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S.Pio X il Diritto Canonico, la Santa Sede, e la Chiesa Cattolica nella sua legittima supremazia

Ultimo Aggiornamento: 22/05/2012 18:30
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24/02/2010 19:18
 
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La Santa Sede tra la fine del diritto di veto e del gallicanismo e le origini del Codice di diritto canonico

E Pio X
si sbarazzò dell'«ancien régime»


Pubblichiamo un estratto di una lezione tenuta mercoledì 24 febbraio all'università di Opole in Polonia sul tema "La sede Apostolica e l'Europa Orientale da Pio X alla nunziatura di Achille Ratti in Polonia".

di Gianpaolo Romanato

L'espressione "Europa orientale" divenne un concetto politico dopo la prima guerra mondiale, con la scomparsa dei grandi Imperi sovrannazionali - Reich tedesco, Austria-Ungheria asburgica, Russia zarista - e la nascita, sanzionata dalla Conferenza di pace di Parigi, di ben nove nuovi Stati nazionali - Finlandia, Lettonia, Estonia, Lituania, Polonia, Cecoslovacchia, Ungheria, Austria, Jugoslavia - nessuno dei quali era mai esistito prima con i confini stabiliti allora.

A questi nuovi Paesi si aggiunse la Romania che incamerò regioni già asburgiche a nord - la Transilvania e la Bucovina - e zariste a est - la Bessarabia, cioè in larga misura l'attuale Moldavia - con il risultato di raddoppiare la superficie e di modificare radicalmente la propria configurazione territoriale. La geopolitica europea ne risultò sconvolta, con il risultato di innescare un processo di destabilizzazione degli equilibri continentali durato per tutto il secolo scorso e che neppure oggi possiamo considerare concluso.

Fino ad allora l'Europa orientale era stata soltanto un'espressione geografica priva di significato politico.

Ma per la Santa Sede l'oriente europeo aveva cominciato a essere un problema ben prima del 1918.

Già all'inizio del XX secolo, nel pieno di quella che chiamiamo la belle époque, e quindi molto in anticipo sui tempi della politica, questa parte dell'Europa aveva fatto sentire la sua voce e i suoi diritti all'interno della Chiesa in forme talmente dirompenti che condizionarono il futuro del cattolicesimo per tutto il Novecento. Mi riferisco al conclave che ebbe luogo dopo la morte di Leone XIII, nell'agosto 1903, e dal quale uscì eletto Papa il patriarca di Venezia Giuseppe Sarto che assunse il nome di Pio X.

Quel conclave fu caratterizzato infatti dal drammatico episodio del veto posto dal Governo austriaco all'elezione a Papa del segretario di Stato di Leone XIII, il cardinale Mariano Rampolla del Tindaro.
Il veto imperiale determinò l'esito del conclave e molto probabilmente cambiò il corso della Chiesa:  Rampolla, infatti, grande favorito della vigilia e secondo tutti gli osservatori quasi certo della tiara, fu sconfitto. La sua sconfitta rimescolò le carte, sconvolse tutte le previsioni e portò al pontificato il semisconosciuto patriarca di Venezia Giuseppe Sarto, che divenne Pio X (1903-1914).
 
( apro un inciso importante: per noi esiste il fatto che alla fine dei giochi umani e dei poteri politici, a guidare la Chiesa è lo Spirito Santo.....pertanto, non si legga questa elezione come un atto contrario alla Chiesa o a Dio stesso, l'elezione di Giuseppe Sarto, divenuto per altro un Pontefice Santo, è stato davvero provvidenziale!)

Latore in conclave del veto dell'Imperatore d'Austria-Ungheria fu l'arcivescovo di Cracovia, allora austriaca, cardinale Jan Puzyna, un "cardinale di corte", come si definivano allora i cardinali imposti alla Chiesa dalla volontà politica dei governi. Puzyna era insomma un prelato che doveva la nomina cardinalizia più a Francesco Giuseppe che alla Santa Sede.

A Roma la sua azione fu giudicata con grande severità e su di lui furono espressi giudizi pesanti:  Rafael Merry del Val e Pietro Gasparri, che diventeranno segretari di Stato di Pio X e di Benedetto XV - complessivamente dal 1903 al 1930 - lo definirono "disgraziato" (Merry del Val) e "povero uomo di triste memoria" (Gasparri).

Ma Puzyna giudicava in tutt'altro modo la sua azione e ai cardinali che lo apostrofavano con l'espressione puteat te ("vergognati"), replicava a testa alta con le parole honor meus ("ne sono fiero"). L'ambivalenza del giudizio sul suo operato non si è dissolta con il trascorrere del tempo e la sua memoria rimane tutt'ora controversa, anche se i pesanti giudizi dei contemporanei oggi si sono molto attenuati. È tuttavia significativo che le spoglie di Puzyna riposino con tutti gli onori nella cattedrale di Cracovia, mentre il suo nome è stato citato senza nessuna menzione negativa nelle memorie di Giovanni Paolo ii, che lo indica senza imbarazzi fra i suoi predecessori nella cattedra episcopale di Cracovia.

Tralasciamo allora la questione, storiograficamente ancora aperta ma che non interessa in questa sede, se si sia trattato di una "congiura polacca" - questa espressione viene usata nella storiografia italiana - o di una legittima difesa di interessi nazionali minacciati dall'elezione al papato di un cardinale notoriamente filorusso - cioè il Rampolla.

Quest'ultima più benevola interpretazione oggi sembra prevalere ed è fatta propria anche da Roger Aubert, recentemente scomparso, il quale, nella sua Nouvelle Histoire de l'Eglise si limita a segnalare che secondo Puzyna "l'elezione del Rampolla sarebbe stata nefasta per la Chiesa", e aggiunge che il cardinale di Cracovia rimproverava a Rampolla "di aver sacrificato a una politica filorussa gli interessi polacchi". Secondo Aubert, Puzyna avrebbe chiaramente affermato che l'iniziativa del veto non era partita dall'Austria ma era stata una sua idea, per cui, disse, "non sono stato strumentalizzato dall'Austria ma sono stato io a strumentalizzarla". Quel che sembra insomma accertato è che fu la lobby polacca, tutt'altro che ininfluente allora presso il governo imperiale austriaco - il conte Agenor M. Goluchowski, ministro degli Esteri, era un polacco di Leopoli, la stessa città dove era nato Puzyna - a convincere l'Imperatore Francesco Giuseppe a esprimere il veto a Rampolla.

Parlando in Polonia ho affrontato il tema di questa conversazione partendo da quel lontano episodio perché credo che esso abbia contribuito più di quanto non si sia detto finora a cambiare la storia della Chiesa cattolica. A Roma ci si rese conto che la Santa Sede, che aveva perduto nel 1870 lo Stato pontificio, era drammaticamente disarmata davanti all'avanzare delle contrapposte aspirazioni nazionali e all'imminente sfacelo della vecchia Europa ottocentesca. Da questa consapevolezza derivò la decisione di Pio X, il pontefice eletto nel conclave del 1903, di rafforzare al massimo il centralismo romano. Ciò avvenne soprattutto attraverso tre passaggi assolutamente fondamentali.

Il primo fu la soppressione del diritto di veto. La norma fu emanata nella forma più solenne il 20 gennaio 1904 - non erano passati nemmeno cinque mesi dall'elezione - con la Costituzione Commissum nobis. Si tenga presente che nell'ordinamento canonico la Costituzione è il documento più alto e solenne. Nessun soggetto giuridico può modificare una Costituzione. Solo un Papa, in futuro, ha il potere di cambiarla. Durante il regno di Leone xiii si era presa in considerazione l'ipotesi di abrogare il diritto di veto, ma si era sempre ritenuto il passo molto rischioso e  si era preferito accantonare il problema.

Decidendo per l'abrogazione, Pio X poneva fine definitivamente all'unione fra trono e altare. In pratica, poneva fine all'ancien régime della Chiesa, che così si riappropriava del proprio destino, escludendo per il futuro ogni possibilità di interferenza politica.

Il secondo passaggio fu il grandioso progetto del rifacimento del diritto canonico, della sua rifusione in un unico codice, pensato in forme simili ai moderni codici civili. Il progetto, come è noto, si concluse nel 1917 con il varo da parte del successore di Pio X, Benedetto xv, del Codex iuris canonici. Perché è importante il Codex? Perché rafforzò al massimo l'autocoscienza della Chiesa come soggetto giuridico autonomo e non derivato dal potere civile, come personalità internazionale sovrana, come ordinamento originario, libero e indipendente. Ma soprattutto perché rafforzò il centralismo romano facendo venir meno i diritti particolari, o locali, delle antiche chiese nazionali. In altre parole:  dal 1917 in poi la Chiesa latina operò uniformemente e allo stesso modo nell'Europa dell'Est come dell'Ovest, in America come in Africa e in Asia. Il Codex fu insomma un fondamentale strumento della riconversione verso Roma del cattolicesimo, prima diviso in un pulviscolo di chiese nazionali, che obbedivano ai rispettivi governi più che al Sommo Pontefice.
 
Il terzo passaggio è costituito dalla rottura dei rapporti diplomatici fra la Santa Sede e la Francia. Tale rottura, facendo venir meno il vecchio concordato napoleonico del 1801, in base al quale la scelta dei vescovi era una prerogativa dello Stato, restituiva alla Chiesa, cioè al Papato, il pieno controllo delle nomine vescovili in Francia. A partire dalla Francia, insomma, cioè dalla "figlia prediletta della Chiesa", il papato si riappropriava del diritto di scegliere e nominare i vescovi, escludendone il potere statale, al quale era stato demandato durante i secoli dell'ancien régime.

La storiografia su Pio X ha finora dedicato più attenzione alla questione del modernismo che a questa riconversione verso Roma che avviene durante il pontificato dell'ex patriarca di Venezia. A me sembra, invece, che sia questo secondo punto il nodo focale del pontificato, quello che ha influito in forma decisiva e irreversibile sul futuro del cattolicesimo.
 
Pio X morì pochi giorni dopo l'inizio della Prima guerra mondiale. La guerra acuì nella Curia romana la sensazione e la consapevolezza della propria debolezza. Tale sensazione era dovuta certamente all'irrisolta Questione romana, cioè alla mancanza di una piena e compiuta sovranità internazionale della Santa Sede. Ma era dovuta anche, e forse di più, al fatto che i vari episcopati nazionali, quasi tutti ancora di scuola ottocentesca, si sentivano vincolati ai rispettivi governi e alle politiche nazionali che questi perseguivano, molto più che alla causa della Chiesa e alla sua visione politica che andava oltre gli interessi dei singoli Stati.

Ne è prova l'accoglienza che ebbe la celebre Nota di Benedetto xv alle potenze in guerra, emanata il 1° agosto 1917. In tale Nota si auspicava la cessazione immediata delle ostilità, lo sgombero dei territori stranieri occupati, la risoluzione delle vertenze di confine mediante arbitrato, il disarmo internazionale simultaneo.

Oggi la leggiamo come uno dei documenti più lungimiranti, e addirittura profetici, della storia novecentesca; ma allora fu respinta da tutti, inclusi molti cattolici, al punto che il predicatore domenicano padre Antonin-Dalmace Sertillanges la commentò con l'arcivescovo di Parigi dicendo di non volerne sapere della "sua pace", cioè della pace proposta dal Papa, che sembrava ispirata agli interessi del nemico.

Nella tragedia di quegli anni e nel gorgo degli opposti nazionalismi trionfanti, sfuggì a tutti che il Papa non faceva gli interessi di nessuna potenza, ma parlava in nome dell'umanità, difendeva gli interessi non delle singole nazioni ma della civiltà e dell'Europa, prevedendo che l'"inutile strage" della guerra, come si espresse Benedetto xv, sarebbe stato il "suicidio" del continente.

Il processo di riconversione verso Roma avviato da Pio X proseguì perciò con la massima decisione dopo la guerra. Esso culminò nel 1929 con la stipula dei Patti Lateranensi, che chiudendo la Questione romana e dando vita alla Città del Vaticano restituirono alla Santa Sede la piena e completa sovranità internazionale, cioè la natura e il rango di Stato fra Stati, ciò che permise al Papato di essere un interlocutore diplomaticamente e giuridicamente alla pari con i governi dei nuovi Stati sorti nell'Europa orientale.


(©L'Osservatore Romano - 25 febbraio 2010)
Fraternamente CaterinaLD

"Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
(fr. Carlos Alfonso Azpiroz Costa OP
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[SM=g1740722] MEMORABILE DISCORSO DI SAN PIO X, ATTUALISSIMO....

DISCORSO DEL SANTO PADRE PIO X
AI FEDELI CONVENUTI A ROMA
IN OCCASIONE DEL XVI CENTENARIO DELLA PROMULGAZIONE DELL'EDITTO DI COSTANTINO

Domenica, 23 febbraio 1913

 

La vostra presenza, o figli diletti, Ci ricolma di grande letizia, perchè se in ogni parte del mondo cattolico si commemora la ricorrenza sedici volte centenaria del riconoscimento e della tutela della libertà, che Gesù Cristo ha dato alla sua Chiesa, era ben giusto che a dar prova della loro esultanza e della loro devozione alla Cattedra di Pietro fossero fra i primi i non degeneri figli di coloro, che primi gustarono i frutti dell' Editto salutare. Facciamo pertanto con voi i Nostri rallegramenti, perchè con questo atto dimostrate lo spirito da cui siete animati e il voto vostro che ritorni quel tempo in cui era concesso alla Chiesa di poter godere quella libertà, che le è necessaria per esercitare fruttuosamente il suo ministero a bene delle anime e della società. Perchè è ben doloroso che, mentre ringraziamo la divina Provvidenza per aver chiamato Costantino dalle tenebre del Gentilesimo onde erigesse templi ed altari a quella Religione, che i suoi antecessori per tre secoli tentarono sterminare; restituisse ai cristiani i beni usurpati, e desse al cristianesimo piena libertà religiosa: noi in tanto vantato progresso di civiltà e in tanta luce di scienza dobbiamo per la Chiesa reclamare indarno anche dai Governi cristiani quella libertà, che essi medesimi riconoscono, o dovrebbero riconoscere, necessaria allo svolgimento della sua azione soprannaturale sulla terra.

La Chiesa, questa grande società religiosa degli uomini, che vivono nella stessa fede e nello stesso amore sotto la guida suprema del Romano Pontefice, ha uno scopo superiore e beai distinto da quello delle società civili, che tendono a raggiungere quaggiù il benessere temporale, mentre essa ha di mira la perfezione delle anime per l'eternità. La Chiesa è un regno, che non conosce altro padrone che Dio ed ha una missione tanto alta. che sorpassa ogni limite, e forma di tutti i popoli d'ogni lingua e d'ogni nazione una sola famiglia; non si può quindi nemmeno supporre che il regno delle anime sia soggetto a quello dei corpi, che l'eternità divenga strumento del tempo, che Dio stesso divenga schiavo dell'uomo.

Gesù Cristo infatti, il Figlio eterno del Padre, cui fu dato ogni potere in cielo ed in terra, ha imposto ai primi ministri della Chiesa, gli Apostoli, questa missione : come mandò me il Padre, anch'io mando voi (IOAN. XX, 21). - Andate dunque; istruite tutte le genti, battezzandole nel Nome del Padre e del Figliuolo e dello Spirito Santo; insegnando loro di osservare tutto quello che vi ho comandato. Ed ecco ch'io sono con voi sino alla consumazione dei secoli (MATTH. XXVIII, 19-20).

Dunque la Chiesa ha da Dio stesso la missione d'insegnare, e la sua parola deve pervenire alla conoscenza di tutti senza ostacoli che la arrestino, e senza imposizioni che la frenino. Poiché non disse Cristo : la vostra parola sia rivolta ai poveri, agli ignoranti, alle turbe ; ma a tutti senza distinzione, perchè voi nell'ordine spirituale siete superiori a tutte le sovranità della terra. [SM=g1740721]

La Chiesa ha la missione di governare le anime e di amministrare i Sacramenti; e quindi, come nessun altro per nessun motivo può pretendere di penetrare nel Santuario, essa ha il dovere d'insorgere contro chiunque con arbitrarie ingerenze o ingiuste usurpazioni pretenda di invadere il suo campo. La Chiesa ha la missione d'insegnare l'osservanza dei precetti e di esortare alla pratica dei consigli evangelici, e guai a chiunque insegnasse il contrario, portando nella società il disordine e la confusione. La Chiesa ha il diritto di possedere, perchè è una società di uomini e non di angeli, ed ha bisogno dei beni materiali ad essa pervenuti dalla pietà dei fedeli, e ne conserva il legittimo possesso per l'adempimento dei suoi ministeri, per l'esercizio esteriore del culto, per la costruzione dei templi, per le opere di carità, che le sono affidate e per vivere e perpetuarsi fino alla consumazione dei secoli. [SM=g1740721]

E questi diritti sono così sacri che la Chiesa ha sentito sempre il dovere di sostenerli e difenderli, ben sapendo che, se cedesse per poco alle pretensioni dei suoi nemici, verrebbe meno al mandato ricevuto dal Cielo e cadrebbe nella apostasia. Perciò la storia ci segnala una serie di proteste e rivendicazioni fatte dalla Chiesa contro quanti volevano renderla schiava. La sua prima parola al Giudaismo, detta da Pietro e dagli altri Apostoli: Bisogna obbedire a Dio, piuttosto che agli uomini (Act. V, 29), questa sublime parola fu ripetuta sempre dai loro successori e si ripeterà fino alla fine del mondo, fosse pure per confermarla con un battesimo di sangue. [SM=g1740722]

E di questo sono così persuasi i nostri stessi avversari, che ripetono a parole, esservi all'ombra della loro bandiera ogni sorta di libertà; infatti però la libertà, o meglio la licenza, è per tutti, ma non la libertà per la Chiesa.
Libertà per ognuno di professare il proprio culto, di manifestare i propri sistemi ; ma non per il cattolico, come tale, che è fatto segno a persecuzioni e dileggi, e non promosso, o privato di quegli offici, a cui ha sacro diritto.
Libertà d'insegnamento; ma soggetta al monopolio dei Governi, che permettono nelle scuole la propagazione e la difesa di ogni sistema e di ogni errore ; e proibiscono perfino ai bambini lo studio del Catechismo. [SM=g1740721]

Libertà di stampa, e quindi libertà al giornalismo più iroso d'insinuare in onta alle leggi altre forme di governo, di aizzare a sedizione le plebi, di fomentare odi e inimicizie, d'impedire cogli scioperi il benessere degli operai e la vita tranquilla dei cittadini, di vituperare le cose più sacre e le persone più venerande ; ma non al giornalismo cattolico, che difendendo i diritti della Chiesa e propugnando i principi della verità e della giustizia, dev'essere sorvegliato, richiamato al dovere e fatto segno a tutti come avverso alle libere istituzioni, e nemico della patria.

A tutte le associazioni anche più sovversive la libertà di pubbliche e clamorose dimostrazioni ; ma le processioni cattoliche non escano dalle Chiese, perchè provocano i partiti contrari, sconvolgono l'ordine pubblico e disturbano i pacifici cittadini. [SM=g1740721]

Libertà di ministero per tutti, scismatici e dissidenti; ma pei cattolici solo allora che i ministri della Chiesa non abbiano nel paese, cui sono mandati, anche un solo prepotente, il quale s'imponga al Governo, che ne impedisce l'ingresso e l'esercizio. Libertà di possesso per tutti; ma non per la Chiesa e per gli Ordini religiosi, i cui beni con arbitraria violenza sono manomessi, convertiti e dati dai Governi alle laiche istituzioni. [SM=g1740730]

Questa, come voi ben conoscete, è la libertà di cui gode la Chiesa anche in paesi cattolici ! E quindi abbiamo ben ragione di consolarci con voi, che la reclamate lottando per essa nel campo di azione che vi è finora concesso.
Coraggio adunque, o figli diletti ; quanto più la Chiesa è osteggiata da ogni parte, quanto più le false massime dell'errore e del pervertimento morale infettano l'aria dei loro miasmi pestiferi, tanto maggiori meriti vi sarà dato acquistare dinanzi a Dio, se farete ogni sforzo per evitare il contagio e non vi lascerete smuovere da alcune delle vostre convinzioni, rimanendo fedeli alla Chiesa. [SM=g1740721]

E con la vostra fermezza darete opera a ben fruttuoso apostolato, persuadendo avversari e dissidenti, che la libertà della Chiesa provvederà mirabilmente alla salute e alla tranquillità dei popoli, perchè esercitando il magistero divinamente affidatole, conserverà intatti e in vigore i principi di verità e di giustizia, sui quali poggia ogni ordine e dai quali germogliano la pace, l'onestà ed ogni civile cultura. In questa lotta non potranno certo mancarvi difficoltà, molestie e fatiche : guardatevi però dal perdervi di animo, perchè vi sosterrà nella pugna il Signore, apportandovi copioso soccorso di celesti favori.

E di questi sia caparra la Benedizione Apostolica, che dall'intimo del cuore impartiamo a voi e a tutti i cari vostri. - Benediciamo poi con tutte le indulgenze gli oggetti, che portate con voi, ed accordiamo ai Parroci e ai Superiori degli Istituti e ai Confessori delle Comunità Religiose la facoltà d'impartire per una volta la Benedizione Apostolica, coll'Indulgenza plenaria per tutti i confessati e comunicati.

Benedictio Dei Omnipotentis Patris + et Filii + et Spiritus + Sancti descendat super vos, et maneat semper.


[SM=g1740738]

Fraternamente CaterinaLD

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