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CRISI DEL SACERDOZIO? cerchiamo di capire le ragioni...

Ultimo Aggiornamento: 28/01/2012 14:40
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18/02/2010 16:19
 
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e naturalmente ulteriore materiale inserito in questa sezione dedicata all'Anno Sacerdotale in particolare:

Catechesi Magisteriali di Benedetto XVI ai Sacerdoti


in quest'Anno dedicato, appunto al Sacerdote, non potevano mancare le somme....ossia portare alla luce ciò che si dice da tempo: CRISI DEL SACERDOZIO, CRISI DELLE VOCAZIONI...ma perchè?


tenteremo di spiegarlo con alcuni testi recenti...




Patologia psichica e normalità nel prete
Bisogna vigilare
sulla propria storia

    di Giuseppe Crea

    Oggi più che mai si sente il bisogno di recuperare il senso carismatico del sacerdozio, ed è doveroso farlo nel contesto di questo Anno sacerdotale. Celebrare la dignità di tanti presbiteri dediti al ministero e alla missione pastorale vuol dire saper vigilare sul dono di questa vocazione, con un atteggiamento di conversione e di rinnovamento che tenga conto anche delle emergenze educative che a volte affiorano nel loro stile di vita.
    Gli episodi delle problematiche affettive, come anche le difficoltà psichiche derivanti da una maturazione umana frammentaria e discontinua, fanno supporre che la psicologia e le scienze umane devono essere saggiamente integrate nel processo di strutturazione della personalità presbiterale (cfr. Pastores dabo vobis, n. 71) per aiutare ogni singolo a essere fedele al progetto di Dio.

    "A volte, come già osservava san Carlo Borromeo, siamo sommersi da troppe richieste, troppe cose contemporaneamente, troppo poco tempo per prepararsi, troppe emozioni da vivere...!", diceva un giovane prete indiano, indaffarato dalla mattina alla sera con le tante emergenze del suo lavoro pastorale tra i poveri della sua parrocchia. Tornano però in mente le parole di Carlo Borromeo ai presbiteri:  "Eserciti la cura d'anime? Non trascurare per questo la cura di te stesso, e non darti agli altri fino al punto che non rimanga nulla di te a te stesso. Devi avere certo presente il ricordo delle anime di cui sei pastore, ma non dimenticarti di te stesso".
    Vigilare sulla propria storia vuol dire custodire un atteggiamento di gratitudine verso Colui che chiama al servizio dell'amore pastorale. Ma, vuol dire anche, saper guardare alle proprie difficoltà psichiche con un'ottica di crescita e di maturazione, prendendo sul serio la propria storia psichica e vocazionale, per assumersi la responsabilità d'uno stile di vita che sia coerente con la scelta presbiterale.

    Sacerdoti a rischio d'immaturità psico-affettiva

    È possibile parlare di disagio psichico nella vita sacerdotale? È possibile che quanti hanno accolto l'invito del Signore a vivere un amore perfetto, sull'esempio di Cristo buon pastore, vivano un'affettività malata?
    A sollevare questi interrogativi concorrono non solo le notizie di cronaca, ma anche molti studi relativi all'affettività dei preti nel campo della pastorale. Già da tempo si sottolinea l'urgenza d'una formazione adeguata che tenga conto non solo del cammino spirituale, ma anche della maturazione umana che deve continuare lungo tutta la loro esistenza. Tutti possono avere delle carenze o dei disturbi nel loro sistema di personalità, ma tali fragilità psichiche certamente s'acutizzano in alcuni contesti specifici, come quando la persona è sottoposta a condizioni stressanti, oppure nei contesti relazionali difficili e competitivi.

    Alcuni disturbi psicologici dell'area affettiva o dell'umore sono particolarmente accentuati quando i soggetti si trovano a vivere condizioni relazionali o pastorali che mettono a dura prova la struttura psichica della loro personalità e lo stesso processo di maturazione umana. Inoltre, se la persona ha una storia psichica di vulnerabilità e di disagio, essa s'abituerà ad attivare dei meccanismi nevrotici particolarmente negativi. Facciamo un esempio emerso durante un workshop di formazione permanente con alcuni parroci di una diocesi della regione dei Grandi Laghi in Africa. Immaginiamo un sacerdote che, abituato nel contesto culturale d'appartenenza, riconosce di essere piuttosto autoritario nel modo con cui gestisce i gruppi della sua parrocchia. Le persone dicono che è un tipo che vuole sempre avere ragione, ma anche lui s'accorge del suo bisogno di dominazione, perché gli dà fastidio quando gli altri non capiscono quello che dice.
    Imponendosi nel lavoro pastorale, agli occhi degli altri egli ne ricava il vantaggio d'essere ascoltato, anche se spesso deve vivere le relazioni con gli altri in modo conflittuale. "Non so perché non mi capiscono, sembra che lo facciano apposta a mettersi contro di me!", commentava sconsolato.

    Se la persona non è consapevole di tali reazioni, rischia logorarsi o d'irrigidirsi in uno stile di vita che acutizza le sue problematiche psichiche. Infatti, per difendersi dall'ansia dei suoi vissuti emotivi, l'individuo si rifugia in comportamenti disfunzionali, di ritiro emotivo, negativismo, insoddisfazione continua, dipendenza affettiva, depressione; tutte soluzioni difensive che servono a giustificare, ma anche a normalizzare il senso d'inadeguatezza interiore, nell'illusione di poter comunque corrispondere a un ideale che vorrebbe preservare, anche se a caro prezzo. Inoltre, quando questi comportamenti disfunzionali sono associati ad altri disturbi psichici presenti nella struttura di personalità del soggetto, il disagio che ne deriva può manifestarsi in un'incongruenza profonda che si riflette sulla stessa identità presbiterale.

    Malessere psichico e prevenzione nell'ottica della maturazione

    In tutto questo l'approccio della psicologia è essenziale, perché permette di contenere le situazioni patologiche e di canalizzare la funzionalità del soggetto verso un campo d'azione propositivo che riguarda l'intero sviluppo individuale. Infatti, ci sono situazioni di particolare fragilità psichica, che destabilizzano le persone e ne limitano la funzionalità. In questi casi, ricorrere all'intervento psicologico non solo è utile, ma è anche doveroso per non protrarre i problemi all'infinito.
    Allo stesso tempo, è necessario ricordare che l'intervento dello specialista in queste situazioni particolari non può essere avulso dal processo di crescita e di conversione della persona. In effetti, molti documenti del magistero sollecitano un'apertura equilibrata e costante all'apporto delle scienze umane nei diversi settori della vita presbiterale, in particolare per sostenere il cammino maturativo e di formazione necessari per cambiare e rinnovarsi in ogni stagione della propria vita (cfr. Pastores dabo vobis, n. 53).

    Spesso però, quando la persona presenta delle difficoltà psichiche, non è facile dare una risposta univoca ai suoi bisogni di cambiamento. Per esempio, un sacerdote che suppone d'essere più capace e disinvolto degli altri nell'attività pastorale, o che deve dimostrare a tutti che lui vale, può ovviamente convalidare questa convinzione enfatizzando i suoi attributi positivi, ma anche amplificando le carenze delle persone che collaborano con lui. Se non coglie l'occasione del disagio che emerge nel suo rapporto con gli altri, rischia di perpetrare dei comportamenti disfunzionali che necessitano l'intervento d'una psicologia intesa a "riparare" il suo malessere.
    L'esigenza di guardare ai fenomeni psichici da una prospettiva propositiva e teleologica, ridà alla persona, anche quella malata, la dignità della sua condizione.


(©L'Osservatore Romano - 18 febbraio 2010)




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....cerco di leggere i fatti da una esperienza diretta che proverò a spiegare...

Freud a parte e il dramma attuale che basta avere un incubo notturno per mettersi definitivamente in psichiatria... Occhi al cielo c'è un dato oggettivo da non sottovalutare: OPPOSIZIONE... Occhiolino

da dove nasce? come si genera? PERCHE'?

I motivi sono tanti ma uno vorrei che non venisse trascurato: molti giovani e molti sacerdoti della mia età (sono del 63) hanno vissuto esperienze drammatiche come il DIVORZIO   Imbarazzato
essere figli di genitori separati specialmente nei primi anni DEL CONSENSO quando, appunto, non si era neppure "preparati" (ma non esiste una preparazione a questo, piuttosto esiste l'abitudine culturale) ad affrontare gli eventi e i figli VENIVANO MESSI IN COLLEGIO...almeno questo fino alla fine degli anni '70...

In molti giovani di allora si è formato nell'animo una sorta di SCUDO atto AD OPPORSI a qualunque cosa avesse avuto a che fare con la loro indipendenza e creatività.... una sorta, se vogliamo, di AUTOSALVEZZA a causa di un ambiente familiare che aveva precluso loro ogni SICUREZZA ED AFFIDABILITA' NELL'ADULTO GENITORE... una sorta di istinto di sopravvivenza in parte necessario per affrontare una adolescenza con i genitori separati e che avevano DISTRUTTO in essi il valore DELLE PROMESSE, DELL'OBBEDIENZA, DELLA CREDIBILITA', DELLA SICUREZZA...

NEGLI ANNI '80 HO FATTO PARTE SIA DEI GRUPPI VOCAZIONALI GIOVANILI, SIA DEI GRUPPI, DIOCESANI, PER IL RECUPERO DEI TOSSICODIPENDENTI....ALLA RADICE DI OGNI PROBLEMA C'ERA, IN GRANDE PERCENTUALE, IL DISAGIO FAMILIARE Imbarazzato
genitori separati e conviventi con altri che con il loro comportamento avevano generato in molti di questi giovani, UNA OPPOSIZIONE a tutto ciò che riguardava una Istituzione, l'obbedienza,  IL SENSO DI FIDUCIA....tutto era stato minato dalle fondamenta... e già all'epoca ricordo che la Chiesa denunciava questi fatti con grande allarme e serietà, ma chi ascoltava? Occhi al cielo

In alcuni centri vocazionali dove sono stata testimone diretta, non mancavano le vocazioni appunto, ma L'EDUCAZIONE ALLA VOCAZIONE....tanto è vero che quando molti di loro capivano che con il sacerdozio ci si inseriva in una Istituzione che non vuole oppositori alla Legge di Dio ma al contrario vuole evangelizzatori del Regno dei Cieli che porta con se coerentemente anche il fatto che è necessario obbedire... MOLTI SE NE ANDAVANO proprio come nel racconto di Gesù al ricco che gli chiede cosa avesse dovuto fare oltre già a quanto faceva: VIENI, LASCIA TUTTO E SEGUIMI....ma il ragazzo non se la sentì di lasciare quel TUTTO....è una opposizione

Abbiamo così una schiera di sacerdoti VOLENTEROSI E BUONI D'ANIMO, MA CHE NON SANNO RINUNCIARE A QUELLA OPPOSIZIONE  che conduce inesorabilmente ad agire secondo la propria visione della vita e non quella del Magistero.... idem dicasi per i Laici naturalmente...e dunque anche per gli sposi che si dicono cattolici ma che di fatto hanno sposato un termine oggi in voga da 40 anni "NON PRATICANTE " ....come se il sacerdote affermasse: sono prete si, ma LIBERO, senza praticare l'obbedienza... Occhiolino

Il testo sopra  riportato che naturalmente si rivolge al problema dell'affettività del sacerdote anche a ridosso dello scandalo della pedofilia, deve inglobare anche questa serie di problematiche che finiscono per penalizzare TUTTA la realtà che è il Sacerdote il quale appunto proviene anche lui da famiglie disagiate e con gravi problemi di separazione alle spalle... Imbarazzato

Ma non c'è bisogno della psichiatria per sollevare questo genere di problema, serve la FIDUCIA IN CRISTO E NELLA CHIESA serve soprattutto abbassare quello scudo protettivo che impone una opposizione dal di dentro e per farlo serve che nei seminari si parli chiaramente di questi problemi non usando Freud, MA I SANTI... Occhiolino

Un Sacerdote infatti non va in seminario per diventare a sua volta psichiatra, ma per essere UN ALTER CHRISTI....è qui di fronte a questa realtà SCONVOLGENTE  che il seminarista deve riuscire ad abbassare lo scudo di opposizione che si è precostituito e deve FIDARSI DELLA CHIESA non di se stesso...

Le crisi avvengono quando si finisce per confidare esclusivamente in se stessi... qui si fallisce, qui ci si OPPONE a tutto ciò che mi sarebbe invece di aiuto per superare gli ostacoli giacchè LA CHIESA SALVA, GUARISCE e a sua volta ti fa guaritore del prossimo... Occhiolino

Diventare preti una volta era molto più facile di oggi proprio perchè non ci si era complicati la vita con la psicanalisi.... Occhi al cielo oggi per diventare prete servirebbe niente meno che conoscere i nemici della fede e della ragione... Occhiolino

Non a caso don Nicola Bux scrive, citando Paolo VI (nel primo link sopra riportato), quanto segue:
“una tendenza a ricostruire, partendo dai dati psicologici e sociologici, un Cristianesimo avulso dalla tradizione ininterrotta che lo ricollega alla fede degli Apostoli, e ad esaltare una vita cristiana priva di elementi religiosi”.


Cristo E' IL NOSTRO MEDICO...la vocazione al sacerdozio che Dio suscita ha già il suo medico perchè Dio NON sbaglia nello scegliere, è l'Uomo che può tradire piuttosto le aspettative di Dio quando appunto, in qualche modo, gli si oppone...

 Occhiolino




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qui riporto ora un testo interessante riportato da Paolo Rodari:

Roma, “Il carrierismo nel sacerdozio è senz’altro un male. Un male che c’è sempre stato ma che oggi sembra avere proporzioni più vaste. Altrimenti non si spiegherebbero i continui richiami di Benedetto XVI in questo senso: ‘E’ una tentazione da cui non sono immuni neppure coloro che hanno un ruolo di governo nella chiesa’, ha ricordato recentemente il Papa”.

Massimo Camisasca, superiore generale della Fraternità San Carlo – più di cento preti missionari e una quarantina di seminaristi –, per anni portavoce di Comunione e liberazione in Vaticano, parla col Foglio a pochi giorni dall’uscita nelle librerie del suo ultimo lavoro: “Padre. Ci saranno ancora sacerdoti nel futuro della chiesa?” (San Paolo). Uno scritto dedicato ai preti, come uno “schiaffo” che Camisasca dà alla sua categoria perché, l’ha scritto nella prefazione al volume il segretario della Congregazione per l’educazione cattolica, Jean-Louis Bruguès, “il pronostico è cupo, ma preciso: sono molti i sacerdoti che, in Europa e nell’America del nord, hanno perso il gusto della loro vocazione. La loro vita attraversa gravi difficoltà: la solitudine pesa, il rischio di abbandono li minaccia. Che fare? La risposta è semplice, evidente e nello stesso tempo terribilmente audace: una riforma”.

Un pronostico cupo, dati alla mano, quello delle vocazioni sacerdotali: in Italia, nel 1978, i preti diocesani erano 41.627, nel 2006 si erano ridotti a 33.409, il 25 per cento in meno. Anche i sacerdoti appartenenti a ordini religiosi sono in calo: da 21.500 a 13.000, il 40 per cento in meno. Un calo che riguarda un po’ tutta l’Europa e che in certi paesi (come la Francia, il Belgio e l’Olanda) ha proporzioni drammatiche. Certo, non c’è solo il carrierismo a influire negativamente sulla vocazione sacerdotale. C’è anche dell’altro, eppure “la tentazione” – come l’ha definita il Papa – del potere e della carriera sono un male oggi evidente. Spiega Camisasca: “Ritengo che il carrierismo altro non sia che un sintomo della crisi che sta investendo il sacerdozio oggi: spesso la carriera è una delle tante modalità tramite le quali si cerca di coprire l’insoddisfazione per la propria vocazione. Un prete soddisfatto, un prete realizzato, non ha vuoti da riempire attraverso il potere”.

Camisasca non offre ricette per supplire alla crisi vocazionale dell’oggi ma dà delle indicazioni per uscirne. Indicazioni che sono un ritorno all’essenziale, a ciò di cui la vita di un prete deve essere fatta perché sia piena: silenzio, preghiera, liturgia, messa, studio, vita in comune, amicizia, castità e missione. Tante cose, ma il contrario dell’“attivismo: una delle minacce più insidiose per la vita del prete”. “L’attivismo – scrive Camisasca – è un’azione di superficie: vede dei problemi, avverte dei bisogni, cerca di rispondere. Spesso il prete che vive così si disperde in una molteplicità di direzioni e di opere”. E ancora: “Dentro l’attivismo, spesso inconsapevolmente, si nasconde l’illusione di salvare gli altri attraverso il nostro ‘fare’.
 La carità, invece, ci spinge a entrare nell’azione di Dio, a diventare collaboratori di un’opera che ci precede e ci supera”.

Benedetto XVI l’ha detto nella notte di Natale che per ogni uomo “la liturgia è la prima priorità. Tutto il resto viene dopo”. Occorre “mettere in secondo piano altre occupazioni, per quanto importanti esse siano, per avviarci verso Dio, per lasciarlo entrare nella nostra vita e nel nostro tempo”. E forse questo è anche il cuore del messaggio che Camisasca vuole dare nel suo libro: oltre l’attivismo, oltre il carrierismo, oltre le lotte di potere sempre presenti nella chiesa cattolica, c’è l’essenziale: una vita sacerdotale riempita da Dio, dal suo silenzio, dalla preghiera. Che poi è probabilmente ciò che affascina del prete. Ciò che ha portato, ad esempio, Chesterton a scrivere di “Padre Brown”, Marshall di “Padre Smith”, Bernanos del suo “Curato di Campagna”.


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la mia riflessione che riepilogo così:


…bè, è la medesima crisi che attraversono anche i coniugi: la donna in carriera che mina le fondamenta del nucleo familiare perchè senza la donna in casa non si può costruire una famiglia solida…Genitori dunque insoddisfatti che crescono figli insoddisfatti che alla fine molti ce li ritroviamo sacerdoti, ergo sacerdoti insoddisfatti… Certo non è il tutto, ma un piccolo aspetto non meno importante di questa situazione! Il concetto di “solitudine” non può diventare il vero problema, anche i coniugi vivono momenti di solitudine pur essendo in due o in tre o in quattro…la solitudine nel sacerdote è già stata spiegata abbondantemente dagli scritti di molti Santi, peccato che non li si ascolta mai, come per esempio la Notte dell’anima di san Giovanni della Croce…!

Il problema è che quanto più si è voluto dal sacerdote la sua identificazione con il mondo e non più con la Chiesa e il cielo, tanto più egli ha incarnato i problemi del mondo e non certo l’antidoto che è quell’incarnare Cristo, divenire L’ALTER CHRISTI…
E’ necessario che in una eventuale riforma dei seminari si ritorni ad insegnare al seminarista il Mistero che è destinato ad incarnare per essere a sua volta Servo dell’Uomo come lo fu Cristo il quale NON conosce alcuna crisi…

Per troppi anni, da dopo il Concilio, si è preteso e voluto un prete UOMO… dove il concetto di servizio fosse tutto di livello SOCIALE, e i risultati non potevano che essere devastanti!
Perchè uno dovrebbe farsi prete, infatti, se anche da laico può servire il prossimo?
Ecco che il senso liturgico E’ LETTERALMENTE SCOMPARSO…ed è da qui che è maturata la crisi delle vocazioni non certo dalle situazioni di solitudine o altro, è dalla mancanza di LITURGIA, dalla carenza di preghiera e adorazione davanti al Santissimo, la carenza di preti che dicano il Rosario e che davvero portino il Cristo la dove c’è la disperazione…

La crisi c’è perchè il prete oggi fa di tutto, fuorchè il prete!
Così come c’è la crisi matrimoniale da quando i genitori hanno smesso di fare i genitori e i coniugi hanno smesso di fare i coniugi…

 Imbarazzato



Fraternamente CaterinaLD

"Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
(fr. Carlos Alfonso Azpiroz Costa OP
Maestro dell’Ordine)
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