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Papa Leone XIII, il Papa della Dottrina Sociale della Chiesa e del Rosario

Ultimo Aggiornamento: 24/04/2016 23:58
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30/11/2012 20:57
 
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[SM=g1740758] Dottrina Sociale della Chiesa, partendo dalla Rerum Novarum

 di LDCaterina63

Se facessimo oggi un breve sondaggio, in tutte le Parrocchie della Chiesa, chiedendo ai fedeli qualche informazione sulla "Rerum Novarum", probabilmente avremmo una profonda delusione nel constatare che l'80% dei fedeli non sa cosa essa sia, o se l'ha sentita nominare, accenna timidamente ad una associazione di idee con la Dottrina Sociale della Chiesa, e nulla più. Forse alcuni, più addentro, potrebbero citare la Centesimus Annus di Giovanni Paolo II, scritta appunto in occasione del centesimo anniversario di questo piccolo capolavoro di Papa Leone XIII, e che definì:  “la magna charta dell’operosità sociale cristiana”.

La Rerum Novarum possiamo dire che è diventata un simbolo della Dottrina Sociale della Chiesa perchè è il primo Documento, sociale appunto, che affronta il problema  non semplicemente da un punto affaristico, monetario, o semplicemente economico, ma inserendolo all'interno del contesto della "dignità umana",  nel rapporto fra  l'operaio e il datore di lavoro, il padrone...

In sostanza vediamo, con l'avanzare della questione Sociale che fino a quel momento era stata affrontata come una lotta nella quale Carlo Marx da origine al "proletariato" contro i padroni, visti solo come sfruttatori,  dall'altra parte, le risposte che venivano imponevano ai padroni sempre più un profilo di superiorità attraverso il quale difendere il diritto dello sfruttamento della mano d'opera. Ecco che qui, Papa Leone XIII viene letteralmente a stravolgere le idee fondamentaliste dei "contenziosi".

Vale la pena di ricordare, leggendo la Rerum Novarum che è del 1891, che non era la prima volta che la Chiesa difendeva il diritto dell'operaio, tuttavia è la prima volta che il Papa compone una Enciclica esclusivamente per affrontare il problema.

L'epoca in questione era già avviata verso il trionfo dell'industrializzazione ed era l'epoca, la prima, nella quale si vedevano intere "masse" di persone muoversi verso questo nuovo modo di vivere lavorando, ed alla Chiesa interessano le "persone", e per questo interviene il Papa a difenderne i diritti ma attenzione, ricordando che la questione sociale non si risolve muovendo guerra al padrone il quale per altro garantisce l'industria e paga i salari, bensì "entrando in dialogo con il padrone", per comprendere non tanto le imposizioni quanto le "esigenze dei lavoratori" e, attenzione, anche il lavoratore deve saper comprendere le esigenze del padrone, non può pretendere di mandare in fallimento colui che lo sovvenziona.

E va chiarito che la frase tanto sfruttata dal Vangelo, l'operaio ha diritto alla sua parcella, in verità non parla di diritto, ma di dignità: dignus enim est operarius mercede sua / perché l'operaio è degno della sua mercede (Lc.10,7), questo comporta che laddove è doveroso che l'operaio, il lavoratore, abbia nella sua dignità di lavoratore il giusto compenso, è altrettanto doveroso che l'operaio rispetti la dignità del padrone e non pretenda una parità di guadagni finendo per affamare colui che lo deve sostentare, o che pretenda di guadagnare quanto un'altro operaio che svolge un lavoro diverso e magari più remunerativo.

Ma c'è anche un altro aspetto importante di questo testo, è il primo Documento Ufficiale che parlando della questione sociale non si rivolge solo agli "italiani" o solo ai "cattolici" o solo agli "Stati Pontifici". Infatti era già passata la breccia di Porta Pia e nonostante le ferite ancora aperte, la Chiesa scrive un testo che riguarda il mondo intero, riguarda gli uomini e le donne di ogni classe sociale e culturale, di lingua e nazione.

Questa è dunque la chiave di lettura della Rerum Novarum: apertura al dialogo con il padrone e con l'operaio, i quali devono entrare all'interno di un dialogo non fine a se stesso, ma che promuova la dignità della persona nella sua mano d'opera, scrive infatti:

"2. Comunque sia, è chiaro, ed in ciò si accordano tutti, come sia di estrema necessità venir in aiuto senza indugio e con opportuni provvedimenti ai proletari, che per la maggior parte si trovano in assai misere condizioni, indegne dell'uomo."

Non ci dimentichiamo che Leone XIII era stato Nunzio in Belgio quando le miniere di carbone  erano il sostentamento degli operai come dei padroni, egli aveva ben conosciuto la nuova situazione lavorativa che si andava delineando non solo alla fine dell'800 ma anche all'inizio del nuovo Secolo, il Novecento, e conobbe le "misere condizioni" degli operai quando sovente vi si recava per alleviare le loro sofferenze, il duro lavoro di una dignità poco riconosciuta.

Un altra considerazione che dobbiamo fare è che, soprattutto agli inizi, l'era industriale, definita per certi versi la "nuova età dell'oro", aveva però dato origine anche a moltissimi problemi e non soltanto nel rapporto fra operai e padroni, ma anche problemi edilizi, abitativi, di "spostamenti", qui cominciano infatti i primi esodi di massa di migranti per cercare lavoro, qui cominciano le masse di persone che cercano casa e diventano affittuari, spesse volte c'erano padroni così senza scrupoli che tutto ciò che l'operaio guadagnava, doveva restituire nell'affitto. Ma buttare anche tutte le responsabilità sui padroni, non era giusto, così come era giusto, invece, il salvaguardare l'operaio dai padroni profittatori, di operai più deboli e non difesi da nessuno, l'era industriale aveva infatti generato anche molto degrado umano e  perfino ambientale,  tutto questo spinge la Chiesa a dare delle indicazioni chiarissime.

Alla Chiesa, nella Persona del Sommo Pontefice, Vicario di Cristo, interessava innanzi tutto chiarire il pericolo dello "sfruttamento spirituale degli operai".... cosa significa?

Che la "febbre" del lavoro spingeva gli Uomini a non curare più se stessi, ne la propria spiritualità intesa anche come "talento e doti creative", l'operaio, denuncia il Pontefice, rischia di diventare un mezzo per la riproduzione, negli ingranaggi di una industria, "annientandolo nelle sue qualità di uomo pensante"....dalle fabbriche infatti era esclusa ogni iniziativa personale  ed, estromessa, ogni esperienza personale, insomma, l'uomo rischiava di diventare "una macchina per la macchina", e questo la Chiesa non lo poteva accettare!

Così Papa Leone XIII spiega che se per il marxismo la soluzione doveva essere radicale con l'annientamento del padrone e del "privato" e l'operaio doveva diventare semplicemente uno strumento per lo Stato, per la Chiesa tra l'operaio e il padrone doveva innescarsi invece una collaborazione, un dialogo onesto e sincero nel quale l'operaio poteva salvaguardare sia il suo dignitoso stipendio quanto la sua "capacità creativa ed il suo personale talento".

Nell'enciclica il Papa rammenta che se è vero che l'operaio è anche strumento di produzione, non va tuttavia dimenticato che egli porta con se un bagaglio spirituale, "egli vive di emozioni e spiritualità, forma una famiglia"  e, di conseguenza, il salario non doveva tenere conto esclusivamente dell'operaio, ma anche della famiglia, delle sue necessità organizzative e quantitative circa il numero dei suoi componenti, per consentirle di vivere dignitosamente.

Insomma, il tema, per Leone XIII non poteva avanzare solo da un punto di vista, quello sociale e per giunta marxista, o esclusivamente economico, ma doveva gioco forza allargarsi a tutto ciò che l'Uomo è, e non soltanto in funzione di ciò che può dare in termini di sfruttamento, sia nel dare quanto nel ricevere economicamente.

Se per il marxismo il salario doveva essere "uguale" per tutti, non così la pensava la Chiesa, e puntando sul più evangelico motto che " l'operaio è degno della sua mercede" Essa difenderà proprio il diritto contrattuale. Per spiegarla in un termine che comprendiamo tutti, possiamo dire che la Chiesa difendeva quel: "tanto mi dai, tanto ti do", ma giustamente regolarizzato da "un contratto" che potesse salvaguardare non soltanto l'operaio nel suo dare e avere, ma anche tenendo conto della sua Famiglia, dei suoi Figli, e di quanti figli dovesse mantenere, alimentando la prima difesa del diritto anche alle cure mediche, ai giorni di malattia. Quanto alle "ferie" ancora non esistevano, ma le "feste comandate" entravano, a buona ragione, all'interno del meccanismo del "riposo" del lavoratore, in tal modo veniva soddisfatto anche il comandamento "ricordati di santificare le feste" e che non riguarda solo la domenica.

Leggiamo un'altro passo interessante dell'Enciclica:

"3. A rimedio di questi disordini, i socialisti, attizzando nei poveri l'odio ai ricchi, pretendono si debba abolire la proprietà, e far di tutti i particolari patrimoni un patrimonio comune, da amministrarsi per mezzo del municipio e dello stato. Con questa trasformazione della proprietà da personale in collettiva, e con l'eguale distribuzione degli utili e degli agi tra i cittadini, credono che il male sia radicalmente riparato. Ma questa via, non che risolvere le contese, non fa che danneggiare gli stessi operai, ed è inoltre ingiusta per molti motivi, giacché manomette i diritti dei legittimi proprietari, altera le competenze degli uffici dello Stato, e scompiglia tutto l'ordine sociale."

Questa denuncia e presa di posizione chiara, fu la vera grande rivoluzione della Rerum Novarum e sulla quale si regge, ancora oggi, ogni discussione sul salario sui diritti certo, ma anche sui doveri. Nessuna Istituzione umana era giunta a così alti livelli di spessore sociale validi in ogni tempo.

Sarà La Chiesa stessa a spingere gli operai verso le prime forme di "Aggregazioni lavorative" per affrontare appunto le dinamiche e le discussioni con il "padrone", nascono le aggregazioni "Bianche" per i cattolici che forse molti conoscono di più con il termine del "Mutuo Soccorso", e naturalmente il suo rovescio, quelle Rosse per i socialisti e comunisti, ma furono questi a "rubare" l'idea alla Chiesa e non viceversa come oggi si vuol far credere.

Il primo frutto di questa rivoluzione lanciata dalla Enciclica sono le "Casse Rurali", delle "banche cooperative" (più conosciute oggi in campo comunista come per esempio le Coop), queste furono di fatto un frutto della Dottrina Sociale della Chiesa e non del marxismo...

Un dato statistico riporta che nel 1922 le Casse Rurali sono circa 3000 e circa l'80% sono Cattoliche  molte delle quali "fondate da Sacerdoti" che applicarono alla lettera le richieste del Pontefice. Ma non solo Casse Rurali, alla fine dell'800 e primi del Novecento, vista la forte migrazione di ragazze, le donne, spesso sole e indifese, accanto alle fabbriche molti sacerdoti avevano dato il via a dei veri e propri villaggi e Case di accoglienza, meglio conosciute come i "Convitti".

Qui moltissime ragazze poterono essere accolte, ricevere cibi e perfino vestiti e liberarsi dal rischio di essere sfruttate o peggio restare sole per le strade, e spesso qui nei Convitti studiavano, ricevevano l'istruzione necessaria al loro stato, imparavano qualche mestiere, e spesso si preparavano anche per i Sacramenti, quando non l'avessero ancora ricevuti, e comunque sia vivevano una esistenza anche religiosa e che spesso maturava o in ottimi matrimoni cristiani, oppure in forme di vocazione religiosa. C'è da dire che alla base di questi successi c'era l'impegno serio e costante dei Sacerdoti i quali, se è vero che da una parte finirono con il farsi ingannare  dalla moda del "prete operaio e sociale" dall'altra, ed era la maggioranza, facevano davvero i "preti" attraverso il cui ministero, occupandosi principalmente delle anime, finivano naturalmente per occuparsi anche delle questioni materiali risolvendo molti singoli problemi.

La Rerum Novarum ha il privilegio (da qui il concetto della sua unicità) di non avere mai avuto la pretesa di risolvere i problemi in modo tecnico, economico, o burocratico o sindacale, no, la genialità dell'Enciclica sta nel metodo applicativo.

Leone XIII, ben conoscitore dei problemi del suo tempo, da saggio intuisce subito che ciò che mancano non sono le idee, ma il metodo applicativo di tante idee da mettere in ordine, insieme, dialogando, parlandosi e non trattare l'argomento come se dall'altra parte ci fossero dei nemici da abbattere (il nemico non poteva essere il padrone dal quale proveniva il sostentamento economico), piuttosto egli fa comprendere che il dialogare e il trovare soluzioni adatte, fa crescere il prestigio sia dei lavoratori quanto dei padroni e dell'azienda stessa che in un clima favorevole produce di più e meglio.

Scrive infatti  il Papa:

"- Certamente la soluzione di si arduo problema richiede il concorso e l'efficace cooperazione anche degli altri: vogliamo dire dei governanti, dei padroni e dei ricchi, come pure degli stessi proletari che vi sono direttamente interessati: ma senza esitazione alcuna affermiamo che, se si prescinde dall'azione della Chiesa, tutti gli sforzi riusciranno vani.

Difatti la Chiesa è quella che trae dal Vangelo dottrine atte a comporre, o certamente a rendere assai meno aspro il conflitto: essa procura con gli insegnamenti suoi, non solo d'illuminare la mente, ma d'informare la vita e i costumi di ognuno: con un gran numero di benefiche istituzioni migliora le condizioni medesime del proletario; vuole e brama che i consigli e le forze di tutte le classi sociali si colleghino e vengano convogliate insieme al fine di provvedere meglio che sia possibile agli interessi degli operai; e crede che, entro i debiti termini, debbano volgersi a questo scopo le stesse leggi e l'autorità dello Stato."

Non a pochi oggi, che stanno riscoprendo la Rerum Novarum, vien da chiedersi se la Chiesa non si fosse svegliata perfino un pò troppo tardi, può sembrare ma non è così.

Il marxismo che aveva affrontato prima della Chiesa la questione operaia, lo aveva fatto però come una "lotta armata", il cui nemico da abbattere era il padrone, colui che sovvenzionava, dunque una lotta armata di forconi, ma pur sempre belligerante, che di fatto esasperò gli animi sia degli operai quanto dei padroni,  si era finiti in una sorta di vicolo cieco dove per uscirne occorreva sfondare un muro, con molte perdite...

La Chiesa invece, in qualità propria di Mater et Magistra, si prese come è solita fare il suo tempo per vagliare la situazione, e poté rispondere al problema solo quando ebbe sottomano tutti gli elementi per farlo, questa è saggezza, non ritardo sui tempi!

Così descrive la situazione il santo Padre Benedetto XVI nella sua meravigliosa Enciclica Spe Salvi:

"20. (...) Dopo la rivoluzione borghese del 1789 era arrivata l'ora per una nuova rivoluzione, quella proletaria: il progresso non poteva semplicemente avanzare in modo lineare a piccoli passi. Ci voleva il salto rivoluzionario. Karl Marx raccolse questo richiamo del momento e, con vigore di linguaggio e di pensiero, cercò di avviare questo nuovo passo grande e, come riteneva, definitivo della storia verso la salvezza – verso quello che Kant aveva qualificato come il « regno di Dio ». Essendosi dileguata la verità dell'aldilà, si sarebbe ormai trattato di stabilire la verità dell'aldiquà.

La critica del cielo si trasforma nella critica della terra, la critica della teologia nella critica della politica. Il progresso verso il meglio, verso il mondo definitivamente buono, non viene più semplicemente dalla scienza, ma dalla politica – da una politica pensata scientificamente, che sa riconoscere la struttura della storia e della società ed indica così la strada verso la rivoluzione, verso il cambiamento di tutte le cose.

Con puntuale precisione, anche se in modo unilateralmente parziale, Marx ha descritto la situazione del suo tempo ed illustrato con grande capacità analitica le vie verso la rivoluzione – non solo teoricamente: con il partito comunista, nato dal manifesto comunista del 1848, l'ha anche concretamente avviata. La sua promessa, grazie all'acutezza delle analisi e alla chiara indicazione degli strumenti per il cambiamento radicale, ha affascinato ed affascina tuttora sempre di nuovo. La rivoluzione poi si è anche verificata nel modo più radicale in Russia.

21. Ma con la sua vittoria si è reso evidente anche l'errore fondamentale di Marx. Egli ha indicato con esattezza come realizzare il rovesciamento. Ma non ci ha detto come le cose avrebbero dovuto procedere dopo. Egli supponeva semplicemente che con l'espropriazione della classe dominante, con la caduta del potere politico e con la socializzazione dei mezzi di produzione si sarebbe realizzata la Nuova Gerusalemme. Allora, infatti, sarebbero state annullate tutte le contraddizioni, l'uomo e il mondo avrebbero visto finalmente chiaro in se stessi.

Allora tutto avrebbe potuto procedere da sé sulla retta via, perché tutto sarebbe appartenuto a tutti e tutti avrebbero voluto il meglio l'uno per l'altro. Così, dopo la rivoluzione riuscita, Lenin dovette accorgersi che negli scritti del maestro non si trovava nessun'indicazione sul come procedere. Sì, egli aveva parlato della fase intermedia della dittatura del proletariato come di una necessità che, però, in un secondo tempo da sé si sarebbe dimostrata caduca.

Questa « fase intermedia » la conosciamo benissimo e sappiamo anche come si sia poi sviluppata, non portando alla luce il mondo sano, ma lasciando dietro di sé una distruzione desolante. Marx non ha solo mancato di ideare gli ordinamenti necessari per il nuovo mondo – di questi, infatti, non doveva più esserci bisogno. Che egli di ciò non dica nulla, è logica conseguenza della sua impostazione. Il suo errore sta più in profondità. Egli ha dimenticato che l'uomo rimane sempre uomo. Ha dimenticato l'uomo e ha dimenticato la sua libertà. Ha dimenticato che la libertà rimane sempre libertà, anche per il male. Credeva che, una volta messa a posto l'economia, tutto sarebbe stato a posto. Il suo vero errore è il materialismo: l'uomo, infatti, non è solo il prodotto di condizioni economiche e non è possibile risanarlo solamente dall'esterno creando condizioni economiche favorevoli."

****

Chi spiega ancor meglio l'interpretazione della Rerum Novarum è il successore di Leone XIII, Papa Pio XI che scrisse la "Quadragesimo anno" ossia, a 40 anni dalla Rerum Novarum, scrivendone un altra per spiegarne l'importanza e l'attualità, aggiornandola.

Quanto scrisse il Papa vale la pena di leggere attentamente per avere la chiave di lettura autentica sulla Rerum Novarum:

"5. Né altrimenti pensavano quei molti cattolici, e sacerdoti e laici, i quali, mossi da un sentimento di una carità certamente ammirabile, si sentivano già da lungo tempo sospinti a lenire l’immeritata indigenza dei proletari, né riuscivano in alcun modo a persuadersi come un così forte e ingiusto divario nella distribuzione dei beni temporali potesse davvero corrispondere ai disegni del sapientissimo Creatore.

"6. In tale disordine lacrimevole della società essi cercavano bensì con sincerità un pronto rimedio e una salda difesa contro i pericoli peggiori: ma per la fiacchezza della mente umana anche nei migliori, vedendosi respinti da una parte quasi perniciosi novatori, dall’altra intralciati dagli stessi compagni di opere buone ma seguaci di altre idee, esitando tra le varie opinioni, non sapevano dove rivolgersi.

"7. In così grande urto e dissenso di animi, mentre dall’una parte e dall’altra si dibatteva, e non sempre pacificamente, la controversia, gli occhi di tutti, come in tante altre occasioni, si volgevano alla Cattedra di Pietro, deposito sacro di ogni verità, da cui si diffondono le parole di salute in tutto il mondo; e accorrendo, con insolita frequenza, ai piedi del Vicario di Cristo in terra, sì gli studiosi di cose sociali, come i datori di lavoro e gli stessi operai, andavano supplicando unanimi perché fosse loro finalmente additata una via sicura.

"8. Tutto ciò il prudentissimo Pontefice ponderò a lungo tra sé al cospetto di Dio, richiese consiglio ai più esperti, vagliò attentamente gli argomenti che si portavano da una parte e dall’altra, e in ultimo, ascoltando "la voce della coscienza dell’ufficio Apostolico", (Enc. Rerum Novarum n. 1). per non sembrare, tacendo, di mancare al proprio dovere, (cf. RN n. 13) deliberò in virtù del divino magistero, a lui affidato, di rivolgere la parola a tutta la Chiesa, anzi a tutta l’umana società."

**********

Nel sottolineare alcuni punti fondamentali dell'Enciclica, Pio XI sottolinea:

 - ....con animo invitto prende a tutelare egli stesso in persona la causa degli operai che "le circostanze hanno consegnati soli e indifesi alla inumanità dei padroni e alla sfrenata cupidigia della concorrenza", (RN n. 2) senza chiedere aiuto alcuno né al liberalismo né al socialismo, dei quali l’uno si era mostrato affatto incapace di dare soluzione legittima alla questione sociale, l’altro proponeva un rimedio che, di gran lunga peggiore del male, avrebbe gettato in maggiori pericoli la società umana.

-  indicò e proclamò "i diritti e i doveri dai quali conviene che vicendevolmente si sentano vincolati e ricchi e proletari, e capitalisti e prestatori d’opera", (RN n. 1). come pure le parti rispettive della Chiesa, dei poteri pubblici e anche di coloro che più vi si trovano interessati.

(faccio notare che non solo i diritti, ma che tutti abbiamo anche dei doveri anche verso i padroni. Ndr)

- accolsero con giubilo quell’enciclica gli operai cristiani, i quali si sentirono patrocinati e difesi dalla più alta Autorità della terra, e tutti quei generosi, i quali già da lungo tempo sollecitati di recare sollievo alla condizione degli operai, sino allora non avevano trovato quasi altro che la noncuranza degli uni e persino gli odiosi sospetti, per non dire l’aperta ostilità di molti altri. Meritatamente dunque tutti costoro d’allora in poi tennero sempre in tanto onore quell’enciclica che è venuto in uso di commemorarla ogni anno nei vari paesi con varie manifestazioni di gratitudine.

- Tuttavia la dottrina di Leone XIII, così nobile, così profonda e così inaudita al mondo, non poteva non produrre anche in alcuni cattolici una certa impressione di sgomento, anzi di molestia e per taluni anche di scandalo. Essa infatti affrontava coraggiosamente gli idoli del liberalismo e li rovesciava, non teneva in nessun conto pregiudizi inveterati, preveniva i tempi oltre ogni aspettazione; ond’è che i troppo tenaci dell’antico disdegnavano questa nuova filosofia sociale, i pusillanimi paventavano di ascendere a tanta altezza; taluno anche vi fu, che pure ammirando questa luce, la riputava come un ideale chimerico di perfezione più desiderabile che attuabile.

  [SM=g1740771] continua....

Fraternamente CaterinaLD

"Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
(fr. Carlos Alfonso Azpiroz Costa OP
Maestro dell’Ordine)
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