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MAMME E PAPA' ( e a voi giovani)... ATTENTI ALLA "RETE" MA ANCHE ALLA TV

Ultimo Aggiornamento: 05/07/2016 14:03
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I social network, un'oasi di pace per i pedofili


La denuncia dell'Associazione Meter contenuta nel Rapporto 2009


ROMA, mercoledì, 3 febbraio 2010 (ZENIT.org).- La pedofilia è un crimine e uccide i bambini, ma non fa notizia. E mentre tutto questo accade nell’indifferenza generale, i pedofili si specializzano e trovano un proprio spazio “tranquillo” all’interno dei social network più trendy del momento.

Sono questi gli aspetti più preoccupanti che emergono dal Rapporto 2009 presentato il 2 febbraio nella sede nazionale di Avola (SR) dall’Associazione Meter (www.associazionemeter.org), fondata da don Fortunato Di Noto, che coordina 15 sportelli in Italia con 300 operatori a tutela dell’infanzia.

Una vera e propria emergenza sotto gli occhi di tutti: 51.290 siti segnalati in sei anni, 560 segnalazioni ricevute dalla hotline Meter e 2.668 chiamate al Numero verde nazionale, 824 casi al 2009 accompagnati presso il Centro di ascolto e accoglienza dell’Associazione e 120 convegni nel 2009.

Una risposta globale ad un fenomeno altrettanto globale. Un impegno, specialmente quello del monitoraggio online, svolto 24 ore su 24 in collaborazione con la Polizia Postale e delle Comunicazioni – Compartimento di Catania e con il Centro Nazionale di contrasto contro la pedofilia e la pedopornografia online (CNCPO) e con le varie Polizie estere.

Meter e la Polpost collaborano insieme grazie a una Convenzione siglata nel 2008 che consente a Meter di collaborare per un’azione comune di contrato della pedopornografia online e non solo a scopo repressivo, ma anche preventivo ed educativo (il 30% circa delle segnalazioni inserite nella blacklist sono della Meter).



Il 2009, boom di segnalazioni

Il 2009 ha visto un incremento dell’attività di segnalazione svolta dai volontari Meter. In particolare, nel corso dell’anno appena concluso sono state inviate 1.560 segnalazioni alla Polpost e alle Polizie estere, per un totale di 7.240 indirizzi (siti e riferimenti).

Una vera e propria esplosione, visto che nel 2008 le segnalazioni erano state solo 2.850. Anche l’Italia non è esente dal fenomeno di produzione e scambio del materiale pedopornografico, tanto che il 2009 ha visto la segnalazione di 51 indirizzi.

Come emerge dall’analisi delle segnalazioni, gli USA sono in testa all’entità delle segnalazioni con il 23% del totale, tallonati dalla Russia a quota 22%. Al terzo posto l’Europa, che si attesta – nel complesso – al 15%.

Questo basta a sfatare il mito dei paesi del “turismo pedofilo online”, un tempo tradizionalmente indicati nel Sudest asiatico. Anche nella “civile” Europa è dunque possibile produrre e smerciare “filmetti” sullo stupro di bambini da pochi giorni a 12 anni.

Questa cooperazione vede, per conto di Meter, l’attività dei suoi esperti che assicurano continuità metodologica tra le attività di monitoraggio e analisi dei fenomeni della Rete e le finalità investigative.

Soprattutto per quanto concerne la ricerca delle vittime della pedopornografia, Meter aiuta la Polpost – nel rispetto delle normative attualmente in vigore – nella ricerca e individuazione delle vittime di sfruttamento sessuale e produzione del materiale pedopornografico.

Non solo: Meter e Polpost collaborano insieme sulle attività di formazione funzionali alle finalità della Convenzione. Sono ben 560 le segnalazioni raccolte l’anno scorso grazie all’apposito form presente sul portale www.associazionemeter.org.

Un dato incoraggiante che mostra come il mondo virtuale stia prendendo lentamente coscienza del fatto che la rete non può essere un Far West telematico in cui chiunque possa fare qualsiasi cosa.

Social network e programmi di file sharing

Per il momento, i pedofili sembrerebbero aver trovato uno spazio privilegiato in cui agire nei social network. Nel 2009 Meter ha denunciato 851 comunità di pedofili: 509 segnalazioni su Ning (100 profili sequestrati e oscurati da Polpost italiana e USA), 39 su Youtube (su cui sono in corso indagini), 20 su Facebook (indagini in corso) e 5 per Netlog (anche qui indagini in corso), 278 per Grou.ps (anche qui indagini in corso).

Non mancano tra le segnalazioni quelle riguardanti il mondo del file sharing, il 60% delle indagini per detenzione, in alcuni casi produzione e divulgazione riguardano i maggiori strumenti di condivisione e scambio file in Rete. L’attività della Polpost è al momento in corso.

Infantofilia

Il 2009 è stato anche l’anno dell’infantofilia, questo nuovo trend che riguarda l’abbassamento ulteriore dell’età dei bimbi abusati da pochi giorni a due anni, in particolare nelle foto e nei video. Una piaga emergente che si è trasformata anche in un business con un giro d’affari tra 2,04 e 13,62 miliardi di euro, per un totale di 200.000 minori coinvolti ogni anno.

La speranza che non muore

“I numeri sono crudi, spesso asettici e non riescono a rendere tutto il dolore dietro questi dati”, spiega don Fortunato Di Noto.

“E’ stato un anno tremendo, ma la speranza non muore - dichiara il sacerdote -. Perché chi salva un bambino salva un mondo intero e ne abbiamo salvati tanti”.

“La nostra missione è ormai conosciuta in tutto il mondo – continua – tanto che il nostro esempio è studiato anche in Cina e la Polizia Giapponese ha richiesto un nostro contributo di studio per la formulazione di nuovi norme per il contrasto della pedofilia”.

“Ma non è questo a contare – precisa –, conta il fatto che dobbiamo continuare nella lotta contro un nemico sempre più subdolo”.

Poi lancia un appello: “Denunciate e rompete il silenzio, considerate i figli degli altri come figli vostri e non temete di intervenire con le vostre segnalazioni a Meter e Polpost se ritenete che certe situazioni possono portarvi a sospettare”.

“Quello che conta, però, è non perdere il coraggio e la voglia di andare avanti: il male esiste ma possiamo distruggerlo. Si richiede un patto educativo, bisogna partire dai nuovi nati digitali, difendendo e tutelando i già nati”, conclude.

[Il Rapporto 2009 è consultabile al sito www.associazionemeter.org]



Fraternamente CaterinaLD

"Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
(fr. Carlos Alfonso Azpiroz Costa OP
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24/02/2010 14:10
 
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Bambini, ragazzi e internet: la rete e la paura dell'ignoto


 di Claudia Di Giovanni, direttrice della Filmoteca Vaticana.



* * *

I nuovi media hanno conquistato vasto spazio nel nostro quotidiano, inducendoci a prendere familiarità con continui e veloci sviluppi tecnologici. Il loro utilizzo è irrinunciabile per i giovani, non a caso definiti «generazione digitale», con riferimento soprattutto a chi è nato dopo il 1991. Proprio negli anni Novanta, infatti, la diffusione della rete internet ha ridefinito i parametri della conoscenza, dello spazio e del tempo, con notevoli conseguenze sulla società e sul singolo.

Da sempre le innovazioni tecnologiche, nell'incontro con la tradizione, hanno creato reazioni diverse, tra diffidenza ed entusiasmo, diffidenza per l'avanzare di un nuovo dagli effetti imprevedibili, entusiasmo per le eventuali potenzialità, segnando così il confine tra prima e dopo, con effetti comunque irreversibili.

Questo si è  verificato in diversi contesti storici, coinvolgendo spesso i giovani, naturalmente aperti al nuovo, sotto lo sguardo preoccupato degli adulti, inclini talvolta a considerare la novità come una minaccia, quasi un sintomo di degenerazione degli usi tradizionali.

Ogni secolo ha avuto le proprie preoccupanti «novità» che, apparse sulla scena, sono state incriminate e analizzate. È stato così per determinati libri, ritenuti non adatti ai giovani, per il cinema, considerato all'inizio fuorviante e diabolico, per i fumetti, sospettati di distruggere la fantasia, per alcuni generi musicali, per la televisione, i videogiochi. E la lista potrebbe continuare, individuando in ogni epoca il timore e le ansie che accompagnano varie novità, insieme alla naturale predisposizione degli adulti a proteggere i più giovani da qualcosa che non si conosce sino in fondo.

Ogni cambiamento ha modificato l'ambiente, ma soprattutto la persona. I bambini di oggi, infatti, immersi sin dalla nascita nella tecnologia, sviluppano dinamiche di apprendimento più percettive, diverse in parte da quelle delle precedenti generazioni, portati per loro natura all'uso dei mezzi tecnologici.

I nuovi media hanno creato dunque una vera e propria cultura che, come ogni cultura, parla un suo linguaggio. Quando andiamo in un Paese straniero, dobbiamo imparare una lingua; questo non significa solo studiare regole grammaticali e un nuovo vocabolario, significa entrare nella cultura che ha generato il linguaggio, prestando attenzione a molteplici aspetti e sfruttando l'immaginazione per immedesimarci in una realtà diversa dalla nostra e riuscire a comunicare con chi fa parte di quella cultura.

Pertanto, per entrare pienamente in questa nuova cultura digitale, occorre seguire lo stesso schema per parlare quel linguaggio che i giovani hanno appreso in maniera più naturale e veloce degli adulti, proprio come accade per le lingue.

Nel mondo digitale, si ridefiniscono così le dinamiche dell'apprendimento, ma anche quelle del gioco, poiché l'industria crea giocattoli progettati sempre più come supporto alla conoscenza e allo sviluppo del linguaggio. Se per ogni generazione il gioco è stato occasione per esplorare l'area del linguaggio, in un processo di creatività, ma anche di collaborazione e scambio, il nuovo ambiente digitale può essere un'altra opportunità per guidare il bambino nell'apprendimento della lingua parlata e scritta.

Un'altra opportunità, non un'alternativa, perché i processi di apprendimento e sviluppo del pensiero richiedono un tempo più lento, in contrasto con la velocità della nostra epoca. Pensare e riflettere richiede uno spazio silenzioso, non interrotto da altri stimoli e sollecitazioni, in cui si rielaborano le nostre conoscenze, in cui il bambino sviluppa la sua personalità che, attraverso il gioco, l'apprendimento, la lettura, la fantasia, il rapporto con gli altri esseri umani,  conduce  alla  completezza di sé.

Nel mondo digitale la rapidità e il predominio delle immagini potrebbero sfavorire a volte il linguaggio verbale e la sua ricchezza, la vera lettura, quella che ci permette di entrare in sintonia con chi ha scritto le proprie emozioni, spingendoci a dar voce alle nostre, stimolando la fantasia e aiutandoci a scendere nella nostra parte più profonda.

I bambini, attratti da immagini che si rincorrono all'infinito, rischiano di abituarsi a una sovrastimolazione di contenuti, a scapito di un'analisi critica e di una profonda elaborazione personale, ridimensionando la fantasia e rompendo l'incanto. Ancora oggi, la lettura resta, infatti, il modo migliore per sviluppare il linguaggio parlato, rielaborare il pensiero e comprendere concetti complessi; è un'abitudine che non può essere sostituita dall'ambiente digitale, ma affiancata, per riuscire a creare quell'armonia tra la tradizione e l'innovazione tecnologica, che deve continuare a esistere.

Se dunque da un lato i nostri bambini sono naturalmente portati all'uso di questi mezzi, gli adulti continuano ad avere un ruolo fondamentale, quello di educatori tradizionali, incoraggiando i bambini a sfruttare gli elementi positivi offerti dai nuovi media, ma nello stesso tempo ricordando che ci sono regole utili nel mondo reale, così come in quello digitale, e soprattutto mantenendo aperto un dialogo che non faciliti la segretezza, a volte rischiosa, sotto cui si agisce nella Rete.

Se per anni l'allarme si è concentrato sulla televisione, oggi come allora, pur nel panorama tecnologico in continua evoluzione, il problema continua a essere la comunicazione tra le generazioni, la creazione di spazi in cui dialogare e confrontarsi, perché l'enorme potenziale tecnologico a disposizione non può sostituirsi alla capacità di comprendere l'espressione di uno sguardo e riuscire a esprimere se stessi nel confronto verbale con l'altro.

[L'OSSERVATORE ROMANO - Edizione quotidiana - del 20 febbraio 2010]


Fraternamente CaterinaLD

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27/02/2010 00:19
 
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Perché sono necessarie delle regole per la rete

Il business
della libertà


di Luca M. Possati


Il ragazzo è picchiato e deriso dai compagni di classe:  piccole schermaglie, qualche spintone, insulti. Cronico bullismo scolastico, si dirà, se non fosse per due particolari niente affatto marginali. Primo:  quello preso di mira è un disabile. Secondo:  un altro ragazzo sta riprendendo la scena con il telefonino. Il video, girato a Torino nel maggio 2006, è caricato su Youtube e diventa un "successo" (5.500 contatti) fino a quando non viene rimosso. Tre anni più tardi il Tribunale di Milano decide di condannare tre manager europei di Google, la società proprietaria di Youtube, per la pubblicazione del contenuto.

In attesa di conoscerne le motivazioni, che verranno rese note tra qualche mese, nella sentenza di Milano c'è già una novità sostanziale:  per la prima volta in un Paese occidentale è stato stabilito che un motore di ricerca su internet e i suoi dirigenti possono essere ritenuti legalmente responsabili per il materiale messo in rete - sul motore stesso o su siti collegati - da parte di terzi, cioè di utenti che hanno libero accesso alla struttura.

La decisione ha acceso il dibattito pubblico e scatenato le reazioni del mondo politico internazionale. Alcuni commentatori hanno attaccato la sentenza in quanto lesiva della libertà del web, altri hanno invece applaudito la decisione sottolineando la necessità di fissare paletti normativi per un settore così nuovo.

Tra i due estremi si colloca la questione decisiva:  come preservare quella creatività e quella libertà di azione che caratterizzano la rete, rendendola tanto affascinante e densa di opportunità d'ogni tipo, e assicurare al contempo un controllo sui contenuti? La sentenza di Milano va nella giusta direzione:  servono regole; i motori di ricerca e i provider hanno responsabilità penali. Ma il problema è quali regole introdurre per bilanciare diritti e doveri, e chi debba stabilirle e farle rispettare. Questioni non facili, ma forse è il momento di aprire una discussione globale e di creare nuovi strumenti, come un Internet Bill of Rights. Fenomeni come quello del video incriminato non sono isolati:  giorni fa su Facebook è stato chiuso un gruppo contro i disabili.

Come nel caso dello scontro con la Cina o di quello con la Thailandia, Google è stato nuovamente difeso con forza dall'Amministrazione statunitense. "Siamo negativamente colpiti dalla decisione", ha dichiarato in una nota l'ambasciatore americano in Italia, David Thorne. "Il segretario di Stato, Hillary Clinton, lo scorso 21 gennaio - spiega la nota - ha affermato con chiarezza che un internet libero è un diritto umano inalienabile che va tutelato nelle società libere". Il comunicato poi rincara la dose, mettendo in risalto che "è necessario prestare grande attenzione agli abusi; tuttavia, eventuale materiale offensivo non deve diventare una scusa per violare questo diritto fondamentale".

I vertici di Mountain View hanno definito la sentenza ridicola affermando che il video era stato rimosso quasi subito dopo la segnalazione dell'associazione Vividown e che si sarebbe dovuto condannare gli autori del filmato piuttosto che i dirigenti del provider. "Ci troviamo di fronte a un attacco ai principi fondamentali di libertà sui quali è stato costruito internet". Anche "Reporter sans frontières" ha parlato di limiti inaccettabili alla libertà d'espressione.

Resta il fatto - sottolineano gli esperti - che nella maggior parte dei casi risalire agli autori dei contenuti e a coloro che li hanno caricati sulla piattaforma di Youtube è un'impresa ardua se non impossibile. D'altronde - affermano altri - pensare che i manager di un provider debbano controllare tutti i materiali messi in linea è una proposta altrettanto folle, contando che il popolo della rete si aggira sui due-tre miliardi di utenti al giorno. Google da solo conta una media  di  155  milioni  di  visitatori  al mese.

Il problema alla radice è che la rete è un affare per molti. Youtube dà a tutti la possibilità di guadagnare grazie alla pubblicità:  i video più visti - come quello della sentenza di Milano, come altri, magari pornografici, razzisti o violenti - offrono grandi opportunità di introiti da dividere tra gli autori e il provider.

È un algoritmo a decidere i filmati che possono essere monetizzati. Tuttavia, il sospetto è lecito, con ogni probabilità sarà ancora una volta il colosso californiano a guadagnare di più da questa operazione, a sfruttare il richiamo alla libertà di espressione per far lievitare gli introiti. Costruire un sistema di controllo è costoso:  pagando gli addetti alle revisioni anche solo cinque dollari l'ora, il costo annuo del controllo preventivo dei filmati supererebbe gli ottanta milioni di dollari. Troppo, per i vertici di Mountain View.

Troppo, anche se Google guadagna dai dieci ai venti miliardi di dollari l'anno e Youtube vende pubblicità a 178.000 dollari al giorno, quasi cinque milioni e mezzo di dollari al mese. MySpace - dicono le stesse fonti - guadagnerà fino a 900 milioni di dollari l'anno dopo aver firmato un accordo con Google. Cifre da capogiro.

È il business della libertà. Che tuttavia non può essere senza freni.


(©L'Osservatore Romano - 27 febbraio 2010)
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ATTENZIONE, CLICCATE QUI:


ATTENZIONE: LETTERA DI BENEDETTO XVI CONTRO GLI ABUSI SESSUALI NELLA CHIESA





Desidero concludere questa Lettera con una speciale Preghiera per la Chiesa in Irlanda, che vi invio con la cura che un padre ha per i suoi figli e con l’affetto di un cristiano come voi, scandalizzato e ferito per quanto è accaduto nella nostra amata Chiesa. Mentre utilizzerete questa preghiera nelle vostre famiglie, parrocchie e comunità, possa la Beata Vergine Maria proteggervi e guidarvi lungo la via che conduce ad una più stretta unione con il suo Figlio, crocifisso e risorto. Con grande affetto e ferma fiducia nelle promesse di Dio, di cuore imparto a tutti voi la mia Benedizione Apostolica come pegno di forza e pace nel Signore.

Dal Vaticano, 19 marzo 2010, Solennità di San Giuseppe

BENEDICTUS PP. XVI






Preghiera per la Chiesa in Irlanda


Dio dei padri nostri,

rinnovaci nella fede che è per noi vita e salvezza,

nella speranza che promette perdono e rinnovamento interiore,

nella carità che purifica ed apre i nostri cuori

ad amare te, e in te, tutti i nostri fratelli e sorelle.

Signore Gesù Cristo,

possa la Chiesa in Irlanda rinnovare il suo millenario impegno

alla formazione dei nostri giovani sulla via della verità,

della bontà, della santità e del generoso servizio alla società.

Spirito Santo, consolatore, avvocato e guida,

ispira una nuova primavera di santità e di zelo apostolico

per la Chiesa in Irlanda.

Possano la nostra tristezza e le nostre lacrime,

il nostro sforzo sincero di raddrizzare gli errori del passato,

e il nostro fermo proposito di correzione,

portare abbondanti frutti di grazia

per l’approfondimento della fede

nelle nostre famiglie, parrocchie, scuole e associazioni,

per il progresso spirituale della società irlandese,

e per la crescita della carità. della giustizia, della gioia e della pace, nell’intera famiglia umana.

A te, Trinità,

con piena fiducia nell’amorosa protezione di Maria,

Regina dell’Irlanda, Madre nostra,

e di San Patrizio, di Santa Brigida e di tutti i santi,

affidiamo noi stessi, i nostri ragazzi,

e le necessità della Chiesa in Irlanda.

Amen.




Fraternamente CaterinaLD

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20/05/2010 21:32
 
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Non lasciamoli mai soli i Bambini [SM=g1740730]

it.gloria.tv/?media=76547






[SM=g1740717]



[SM=g1740720]


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25/05/2012 00:39
 
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Mia figlia vittima di Facebook. La lettera di un padre

dal blog ilsegnodeitempi

E’ arrivato un commento al servizio su Facebook sulla mia settimana trascorsa tra i ragazzini di dieci-undici anni che si affacciano ai social network. A scrivere è un padre per raccontare quello che è capitato a sua figlia. Non poteva essere lasciato come semplice commento.
[SM=g1740733] Leggete e capirete perché
:

Bello e interessante il servizio sui rischi del baby facebook.
Con un’aggiunta: oltre ai pericoli del furto d’identità e dell’incappare in un “mostro” (si pensa sempre che queste cose non possano toccare proprio noi) c’è un altro aspetto non meno inquietante. La vita dei nostri figli cambia. In peggio.

Si concedono Internet e facebook perché altrimenti i nostri ragazzi si sentono isolati. Lamentano di essere esclusi perché ce l’hanno tutti: amici, compagni di classe, cugini. Poi le cose cambiano. Perché a 14 anni è facile usare facebook ma è difficile non abusarne.
Nostra figlia, su facebook, l’ultimo anno c’ha vissuto. E’ diventata una droga.
Telefonino e internet sono diventati le sue principali e uniche passioni. Andava bene a scuola ma poi i voti sono cominciati a peggiorare. Le ore dedicate alla lettura di un libro o alla visione di un buon film sono state sostituite a quelle di infinite chattate e clic su “mi piace”. Le piaceva danzare e giocare a tennis; e primeggiava in entrambe le cose. Poi più.

Preferiva scartabellare le pagine di altri profili on line, in modo compulsivo. E’ diventata disobbediente, arrogante, maleducata e apatica.

Sparita ogni curiosità, scomparso ogni interesse sano. Sempre meno il tempo passato con genitori e amici. Sempre di più quello passato in camera sua. Chiusa e sola. E triste. Peggio: le sue insicurezze si sono ingigantite a furia di passare in rassegna le foto postate dalle amiche. La mora ammira e invidia la bionda e viceversa; la robusta ammira e invidia la magra e viceversa; la bassa ammira e invidia la alta e viceversa: e l’autostima precipita a livelli di guardia.
I nostri figli non si apprezzano più per come sono ma sognano solo come vorrebbero essere. E rimangono delusi.
Eppure non possono fare a meno della loro dose di facebook che non basta mai.

Come dei tossici. Mentono a tutti pur di stare incollati al video, anche a se stessi.
Grandi colpe le abbiamo noi genitori: incapaci di dire dei “no”. Succubi del capriccio, del pianto e delle suppliche dei nostri ragazzi.
Confortati, anche, da una bieca e strisciante opportunità: è più comodo lasciarli appiccicati davanti al computer che dar loro retta. Da mesi, dopo un giro di vite, le cose stanno finalmente cambiando. Più controlli a Internet (Cosa guarda nostra figlia? Cosa la incuriosisce?) e meno ore sul computer (due al giorno non di più). E, finalmente, nostra figlia ha ricominciato a danzare. E a sorridere.



[SM=g1740733]


Fraternamente CaterinaLD

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08/07/2012 23:39
 
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IL POTERE DELLA PUBBLICITA' E L'ISTIGAZIONE AL VIZIO

Non c'è soltanto qualcuno che vuole imporre il suo prodotto, ma chi segue pervicacemente l'ideologia totalizzante dello schiavismo del peccato

di Cristina Siccardi

La pubblicità è una delle forme più persuasive per indirizzare i gusti e le scelte delle persone. Il primo annuncio pubblicitario risale al 1630 e apparve su un giornale di quel tempo: era una semplice inserzione che richiamava il nome del prodotto. Con la rivoluzione industriale e con l'incremento della produzione delle merci è aumentato l'uso di fare pubblicità, fino a diventare la cosiddetta "anima del commercio".
Essa è il motore trainante degli indirizzi degli usi e dei costumi delle diverse generazioni e la sua importanza ha dato vita ad una vera e propria scienza, che utilizza le tecniche e tecnologie più avanzate, avvalendosi del lavoro di psicologi, sondaggisti, sociologi, disegnatori, fotografi, grafici, registi, attori, musicisti, cantanti... e le cifre impiegate sono da capogiro.

Nel 1928 il pubblicitario statunitense Edward Bernays, scrisse nel suo libro intitolato Propaganda: «coloro che hanno in mano questo meccanismo (...) costituiscono (...) il vero potere esecutivo del paese. Noi siamo dominati, la nostra mente plasmata, i nostri gusti formati, le nostre idee suggerite, da gente di cui non abbiamo mai sentito parlare. (...) Sono loro che manovrano i fili...». Bernays si riferiva sia alla propaganda politica, che a quella commerciale, i cui strumenti sono gli stessi: la sua campagna per la American Tobacco Company negli anni Venti, per incitare le donne a fumare, consistette, per esempio, nell'associare visivamente in maniera costante la sigaretta e l'emancipazione della donna.

Se i media sono il quarto potere, la pubblicità è il quinto. Attraverso la pubblicità noi possiamo osservare storicamente e filosoficamente i cambiamenti della civiltà postmoderna. Rimanendo nel contesto italiano, si riscontra quanto siano mutati, da quando esiste la Tv, non soltanto i gusti della popolazione, ma come siano cambiati i parametri della realizzazione delle stesse pubblicità. La televisione italiana iniziò a mandare in onda le pubblicità con un programma che ebbe un successo strepitoso, il celebre Carosello, che la RAI mandò in onda dal 3 febbraio 1957 al 1º gennaio 1977.

Sebbene esso abbia attraversato la rivoluzione sessantottina, mantenne, fino alla fine, un decoro ed un rispetto dei canoni basilari del buon gusto e della decenza. Dagli anni Ottanta in poi le cose sono precipitate, sia in Tv che sui rotocalchi... Oggi la situazione è grave, considerando anche il fatto che si è aggiunto un nuovo ed invasivo canale di trasmissione: Internet. I cartelloni pubblicitari che si trovano per le strade delle nostre città e a volte le réclame che fasciano i mezzi pubblici sono un altro campo di semina nefasto e devastante per diffondere non soltanto mode cattive e perverse, ma anche esercitare pressioni ideologiche lontane dai valori e dai principi cristiani o addirittura semplicemente naturali.
Poste a veri e propri lavaggi del cervello, a volte, soltanto visivi, ma che si imprimono indelebilmente nella mente, senza difese, senza barriere, senza... pietà. Numerose sono le réclame dove i protagonisti sono volgarità, aggressività, prepotenza. E le principali vittime sono i bambini, spesso e volentieri non protetti dagli stessi genitori, ormai assuefatti alla droga pubblicitaria, che avanza come un orco famelico. Non resta che l'autodifesa: non guardare, non ascoltare, nonostante l'imposizione di un mondo senza verità e scatenato nella manipolazione innaturale delle menti.

Imperano nella pubblicità: il relativismo, l'egoismo, l'edonismo, l'idolatria del corpo, il piacere dei cinque sensi. Spesso lo stile di vita proposto non è quello tradizionale della famiglia, ma del single e tutto ruota intorno a questo unico individuo, che non si sacrifica per nessuno e vive soltanto per se stesso, per piacersi e per piacere. Il ritmo della musica è spesso serrato, il linguaggio e il tono delle voci sono veloci, penetranti, conturbanti. La figura femminile, sia essa un'adolescente o una madre di famiglia, è sovente spregiudicata e arrogante; la figura maschile occupa ruoli a volte non consoni al proprio stato. E, ormai, si è giunti alla pubblicità che inneggia, subliminalmente oppure sfacciatamente, all'omosessualità.

Oggi, la maggior parte dei locali pubblici ha il suo megaschermo televisivo, persino alcuni studi medici e dentistici possiedono l'apparecchio che trasmette, ad libitum, pubblicità su pubblicità, senza considerare chi sta di fronte: dal neonato all'ultracentenario. Non abbiamo soltanto più a che fare con qualcuno che vuole imporre il suo prodotto, ma con chi segue pervicacemente l'ideologia totalizzante dello schiavismo del peccato. Enumerare i peccati che la pubblicità continuamente propone è impressionante: le figure retoriche con le loro iperboli, antonomasie, metonimie o metafore sono concepite in modo tale da condurre la persona sulla via della menzogna e dell'illusione.

La pubblicità cerca di sedurre attraverso un'immagine del "politicamente corretto": tutti devono essere appagati ed è indubbio che siano presi in considerazione i vizi capitali. Nel 1947 Georges Bernanos affermò che i motori di scelta della pubblicità sono proprio i sette peccati capitali, per la ragione che è molto più facile puntare ai vizi dell'uomo, piuttosto che alle sue virtù.

 
Fonte: Corrispondenza Romana, 12/06/2012
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05/07/2016 14:03
 
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[SM=g1740758] COME PESCI NELLA RETE guida per non essere le sardine di internet

I numeri dicono molto: in Italia si parla di 25 mila furti d’identità e 11 mila reati informatici denunciati ogni anno, oltre 100 mila vittime di virus informatici, mentre un milione di nuovi malware appaiono su Internet ogni giorno.

mimesisedizioni.it/come-pesci-nella-rete.html

gloria.tv/video/f8xDov6Vi77m4a9HHkYTUZySC






[SM=g1740771]

Fraternamente CaterinaLD

"Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
(fr. Carlos Alfonso Azpiroz Costa OP
Maestro dell’Ordine)
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