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Il Simbolo della Fede e il Padre Nostro consegnati da sant'Agostino

Ultimo Aggiornamento: 13/07/2010 20:46
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La consegna del Padre nostro ai competentes (da S. Agostino)
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da Sant’Agostino, Discorsi II/1 (51-85). Sul Nuovo Testamento, Città Nuova, Roma, 1982, pp. 140-163 (quattro sermones ai competentes, ai candidati al battesimo), citati in Armando Cuva, Le consegne dei vangeli, del Simbolo e della preghiera del Signore nel rito romano. Dalla Bibbia alla vita ecclesiale, Queriniana, Brescia, 1999, pp. 111-112

Dal discorso 56. Sul Vangelo di Mt 6. La preghiera del Signore (l’orazione domenicale) esposta ai competenti
«[...] Voi non avete appreso prima l’orazione domenicale e poi il simbolo della fede, ma prima il Simbolo col quale poteste sapere che cosa avreste dovuto credere, e poi l’orazione mediante la quale poteste sapere chi avreste dovuto invocare. Il Simbolo è dunque l’espressione della fede, l’orazione è la formula della preghiera, poiché è proprio colui il quale crede ad essere esaudito quando prega» (n. 1).
«Molti però chiedono [a Dio] ciò che non dovrebbero chiedere, ignorando che cosa sia utile a loro. Orbene, due cose deve evitare chi prega: di chiedere ciò che non deve e di chiedere a colui al quale non deve» (n. 2).

Dal discorso 57. Di nuovo su Mt 6. Sull’orazione insegnata dal Signore. Ai competenti
«L’ordinato svolgimento della vostra istruzione è quello di imparare prima ciò che dovete credere e poi ciò che dovete chiedere nella preghiera. [...] Avete prima imparato le verità da credere e oggi avete imparato a invocare colui nel quale avete creduto» (n. 1).

Dal discorso 58. Parimenti su Mt 6,9-13. L’orazione domenicale. Ai competenti
«Avete ripetuto il Simbolo, che è un compendio delle verità della fede [...]. Poiché dunque non solo vi è stato già insegnato, ma avete anche tenuto a mente e ritenuto come si deve credere in Dio, oggi dovete imparare come si deve pregarlo. È stato il Figlio in persona – come avete udito mentre si leggeva il vangelo – a insegnare ai suoi discepoli e ai suoi fedeli questa preghiera [la preghiera del Signore]. Tenete dunque a mente anche questa preghiera, che dovete ripetere fra otto giorni. Ma quelli di voi, che non hanno ripetuto bene il Simbolo, hanno il tempo sufficiente per impararlo e lo ritengano a mente, poiché lo dovrete ripetere a memoria alla presenza di tutti i fedeli che vi ascolteranno, nel giorno del sabato, nell’ultimo giorno della settimana in cui dovete essere battezzati. Da qui a otto giorni invece dovete ripetere a memoria questa preghiera che imparate quest’oggi» (n. 1).
«[...] Il giorno del sabato, quando, per grazia di Dio, faremo la veglia di preghiere, ripeterete a memoria non l’orazione, ma il Simbolo della fede. Recitatelo ogni giorno; quando vi alzate, quando vi mettete a letto per dormire, recitate il vostro Simbolo, ripetetelo al Signore, richiamatelo alla memoria tra voi stessi, non vi rincresca di ripeterlo. È utile, infatti, ripeterlo, affinché non accada che ve lo dimentichiate. Non dite: “L’ho recitato ieri, l’ho recitato oggi, lo recitato ogni giorno, lo ricordo bene”.
Richiama alla mente la tua fede, esamina te stesso; il tuo Simbolo sia per te come uno specchio. Vediti in esso se credi tutte le verità della fede che professi di credere, e rallegrati ogni giorno della tua fede. [...] Quando arriveremo al luogo dove regneremo, non ci sarà più bisogno di recitare il Simbolo, poiché vedremo Dio, sarà visto da noi proprio Dio; il premio di questa fede sarà la visione di Dio» (n. 11 [13]).


Fraternamente CaterinaLD

"Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
(fr. Carlos Alfonso Azpiroz Costa OP
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DISCORSO 181

SULLE PAROLE DELLA PRIMA LETTERA DI GIOVANNI (1, 8-9):
" SE DICIAMO CHE NON ABBIAMO PECCATO,
INGANNIAMO NOI STESSI, E LA VERITÀ NON È IN NOI ".
CONTRO I PELAGIANI

Nessuno vive quaggiù senza peccato.

1. 1. Il beatissimo apostolo Giovanni, scrivendo in modo efficace per la salvezza e secondo verità, fra le altre cose, afferma: Se diciamo che non abbiamo peccato, inganniamo noi stessi e la verità non è in noi. Se invece riconosciamo i nostri peccati, è fedele e giusto colui che può rimetterci i peccati e purificarci da ogni colpa 1. Il beato Giovanni, o meglio, proprio il Signore Gesù cui dà voce Giovanni, con tali parole ha insegnato che nessuno in questa carne, in questo corpo corruttibile, in questa terra, in questo mondo maligno, in questa vita piena di tentazioni... qui nessuno vive senza peccato. La sentenza ha senso pieno, né ha bisogno di chi spieghi: Se diciamo che non abbiamo peccato. Chi è allora senza peccato? Come dice la Scrittura: Neppure il bambino che ha un giorno di vita sulla terra 2. Il neonato non ha commesso peccato, ma lo ha derivato dai genitori. Ne segue che in nessun modo un uomo può dire di non aver peccato. Ma l'uomo credente si è accostato per la fede al lavacro della rigenerazione, e gli sono stati rimessi tutti i peccati; ora è vivo sotto la grazia, vive nella fede, è diventato membro di Cristo, è diventato membro di Cristo e tempio di Dio: eppure, così come è diventato tempio di Dio, se dice di non aver peccato, inganna se stesso e la verità non è in lui; appunto se dice: sono giusto, mentisce.

L'errore dei Pelagiani: qui si trovano giusti immuni dal peccato. Argomento dei Pelagiani.

2. 2. Ma alcuni sono otri gonfiati, pieni di arroganza, molto grossi non fisicamente, ma tronfi del vizio della superbia, baldanzosi al punto di asserire che si trovano uomini senza alcun peccato. Affermano dunque che i giusti in questa vita non hanno proprio alcun peccato. Ma a dirlo sono gli eretici i Pelagiani, specie i seguaci di Celestio. E quando a loro è stato replicato: Che andate dicendo? L'uomo vive ancora quaggiù senza peccato e non ha assolutamente peccato alcuno, né di opera, né di parola, né di pensiero? Rispondono attingendo al vento della superbia, di cui sono pieni - voglia il cielo che cessassero dal tirar fuori quel vento, si sgonfiassero e tacessero, cioè, si facessero umili, non orgogliosi - rispondono, ripeto: " Precisamente questi uomini, i giusti, i fedeli di Dio, né di opera, né di parola, né di pensiero possono avere peccato alcuno ". E quando si dice loro: Chi sono questi giusti, i quali sono senza peccato? Dicono in risposta: " La Chiesa intera ". Potrei meravigliarmi se ne trovo uno, due, tre, dieci 3, quanti ne cercava Abramo. Veramente Abramo da cinquanta scese a dieci: tu, eretico, come risposta mi dici: " La Chiesa intera ". Che prova ne dai? " Lo provo ", tu ribatti. Prova, ti prego. Mi procuri certo una grande gioia se riuscirai a mostrare che proprio la Chiesa intera, in ciascuno di quelli che sono i suoi fedeli, non ha peccato alcuno. Lo provo, insisti. Spiega come. Ne parla l'Apostolo. Che dice l'Apostolo? Cristo - dice - ha amato la Chiesa. Ascolto e riconosco le parole dell'Apostolo. Purificandola per mezzo del lavacro dell'acqua accompagnata dalla parola, per farsi comparire la Chiesa tutta gloriosa, senza macchia né ruga né alcunché di simile 4. Abbiamo udito dalla nube tuoni potenti. La nube è infatti l'Apostolo di Dio. Sono rimbombate queste parole e ci hanno fatto tremare.

Sono confutati dalla loro dichiarazione riguardo a se stessi. Gli eretici sono contro la Chiesa.

3. 3. Ma diteci - prima che domandiamo in che senso l'Apostolo dica queste parole - diteci, ripeto, se voi siete giusti oppure no. Rispondono: Siamo giusti. Quindi non avete peccato? Nel corso di ogni giorno e d'ogni notte non fate alcunché di male, non dite nulla di male, non pensate nulla di male? Non osano dire: Nulla. Ma che rispondono? Siamo indubbiamente peccatori, ma parliamo dei santi, non di noi. Vi domando questo: Siete cristiani? Non dico: Siete giusti? Siete cristiani? Non ardiscono negare. Siamo cristiani, rispondono. Siete dunque dei fedeli? Siete dei battezzati? Siamo battezzati, rispondono. Vi sono stati rimessi tutti i peccati? Sì, rimessi, rispondono. Com'è allora che siete peccatori? Ho abbastanza di che confondervi. Voi siete cristiani, siete battezzati, siete fedeli, siete membra della Chiesa, e avete macchie e rughe? Com'è dunque la Chiesa nel tempo presente senza macchia né ruga 5, quando voi siete la sua ruga e la sua macchia? O se non volete che la Chiesa sia altra di quella che è, senza macchia e senza ruga, con le vostre rughe e le vostre macchie tagliatevi fuori dalle sue membra, tagliatevi fuori dal suo corpo. Ma perché insisto a dire che si separino dalla Chiesa quando lo hanno già fatto? Sono eretici, infatti sono già fuori; con tutta la loro impeccabilità sono rimasti fuori. Ritornate ed ascoltate; ascoltate e credete.

Falsa umiltà dei Pelagiani.

3. 4. Direte forse nel vostro cuore gonfio e superbo: Abbiamo per caso potuto dire che siamo giusti? In realtà era necessario che per umiltà ci dicessimo peccatori. Allora è per umiltà che mentisci? Sei giusto, sei senza peccato; ma per umiltà dici che sei peccatore. Come mi è possibile accoglierti, in quanto sei cristiano, da testimone contro un altro se ti trovo falso testimone contro te stesso? Sei giusto, sei senza peccato, e dici di avere peccato. Sei dunque un falso testimone contro di te. A Dio non è gradita la tua umiltà menzognera. Esamina la tua vita, guarda la tua coscienza. Insomma sei giusto, ma non puoi fare a meno di dirti peccatore? Ascolta Giovanni; ti ripete egli stesso ciò che anche più avanti ha detto con verità: Se diciamo - dice - che non abbiamo peccato, inganniamo noi stessi e la verità non è in noi 6. Tu non hai peccato e dici di avere peccato; la verità non è in te. Giovanni non ha detto infatti: Se diciamo che non abbiamo peccato, l'umiltà non è in noi, ma ha detto: inganniamo noi stessi e la verità non è in noi. Siamo perciò mentitori se diciamo di non aver peccato. Se Giovanni ha temuto la menzogna, tu non esiti a mentire, al punto di dichiararti peccatore, pur essendo giusto? Come posso allora assumerti da testimone per una causa altrui se per la causa che ti riguarda non sei veritiero? Tu definisci colpevoli i giusti mentre produci contro di te una falsa testimonianza. Come ti comporterai verso l'altro, tu che diffami te stesso? In che modo l'altro eviterà la tua calunnia se ti dichiari colpevole ammettendolo falsamente?

La menzogna sotto la veste dell'umiltà costituisce peccato.

4. 5. Ti ripeto la domanda in altri termini: Sei giusto oppure sei peccatore? Tu rispondi: Peccatore. Dici una menzogna perché in cuor tuo credi di non esserlo, con la bocca lo dici. In conseguenza, se peccatore non eri, cominci ad essere tale col mentire. Tu dici infatti: Noi ammettiamo per umiltà di essere peccatori; Dio vede appunto che siamo giusti. Quindi, quando dici un falso per umiltà, se prima di mentire non eri peccatore, con la menzogna fai sì che diventi ciò che avevi evitato. Non è in te la verità, a meno che dirti peccatore non comporti anche riconoscere che in realtà lo sei. Ora la verità è proprio questa: che tu dica quello che sei. Giacché come può trovarsi umiltà dove trionfa la falsità?

La Chiesa quaggiù non può essere senza peccato. Risulta dalla preghiera del Signore.

4. 6. Da ultimo prescindiamo dalle parole di Giovanni; e qui, nel corpo della Chiesa che dici non abbia né macchia né ruga o alcunché di simile e che è senza peccato. E qui, verrà l'ora della preghiera, sarà la Chiesa intera a pregare; anche tu, che sei fuori di certo, vieni alla preghiera del Signore; vieni a verificare il tuo peso, vieni e di': Padre nostro che sei nei cieli. Prosegui: Sia santificato il tuo nome. Venga il tuo regno. Sia fatta la tua volontà, come in cielo così in terra. Dacci oggi il nostro pane quotidiano. Va' avanti e di': Rimetti a noi i nostri debiti. Rispondi, eretico, quali sono i tuoi debiti? Hai forse ricevuto denaro prestato da Dio? No, dice. Non ti farò più domande al riguardo, il Signore stesso infatti spiegherà quali siano i debiti che chiediamo ci siano rimessi. Diciamo perciò quel che viene dopo: Come anche noi li rimettiamo ai nostri debitori. Lo spieghi il Signore: Se voi infatti perdonerete agli uomini le loro colpe (quindi i vostri debiti sono i peccati), anche il Padre vostro perdonerà i vostri peccati. Ritorna, perciò, o eretico, alla preghiera, se hai chiuso gli orecchi al senso autentico della fede. Dici o non dici: Rimetti a noi i nostri debiti? Se non lo dici, sebbene tu sia presente di persona, sei tuttavia fuori della Chiesa. E' veramente la preghiera della Chiesa, è la voce che viene dall'insegnamento del Signore. Egli ha detto: Pregate così 7; lo ha detto ai discepoli, lo ha detto agli Apostoli, lo ha detto a qualsiasi di noi che siamo agnellini; lo ha detto agli arieti del gregge: Pregate così. Considerate chi è che lo ha detto ed a chi lo ha detto. La Verità ai discepoli, il Pastore dei pastori agli arieti: Pregate così: Rimetti a noi i nostri debiti, come anche noi li rimettiamo ai nostri debitori. Il Re ai soldati, il Signore ai servi, il Cristo agli Apostoli, la Verità parlava agli uomini, l'Altissimo agli umili. So che cosa passa in voi; io vi peso, io rendo conto del dato che dà la bilancia. Dico con assoluta certezza che cosa passa in voi. Lo so più di voi infatti. Voi dite: Rimetti a noi i nostri debiti, come anche noi li rimettiamo ai nostri debitori.

La Chiesa intera chiede che le si rimettano i peccati. Qui si opera affinché la Chiesa dei cieli sia senza macchia o ruga.

5. 7. Domando a te, uomo giusto, santo, uomo senza macchia né ruga, domando a te, dico: Questa preghiera è da Dio, è propria dei fedeli, o dei catecumeni? Senza alcun dubbio è propria dei rigenerati, cioè dei battezzati; infine - ed è ciò che vale più di tutto - è propria dei figli. Giacché, se non è dei figli, con che faccia si dice: Padre nostro che sei nei cieli 8? Dove siete voi allora, o giusti e santi? Siete o non siete tra le membra di questa Chiesa? Vi eravate, ma non vi siete più. E voglia il cielo che coloro che già sono separati, tenuto conto della ragione, ascoltino e credano. Pertanto se la Chiesa intera dice: Rimetti a noi i nostri debiti, chi non lo dice è un reprobo. Ed anche noi, certo, quando diciamo: i nostri debiti, finché non riceviamo quello che chiediamo, siamo reprobi, perché siamo peccatori; ma facendo noi - cosa che voi non fate -, cioè riconoscendo i nostri peccati, veniamo purificati; sempre se facciamo ciò che diciamo: Come anche noi li rimettiamo ai nostri debitori 9. Dove ti trovi tu, o eretico, Pelagiano o Celestiano? Ecco, la Chiesa intera dice: Rimetti a noi i nostri debiti. Quindi ha le macchie e le rughe. Ma in grazia della confessione la ruga si spiana, con la confessione la macchia si lava. La Chiesa sta in piedi nella preghiera per essere purificata per mezzo della confessione; e finché vive quaggiù si mantiene così. E quando ciascuno lascerà il corpo, gli vengano rimessi tutti i debiti di tal natura da poter essere rimessi, perché vengano rimessi anche con le orazioni quotidiane. Ed allora parte purificato e la Chiesa, oro puro, passa nei tesori del Signore; e per questo la Chiesa è senza macchia né ruga nei tesori del Signore 10. E se là è senza macchia né ruga, perché si deve pregare quaggiù? Per ricevere il perdono. Chi concede il perdono deterge la macchia, chi usa indulgenza spiana la ruga. E dove si spiana la nostra ruga? Nella croce di Cristo, come sulla corda tesa di un grande lavatoio. Proprio sulla croce infatti, cioè su questa corda tesa egli versò il suo sangue per noi. E voi, i fedeli, sapete quale testimonianza dovete offrire al sangue che avete ricevuto. Dite infatti con verità: Amen. Voi sapete quale sangue fu sparso per molti in remissione dei peccati. Ecco in che modo la Chiesa diventa senza macchia né ruga, in che modo, ben lavata, viene allungata sulla corda tesa della croce; ma questo non si può fare assolutamente che qui. Il Signore si fa comparire davanti la Chiesa tutta gloriosa, senza macchia né ruga. Fa questo anche qui, ma è là che lo mostra. Egli fa dunque questo, che non abbiamo né macchia né ruga. E' grande colui che opera, prepara bene, è un artefice espertissimo. Allunga sul legno, e rende senza ruga appunto noi che lavando aveva deterso da ogni macchia; egli che venne senza macchia e senza ruga fu allungato sulla corda tesa; questo per noi, non per sé, per renderci senza macchia e senza ruga. Chiediamogli di farlo e dopo che lo ha fatto ci conduca nel granaio e ci depositi là dove non ci sarà chi ci schiacci.

Il rimedio dei peccati immancabili nella vita. Il Cristiano di retta fede non commette peccati mortali. Condizione per la quale ci vengono rimessi i peccati quotidiani.

6. 8. Allora tu che parli sei senza macchia né ruga? Che fai qui nella Chiesa che dice: Rimetti a noi i nostri debiti 11? Riconosce di avere debiti che le devono essere perdonati. Coloro che non li riconoscono, non per questo non ne hanno; ma è per questo che non saranno loro perdonati. Ci rende santi la confessione e un modo di vivere prudente e umile: pregare con fede, avere il cuore contrito, lacrime sincere sgorganti dall'intimo del cuore, affinché ci vengano rimessi i peccati, che non possiamo evitare nella vita. Riconoscerli è la nostra salvezza, secondo l'espressione dell'apostolo Giovanni: Se riconosciamo i nostri peccati egli è fedele e giusto perché ci perdoni i peccati e ci purifichi da ogni colpa 12. Poiché affermo che non possiamo essere senza peccati in questa vita, non è che dobbiamo commettere invece omicidi o adultèri o altri peccati mortali, che fanno perire immediatamente. Non ne commette di tali il Cristiano di retta fede e di sana speranza; commette però i soli peccati che si cancellano con il tocco quotidiano della preghiera. Umili e devoti diciamo ogni giorno: Rimetti a noi i nostri debiti, ma a condizione di fare ciò che segue: Come anche noi li rimettiamo ai nostri debitori 13. Questo patto con Dio è un vero contratto con relativa clausola ben determinata. Tu sei uomo ed hai un debitore ed anche tu sei debitore. Presèntati a Dio che ha debitori e non è debitore, per esigere che ti condoni i debiti. Ma ti dice questo: Io non ho debiti, tu hai debiti; sei tu infatti che devi a me, ma anche un tuo fratello è tuo debitore. Tu sei mio debitore, anche tu hai un debitore. Tu sei mio debitore perché hai peccato contro di me; hai debitore un fratello perché ha peccato contro di te. Ciò che farai al tuo debitore, lo faccio io con il mio: cioè se tu perdoni, io perdono; se non perdoni, io non perdono. Tu che non perdoni agli altri, con il tuo " non perdono " vai contro di te. Pertanto, nessuno dica di essere senza peccato; tuttavia, però, non dobbiamo per questo amare il peccato. Odiamoli, fratelli; anche se non siamo senza peccati, tuttavia, odiamoli; e soprattutto teniamoci lontano dai peccati più gravi; per quanto possiamo teniamoci lontani dai peccati lievi. Io - dice non so chi - non ho peccati. Inganna se stesso e la verità non è in lui. Insomma preghiamo perché Dio conceda il perdono; ma facciamo ciò che viene detto, perdoniamo anche noi i nostri debitori. Quando perdoniamo, siamo anche noi perdonati. Lo diciamo ogni giorno, facciamolo anche ogni giorno ed ogni giorno si realizza in noi. Non siamo senza peccato quaggiù, ma usciremo di qui senza peccato.

Fraternamente CaterinaLD

"Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
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13/07/2010 20:46
 
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DISCORSO 348/A

CONTRO L'ERESIA PELAGIANA.

Come i pelagiani storcano il senso del finale del "Padre nostro".

1. Vi domando, fratelli, che cosa credete rispondano i pelagiani quando si contrappongono loro le due richieste del Padre nostro: Rimetti a noi i nostri debiti, come anche noi li rimettiamo ai nostri debitori, e: Non ci indurre in tentazione 1. Inorridii quando seppi la loro risposta, che non ascoltai direttamente, ma mi fu riferita dal nostro Urbano, il santo confratello che è vescovo con me, presbitero prima in questa Chiesa, e ora vescovo a Sina. Egli mi riferì, al suo ritorno da Roma, di essersi scontrato con uno che condivideva le idee dei pelagiani: egli aveva cercato di metterlo alle strette con l'autorità dell'orazione del Signore, dicendogli che, se noi avessimo la facoltà di non peccare e di vincere tutte le tentazioni di peccato con le sole forze della nostra volontà, non avremmo motivo di chiedere a Dio di non indurci in tentazione; ma si sentì rispondere che noi preghiamo Dio di non indurci in tentazione volendo evitare quei mali che non dipendono da noi, come una caduta da cavallo, una frattura al piede, l'aggressione di un brigante e simili cose. Sosteneva costui che si deve appunto pregare per le cose che non dipendono da noi, ma che, se vogliamo vincere le tentazioni dei peccati, ne abbiamo la possibilità senza ricorrere all'aiuto di Dio.

L'eresia pelagiana è confutata dalle stesse parole di Cristo.

2. Voi vedete, fratelli, come sia perversa questa eresia; lo vedete e ne provate tutti orrore. Ma fate attenzione al pericolo di lasciarvene prendere; io conosco a quali cavillosi e tortuosi ragionamenti ricorrano codesti uomini empi che si sono allontanati dalla verità e, già presi da queste idee eretiche, non vogliono darsi vinti. Fate attenzione, vi prego, a quello che hanno escogitato di dire. Dicono che quando noi preghiamo: Non indurci in tentazione 2, chiediamo che non ci capiti qualcosa che non dipende da noi in quanto riguarda il corpo. Noi dovremmo in tal caso pensare che, quando il Signore disse: Vigilate e pregate per non entrare in tentazione 3, volesse che noi chiedessimo che ci fosse evitato di romperci un piede o soffrire mal di capo o incorrere in qualche altro guaio. Egli non intendeva certo dire questo, ma ciò che disse a Pietro: Ho pregato per te perché non venga meno la tua fede 4. Dice: Ho pregato per te, lo dice Dio a un uomo, il Signore al servo, il Maestro al discepolo, il Medico al malato: Ho pregato per te. Non ha pregato perché non gli venga a mancare l'uso di una mano, di un piede, di un occhio, della parola ovvero perché si risolva una paralisi che impedisce l'uso di membra, bensì ha pregato perché non venga meno la tua fede. Invece costoro sostengono che è nostra facoltà che non venga meno la nostra fede.

Si citano le orazioni consuete nella Chiesa e un passo di Paolo.

3. Si prega dunque Dio perché ci conceda quello che costoro invece sostengono che non dobbiamo chiedere pregando l'eterna Maestà divina, ma è nostra facoltà avere. Con ciò essi negano valore, senso e forza alle benedizioni che noi pronunciamo su di voi. Siete soliti, credo, fratelli miei, sentirmi dire: " Rivolti al Signore, benediciamo il suo nome; il Signore ci conceda di perseverare nei suoi comandamenti, di camminare sulla via retta dei suoi insegnamenti, di piacergli in ogni opera buona ", e simili altre preghiere. Ma secondo costoro tutto quello che chiediamo con tali preghiere rientra invece nelle nostre facoltà, e quindi è vano questo nostro supplicare per voi. Dobbiamo difendere noi stessi e voi da questo attacco, che toglierebbe valore sia alle benedizioni che pronunciamo per voi sia all'amen con cui voi le confermate. Fratelli miei, il vostro amen è la vostra firma, esprime la vostra conferma e il vostro consenso. Per impedire che qualcuno di costoro riprovi noi e voi, cerchiamo la nostra difesa nell'apostolo Paolo; vediamo se egli non ha espresso per il suo popolo suppliche simili a quelle che esprimiamo noi per voi. Ascoltiamo che cosa ha detto in un suo passo: sarà una citazione breve. Ma prima, se è qui presente qualche seguace della nuova eresia, mi rivolgo a lui direttamente per chiedergli conferma se sostiene proprio che il non peccare è nostra facoltà e che per non peccare non abbiamo bisogno dell'aiuto divino perché ci basta il nostro libero arbitrio. Questo appunto costoro sostengono, e l'interpellato, ecco, lo conferma. Ma allora gli metto davanti quello che dice l'Apostolo scrivendo ai Corinzi: Preghiamo Dio perché non facciate nulla di male 5. Avete fatto attenzione e avete udito e, poiché l'Apostolo è molto chiaro, avete appreso e capito quello che egli dice: Preghiamo Dio perché non facciate nulla di male. Avrebbe potuto dire: Vi ammoniamo di non fare del male, o: Vi insegniamo a non fare del male, o anche: Vi ordiniamo, vi prescriviamo. Esprimendosi in quest'altro modo, avrebbe dichiarato che anche la nostra volontà vale; e certo a qualcosa vale anche la nostra volontà, ma non basta da sola. Egli però ha preferito dire: preghiamo, per sottolineare proprio il valore della grazia, volendo far capire ai suoi che, quando non fanno nulla di male, non operano solo con la loro volontà, ma con l'aiuto di Dio mettono in pratica quello che lui ha comandato.

Riconoscere il libero arbitrio non comporta la negazione della grazia.

4. L'arbitrio della nostra volontà è confermato dal fatto che ci sono dati dei precetti, ma il fatto che l'adempimento dei precetti è oggetto di preghiera conferma l'aiuto della grazia. L'una e l'altra cosa è presente nella Scrittura: si danno comandamenti e si levano suppliche, e si chiede con suppliche proprio quello che viene comandato. Seguitemi in ciò che dico. Ci viene dato il comando di capire. Come ci viene comandato di capire? Lo ascoltiamo nel Salmo: Non siate come il cavallo e il mulo che sono privi di intelligenza 6. Avete sentito che ci è dato il comando di chiedere per mettere in pratica quello che ci è comandato. Ed è ancora la Scrittura a insegnarci come chiederlo. Dalla Scrittura ascoltiamo il comando: Non siate come il cavallo e il mulo che sono privi di intelligenza, e in quanto ci viene dato un comando, è riconosciuta la nostra volontà. Ascoltiamo anche la preghiera che ci fa riconoscere la grazia: Fammi capire e imparerò i tuoi comandi 7. Ci è stato comandato di aver saggezza: anche questo comando lo leggiamo nella Scrittura. " Dove lo leggiamo? ". Prestate ascolto: Voi, insensati tra il popolo, stolti, ragionate da saggi una buona volta 8! A questo punto quell'eretico, qui presente, mi farebbe rilevare che il fatto che Dio ci comandi di essere saggi, conferma che è in nostro potere esserlo. E sono d'accordo, come già ho detto: ho ascoltato il precetto e ho riconosciuto la parte della nostra volontà; ma, io dico, si ascolti anche la preghiera che fa riconoscere la parte della grazia. Quanto alla sapienza che ci è comandata ascoltiamo che cosa ci dice l'apostolo Giacomo: Se qualcuno di voi non è saggio, chieda la saggezza a Dio, il quale dona a tutti generosamente 9. Ci è dato anche il comando della continenza; lo scrive a Timoteo l'Apostolo: Consèrvati puro 10. E` un comando, un ordine: lo dobbiamo ascoltare e osservare. Ma se non ci aiuta Dio, noi non riusciamo. Tentiamo di farcela con la volontà, e la volontà si adopera quanto può, ma non presumiamo di avere la capacità di riuscire, se la nostra debolezza non è sostenuta. Se in un passo della Scrittura è dato il precetto: Consèrvati puro, in un altro passo si legge: Sapendo che nessuno può conservare la continenza se Dio non la concede - ed era proprio della sapienza sapere da chi viene tale dono -, mi rivolsi al Signore e lo pregai 11. Ecco che cosa fa. Non v'è bisogno di molte altre citazioni, fratelli miei: ogni precetto che ci viene dato dobbiamo chiedere con la preghiera di poterlo osservare, senza però abbandonarci all'inerzia e restare supini, non volendo proprio far nulla da parte nostra e chiedendo a Dio di farci piovere il cibo in bocca, e poi anche di farcelo deglutire, se il cibo è così abbondante che noi non ci riusciamo. E` necessario che anche noi ci adoperiamo e facciamo qualche sforzo; per quello che ci riesce di fare, dobbiamo rendere grazie; per quello che non ci riesce, dobbiamo pregare. Ringraziando, evitiamo di peccare di ingratitudine, e chiedendo quello che ancora ci manca, evitiamo di restarne privi, impediti dalla nostra incapacità.

Velenosa obiezione dei pelagiani. Fu assolto Pelagio, non la sua eresia.

5. Riflettete dunque, fratelli miei, su quelle cose che vi ho detto. E qualora si avvicini a voi qualcuno a dirvi che l'ammettere che nulla è in facoltà nostra se non ci viene dato da Dio, porterebbe a concludere che il premio finale dovrebbe essere dato da Dio a se stesso, non a noi, voi ormai sarete in grado di individuare la provenienza di tale discorso: esso fluisce da una vena di veleno, una vena malata in seguito alla ferita del serpente. Oggi Satana cerca di cacciare fuori dalla Chiesa per mezzo del veleno degli eretici, così come un tempo ci cacciò fuori dal paradiso col veleno del serpente. Nessuno dica che l'autore dell'eresia fu assolto dai vescovi. Questi diedero l'approvazione alla dichiarazione di lui, che fu propriamente una correzione, e la diedero perché risultarono pienamente cattoliche le affermazioni da lui fatte alla presenza dei vescovi; però i vescovi che lo assolsero non conoscevano quello che egli aveva scritto nei suoi libri. Può darsi che egli si fosse corretto. Quanto a lui come persona, non si deve disperare della sua salvezza: forse preferì mettersi in accordo con la fede cattolica ricorrendo alla grazia e all'aiuto che da essa ci viene. Chissà che non sia avvenuto così. Ma in ogni caso non fu assolta l'eresia ma fu assolto l'uomo che la rifiutava.

Fraternamente CaterinaLD

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(fr. Carlos Alfonso Azpiroz Costa OP
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