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Papa Leone XIII, il Papa della Dottrina Sociale della Chiesa e del Rosario

Ultimo Aggiornamento: 24/04/2016 23:58
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27/03/2010 23:52
 
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I tempi erano dunque maturi anche in Italia per un organico chiarificatore intervento della Chiesa su tutto il problema sociale, e l'intervento ci fu. La Chiesa, rinnovata e come rinfrancata, si ergeva a guida dell'uomo contemporaneo, offrendogli gli strumenti per superare un periodo di grande crisi.
Occorreva una personalità nuova, capace di immedesimarsi nella mentalità contemporanea e di capirne le necessità ed esigenze più vitali, di prendere un'iniziativa vasta e ardita. Leone era questa personalità (alla bella età di 80 anni!) e raccolse la grande ansia non solo dei cattolici in lunga attesa da trent'anni, ma l'angoscia dei figli più umili, cattolici o no; raccolse le ardenti posizioni innovatrici di tanti sacerdoti e vescovi, ed intervenne, con una chiarezza inusitata per quei tempi (con lui ripetiamo ottantenne).

Prendendo coscienza della condizione di crisi e di disagio morale, oltre che materiale ed economico, in cui le masse di lavoratori erano venute a trovarsi a seguito del vertiginoso sviluppo industriale, poneva dei punti ben fermi:

da una parte richiamava gli imprenditori e i capitalisti alle loro responsabilità, rimproverando loro egoismo e il tenace attaccamento al mito denaro (*), dall'altra esortava le classi operaie a non lasciarsi suggestionare da facili ideologie rivoluzionarie e a non irrigidirsi in una sterile lotta di classe. Faceva appello ad uno spirito di collaborazione tra le varie classi che dovevano insieme puntare a raggiungere uno stato di benessere, che fosse il benessere di tutti e non di pochi a svantaggio di molti: l'obiettivo indicato era quello di realizzare la solidarietà di capitale e lavoro, proprio perchè Leone XIII riteneva assurdo l'antagonismo tra le due forze, che soltanto unite e concordi possono progredire.
(*) A costoro, ai capitalisti, ancora nell'89, parlando a diecimila operai francesi giunti a Roma in pellegrinaggio disse a questi ultimi, ma è implicito che i destinatari del messaggio erano i primi "A chi tiene il potere spetta soprattutto persuadersi di questa verità: che per rimuovere il pericolo da quella minaccia che potrebbe venire dal basso, nè le repressioni, nè le armi dei soldati saranno sufficienti"
(aveva già anteveduto la Rivoluzione Russa con 17 anni di anticipo).

L'enciclica ebbe un successo strepitoso e suscitò ovunque l'interessata ammirazione di chi sentiva che veniva finalmente offerta la possibilità di giungere alla soluzione di tanti problemi; le masse lavoratrici si resero conto che avevano ormai trovato nella Chiesa una potente e disinteressata alleata e nel Papa un difensore strenuo dei loro diritti troppe volte ingiustamente calpestati.

Inutile dire che anche nel campo liberale moderato suscitò commenti favorevoli; quelle parole erano rimedi spirituali e civili e in un certo senso stemperavano gli animi. Nella coscienza collettiva il cattolicesimo c'era, inutile cercare di non prenderne atto (anche Napoleone dovette ricredersi, sbarazzandosi di quella pagliacciata che era stata creata; il "culto della ragione", il "culto trinitario di Marat, Chaliere Lepeletier", le "vestali della repubblica", le "sacerdotesse della ragione" ecc. ecc.)

I contenuti dell'enciclica sanzionavano le tendenze già espresse da vari gruppi e movimenti e diede un vigoroso impulso allo sviluppo del cattolicesimo sociale e delle nuove tendenze di "democrazia cristiana", indicando alcuni principi: la funzione sociale della proprietà; il compito dello stato di promuovere la prosperità pubblica e privata quando l'iniziativa dei privati non basti; (qui Leone anticipa di trent'anni Keynes e il suo assistenzialismo americano del dopo '29); il valore umano del lavoro che non può essere considerato come una semplice merce; la condanna della lotta di classe, ma al tempo stesso il diritto degli operai di associarsi per la tutela dei loro diritti.
L'enciclica fu definita dai cattolici la "Magna Carta del Lavoro".

Già il 1° settembre 1891 a Vicenza i partecipanti al Congresso dei cattolici, NICOLO' REZZARA illustra una struttura di iniziative pratiche per soccorrere le classi povere. Elenca già 284 società cattoliche di mutuo soccorso (daranno vita a banche - casse rurali di risparmio (la famosa Banca Cattolica del Veneto, Antoniana ecc.); a patronati, a cooperative agricole a ad altre numerose iniziative). I convenuti propongono persino un sistema singolare agli operai. Sostituzione del salario con la partecipazione agli utili nelle industrie e un sistema di contratti-colonia in agricoltura.
Iniziative che inasprirono il conflitto con lo Stato italiano laico, preoccupato che la Chiesa potesse inquadrare i lavoratori con l'obiettivo di uno stato confessionale.

Tutta l'Italia era ormai animata da numerosi congressi, fondazioni di partiti, movimenti; di anarchici, del Partito dei lavoratori, dei clericomoderati della corrente cattolica transigente, della lega socialista milanese di Turati, di Ferri, Labriola, di repubblicani e radicali. Intanto le questioni economiche e sociali nel paese stavano esplodendo non solo dai banchi del Parlamento (questo da tempo non più a contatto con la realtà) ma fino all'ultimo villaggio della penisola. E soprattutto nelle grandi città. Già in febbraio erano iniziate dimostrazioni di protesta, legate alla forte disoccupazione, ai bassi salari, agli aumenti del costo della vita e soprattutto si contestarono gli alti costi della guerra coloniale. I primi incidenti iniziano a Bologna, proseguono a Roma, per poi estendersi nei successivi due mesi in altre città; poi a maggio ancora a Roma con scontri fra operai e forza pubblica e con centinaia di arresti. L'ordine del governo é "repressione" e ancora "repressione". Crispi non perdona, perseguita, fa le liste di prescrizione, toglie il diritto di voto agli avversari, ecc. ecc.

In questo clima esce il 15 maggio la Rerum novarum. Una sfida alle armi con la penna.

Non fu l'unico intervento ardito di Leone XIII, ma seguitò a protestare energicamente contro il clima di oppressione nei confronti dei movimenti cattolici, organizzazioni delle quali, al pari di quelle socialiste, furono colpite dalla repressione crispina, che fece chiudere migliaia di patronati, enti religiosi, associazioni.

Il 5 maggio del 1898, quando era ancora fresca di stampa la sua protesta, in Italia il giorno dopo il 6-9 maggio esplode un'ondata di violenti tumulti sul caropane e sullo stato di miseria della popolazione. Disordini e protesta sociale che a Milano diventa una tragedia quando mobilitato dal governo un corpo d'armata al comando di Bava Beccaris con pieni poteri nella repressione, lui zelante esecutore, ordina di sparare a cannonate con alzo zero sulla folla. Un eccidio! 80 morti e 300 feriti. E uno stato d'assedio esteso poi a Napoli, in Toscana a Como.
Beccaris verrà insignito della gran croce dell'Ordine militare di Savoia; è Re Umberto ad appuntargliela sul petto, per il "servizio reso alle istituzioni e alla civiltà". Un anarchico Gaetano Bresci, indignato, nel 1900, partirà da New Jersey, per mettere sul petto di Re Umberto, un altro pezzo di "civiltà": gli scarica la sua pistola addosso e uccide il Sovrano. Se civiltà era quella di Beccaris, perchè meravigliarsi di quest'altra di Bresci? Entrambe andavano a braccetto.

Altre indignate proteste, indignazione, profonde amarezze; ma Leone XIII aveva ormai 88 anni, vecchissimo e malato non riuscì a compiere l'opera così arditamente iniziata; anche perchè con l'avvento alla carica di Segretario di Stato del cardinale RAMPOLLA (e subito dopo con la morte del papa avvenuta il 20 luglio 1903) e l'elezione di Pio X, ci fu un brusco mutamento di atteggiamento; e con l'intransigenza dei due, i conflitti invece di appianarsi diventarono ancora più aspri.

Ma ormai Leone XIII aveva fatto maturare una situazione nuova e i nuovi rapporti tra Chiesa e Stato erano inevitabili (prima con Giolitti poi perfino con l' "eretico" (così si firmava in gioventù) Mussolini. Pur avendo emanata nel 1901 l'enciclica Graves de communi, con la quale Leone XIII vietava di dare un carattere politico al partito dei cattolici (la nascente Democrazia Cristiana), Murri e Don Sturzo proseguirono dopo la sua morte ancora più arditamente. I due attaccando gli intransigenti conservatori sostenevano che i cattolici si dovevano impegnare concretamente nella difesa delle libertà fondamentali e dei ceti popolari "anche appoggiando alcune battaglie dell'estrema sinistra". A schierarsi con i due preti ribelli, l'Opera dei Congressi, subito osteggiata dal Vaticano e nel successivo anno 1904 fatta sciogliere da Pio X e dai potenti prelati conservatori.
Il dissidio ridiventa incolmabile tra i cattolici intransigenti e i democratici. Si forma qui l'ala sinistra del mondo cattolico, che solo in seguito diventa ufficiale, che avrà un ruolo importante per la nascita del Partito Popolare di Don Sturzo; che porterà alla definitiva abolizione del non expedit in occasione delle elezioni. Prendendo il PPI il 20,6% dei voti entrerà in Parlamento diventando il principale interlocutore del governo.
L'opera di Leone XIII "l'ardito" era così conclusa. Anche se lasciò a loro la responsabilità di risolvere i numerosi problemi, che non mancarono (vedi le divisioni all'Opera dei Congressi, Murri, Toniolo, Don Sturzo, e molto più tardi Dossetti), e ancora oggi a distanza di un secolo sono ancora irrisolti: infatti i cattolici sono presenti in entrambe le due barricate poliste.

Il contenuto del riquadro sopra è ancora interamente attuale!

Non si può negare che il sistema economico attuale vigente è efficiente, e inventa costantemente nuove tecnologie in ordine di diventare più profittevole. Ma il peccato dell'uomo fa sì che sia un sistema ingiusto, in cui il divario tra poveri e ricchi tende ad allargarsi. E questa non è una conquista della civiltà, è conquista ad ogni costo del profitto individualista. E' l'appannaggio di una minoranza ristretta dell'umanità, spesso indifferente all'altra gran parte degli abitanti del pianeta.

Secondo un rapporto dell' UNDP (ONU) il 20% dei ricchi del mondo che nel 1960 possedevano il 70% delle ricchezze mondiale sono arrivati ad averne l'83%. Al contrario il 20% dei poveri che negli anni sessanta possedevano il 2% delle ricchezze mondiali sono passati ora all'1,4%.
In altre parole la concentrazione della ricchezza può essere espressa dal fatto che 358 ipermiliardari detengono il 45% della ricchezza mondiale.
Le parole dello scrittore francese Georges Bernanos conservano tutta la loro drammatica attualità:
«Nel momento in cui parlo, la peggiore disgrazia del mondo è che non è stato mai tanto difficile distinguere tra i costruttori e i distruttori, perché mai prima d'ora la barbarie ha disposto di mezzi più potenti per abusare delle delusioni e delle speranze di una umanità, la quale dubita di se stessa e del proprio avvenire» (i potenti media; con il monopolio dell'informazione, che oggi, distorta, entra inavvertitamente anche dentro le minime fessure di quelle barriere cerebrali che ingenuamente crediamo di avere innalzate per difenderci).

Mary Robinson, alto commissario dell'Onu per i Diritti Umani, ha dichiarato nel celebrare l'anniversario della Dichiarazione: «Non è un anniversario da celebrare. Ci sono nel mondo così gravi violazioni dei diritti umani che dobbiamo piuttosto assumerci la nostra responsabilità».

Mentre chi scrive vuole aggiungere:

"quando sai che un tuo concittadino non ha nemmeno il necessario, nè l'indispensabile, non andare in giro orgoglioso a parlare bene del tuo paese, a dire che è grande, è civile, è ricco, solo perchè tu sei elegante, hai denaro e qualche etto di quelle cose; come si chiamano quelle cose? cultura, civiltà e denaro! arrossisci e taci! non sei civile, la tua cultura spesso è quella che hanno anche gli avvoltoi; e vergognati del tuo paese se sai che in questo vivono dei tuoi simili nell'indigenza e quel che è peggio nella tua indifferenza, che è il peggiore degli atteggiamenti nel mondo umano". Anche un avvoltoio, un lupo, uno sciacallo, soccorre un suo simile se è in difficoltà.

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"Sulla Rerum Novarum, vero è che aveva già in certo modo spianata la via con altre encicliche, come quella sui fondamenti della società umana, la famiglia cioè e il venerando Sacramento del matrimonio (enciclica Arcanum del 10 febbraio 1880); sull'origine del potere civile (enciclica Diuturnum del 29 giugno 1881); sull'ordine delle sue relazioni con la Chiesa (enciclica Immortale Dei del l° novembre 1885); sui principali doveri del cittadino cristiano (enciclica Sapientiae Christianae del 10 gennaio 1890); contro gli errori del socialismo (enciclica Quod apostolici muneris del 28 dicembre 1878) e la prava dottrina intorno all'umana libertà (enciclica Libertas del 20 giugno 1888) e altre di ugual genere, dove Leone XIII aveva già espresso ampiamente il suo pensiero, ma l'enciclica Rerum Novarum, rispetto alle altre, ebbe questo di proprio, che allora appunto quando ciò era sommamente opportuno e anzi necessario, diede a tutto il genere umano norme sicurissime, per la debita soluzione degli ardui problemi della società umana, che vanno sotto il nome di questione sociale" (citazione di Pio XI, in occasione della sua enciclica "Quadragesimo anno", del 1931).

La commemoreranno e la citeranno in seguito Pio XII nel 1941, Papa GIOVANNI XXIII nella sua "Mater et Magistra" del 15 maggio 1961, Papa PAOLO VI con l'epistola "Octogesima adveniens" del 14 maggio 1971, infine Papa GIOVANNI PAOLO II, il 1° maggio 1991, (nel centenario della "Rerum") con la sua enciclica "Centesimus annus".
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Fraternamente CaterinaLD

"Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
(fr. Carlos Alfonso Azpiroz Costa OP
Maestro dell’Ordine)
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