non possunt, quantos haec inanis spei umbra deceperit".
Povero chi s'abusa della pietà di Dio, per più oltraggiarlo! Dice S. Bernardo che Lucifero perciò fu così presto castigato da Dio, perché si ribellò sperando di non riceverne castigo.
Il re Manasse fu peccatore, poi si convertì, e Dio lo perdonò; Ammone suo figlio, vedendo il padre così facilmente perdonato, si diede alla mala vita colla speranza del perdono; ma per Ammone non vi fu misericordia.
Perciò ancora dice S. Gio. Grisostomo che Giuda si perdé, perché peccò fidato alla benignità di Gesù Cristo: "Fidit in lenitate magistri". In somma Dio, se sopporta, non sopporta sempre.
Se fosse che Dio sempre sopportasse, niuno si dannerebbe; ma la sentenza più comune è che la maggior parte anche de' cristiani (parlando degli adulti) si danna: "Lata porta et spatiosa via est, quae ducit ad perditionem, et multi intrant per eam" (Matth 7,13).

Chi offende Dio colla speranza del perdono, "irrisor est non poenitens", dice S. Agostino.
 Ma all'incontro dice S. Paolo che Dio non si fa burlare: "Deus non irridetur" (Galat 6,7).
Sarebbe un burlare Dio seguire ad offenderlo, sempre che si vuole, e poi andare al paradiso. "Quae enim seminaverit homo, haec et metet" (Galat 6,7).

 Chi semina peccati, non ha ragione di sperare altro che castigo ed inferno. La rete con cui il demonio strascina all'inferno quasi tutti quei cristiani che si dannano, è quest'inganno, col quale loro dice: Peccate liberamente, perché con tutt'i peccati vi salverete.

Ma Dio maledice chi pecca colla speranza del perdono. "Maledictus homo qui peccat in spe". La speranza del peccatore dopo il peccato, quando vi è pentimento, è cara a Dio, ma la speranza degli ostinati è l'abbominio di Dio: "Et spes illorum abominatio" (Iob 11,20). Una tale speranza irrita Dio a castigare, siccome irriterebbe il padrone quel servo che l'offendesse, perché il padrone è buono.

PUNTO II

Dirà taluno, Dio m'ha usate tante misericordie per lo passato, così spero che me l'userà per l'avvenire. Ma io rispondo: E perché t'ha usate tante misericordie, per questo lo vuoi tornare ad offendere? Dunque (ti dice S. Paolo) così tu disprezzi la bontà e la pazienza di Dio? Nol sai che 'l Signore ti ha sopportato sinora; non già a fine che tu lo segui ad offendere, ma acciocché piangi il mal fatto? "An divitias bonitatis eius, et patientiae contemnis? Ignoras, quoniam benignitas Dei ad poenitentiam te adducit?" (Rom 2,4).
Quando tu fidato alla divina misericordia non vuoi finirla, la finirà il Signore. "Nisi conversi fueritis, arcum suum vibrabit" (Ps 7). "Mea est ultio et ego retribuam in tempore" (Deut 32,35).
Dio aspetta ma quando giunge il tempo della vendetta, non aspetta più e castiga.

"Propterea exspectat Dominus, ut misereatur vestri" (Is 30,18).
Dio aspetta il peccatore, acciocché si emendi: ma quando vede che quegli del tempo, che gli è dato per piangere i peccati, se ne serve per accrescerli, allora chiama lo stesso tempo a giudicarlo. "Vocavit adversum me tempus"
(Thren 1,15). S. Gregorio: "Ipsum tempus ad iudicandum vertit".
Sicché lo stesso tempo dato, le stesse misericordie usate serviranno per farlo castigare con più rigore e più presto abbandonare. "Curavimus Babylonem, et non est sanata, derelinquamus eam" (Ier 51,9).

E come Dio l'abbandona? O gli manda la morte, e lo fa morire in peccato; o pure lo priva delle grazie abbondanti, e lo lascia colla sola grazia sufficiente, colla quale il peccatore potrebbe sì bene salvarsi ma non si salverà. La mente accecata, il cuore indurito, il mal abito fatto renderanno la sua salvazione moralmente impossibile; e così resterà, se non assolutamente, almeno moralmente abbandonato.
"Auferam sepem eius, et erit in direptionem" (Is 5,5). Oh che castigo! Che segno è, quando il padrone scassa la siepe, e permette che nella vigna v'entri chi vuole, uomini e bestie? è segno che l'abbandona.
Così fa Dio, quando abbandona un'anima, le toglie la siepe del timore, del rimorso di coscienza, e la lascia nelle tenebre; ed allora entreranno in quell'anima tutti i mostri de' vizi. "Posuisti tenebras, et facta est nox, in ipsa pertransibunt omnes bestiae silvae" (Ps 103,20).
E 'l peccatore abbandonato che sarà in quell'oscurità, disprezzerà tutto, grazia di Dio, paradiso, ammonizioni, scomuniche; si burlerà della stessa sua dannazione. "Impius, cum in profundum peccatorum venerit, contemnit" (Prov 18,3).

Dio lo lascerà in questa vita senza castigarlo, ma il non castigarlo sarà il suo maggior castigo. "Misereamur impio, et non discet iustitiam" (Is 26,10).
Dice S. Bernardo su questo testo: "Misericordiam hanc ego nolo; super omnem iram miseratio ista". Oh qual castigo è quando Dio lascia il peccatore in mano del suo peccato, e par che non gliene domandi più conto! "Secundum multitudinem irae suae non quaeret" (Ps 9). E sembra che non sia con lui sdegnato. "Auferetur zelus meus a te, et quiescam, nec irascar amplius" (Ez 16,42).
E par che lo lasci a conseguir tutto ciò che desidera in questa terra. "Et dimisi eos secundum desideria cordis eorum" (Ps 80). Poveri peccatori, che in questa vita son prosperati! È segno che Dio aspetta a renderli vittime della sua giustizia nella vita eterna. Dimanda Geremia: "Quare via impiorum prosperatur?" (Ier 12,1).
E poi risponde: "Congregas eos quasi gregem ad victoriam".
Non v'è castigo maggiore, che quando Dio permette ad un peccatore che aggiunga peccati a peccati, secondo quel che dice Davide: "Appone iniquitatem super iniquitatem... deleantur de libro viventium" (Ps 66,28). Sul che dice il Bellarmino: "Nulla poena maior, quam cum peccatum est poena peccati". Meglio sarebbe stato per talun di quest'infelici, che il Signore l'avesse fatto morire dopo il primo peccato; perché, morendo appresso, avrà tanti inferni, quanti peccati ha commessi.

PUNTO III

Si narra nella vita del P. Luigi la Nusa che in Palermo v'erano due amici; andavano questi un giorno passeggiando, uno di costoro chiamato Cesare ch'era commediante, vedendo l'altro pensoso: Quanto va, gli disse, che tu sei andato a confessarti, e perciò ti sei inquietato?
Senti (poi gli soggiunse), sappi che un giorno mi disse il Padre la Nusa che Dio mi dava 12 anni di vita, e che se io non mi emendava tra questo tempo, avrei fatta una mala morte.
Io ho camminato per tante parti del mondo, ho avute infermità, specialmente una che mi ridusse all'ultimo, ma in questo mese in cui si compiscono i 12 anni mi sento meglio che in tutto il tempo della vita mia.
 Indi l'invitò di venire a sentire il sabato una nuova commedia da lui composta. Or che avvenne? nel sabato, che fu a' 24 di novembre del 1668, mentre stava egli per uscire in iscena, gli venne una goccia, e morì di subito, spirando tra le braccia d'una donna anche commediante, e così finì la commedia.
Or veniamo a noi. Fratello mio, quando il demonio vi tenta a peccare di nuovo, se volete dannarvi, sta in arbitrio vostro il peccare, ma non dite allora, che volete salvarvi; mentre volete peccare, tenetevi per dannato, e figuratevi che allora Dio scriva la vostra condanna, e vi dica: "Quid ultra debui facere vineae meae, et non feci?" (Is 5,4). Ingrato, che più io dovea fare per te, e non ho fatto? Or via, giacché vuoi dannarti, sii dannato, è colpa tua.

Ma dirai: E la misericordia di Dio dov'è? Ahi misero, e non ti pare misericordia di Dio l'averti sopportato per tanti anni con tanti peccati? Tu dovresti startene sempre colla faccia a terra ringraziandolo e dicendo: "Misericordiae Domini, quia non sumus consumti" (Thren 3).
 Tu facendo un solo peccato mortale, hai commesso un delitto più grande, che se ti avessi posto sotto i piedi il primo monarca della terra; tu n'hai commessi tanti, che se l'ingiurie ch'hai fatte a Dio, l'avessi fatte ad un tuo fratello carnale, neppure ti avrebbe sopportato;
Dio non solo ti ha aspettato, ma ti ha chiamato tante volte, e ti ha invitato al perdono. "Quid ultra debui facere?". Se Dio avesse avuto bisogno di te, o se tu gli avessi fatto qualche gran favore, poteva egli usarti maggior pietà? Posto ciò, se tu di nuovo tornerai ad offenderlo, farai che tutta la sua pietà si muti in furore e castigo.

Se quella pianta di fico trovata dal padrone senza frutto, dopo l'anno concesso a coltivarla, neppure avesse renduto alcun frutto, chi mai avrebbe sperato che il Signore l'avesse dato più tempo e perdonato il taglio?
Senti dunque ciò che ti avverte S. Agostino: "O arbor infructuosa, dilata est securis, noli esse secura, amputaberis". Il castigo (dice il santo) ti è stato differito, ma non già tolto, se più ti abuserai della divina misericordia, "amputaberis", finalmente ti taglierà.
 Che vuoi aspettare, che proprio Dio ti mandi all'inferno? Ma se ti ci manda, già lo sai che non vi sarà poi più rimedio per te. Il Signore tace, ma non tace sempre; quando giunge il tempo della vendetta, non tace più. "Haec fecisti, et tacui. Existimasti inique, quod ero tui similis?
 Arguam te, et statuam contra faciem tuam" (Ps 49,21).

Ti metterà avanti le misericordie che ti ha usate, e farà ch'elle stesse ti giudichino e ti condannino.




Sant'Alfonso Maria dè Liguori
Fraternamente CaterinaLD

"Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
(fr. Carlos Alfonso Azpiroz Costa OP
Maestro dell’Ordine)
OFFLINE
Post: 39.988
Sesso: Femminile
16/02/2010 23:42
 
Email
 
Scheda Utente
 
Quota

La Quaresima nella tradizione siro-occidentale

Beati i tuoi invitati
bella città di Cana



di Manuel Nin

La Quaresima nella tradizione liturgica siro-occidentale è preceduta da un tempo prequaresimale che inizia con il Digiuno dei niniviti, che ha come riferimento e modello il popolo di Ninive, che si convertì dopo la predicazione del profeta Giona. In questi giorni di digiuno vengono commemorati i defunti - sacerdoti, forestieri e fedeli - e questo indica che la Chiesa e la tradizione liturgica siro-occidentale sono molto vincolate al passaggio di pellegrini verso i Luoghi santi e le tombe dei martiri.

La liturgia della Quaresima inizia con il cosiddetto Lunedì dell'olio e uno degli inni di sant'Efrem ne dà la chiave di lettura:  "Con l'olio santificato vengono unti in vista dell'espiazione i corpi macchiati. Purificati ma non distrutti. Scendono macchiati dal peccato, e risalgono puri come un bambino". Si tratta all'origine di un rito di unzione catecumenale, che poi si è allargato a tutti i fedeli; la liturgia lo collega anche all'unzione di Betania:  "Quanto è dolce la voce della peccatrice, quando dice al profumiere:  Dammi dell'olio e dimmi il suo prezzo; dammi dell'olio di qualità superiore e vi mescolerò il dolore del mio pianto, per poter ungere il Primogenito dell'Altissimo; ho fiducia nel Signore che per mezzo di quest'olio mi saranno perdonati i peccati. Il Signore vide la sua fede e la perdonò".

Le sei domeniche quaresimali prendono il nome del brano evangelico letto:  il miracolo di Cana; la guarigione del lebbroso; quella del paralitico; la guarigione del servo del centurione; la risurrezione del figlio della vedova di Naim; la guarigione del cieco Bartimeo. La liturgia siriaca vuole mettere in luce e sottolineare in Cristo l'aspetto di taumaturgo e di giudice.

Il miracolo di Cana di Galilea inizia la serie di prodigi contemplati lungo la Quaresima, per indicare la misericordia, il perdono, la salvezza e la vita che ci vengono dati da Cristo, medico degli uomini. Nel vespro della prima domenica questo aspetto viene a lungo sviluppato:  "Medico buono che tutto guarisci per il pentimento, Signore, sovranamente buono e principe dei medici, fonte di vita e principio di guarigione, che guarisci le nostre anime per mezzo delle malattie corporali. Tu che sei stato chiamato nostro vero samaritano e che per liberarci dalle piaghe dei nostri peccati hai versato su di esse olio e vino misteriosi. Tu, medico dei cuori e guaritore delle sofferenze ci hai segnati col segno della croce, sigillato col sigillo del santo olio, alimentato col tuo Corpo e il tuo Sangue; abbellisci le nostre anime con lo splendore della tua santità; proteggici da ogni caduta e da ogni macchia e facci arrivare all'eredità beata riservata a coloro che hanno fatto opere di penitenza".

La tradizione siriaca, inoltre, vede nel miracolo di Cana l'unione sponsale di Cristo con la sua Chiesa, con l'umanità intera; a Cana il vero sposo è Cristo stesso che invita l'umanità sofferente e peccatrice a unirsi a lui per portarla alla vera stanza nuziale che è il giardino dell'Eden. Sant'Efrem canta:  "Beati i tuoi invitati, bella città di Cana! Essi godono della tua benedizione e le giare riempite dalla sua parola annunciano che in te si trovano i doni celesti che rallegrano il pasto del paradiso".
Il vino nuovo che unisce i commensali è simbolo del Sangue prezioso che unisce a Cristo stesso:  "Tu che, come promesso sposo redimi la Chiesa col tuo Sangue, tu che rallegri i commensali di Cana, rallegra la tua Chiesa col tuo Corpo". La liturgia siriaca vede ancora le giare come modello dell'anima che diventa luogo di una mirabile trasformazione, dove Cristo stesso rinnova tutto quello che è vecchio.

Lungo le domeniche della Quaresima, la tradizione siro-occidentale, prima della celebrazione della passione, morte e risurrezione del Signore, vuole celebrare i miracoli con cui il Salvatore ha voluto manifestare la sua missione divina tra gli uomini. L'ufficiatura del mattutino di tutte le domeniche quaresimali contiene questa preghiera:  "Signore misericordioso, che sei disceso nella tua compassione verso la natura umana, tu che hai purificato il lebbroso, aperto gli occhi ai ciechi, risuscitato i morti, fa che le nostre anime siano purificate e i nostri corpi santificati; che si aprano gli occhi del nostro cuore per capire i tuoi insegnamenti affinché, con i peccatori pentiti, innalziamo la lode".

I miracoli narrati e celebrati in queste domeniche ci portano a contemplare i prodigi della grazia divina nelle anime degli uomini; così molti dei testi liturgici della Quaresima finiscono sempre con lo stesso ritornello conclusivo:  "Anche noi, Signore, ti preghiamo:  tocca il nostro spirito e purificalo da ogni macchia e da ogni impurità del peccato, e abbi pietà di noi".


(©L'Osservatore Romano - 17 febbraio 2010)

Fraternamente CaterinaLD

"Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
(fr. Carlos Alfonso Azpiroz Costa OP
Maestro dell’Ordine)
OFFLINE
Post: 39.988
Sesso: Femminile
16/02/2010 23:53
 
Email
 
Scheda Utente
 
Quota

Inni del tempo quaresimale

Quella sana osservanza antica e misteriosa


di mons.Inos Biffi

L'anno liturgico è tra le creazioni più originali e più felici della Chiesa:  sorge dalla percezione che, a motivo dell'assunzione della carne da parte del Verbo, è nata una storia sacra, dove i giorni scorrono ricchi di grazia. Secondo sant'Ambrogio dalla Pasqua di Cristo è incominciato un tempo colmo di beatitudine - beata tempora.

Si sono venuti, così, formando i due grandi cicli liturgici:  quello pasquale, con al cuore la passione, la morte e la risurrezione del Signore e che si compie con la solennità di Pentecoste; e quello che irraggia dall'apparizione del Signore - il ciclo natalizio - concluso dalla memoria del Battesimo di Gesù. L'altro è un tempo in cui si succedono e prendono risalto le domeniche:  inventare e organizzare, dopo il ciclo pasquale e natalizio, un tempo centrato sul mistero di Pentecoste rivelerebbe una singolare incompetenza e un'insipienza degna di nota.

La Quaresima fa parte della "ghirlanda" pasquale. È una porzione di tempo tutto volto alla Pasqua; e, come avviene per gli altri periodi del suo corso liturgico, la Chiesa lo ha costellato di inni, che cantano i temi e i significati di questa attesa pasquale.

Ecco un primo inno:  l'Ex more docti mystico, in dimetri giambici, dubitativamente attribuito a Gregorio Magno.

Si apre con la definizione della Quaresima:  un tempo di astinenza intrapresa per quaranta giorni, a imitazione di un'osservanza antica e misteriosa (ex more docti mystico) - l'arcano numero quadragenario percorre misteriosamente la Scrittura.

Già Mosè e i Profeti (Lex et Prophetae) hanno, per primi, annunziato e osservato questa astinenza, e dopo di loro Cristo stesso l'ha santificata, "il Creatore e Signore della storia (rex atque factor temporum)".

È un tempo dal programma austero, destinato ad avvolgere e a toccare tutta la condotta. Lo distinguono la sobrietà della parola; la temperanza nel cibo; la moderazione nel sonno; il controllo nello svago; la custodia dei sensi (Utamur ergo parcius / verbis, cibis et potibus, / somno, iocis et arctius / perstemus in custodia).

E, ancora, è un tempo segnato dalla vittoria sulle inclinazioni maligne, che turbano e dissipano le menti (Vitemus autem pessima / quae subruunt mentes vagas), e dalla sconfitta inflessibile dell'astuto tiranno, il demonio (Nullumque demus callido / hosti locum tyrannidis).
 
A questo stile di vita il discepolo del Signore è impegnato ad attenersi ogni giorno dell'anno; ma esso dovrà trasparire con verità più lucida e forza più ferma durante la Quaresima. L'anno liturgico, infatti, si svolge e raggiunge il suo fine, con questa varia intensità di accenti, improntando, così, l'esperienza cristiana dei mirabili eventi del Signore.

"Ogni azione di Cristo è nostra istruzione (omnis Christi actio nostra est instructio), ripete san Tommaso. E tuttavia, oltre che un atto, ogni azione  di  Cristo è un "mistero" o un "sacramento", che chiede di essere non solo imitata, ma proseguita e rivissuta.
 

Ex more docti mystico


Ex more docti mystico
servemus abstinentiam,
deno dierum circulo
ducto quater notissimo.
Lex et prophetae primitus
hanc praetulerunt, postmodum
Christus sacravit, omnium
rex atque factor temporum.
Utamur ergo parcius
verbis, cibis et potibus,
somno, iocis et arctius
perstemus in custodia.
Vitemus autem pessima
quae subruunt mentes vagas,
nullumque demus callido
hosti locum tyrannidis.

 


(©L'Osservatore Romano - 17 febbraio 2010)


Fraternamente CaterinaLD

"Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
(fr. Carlos Alfonso Azpiroz Costa OP
Maestro dell’Ordine)
OFFLINE
Post: 39.988
Sesso: Femminile
17/02/2010 10:45
 
Email
 
Scheda Utente
 
Quota



Il Rosario di san Padre Pio


di Anna Villani, giornalista

 Questo Rosario con l’immagine della Rosa Mistica, è appartenuto a Padre Pio e la sottoscritta ha avuto la gioia di poterlo recitare, avendolo avuto in prestito anche per una sola giornata, dal sacerdote che in quel di Pagani, lo ha in custodia.

Ha una storia molto bella.
Un arcivescovo Argentino se non sbaglio comunque America Latina, si recava spesso dal frate stimmatino.
 Ma, avanti negli anni, chiese al santo pugliese, di fargli un dono speciale che lo facesse sentire più vicino a lui.
 Padre Pio non esitò, prese la propria corona e la porse come un grande regalo, che come tale fu accolto, e del resto lo stesso padre Pio aveva insegnato più volte di come la corona del Rosario fosse per lui l'oggetto più prezioso che possedesse.

 L’Arcivescovo in punto di morte la consegnò ad un nipote, con l’intenzione che coloro che l’avrebbero posseduta avrebbero dovuto recitare rosari per i sacerdoti, che tanto hanno bisogno di preghiere per svolgere degnamente il proprio compito.
 Si sa che Dio chiama, fa maturare vocazioni, ma non può imporre al sacerdote, di farsi santo.

Questo nipote, incontrò questo sacerdote salernitano e avendone ricevuto messe per trenta giorni consecutivi come era desiderio dello zio, non sapendo come ricambiare, date le scarse possibilità economiche, pensò allora di sdebitarsi offrendogli il dono da parte, più prezioso: la corona di Padre Pio.
 "Padre -disse- ho a casa una corona che le farà senz’altro piacere di ricevere, apparteneva a Padre Pio" e giù col raccontare la storia.
 "Valla a prendere prima che cambi idea" rispose il santo sacerdote che conosco.

 E così fu fatto. La corona viene fatta girare nelle case dove ci sono casi drammatici da poterli trasformare in speranza. Ma, non è la corona in sè che può portare prodigi, quanto la fede che si ripone nel recitarla. La Madonna, nelle apparizioni, a Fatima come a Lourdes e in altre occasioni, ha sempre raccomandanto la recita della "catena dolce che ci rannodi a Dio", come la chiamava il beato Bartolo Longo, fondatore del Santuario di Pompei.



******************************************

Ribadendo il concetto che NON sono gli oggetti in se a salvare...e che questi non devono diventare oggetti di superstizione, va sottolineato che è la PREGHIERA E LA FEDE IN ESSI CONTENUTI  a suscitare dal Cristo elargizioni di grazie....
San Padre Pio raccomandava il Rosario in Quaresima quale strumento di aiuto PER ESERCITARE IL SILENZIO... ossia, pregare piuttosto che dire parole vane, specialmente in questo Tempo di grande austerità soprattutto INTERIORE...






[SM=g1740717] [SM=g1740720] [SM=g1740750] [SM=g1740752]
Fraternamente CaterinaLD

"Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
(fr. Carlos Alfonso Azpiroz Costa OP
Maestro dell’Ordine)
OFFLINE
Post: 39.988
Sesso: Femminile
17/02/2010 19:04
 
Email
 
Scheda Utente
 
Quota

Amici, come abbiamo fatto l'anno scorso:
La Quaresima e la Pasqua 2009 qui, con Benedetto XVI (pagine:1 2 )

anche quest'anno apriamo un nuovo Thread

La Quaresima e la Pasqua 2010 qui, con Benedetto XVI

per seguire le Celebrazioni Liturgiche del Santo Padre in questo Tempo particolare....condividendo qui le Omelie e quant'altro tornerà utile alla nostra formazione...



All'udienza generale Benedetto XVI parla del cammino di conversione quaresimale che inizierà oggi, Mercoledì delle Ceneri.
La Quaresima e la Pasqua 2010 qui, con Benedetto XVI


                                         



Il cardinale Salvatore De Giorgi e l'attualità degli esercizi spirituali

L'ascolto della Parola di Dio
rinnova la vita cristiana



Soprattutto in un tempo particolarmente segnato dal secolarismo, che talvolta non risparmia nemmeno clero e religiosi, si avverte la necessità di riscoprire l'utilità di una pratica antica e collaudata come gli esercizi spirituali per un ascolto più intenso della Parola di Dio.

Ne è convinto il cardinale Salvatore De Giorgi, presidente della Federazione italiana esercizi spirituali (Fies) associazione riconosciuta dalla Conferenza episcopale italiana e finalizzata appunto alla promozione dei cosiddetti "tempi forti" della spiritualità. L'occasione è l'apertura della xxiv assemblea nazionale della Fies che per tre giorni - 18-20 febbraio - riunisce nel carmelo di Sassone, a Ciampino, i delegati regionali e diocesani dell'associazione insieme ai responsabili e ai collaboratori delle circa duecentocinquanta case per esercizi presenti sul territorio italiano.


Il tema dell'incontro - "Parola di Dio e esercizi spirituali:  dai tempi sinodali ai tempi forti dello Spirito" - si collega idealmente al Sinodo dei vescovi svoltosi in Vaticano nell'ottobre 2008 per tradurne le conclusioni nell'attualità dell'Anno sacerdotale. Infatti - sottolinea il porporato in un'intervista al mensile d'animazione vocazionale "Rogate Ergo" - "fin dall'indizione dell'Anno sacerdotale la Fies ha inteso vivere la prossima assemblea nel clima di questo evento, privilegiando l'aspetto che le è proprio:  contribuire alla valorizzazione e alla promozione nella vita e nel ministero dei sacerdoti dei momenti forti dello Spirito, e soprattutto degli esercizi spirituali". Una pratica, quella degli esercizi, che non conosce una vera crisi.

"Purtroppo non è in crescita, ma neppure segna il passo", rileva il cardinale. Anzi, registra dei punti a favore, in particolare tra i laici e tra le nuove generazioni. "Soprattutto tra i giovani - puntualizza - che fanno esperienza di vita associativa. Vi sono a Torino addirittura dei giovani che sono animatori di esercizi spirituali per i loro coetanei, come lo era il beato Piergiorgio Frassati al suo tempo:  un'esperienza che mi auguro nasca in ogni diocesi e in ogni parrocchia, giacché i migliori apostoli e missionari dei giovani sono proprio i giovani".

Sono i sacerdoti, tuttavia, soprattutto per il dovere dell'esemplarità a cui sono interpellati dal loro ministero, i primi a essere chiamati alla continua revisione dell'esperienza interiore. "Nella vita di un sacerdote - afferma il cardinale De Giorgi - gli esercizi spirituali costituiscono il momento più favorevole per la verifica della sua fedeltà al dono ricevuto, per la continua purificazione del cuore, per l'animazione del ministero". E - aggiunge - "ecco perché i sommi pontefici, da Leone xiii a Benedetto XVI li hanno proposti e raccomandati non tanto come obbligo canonico quanto come esigenza insopprimibile della vita spirituale".

È, inoltre, da poco trascorso l'ottantesimo anniversario dell'enciclica Mens nostra, dedicata da Pio xi, il 20 dicembre 1929, all'"importanza degli esercizi spirituali".

Certamente, rileva il cardinale De Giorgi, "il quadro socio-religioso-culturale del tempo, che spinse Papa Ratti a rilevare "la somma importanza, utilità, opportunità di questi santi ritiri", era indubbiamente meno complesso e meno compromesso, rispetto a oggi, dal secolarismo che mette tra parentesi Dio, dal materialismo che di fatto lo nega, dallo scientismo che pretende prenderne il posto, dal relativismo etico che rifiuta ogni norma morale assoluta e trascendente". E, tuttavia - rimarca il porporato - l'analisi che Pio xi fa della crisi del suo tempo è "chiara e lucida" e presenta ancora enormi spunti di attualità. "La grande malattia dell'età moderna - si legge nella Mens nostra - fonte precipua dei mali che tutti deploriamo, è la mancanza di riflessione". Una mancanza che rende schiavi del materialismo e di quella rincorsa alle ricchezze "che a poco a poco affievolisce negli animi ogni più nobile ideale".

Anche l'esperienza degli esercizi spirituali è comunque una pratica che, pur attingendo alla grande tradizione del passato, necessita di continui adeguamenti alle necessità del momento. E molto è cambiato dai tempi d'Ignazio di Lojola, il celebre iniziatore degli esercizi. Già Paolo vi nel 1965, nel discorso alla prima assemblea della Fies - ricorda il cardinale De Giorgi - "rivolse una vibrante e stimolante esortazione alla rielaborazione degli esercizi:  "Guai se gli Esercizi spirituali diventassero una ripetizione formalistica e, direi, pigra dello schema di S. Ignazio. C'è tutta una rielaborazione degli Esercizi che Noi auguriamo davvero che i nostri bravi sacerdoti sappiano dare". E la Fies fin d'allora non si è sottratta a questo compito, soprattutto attraverso il suo centro studi".

Una sottolineatura, quest'ultima, fatta anche dal segretario nazionale della Fies, padre Stanislao Renzi, che mette in evidenza il lavoro svolto soprattutto tra i giovani che "oggi vivono in un mondo che ama il chiasso, non il silenzio e il raccoglimento" e che "vogliono essere liberi da leggi e disciplina". A costoro - segnala padre Renzi - è "difficile parlare di ricerca della volontà di Dio nella disposizione della propria vita". E, tuttavia, "vi sono però tanti (dai 20 ai 30 anni) che praticano gli esercizi spirituali frequentando assiduamente corsi, a volte di fine settimana, in case di spiritualità, i cui rappresentanti offrono a loro la possibilità di pregare e riflettere individualmente e comunitariamente, in modo da discernere le scelte della vita e fare un proprio cammino spirituale nella Chiesa. I corsi - ricorda - sono aperti a tutti i giovani che desiderano maturare nella fede e approfondirla al fine di sforzarsi d'ordinare la propria vita secondo il progetto di Dio".

Gli esercizi spirituali, sottolinea ancora padre Renzi, non sono soltanto un tempo di studio o di semplice raccoglimento e preghiera. Sono anche un momento di ricerca e di orientamento interiore. "Come il passeggiare, il camminare, il correre sono esercizi fisici - scriveva sant'Ignazio - così si dicono Esercizi Spirituali ogni modo di preparare e disporre l'anima a togliere tutti gli affetti disordinati e, dopo averli tolti, a cercare e trovare la volontà di Dio nella disposizione della propria vita, per la salvezza della propria anima".

In questo senso - prosegue il segretario nazionale della Fies citando il magistero di Benedetto XVI - se ""la secolarizzazione, che spesso si muta in secolarismo abbandonando l'accezione positiva di secolarità, mette a dura prova la vita cristiana dei fedeli e dei pastori", gli esercizi spirituali, in quanto ascolto della Parola di Dio a lungo ruminata, consentono di discernere la volontà di Dio e, uniformandosi a essa, supera la mentalità in cui Dio è assente e, al tempo stesso, s'impegna a vivere in comunione con Dio e con i fratelli".

Per questa ragione - conclude padre Renzi - la Fies promuove gli esercizi spirituali e incoraggia i responsabili della case, a essa aggregate, a programmare ogni anno esercizi per ogni categoria di persone - sacerdoti, religiosi, laici, giovani, anziani - "in vista del rinnovamento della vita cristiana per dare una risposta alle gravi sfide poste dalla società secolarizzata e dalla indifferenza religiosa".


(©L'Osservatore Romano - 19 febbraio 2010)


[Modificato da Caterina63 18/02/2010 19:04]
Fraternamente CaterinaLD

"Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
(fr. Carlos Alfonso Azpiroz Costa OP
Maestro dell’Ordine)
OFFLINE
Post: 39.988
Sesso: Femminile
20/02/2010 11:53
 
Email
 
Scheda Utente
 
Quota

Amici.....i tanti problemi che ci affliggono non solo nel mondo, nelle famiglie, ma anche all'interno della Chiesa, mi fanno riflettere ulteriormente e molto, forse perchè siamo entrati anche in Quaresima, mi fanno riflettere anche su un altro aspetto: la TENTAZIONE che spesso ci anima: dello scoraggiamento.... Imbarazzato

diciamoci la verità, spesso le nostre reazioni si fondano più sullo scoraggiamento che non sull'attesa di una atto di Misericordia divina che conduce alla conversione ed alla risoluzione dei problemi...

C'è in questi giorni di Quaresima una immagine che amo molto meditare ogni anno: LO SGUARDO DI GESU' A PIETRO QUANDO LO RINNEGA....
ogni anno di questo Tempo mi soffermo su questo punto del Vangelo e desidero penetrare anch'io, inabissarmi, dentro quello sguardo FERITO di un Dio che mi dice, come fece capire a Pietro: " ma che fai, mi rinneghi? NON SPERI PIU'? NON CREDI PIU? MI ABBANDONI ANCHE TU?...."
Sono domande e aspetti che mi ripropongo ogni volta che NON comprendo questa grave apostasia nella Chiesa... Pietro stesso fu così in un certo senso il primo apostata dal momento che aveva prima professato la fede in Cristo tanto da ricevere la lode da Dio....poi al momento del dramma, al momento della prova la rinnega...rinnegare la professione di fede è fare apostasia...e come reagisce Gesù?

Guarda negli occhi Pietro fino a raggiungerlo nel cuore e farlo sciogliere definitivamente in un gran pianto di pentimento....

Quante vole mi sono chiesta: come mai siamo pronti a piangere per i drammi umani ma MAI pronti a piangere per le piccole o grandi apostasie che facciamo nella Chiesa? Imbarazzato
Dove sta questo pianto liberatorio?
Non è forse questo (anche questo) l'indurimento del cuore?
Un cuore che non prova nulla quando incontra quello SGUARDO che tocca la nostra coscienza, è un cuore indurito...e questo non è solo per chi fa apostasia, ma anche per chi, continuando a credere tuttavia DISPERA NELLA CHIESA, nella sua santità inattaccabile (e le porte degli inferi non prevarranno), crede che tutto sia perduto....se non erro questo è anche uno dei peccati contro lo Spirito Santo...

Ecco che confido a voi e in questo Cammino quaresimale, di riscoprire questo SGUARDO DEL CRISTO non solo a Pietro, ma anche a me stessa, ad ognuno di noi ed auguro a me stessa e a tutti voi di riscoprire un santo pianto liberatorio, magari davanti al Tabernacolo.... per tornare nuovamente a sperare che nulla è perduto fino al ritorno di Cristo... e che noi crediamo nel BENE e non nel Male che ci affligge...

Sto meditando in questi giorni sul Santo Curato d'Ars e vi condivido queste perle:

- "Signor Curato, dove avete fatto il corso di teologia?" - gli chiese un giorno un sacerdote. Il Santo curato Vianney senza parlare gli indicò il suo inginocchiatoio posto davanti ad un Crocefisso....

- Un giorno un protestante chiese al santo Curato cosa pensasse del Paradiso e se ci fosse stata la possibilità di condividerlo con i protestanti, risposte il Santo Vianney: " Ahimè amico mio! Noi NON saremo uniti lassù se non in quanto avremo incominciato ad essere uniti sulla terra. La morte non cambierà nulla. Dove cade l'albero, lì rimane. A meno che non venga rinnescato  nella Chiesa..."

- Un giovane fedele gli chiese come si potesse riconoscere l'azione dello Spirito Santo, risposte il Santo Curato d'Ars: " E' semplice: quando ci vengono i pensieri buoni, quando speriamo, quando il nome stesso di Dio in Gesù ci commuove fino alle lacrime, quando non possiamo fare a meno di amare la Chiesa nostra madre, allora stai tranquillo che è lo Spirito Santo che ci visita"...
Buon Cammino Quaresimale a tutti....



Fraternamente CaterinaLD

"Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
(fr. Carlos Alfonso Azpiroz Costa OP
Maestro dell’Ordine)
OFFLINE
Post: 39.988
Sesso: Femminile
01/03/2010 15:08
 
Email
 
Scheda Utente
 
Quota

Una musica per chi ama il silenzio e che sembra espandersi al di fuori del tempo.


[SM=g1740717] KYRIE

Questo canto gregoriano, eseguito da monaci benedettini spagnoli, evoca un suono prossimo al silenzio ma interiormente attivo, un' "eco dello spirito".
Il canto tradizionale è accompagnato (in un singolarissimo intreccio che ne disvela la sua anima moderna) da strumenti ad arco della tradizione musicale spagnola e da suoni pacificatori della natura
.

Le immagini, ispirate alla passione di Cristo, sono tratte dal web.






L'Angelus del Papa del 28.2.2010 dopo la conclusione degli esercizi spirituali in Vaticano

La Parola di Dio
criterio che guida l'esistenza


La Parola di Dio dev'essere "il criterio" che guida l'esistenza dei cristiani e, in particolare, quella dei sacerdoti e dei pastori. Lo ha ricordato Benedetto XVI all'Angelus di domenica mattina, 28 febbraio, recitato con i fedeli in piazza San Pietro.

Si sono conclusi ieri, qui nel Palazzo Apostolico, gli Esercizi Spirituali che, come è consuetudine, si tengono agli inizi della Quaresima in Vaticano. Con i miei collaboratori della Curia Romana abbiamo trascorso giorni di raccoglimento e di intensa preghiera, riflettendo sulla vocazione sacerdotale, in sintonia con l'Anno che la Chiesa sta celebrando. Ringrazio quanti ci sono stati vicini spiritualmente.

In questa seconda domenica di Quaresima la liturgia è dominata dall'episodio della Trasfigurazione, che nel Vangelo di san Luca segue immediatamente l'invito del Maestro: "Se qualcuno vuol venire dietro a me, rinneghi sé stesso, prenda la sua croce ogni giorno e mi segua!" (Lc 9, 23). Questo evento straordinario, è un incoraggiamento nella sequela di Gesù.

Luca non parla di Trasfigurazione, ma descrive quanto è avvenuto attraverso due elementi: il volto di Gesù che cambia e la sua veste che diventa candida e sfolgorante, alla presenza di Mosè ed Elia, simbolo della Legge e dei Profeti. I tre discepoli che assistono alla scena sono oppressi dal sonno: è l'atteggiamento di chi, pur essendo spettatore dei prodigi divini, non comprende. Solo la lotta contro il torpore che li assale permette a Pietro, Giacomo e Giovanni di "vedere" la gloria di Gesù.

Allora il ritmo si fa incalzante: mentre Mosè ed Elia si separano dal Maestro, Pietro parla e, mentre sta parlando, una nube copre lui e gli altri discepoli con la sua ombra; è una nube, che, mentre copre, rivela la gloria di Dio, come avvenne per il popolo pellegrinante nel deserto. Gli occhi non possono più vedere, ma gli orecchi possono udire la voce che esce dalla nube: "Questi è il Figlio mio, l'eletto; ascoltatelo!" (v. 35).

I discepoli non sono più di fronte ad un volto trasfigurato, né ad una veste candida, né ad una nube che rivela la presenza divina. Davanti ai loro occhi, c'è "Gesù solo" (v. 36). Gesù è solo davanti al Padre suo, mentre prega, ma, allo stesso tempo, "Gesù solo" è tutto ciò che è dato ai discepoli e alla Chiesa di ogni tempo: è ciò che deve bastare nel cammino. È lui l'unica voce da ascoltare, l'unico da seguire, lui che salendo verso Gerusalemme donerà la vita e un giorno "trasfigurerà il nostro misero corpo per conformarlo al suo corpo glorioso" (Fil 3, 21).

"Maestro, è bello per noi essere qui" (Lc 9, 33): è l'espressione estatica di Pietro, che assomiglia spesso al nostro desiderio di fronte alle consolazioni del Signore. Ma la Trasfigurazione ci ricorda che le gioie seminate da Dio nella vita non sono punti di arrivo, ma sono luci che Egli ci dona nel pellegrinaggio terreno, perché "Gesù solo" sia la nostra Legge e la sua Parola sia il criterio che guida la nostra esistenza.

In questo periodo quaresimale invito tutti a meditare assiduamente il Vangelo. Auspico, inoltre, che in quest'Anno Sacerdotale i Pastori "siano veramente pervasi dalla Parola di Dio, la conoscano davvero, la amino al punto che essa realmente dia loro vita e formi il loro pensiero" (Omelia nella Messa crismale, 9 aprile 2009). La Vergine Maria ci aiuti a vivere intensamente i nostri momenti di incontro con il Signore perché possiamo seguirlo ogni giorno con gioia. A Lei volgiamo il nostro sguardo invocandola con la preghiera dell'Angelus.


[SM=g1740717]

[SM=g1740750]
[Modificato da Caterina63 01/03/2010 19:00]
Fraternamente CaterinaLD

"Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
(fr. Carlos Alfonso Azpiroz Costa OP
Maestro dell’Ordine)
OFFLINE
Post: 39.988
Sesso: Femminile
03/03/2010 18:37
 
Email
 
Scheda Utente
 
Quota

Prefettura
della Casa Pontificia

Prediche
di Quaresima



Venerdì 5 marzo, alle ore 9, nella cappella Redemptoris Mater, alla presenza di Benedetto XVI, il predicatore della Casa Pontificia, il cappuccino Raniero Cantalamessa, darà inizio alla predicazione della Quaresima.

Il tema delle meditazioni è "Dispensatori dei misteri di Dio":  il sacerdote, ministro della Parola e dei sacramenti. Le meditazioni quaresimali proseguono la riflessione sul ministero episcopale e presbiterale iniziata in Avvento. Alla luce di 1 Corinzi 4, 1 "Ognuno ci consideri come servitori di Cristo e amministratori dei misteri di Dio" si mettono in luce i due compiti essenziali del sacerdote del nuovo Testamento:  l'annuncio del Vangelo e l'amministrazione dei sacramenti corrispondenti ai due significati della parola misteri, come verità rivelate e segni efficaci della grazia.
 
In particolare si intende meditare i seguenti punti:  la persona di Gesù Cristo, cuore dell'annuncio cristiano; annunciare ciò che si vive e vivere ciò che si annuncia; come vivere e aiutare a vivere il mistero eucaristico; per un rinnovamento del sacerdozio cattolico nello Spirito Santo.

Alle prediche sono invitati i cardinali, gli arcivescovi, i vescovi, i prelati della Famiglia Pontificia, della Curia romana e del vicariato di Roma, i superiori generali o i procuratori degli ordini religiosi facenti parte della Cappella Pontificia. Le tre prediche della Quaresima avranno luogo il 5, il 12 e il 26 marzo. Venerdì 19, solennità di san Giuseppe, la predica non avrà luogo.




(©L'Osservatore Romano - 4 marzo 2010)





La storia di Gesù indispensabile alla fede

postato da angelambrogetti [01/03/2010 16:23]

Dove è sepolto Giovanni il Battista? E quale sono state le tappe della "fuga in Egitto" della Santa Famiglia? E Gesù lavorò mai nella città di Sefforis poco a nord di Nazaret, per aiutare San Giuseppe? Sembrano domande un po' infantili, ma in effetti racchiudono tutta la storia del culto dei primi cristiani, dello studio archeologico, della ricerca storica sull' infanzia di Gesù. I Vangeli canonici ne parlano poco, ma gli Apocrifi e le tradizioni locali sono piene di riferimenti precisi.

   Del resto il cristianesimo è una religione incarnata, storica , e Gesù, il Salvatore ha vissuto in luoghi e tempi. Si parla della sua Incarnazione a Natale, ma la liturgia la celebra, con molta concretezza, a marzo, nove mesi prima della nascita a Betlemme.

    Nasce da qui l'idea di un libro che sia guida attraverso quei luoghi che sono la scena umana della Incarnazione e sono la testimonianza del culto di millenni di cristianesimo, la storia di pellegrini e santi, la liturgia e la fede di chi ha "visto e sentito" e di chi ancora oggi cerca la fede attraverso i fatti. Nicola Bux, sacerdote, liturgista, professore e consultore della Congregazione per il Culto Divino ha raccolto tutto nel suo "Gesù il Salvatore, luoghi e tempi della sua venuta nella storia", edito da Cantagalli. Un volumetto che può sembrare fin troppo didattico, ma che è solo il punto di partenza per una riflessione sulla storicità di Gesù, sulla sua vita negli anni del "nascondimento", e sulla concretezza della fede cristiana.

     Sfogliando il libro si cammina per la Terra Santa, anche grazie alla esperienza diretta dell' autore che è stato professore a Gerusalemme e ha saputo descrivere luci, colori, sensazioni e profumi della terra di Gesù. Ma non solo. Nel libro si spiegano le consuetudini liturgiche orientali, nati dalla testimonianza sui fatti, e si incontrano le "pietre che parlano", i risultati degli studi archeologici dei tempi più recenti. Tutto ha un senso, uno scopo, un fine che non è solo ricordare o celebrare, ma far vivere la fede e i fedeli.

   Non ci sono riferimenti alla attualità politica nel libro di Bux. Non si parla di "muri", "territori" o "coloni". Non ci sono i titoli di giornali che riportano le notizie sulle guerre tra popoli o le liti tra seguaci di riti diversi. L'autore vuole riportarci alle radici della fede, al "fatto" della fede che dove cambiare il cuore dell' uomo, che solo così potrà cambiare il mondo.  

   Un libro che può essere anche una ottima introduzione all' attesissima seconda parte del libro su Gesù di Benedetto XVI che tratterà proprio della infanzia di Gesù. Un libro che aiuta il credente occidentale ad entrare nel mistero di quelle Chiese d' Oriente che in autunno a Roma si riuniranno in un loro Sinodo anche per ricordare che la diversità è ricchezza.




[Modificato da Caterina63 03/03/2010 19:20]
Fraternamente CaterinaLD

"Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
(fr. Carlos Alfonso Azpiroz Costa OP
Maestro dell’Ordine)
OFFLINE
Post: 39.988
Sesso: Femminile
05/03/2010 13:07
 
Email
 
Scheda Utente
 
Quota

Si è svolta stamane nella Cappella Redemptoris Mater del Palazzo Apostolico, in Vaticano, la prima predica di Quaresima di padre Raniero Cantalamessa davanti al Papa e alla Curia Romana. Il predicatore della Casa Pontificia ha tenuto la sua meditazione sulla distinzione tra la Lettera e lo Spirito e sul ruolo del sacerdote come dispensatore dei misteri di Dio. Il servizio di Sergio Centofanti. da Radio Vaticana

Padre Cantalamessa parte dalla distinzione sostanziale tra l’Antica Alleanza, fondata sulla Lettera, ovvero la legge mosaica scritta su tavole di pietre, e la Nuova Alleanza dello Spirito, la legge interiore scritta sui cuori. E’ una differenza che “distingue il cristianesimo da ogni altra religione”. La legge nuova è la vita nuova, è la grazia che viene dalla morte e risurrezione di Cristo:
 
“Ogni religione umana o filosofia religiosa comincia con il dire all'uomo quello che deve fare per salvarsi ... Il cristianesimo non comincia dicendo all’uomo quello che deve fare, ma quello che Dio ha fatto per lui. Gesù non cominciò a predicare dicendo: ‘Convertitevi e credete al vangelo affinché il Regno venga a voi’; cominciò dicendo: ‘Il regno di Dio è venuto tra voi' - senza che voi lo abbiate meritato, gratuitamente! - 'convertitevi e credete al Vangelo’. Non prima la conversione, poi la salvezza, ma prima la salvezza, il dono, e poi la conversione, il dovere”. 
Così, va inteso anche il comandamento di amare Dio e il prossimo. “Prima di esso c’è il piano del dono, della grazia”. Noi amiamo perché Dio ci ha amati per primo. “E’ dal dono che scaturisce il dovere, non viceversa”. In questo senso sarebbe puro moralismo vivere i precetti più elevati del Vangelo in modo vecchio, senza la grazia. “La legge dello Spirito – afferma padre Cantalamessa – non è in senso stretto quella promulgata da Gesù sul monte delle beatitudini, ma quella da Lui incisa nei cuori a Pentecoste”:  
“Gli apostoli sono la prova vivente di ciò. Essi avevano ascoltato dalla viva voce di Cristo tutti i precetti evangelici, per esempio che ‘chi vuol essere il primo deve farsi l’ultimo e il servo di tutti’, ma fino alla fine li vediamo preoccupati di stabilire chi fosse il più grande fra di loro. Solo dopo la venuta dello Spirito su di loro li vediamo completamente dimentichi di sé e intenti solo a proclamare ‘le grandi opere di Dio’”.
 
La legge nuova dello Spirito agisce attraverso l’amore, “l’amore con cui Dio ama noi e con cui, contemporaneamente, fa sì che noi amiamo lui e il prossimo. È una capacità nuova di amare”:
 
“L’amore è una legge, ‘la legge dello Spirito’, nel senso che crea nel cristiano un dinamismo che lo spinge a fare tutto ciò che Dio vuole, spontaneamente, perché ha fatto propria la volontà di Dio e ama tutto ciò che Dio ama. Spinge a fare le cose per attrazione, non per costrizione: e questa è la grande conquista che sempre il popolo cristiano deve fare. Il cristianesimo è fatto per essere vissuto per attrazione, per innamoramento, non per costrizione”.
 
Il sacerdote - prosegue padre Cantalamessa - ha così il compito di “aiutare i fratelli a vivere la novità della grazia”, a far percepire che il cristianesimo non è una dottrina, ma una Persona, a predicare non se stesso ma la bellezza infinita di Cristo, le meraviglie dello Spirito che non s’impongono ma attraggono. Tuttavia, la difficoltà, specialmente per l’uomo di oggi – sottolinea – è proprio quella di credere che la sua salvezza non dipenda esclusivamente da se stesso:
 
“Salvarsi ‘per grazia’ significa riconoscere la dipendenza da qualcuno e questo risulta la cosa più difficile. È la spiegazione che san Bernardo dà del peccato di Satana: egli preferì essere la più infelice delle creature per merito proprio, anziché la più felice per grazia altrui; preferì essere ‘infelice ma sovrano, anziché felice ma dipendente… Il rifiuto del cristianesimo, in atto a certi livelli della nostra cultura occidentale, quando non è rifiuto della Chiesa e dei cristiani, è rifiuto della grazia’”.


Fraternamente CaterinaLD

"Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
(fr. Carlos Alfonso Azpiroz Costa OP
Maestro dell’Ordine)
OFFLINE
Post: 39.988
Sesso: Femminile
11/03/2010 21:38
 
Email
 
Scheda Utente
 
Quota

[SM=g1740733] Di Mozart il Requiem....

La messa di Requiem in re minore K 626 è l'ultima composizione di Wolfgang Amadeus Mozart (5 dicembre 1791).


Composizione dei brani:

I. Introitus

Requiem aeternam
II. Kyrie

III. Sequentia

Dies irae
Tuba mirum
Rex tremendae
Recordare
Confutatis
Lacrimosa


IV. Offertorium

Domine Jesu
Hostias


V. Sanctus

VI. Benedictus

VII. Agnus Dei

VIII. Communio

Lux aeterna




[SM=g1740717] [SM=g1740720] buona meditazione nell'ascolto








In questo video la musica segue dopo la prima Lettura [SM=g1740733]








LACRIMOSA..... [SM=g1740717]

[SM=g1740734]


L'Offertorio




Santus



Agnus Dei e Lux Aeterna [SM=g1740752]





[SM=g1740717] [SM=g1740720] [SM=g1740722] [SM=g1740721]

[SM=g1740738]



[SM=g1740733] Testi delle parole per i brani di Mozart sopra riportati della Messa da Requiem:

Introitus: Requiem aeternam
(LA)
« Requiem aeternam dona eis, Domine,
et lux perpetua luceat eis.
Te decet hymnus, Deus, in Sion,
et tibi reddetur votum in Jerusalem.
Exaudi orationem meam;
ad te omnis caro veniet.
Requiem aeternam dona eis, Domine,
et lux perpetua luceat eis. »

(IT)
« L'eterno riposo dona loro, Signore,
e splenda ad essi la luce perpetua.
Si innalzi un inno a te, o Dio, in Sion,
a te si sciolga il voto in Gerusalemme.
Esaudisci la mia preghiera,
a te venga ogni mortale.
L'eterno riposo dona loro, Signore,
e splenda ad essi la luce perpetua. »


Kyrie eleison
(LA)
« Kyrie eleison
Christe, eleison
Kyrie eleison. »

(IT)
« Signore pietà
Cristo pietà
Signore pietà »


Dies irae
(LA)
« Dies irae, dies illa solvet saeclum in favilla, teste David cum Sybilla! Quantus tremor est futurus, quando judex est venturus, cuncta stricte discussurus. »

(IT)
« Giorno d'ira, quel giorno il mondo si dissolverà in faville, come hanno preannunciato Davide e Sibilla! Che terrore vi sarà quando arriverà il giudice, che esaminerà tutto severamente. »


Tuba mirum
(LA)
« Tuba mirum spargens sonum per sepulchra regionum, coget omnes ante thronum. Mors stupebit et natura, cum resurget creatura, judicanti responsura. Liber scriptus proferetur, in quo totum continetur, unde mundus judicetur. Judex ergo cum sedebit, quidquid latet apparebit, nil inultum remanebit. Quid sum miser tunc dicturus, quem patronum rogaturus, cum vix justus sit securus? »

(IT)
« Una tromba che diffonde un suono meraviglioso nei sepolcri di tutto il mondo, chiamerà tutti davanti al trono. La morte e la natura stupiranno, quando la creatura risorgerà, per rispondere al giudice. Verrà aperto il libro, nel quale tutto è contenuto, in base al quale il mondo sarà giudicato. Non appena il giudice sarà seduto, apparirà ciò che è nascosto, nulla resterà ingiudicato. E io che sono misero che dirò, chi chiamerò in mia difesa, se a mala pena il giusto è tranquillo? »


Rex tremendae
(LA)
« Rex tremendae maiestatis, qui salvandos salvas gratis, salva me, fons pietatis. »

(IT)
« Re di tremenda maestà, tu che salvi per tua grazia, salva me, o fonte di pietà. »


Recordare
(LA)
« Recordare Jesu pie, quod sum causa tuae viae, ne me perdas illa die. Quaerens me sedisti lassus, redemisti crucem passus; tantus labor non sit cassus. Juste judex ultionis, donum fac remissionis ante diem rationis. Ingemisco tamquam reus, culpa rubet vultus meus: supplicanti parce, Deus. Qui Mariam absolvisti, et latronem exaudisti, mihi quoque spem dedisti. Preces meae non sunt dignae, sed tu, bonus, fac benigne, ne perenni cremer igne. Inter oves locum praesta, et ab haedis me sequestra, statuens in parte dextra. »

(IT)
« Ricordati, o Gesù buono, che sono il motivo della tua via, non perdermi, in quel giorno. Cercandomi ti sedesti stanco, mi hai salvato morendo in croce; fa' che tanta fatica non sia inutile. O giudice che punisci giustamente, donami la remissione dei peccati prima del giorno del giudizio. Piango perché sono colpevole, il mio volto arrossisce per la colpa: risparmia chi ti supplica, o Dio. Tu che hai assolto Maria Maddalena, e hai esaudito il ladrone, hai dato speranza anche a me. Le mie preghiere non sono degne, ma tu, buono, fa benignamente, che io non bruci nel fuoco eterno. Dammi un posto tra gli agnelli, allontanami dai capri, ponendomi alla tua destra. »


Confutatis
(LA)
« Confutatis maledictis, flammis acribus addictis, voca me cum benedictis. Oro supplex et acclinis, cor contritum quasi cinis, gere curam mei finis. »

(IT)
« Messi a tacere i maledetti, gettati nelle vive fiamme, chiama me tra i benedetti. Prego supplice e prostrato, il cuore contrito come cenere, abbi cura della mia sorte. »


Lacrimosa
(LA)
« Lacrimosa dies illa, qua resurget ex favilla judicandus homo reus. Huic ergo parce, Deus. Pie Jesu Domine, dona eis requiem! Amen! »

(IT)
« Giorno di lacrime, quel giorno, quando risorgerà dal fuoco l'uomo reo per essere giudicato. Ma tu risparmialo, o Dio. Signore Gesù buono, dona loro riposo! Amen! »


Domine Jesu
(LA)
« Domine, Iesu Christe, Rex gloriae, libera animas omnium fidelium defunctorum de poenis inferni et de profundo lacu. Libera eas de ore leonis, ne absorbeat eas tartarus, ne cadant in obscurum; sed signifer sanctus Michael repraesentet eas in lucem sanctam, quam olim Abrahae promisisti et semini eius. »

(IT)
« Signore Gesù Cristo! Re di gloria! Libera le anime di tutti i fedeli defunti dalle pene dell'inferno e dalla fossa profonda! Liberale dalla bocca del leone, affinché non vengano inghiottite dal Tartaro, e non cadano nell'oscurità: ma l'alfiere san Michele le porti nella luce santa, che un tempo hai promesso ad Abramo e alla sua stirpe. »


Hostias
(LA)
« Hostias et preces tibi, Domine, laudis offerimus; tu suscipe pro animabus illis, quarum hodie memoriam facimus. Fac eas, Domine, de morte transire ad vitam. Quam olim Abrahae promisisti et semini eius. »

(IT)
« O Signore, a Te offriamo sacrifici e preghiere di lode. Ricevile in favore di quelle anime, delle quali oggi facciamo memoria: falle, o Signore, passare dalla morte alla vita, che un tempo hai promesso ad Abramo e alla sua stirpe. »


Sanctus
(LA)
« Sanctus, Sanctus, Sanctus
Dominus Deus Sabaoth.
Pleni sunt coeli et terra gloria tua.
Hosanna in excelsis. »

(IT)
« Santo, Santo, Santo
Signore Dio degli eserciti.
Pieni sono i cieli e la terra della tua gloria.
Osanna nell'alto. »

Benedictus

(LA)
« Benedictus qui venit in nomine Domini.
Hosanna in excelsis. »
(IT)
« Benedetto chi viene nel nome del Signore.
Osanna nell'alto. »

Agnus Dei
(LA)
« Agnus Dei, qui tollis peccata mundi,
dona eis requiem.
Agnus Dei, qui tollis peccata mundi,
dona eis requiem.
Agnus Dei, qui tollis peccata mundi,
dona eis requiem sempiternam. »

(IT)
« Agnello di Dio, che togli i peccati del mondo
dona loro pace.
Agnello di Dio, che togli i peccati del mondo,
dona loro pace.
Agnello di Dio, che togli i peccati del mondo,
dona loro pace eterna. »


Communio: Lux aeterna
(LA)
« Lux aeterna luceat eis, Domine,
cum Sanctis tuis in aeternum,
quia pius es.
Requiem aeternam dona eis, Domine,
et lux aeterna luceat eis, Domine.
Cum Sanctis tuis in aeternum,
quia pius es. »

(IT)
« Luce eterna splenda per loro, Signore,
con i Santi tuoi in eterno,
poiché sei buono.
Pace eterna dona loro, Signore,
e luce eterna splenda per loro, Signore.
Con i Santi tuoi in eterno,
poiché sei buono. »



[SM=g1740717] [SM=g1740720] [SM=g1740738] [SM=g1740752]

[SM=g1740722]


[Modificato da Caterina63 11/03/2010 22:07]
Fraternamente CaterinaLD

"Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
(fr. Carlos Alfonso Azpiroz Costa OP
Maestro dell’Ordine)
OFFLINE
Post: 39.988
Sesso: Femminile
13/03/2010 20:35
 
Email
 
Scheda Utente
 
Quota

A Bois - Seigneur - Isaac,

il "Preziosissimo Sangue del Miracolo"

(Belgio 1405)

Con questo nome si indica una località belga situata tra Nivelles e Braine l'Alleud, a circa una quindicina di km a sud di Waterloo. Vi si innalza un'abbazia, officiata, dalle sue origini sino alla Rivoluzione francese, dagli Agostiniani, poi, dal 1903, dai religiosi di Mondaye e oggi, dal 1921, dai Premonstratensi. In seguito a un voto fatto durante la prima crociata dal signore del luogo, chiamato Isaac, nel secolo XII, venne eretta nel bosco una cappella. Da qui il nome del paese.


Le visioni di Jean du Bois

Il fatto straordinario che ebbe luogo nella cappella fu preceduto, in un certo senso, da tre comunicazioni celesti piuttosto strane, ricevute dal signore del luogo di quel tempo, il cavaliere Jean de Huldenberghe, chiamato anche Jean du Bois.
Il martedì precedente la Pentecoste del 1405, verso mezzanotte, una voce che lo chiamava per nome, lo svegliò. In quell'istante, egli vide davanti a sé un uomo giovane di una trentina d'anni, con un mantello bleu, foderato di ermellino e circondato di luce. Dopo un momento di spavento, Jean du Bois chiese a questo personaggio ciò che desiderava. Questi aprì allora il suo mantello e apparve coperto di piaghe profonde dalle quali scorreva sangue.
"Guarda, disse, come sono stato maltrattato!" e chiese, nello stesso tempo, un medico capace di guarirlo e un avvocato che prendesse in mano la sua causa. Ma Jean du Bois si scusò: come trovare un medico tanto abile da portar rimedio a simili ferite? E come potrebbe lui che non era di alto rango vendicare il ferito dall'attentato? 
Ma l'uomo sanguinante replicò: "Questo medico lo troverai se lo cercherai con cura"!. 
Poi aggiunse: "Come non dovrei essere coperto di piaghe se ogni giorno me ne fanno delle nuove"?.
E, secondo un'antica cronaca, mostrò a Jean du Bois una larghissima piaga simile a quella che vien dipinta al costato destro di Nostro Signore Gesù Cristo. 

"Osserva più da vicino questa ferita, disse ancora il personaggio della visione, è quella che mi causa il più crudele tormento"!.

E, prima di sparire, "Se tu non puoi procurarmi altro rimedio porta almeno la tua mano sulle mie piaghe per addolcirle. Fa' quello che puoi e te ne sarò grato in modo che tu possa fare di meglio e io possa concedere perdono al mondo".
Né l'apparizione, né le parole udite, sembra abbiano fatto supporre a Jean du Bois, che fosse Cristo in persona che si manifestava a lui e che gli rivelasse il suo Cuore, chiedendo in un certo senso, riparazione per le offese degli uomini, come farà più tardi a Paray-le-Monial, rivolgendosi a Santa Margherita Maria. 
Così le visioni di Jean du Bois troveranno posto nella storia della devozione al Cuore di Gesù. Il giorno dopo, e ancora di notte, la visione si ripeté. Il misterioso personaggio rimproverò al cavaliere di non aver fatto nulla per sollevare le sue piaghe, dicendogli:
"Non troverò io nessuno che si interessi di me e che accetti di prendere in mano la mia causa?.
Dovrò corrucciarmi contro un mondo che rimane sordo ai miei lamenti?".
Al mattino, molto perplesso, Jean du Bois raccontò le visioni ai suoi familiari e amici chiedendo consiglio. Ma nessuno seppe darglielo.
Il cavaliere allora pregò suo fratello di tenergli compagnia durante la notte seguente.

La visione apparve la terza volta. E Jean du Bois gli chiese: "Se io facessi venire questo medico dove potrei indirizzarlo? Non so chi siete né dove abitate". 
L'uomo ferito rispose: "Prendi la chiave della cappella e recati là. Ivi mi troverai e saprai chi sono".
Al cavaliere sembrò in quel momento di stare eseguendo l'ordine: avanzando nel santuario, vide al di sopra dell'altare Cristo con il corpo ricoperto di piaghe, mentre dal costato aperto, usciva sangue a fiotti. 
Jean du Bois capì subito che il Salvatore si era rivolto a lui. 
Perciò con l'anima ardente si prostrò condividendo le angosce e i dolori di Gesù crocifisso.
Uscito dall'estasi, dichiarò a suo fratello: "Ci ha minacciati di adirarsi ancora di più contro l'umanità se non gli si presta maggior attenzione. Credo che egli sia Nostro Signore Gesù Cristo. L' ho visto veramente morire e dal suo costato è uscito una sorgente di sangue. Lo troveremo questa mattina di nuovo morto sull'altare".
Ciò dicendo, alludeva alla messa che stava per essere celebrata e dove si sarebbe annunziata e sacramentalmente prodotta di nuovo la morte del Redentore per la salvezza del mondo.
Di per sé, tuttavia, nessuna messa doveva essere celebrata il mattino seguente nella cappella di Bois-Seigneur, perché il parroco di Haut-Ittre doveva celebrare un anniversario nella sua chiesa parrocchiale. 
Ma quella notte, durante il sonno, una voce gli ordinò: 
"Sire Pierre, alzati e va subito a dire la messa della santa Croce nella cappella di Bois-Seigneur-Isaac".
Benché sorpreso, il sacerdote obbedì. Si recò dunque al santuarietto e chiamò i fedeli col suono della campana. 
Tra i presenti c'era Jean du Bois. Pierre Ost inizia la messa della santa Croce con straordinario fervore. 
Ma all'offertorio, mentre spiega il corporale, si accorge che un pezzetto di ostia consacrata, circa l'ottava parte 
di un'ostia grande, è rimasta lì dopo la messa del martedì precedente. Cerca di toglierla per consumarla alla comunione; 
ma la particella sembra incollata sul corporale e immediatamente emana delle gocce di sangue. 
Il prete sviene e Jean du Bois si avvicina per dargli aiuto: "Reverendo, non abbiate paura, gli dice, 
questa meraviglia viene da Dio!". 
Pierre Ost ripiega allora il corporale. Ne prende un altro per la messa, e prosegue la celebrazione. 
Terminato il santo sacrificio, apre il primo corporale. 
L'ostia è sempre là sanguinante. Rimane bianchissima e, in un certo senso, sollevata dal sangue. 
Tutti i presenti possono contemplare questo fatto straordinario e ben presto, conosciuto l'accaduto, 
il popolo accorre e constata.
Per quattro giorni, sino al martedì di Pentecoste, il sangue continua a colare, raggiungendo 
lo spessore di un dito su tre di larghezza. Poi, avendo macchiato quasi completamente 
il corporale, si coagulò a poco a poco e divenne secco dopo il giovedì del Corpus Domini.


L'inchiesta canonica

Pierre d'Ailly, vescovo di Cambrai (dal quale dipendeva Bois-Seigneur), informato dell'accaduto, volle esaminare personalmente il corporale macchiato di sangue. Lo conservò due anni, facendolo passare attraverso il vino, il latte, la lisciva e constatava che la macchia restava intatta. Per le istanze di Jean du Bois, acconsentì di ridare il corporale alla cappella di Bois-Seigneur e la fece consacrare dal suo ausiliare, il 3 maggio 1411, in onore del preziosissimo Sangue, della SS. Vergine e del Precursore.
In questa epoca, il vescovo di Cambrai fu nominato cardinale e Legato papale per tutta la Germania. Jean du Bois lo supplicò allora di confermare in modo ufficiale la realtà del prodigio. Già convinto nel suo intimo, il prelato volle tuttavia procedere in forma canonica. Perciò ordinò un'inchiesta nella quale furono incaricati il 23 settembre 1413 tre ecclesiastici di Nivelles. I commissari fecero comparire i testimoni i quali affermarono che avevano visto spandersi il sangue miracoloso. Raccontarono anche i miracoli operati dal medesimo preziosissimo Sangue. Dopo questo esame, Pierre d'Ailly, in qualità di Legato, pubblicò la bolla del 10 ottobre 1413 confermando "in virtù dell'autorità apostolica", l'autenticità del prodigio e dichiarando reliquia degna di essere onorata il corporale macchiato di sangue.

Fraternamente CaterinaLD

"Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
(fr. Carlos Alfonso Azpiroz Costa OP
Maestro dell’Ordine)
OFFLINE
Post: 39.988
Sesso: Femminile
19/03/2010 17:58
 
Email
 
Scheda Utente
 
Quota

Preghiera per tutte le vittime di abusi
 
 
18/03/2010

Da settimane, ormai, su tutti i mezzi di comunicazione appaiono di continue notizie riguardanti abusi sessuali commessi da sacerdoti su minori. Uno dei paesi maggiormente colpito da questi scandali è l'Irlanda.

Per questa ragione, e sulla base delle indicazioni date da Benedetto XVI, la diocesi di Dublino ha presentano questa preghiera a favore di coloro che hanno sofferto vessazioni da parte dei sacerdoti e che ora viene recitata in numerose parti del mondo. 

 

Signore, soffriamo molto
per ciò che alcuni di noi hanno fatto ai tuoi figli:
sono stati trattati in maniera totalmente crudele,
specialmente nell'ora del bisogno.
Gli abbiamo lasciato dentro una sofferenza
che porteranno per tutta la vita.
Questo non era nei tuoi piani per loro e per noi.
Per favore, Signore, aiutaci ad aiutarli.
Guidaci, Signore. Amen
.
 

Per il video clicca qui

Fraternamente CaterinaLD

"Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
(fr. Carlos Alfonso Azpiroz Costa OP
Maestro dell’Ordine)
OFFLINE
Post: 39.988
Sesso: Femminile
22/03/2010 00:19
 
Email
 
Scheda Utente
 
Quota



NON DIMENTICHIAMO I SACERDOTI PERSEGUITATI....



Prete AMMANETTATO e portato via per aver difeso la vita umana, preghiamo








                
Fraternamente CaterinaLD

"Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
(fr. Carlos Alfonso Azpiroz Costa OP
Maestro dell’Ordine)
OFFLINE
Post: 39.988
Sesso: Femminile
22/03/2010 19:19
 
Email
 
Scheda Utente
 
Quota

All'Angelus Benedetto XVI ricorda che la giustizia più grande è quella dell'amore

Intransigenti col peccato
indulgenti con le persone


"Impariamo ad essere intransigenti con il peccato - a partire dal nostro! - e indulgenti con le persone". Lo ha raccomandato il Papa all'Angelus di domenica 21 marzo, in piazza San Pietro, ricordando che Gesù insegna "a non giudicare e a non condannare il prossimo".

Cari fratelli e sorelle!
Siamo giunti alla Quinta Domenica di Quaresima, nella quale la liturgia ci propone, quest'anno, l'episodio evangelico di Gesù che salva una donna adultera dalla condanna a morte (Gv 8, 1-11). Mentre sta insegnando nel Tempio, gli scribi e i farisei conducono a Gesù una donna sorpresa in adulterio, per la quale la legge mosaica prevedeva la lapidazione.

Quegli uomini chiedono a Gesù di giudicare la peccatrice con lo scopo di "metterlo alla prova" e di spingerlo a fare un passo falso. La scena è carica di drammaticità:  dalle parole di Gesù dipende la vita di quella persona, ma anche la sua stessa vita. Gli accusatori ipocriti, infatti, fingono di affidargli il giudizio, mentre in realtà è proprio Lui che vogliono accusare e giudicare. Gesù, invece, è "pieno di grazia e di verità" (Gv 1, 14):  Egli sa che cosa c'è nel cuore di ogni uomo, vuole condannare il peccato, ma salvare il peccatore, e smascherare l'ipocrisia.

L'evangelista san Giovanni dà risalto ad un particolare:  mentre gli accusatori lo interrogano con insistenza, Gesù si china e si mette a scrivere col dito per terra. Osserva sant'Agostino che quel gesto mostra Cristo come il legislatore divino:  infatti, Dio scrisse la legge col suo dito sulle tavole di pietra (cfr. Comm. al Vang. di Giov., 33, 5). Gesù dunque è il Legislatore, è la Giustizia in persona. E qual è la sua sentenza? "Chi di voi è senza peccato, getti per primo la pietra contro di lei". Queste parole sono piene della forza disarmante della verità, che abbatte il muro dell'ipocrisia e apre le coscienze ad una giustizia più grande, quella dell'amore, in cui consiste il pieno compimento di ogni precetto (cfr. Rm 13, 8-10). È la giustizia che ha salvato anche Saulo di Tarso, trasformandolo in san Paolo (cfr. Fil 3, 8-14).

Quando gli accusatori "se ne andarono uno per uno, cominciando dai più anziani", Gesù, assolvendo la donna dal suo peccato, la introduce in una nuova vita, orientata al bene:  "Neanch'io ti condanno; va' e d'ora in poi non peccare più". È la stessa grazia che farà dire all'Apostolo:  "So soltanto questo:  dimenticando ciò che mi sta alle spalle e proteso verso ciò che mi sta di fronte, corro verso la mèta, al premio che Dio ci chiama a ricevere lassù, in Cristo Gesù" (Fil 3, 14).

Dio desidera per noi soltanto il bene e la vita; Egli provvede alla salute della nostra anima per mezzo dei suoi ministri, liberandoci dal male col Sacramento della Riconciliazione, affinché nessuno vada perduto, ma tutti abbiano modo di convertirsi.

In questo Anno Sacerdotale, desidero esortare i Pastori ad imitare il santo Curato d'Ars nel ministero del Perdono sacramentale, affinché i fedeli ne riscoprano il significato e la bellezza, e siano risanati dall'amore misericordioso di Dio, il quale "si spinge fino a dimenticare volontariamente il peccato, pur di perdonarci" (Lettera di indizione dell'Anno Sacerdotale).

Cari amici, impariamo dal Signore Gesù a non giudicare e a non condannare il prossimo. Impariamo ad essere intransigenti con il peccato - a partire dal nostro! - e indulgenti con le persone. Ci aiuti in questo la santa Madre di Dio che, esente da ogni colpa, è mediatrice di grazia per ogni peccatore pentito.

 



(©L'Osservatore Romano - 22-23 marzo 2010)
Fraternamente CaterinaLD

"Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
(fr. Carlos Alfonso Azpiroz Costa OP
Maestro dell’Ordine)
OFFLINE
Post: 39.988
Sesso: Femminile
24/03/2010 20:48
 
Email
 
Scheda Utente
 
Quota


Il 25 Marzo è la Festa Liturgica dell'Annunciazione:

L'Annunciazione nella tradizione siro-occidentale

Abbassò i cieli e discese


di Manuel Nin
 

La festa dell'Annunciazione della Santissima Madre di Dio e sempre vergine Maria è una delle poche feste che si trova lungo la Quaresima nelle tradizioni liturgiche orientali, introdotta a Costantinopoli attorno al 530. Allo sviluppo della festa contribuirono le omelie patristiche di tendenza antiariana - che sottolineavano, accanto all'umanità di Cristo, anche la sua divinità eternamente sussistente in Dio - e l'omiletica siriaca che enfatizzava il parallelo tra Eva e Maria. A Roma la festa fu introdotta da un Papa di origine siriaca, Sergio i (687-701), che stabilì una celebrazione liturgica a Santa Maria Maggiore con una processione.

Nei libri liturgici siro-occidentali la festa si chiama Annunciazione della Madre di Dio e la parola siriaca indica anche l'annuncio, la proclamazione del Vangelo, sottolineando il tema della buona novella dell'Incarnazione:  "Lode all'Unigenito del Padre che, all'annuncio di Gabriele arcangelo si è fissato nel seno di Maria e da essa ha preso un corpo per perdonare i peccati alla stirpe di Adamo". L'Incarnazione del Verbo di Dio diventa modello del suo abitare e prendere dimora nell'anima di ogni cristiano, la cui fede dei cristiani viene paragonata a quella di Maria. I testi liturgici, infatti, paragonano la "purezza della verginità" al "profumo della fede".

Un secondo aspetto messo in rilievo è il tema della veglia:  "Festa gioiosa quella odierna; voi credenti vegliate e siate attenti a meditare il mistero dell'Annunciazione che oggi festeggiamo, per dire anche noi:  la pace sia con te, piena di grazia". La liturgia siro-occidentale collega questo aspetto al titolo che dà agli angeli:  "vigilanti", cioè coloro che vegliano, titolo che la tradizione siriaca darà anche ai monaci. I testi liturgici sembrano preferire per Gabriele il titolo di "vigilante" al suo stesso nome:  "Il vigilante vola e scende presso la vergine Maria, le porge l'annuncio e le dice:  da te apparirà il Salvatore. Pace a te, Maria, perché il Padre ha voluto sceglierti per diventare madre del suo Figlio. Gabriele, il vigilante, annuncia alla vergine:  avrai un Figlio che salverà il mondo. Sarà come ogni bimbo, ma lui è l'Eterno".

La festa nella tradizione siriaca viene vista e celebrata come l'adempimento delle promesse ai padri:  "Il vigilante avvertì Maria del tuo concepimento; tu avevi dato la speranza ad Abramo; tu hai rallegrato la vergine col saluto di pace, che prende il posto dell'antica promessa fatta a Eva la nostra prima madre". L'ufficiatura del vespro, inoltre, riprende un tema caro ai Padri, cioè quello del Verbo creatore, cosicché la sua Incarnazione è vista come nuova creazione:  "Gloria e ringraziamento a te, Cristo Gesù Dio nostro. Tu che hai modellato l'uomo a tua immagine e l'hai sigillato con la somiglianza alla tua grandezza. Ma esiliato dalla tua eredità, tu hai voluto salvarlo e rialzarlo dalla sua caduta, e sei disceso e hai preso dimora nel seno della vergine".

Nel vespro si riprende ben cinque volte il saluto dell'angelo per mettere in rilievo il ruolo di Maria nel mistero della salvezza:  "La pace sia con te, piena di grazia, il Signore è con te, benedetta tra le donne. La pace sia con te, piena di grazia, madre del Creatore di tutto l'universo. La pace sia con te, piena di grazia, nave benedetta che porta il tesoro che arricchisce tutta l'umanità. La pace sia con te, piena di grazia, perché per te la maledizione di Eva è stata cancellata. La pace sia con te, piena di grazia, vite benedetta, perché tutta la creazione si delizia col vino del tuo grappolo". Nella festa i testi biblici, e specialmente i salmi, vengono letti in chiave cristologica:  "Abbassò i cieli e discese. Lasciando le schiere di fuoco e di spirito e il luogo sublime della sua esistenza, il Verbo di Dio discese per prendere dimora nel seno di carne. La buona novella di Gabriele porta la pace a tutta la creazione".

L'ufficiatura del mattutino raccoglie diversi inni di sant'Efrem, dove si sottolinea l'attesa nella preghiera di Maria:  "Cosa stava facendo, la casta, nel momento in cui Gabriele, inviato, volando discese presso di lei? Ella lo vide nel momento della preghiera, perché anche Daniele aveva visto Gabriele durante la preghiera. La preghiera e la buona novella, sua parente, è giusto che esultino vicendevolmente come Maria ed Elisabetta".

Efrem presenta poi alcune figure bibliche che ricevono una buona novella al momento della loro preghiera:  Abramo, Ezechia, Zaccaria, Simon Pietro, accostando Gabriele, il "vigilante" che annuncia l'Incarnazione, ai pastori "vigilanti" alla nascita del Verbo di Dio:  "Nelle altezze fremeva, la misericordia, alla voce delle creature che invocavano aiuto. Fu inviato Gabriele, venne a dare il buon annuncio del tuo concepimento". Mentre Maria intercede per tutta la Chiesa:  "Ti chiediamo, Madre benedetta, di intercedere presso il Dio che da te è nato affinché perveniamo alla perfezione del suo e del nostro amore e arriviamo al paradiso con tutti coloro che hanno ricevuto l'unzione del santo battesimo".


(©L'Osservatore Romano - 25 marzo 2010)
Fraternamente CaterinaLD

"Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
(fr. Carlos Alfonso Azpiroz Costa OP
Maestro dell’Ordine)
OFFLINE
Post: 39.988
Sesso: Femminile
25/03/2010 10:42
 
Email
 
Scheda Utente
 
Quota

[SM=g1740717] [SM=g1740720] [SM=g1740750]

[SM=g1740734]


Τη Υπερμάχω στρατηγώ τα νικητήρια , ως λυτρωθεία των δεινών ευχαριστήρια
αναγράφω Σοι η Πόλις Σου , Θεοτόκε . Αλλ’ ως έχουσα το κράτος απροσμάχητον ,
εκ παντοίων με κινδύνων ελευθέρωσον , ίνα κράζω Σοι , Χαίρε , Νύμφη , Ανύμφευτε .


Alla Condottiera Vincitrice di ogni battaglia la mia vittoria, perché io, la Tua Città, scampai ai pericoli a te ascrivo i miei ringraziamenti o Deipara. Ma tu che hai potenza invincibile, da ogni pericolo liberami, perché possa acclamarTi: Ave o Sposa Immacolata"

Oggi è il giorno dell'Annunciazione: che la Vergine possa difendere la Chiesa e i fedeli dagli scandali degli uomini, dalla rabbia dei nemici di Cristo, dall'ignavia dei Suoi innamorati. Oggi ricorre anche la festa nazionale greca, in ricordo di quel 25 Marzo 1821, quando il monaco Germanòs issò la bandiera della libertà dai Turchi: la nazione canta l'inno alla Vergine con devozione. Uniamoci ai nostri fratelli perché la Madre Celeste possa sempre difenderci dai pericoli.

Pubblicato da Francesco Colafemmina


[SM=g1740722]

Fraternamente CaterinaLD

"Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
(fr. Carlos Alfonso Azpiroz Costa OP
Maestro dell’Ordine)
Amministra Discussione: | Chiudi | Sposta | Cancella | Modifica | Notifica email Pagina precedente | 1 | Pagina successiva
Nuova Discussione
Rispondi

Feed | Forum | Bacheca | Album | Utenti | Cerca | Login | Registrati | Amministra
Crea forum gratis, gestisci la tua comunità! Iscriviti a FreeForumZone
FreeForumZone [v.6.1] - Leggendo la pagina si accettano regolamento e privacy
Tutti gli orari sono GMT+01:00. Adesso sono le 01:50. Versione: Stampabile | Mobile
Copyright © 2000-2024 FFZ srl - www.freeforumzone.com