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Il Magistero Pontificio ecclesiale sulla questione politca e sull'omosessualità

Ultimo Aggiornamento: 23/05/2017 10:26
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29/06/2011 19:08
 
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Giovanni Paolo II, Discorso ai membri dell’Unione Giuristi Cattolici Italiani in occasione di un Convegno Nazionale di studio, del 16-12-1989, nn. 2-4, in L’Osservatore Romano, 17-12-1989. Titolo redazionale.
Cristianità, 178 (1990)

Famiglia, unioni di fatto e legge dello Stato

[...] la famiglia è, innanzitutto, una realtà terrena, un bene proprio della città degli uomini, un bene iscritto nella stessa creazione dell’uomo. Perciò la prima parola che la Chiesa ha da dire su di essa è che Iddio l’ha fondata creando l’uomo persona, essere sociale. [...]

Quando si oscura la dimensione profonda della persona umana e il suo senso trascendente, quando la persona non può ritrovare pienamente se stessa perché non sa fare dono sincero di sé (cf. Lettera Apostolica Mulieris Dignitatem, n. 7; GS, n. 24), non fa meraviglia che appaiano forme succedanee di famiglia, le quali cercano di riempire il posto naturale che c’è nel cuore umano per quella che è costituita sulla base del dono sincero e vicendevole di sé.

3. Come cultori del diritto e come cattolici voi, illustri Signori, vi trovate oggi davanti a una sfida. Non potete restare in passiva contemplazione dei cambiamenti della società, limitandovi a prender atto degli adeguamenti delle leggi civili ai mutamenti del costume. Ciò significherebbe essere insensibili a quel bene delle persone che dà valore ad ogni rapporto di giustizia tra gli uomini. Occorre, invece, impegnarsi perché la società dei nostri giorni sappia darsi delle leggi che, pur tenendo conto delle diverse situazioni reali, garantiscano il bene delle persone singole e delle comunità umane, promuovendo e tutelando l’istituto naturale della famiglia fondata sul matrimonio.

Il bene "della comunità umana è strettamente legato alla sanità dell’istituzione familiare. Quando, nella sua legislazione, il potere civile disconosce il valore specifico che la famiglia rettamente costituita porta al bene della società; quando esso si comporta come spettatore indifferente di fronte ai valori etici della vita sessuale e di quella matrimoniale, allora, lungi dal promuovere il bene e la permanenza dei valori umani, favorisce con tale comportamento la dissoluzione dei costumi" (Giovanni Paolo II, Insegnamenti, Vol. IX/1, 1986, p. 1140).

Non si contribuirebbe, perciò, al bene personale e sociale ipotizzando leggi, che pretendessero di riconoscere come legittime, equiparandole alla famiglia naturale fondata sul matrimonio, unioni di fatto, che non comportano alcuna assunzione di responsabilità ed alcuna garanzia di stabilità, elementi essenziali dell’unione tra l’uomo e la donna, come fu intesa da Dio creatore e confermata da Cristo redentore. Una cosa è garantire i diritti delle persone ed un’altra indurre nell’equivoco di presentare il disordine come situazione in sé buona e retta.

4. L’ordinamento giuridico non può non riconoscere e sostenere la famiglia come luogo privilegiato per lo sviluppo personale dei suoi membri, specialmente dei più deboli. Oltrepassando impostazioni superate da questi ultimi decenni, occorre privilegiare e promuovere giuridicamente la famiglia come "il luogo nativo e lo strumento più efficace di umanizzazione e di personalizzazione della società" (Familiaris consortio, 43). Senza dare per scontato che ogni famiglia realizzi perfettamente questo bene sociale, occorre tuttavia non partire dalla diffidenza nei suoi confronti, ma piuttosto aiutarla con quei mezzi opportuni e quei sussidi, che integrano il suo compito formativo e assistenziale a servizio dei più deboli. Significativamente, alcune piaghe che hanno colpito specialmente i Paesi occidentali, come la disoccupazione, la droga, e persino l’AIDS, hanno portato a riscoprire la famiglia come la prima e principale alleata per diminuire l’incidenza negativa di quei fattori sulla società. Essa infatti "possiede e sprigiona ancora oggi energie formidabili capaci di strappare l’uomo all’anonimato, di mantenerlo cosciente della sua dignità personale, di arricchirlo di profonda umanità e di inserirlo attivamente con la sua unicità e irripetibilità nel tessuto della società" (Ibid.).

Si rivela, perciò, compito della massima importanza quello di trasmettere alle generazioni future i valori della dignità della persona e della stabilità del matrimonio e della famiglia mediante un corpo di leggi che li protegga e li promuova. Dare carta di cittadinanza legale a forme di convivenza diverse dalla famiglia legittima fondata sul matrimonio, oltre alla confusione sul piano dei principi, comporterebbe pedagogicamente e culturalmente un diretto contributo alla formazione di una mentalità e di un costume privi di riferimento ai valori basilari e fondanti della famiglia.

Giovanni Paolo II

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[SM=g1740733] un esempio DELLA RAGIONE al di là di ogni schieramento e di ogni fede....


La Strategia del linguaggio



di Adamo Creato*
*ex omosessuale

Il sorprendente seguito che i cosiddetti “diritti gay” registrano rappresenta il trionfo dell’inganno sulla semplice logica. Anche le persone intelligenti arrivano immancabilmente a conclusioni che fanno acqua da tutte le parti. I simpatizzanti dei “gay” non sono necessariamente più creduloni degli altri, sono semplicemente portati ad accettare delle conclusioni senza prima esaminarne le premesse. Chi decide il significato delle parole controlla il dibattito e, nel nostro caso, i termini sono stati definiti (e inventati) dai sofisti del movimento omosessualista. Il sofisma è l’arte greca di persuasione attraverso un falso e sottile ragionamento. La chiave per superare i sofismi, quindi, è quella di semplificare e chiarire ciò che è stato intenzionalmente reso complesso e vago. Bisogna iniziare a definire i termini e i concetti utilizzati negli argomenti del dibattito. Si scopre così che la maggior parte degli argomenti a sostegno dei “diritti dei gay” dipendono da falsi presupposti e da termini volutamente ambigui. In pratica “fumo negli occhi”. Tra i termini e i concetti più comunemente usati dagli omosessualisti troviamo, ad esempio, omosessualità, orientamento sessuale, eterosessismo, omofobia, tolleranza, ecc. Queste parole sono usate per forzare la questione dell’omosessualità nel contesto dei diritti civili. Un contesto, questo, scelto per favorire l’assimilazione dei “gay” a vittime e mettere i loro avversari nella posizione di oppressori.

Che cos’è l’omosessualità ad esempio? Qualcuno potrebbero essere tentato di saltare questa parte perché pensa di conoscere già questo termine commettendo il primo errore. Con la mancanza di chiarezza sui termini essenziali si cade immediatamente intrappolati da ipotesi errate. La definizione di omosessualità non è così evidente come si potrebbe pensare. Fino al 1986, l’omosessualità è stata universalmente definita come “condotta sessuale con persone dello stesso sesso“. Un omosessuale, quindi, era colui (o colei) che metteva in pratica tale condotta. Il movimento omosessualista si accontentava di questa definizione, secondo la quale il termine ”omosessualità” aveva senso solo in relazione al comportamento sessuale con lo stesso genere. Dopo il 1986, gli omosessualisti hanno cominciato a ridefinire l’omosessualità come una “condizione normale e immutabile equivalente all’eterosessualità“, uno “stato d’essere”, quindi, completamente indipendente dal comportamento.

I motivi di questo cambio di strategia da parte degli attivisti gay è presto detto: nel 1986 la Corte Suprema degli Stati Uniti, chiamata a pronunciarsi sul caso Bowers contro Hardwick, ha confermato il diritto degli Stati di considerare reato alcuni comportamenti sessuali. Il movimento “gay” aveva sostenuto che la sodomia omosessuale doveva essere considerata dalla Corte come un diritto fondamentale, riguardante la sfera privata, non diverso dai rapporti sessuali coniugali. La Corte respinse fermamente tale argomento e il diritto costituzionale degli Stati di regolare la condotta omosessuale rimase legge. Veniva così ostacolato l’obiettivo di legittimare il comportamento omosessuale considerandolo un diritto fondamentale. L’unico argomento rimasto, col quale si poteva pretendere una protezione costituzionale, era riuscire ad accedere allo “status di minoranza“. La Corte Suprema degli Stati Uniti, però, riconosce lo status di minoranza solo per quei gruppi che: 1) hanno subito una storia di discriminazione, 2) sono incapaci di difendere se stessi, 3) sono definiti da caratteristiche immutabili.

Ecco perché il movimento “gay” ha avuto assoluto bisogno di negare che l’omosessualità sia basata su un comportamento, insistendo sul fatto che è innata e immutabile. Non è più questione di scienza, ma si tratta di unastrategia giuridica e politica. Il problema è che non è possibile provarlo perchè non esiste un mezzo obiettivo per accertare se una persona è per sua natura omosessuale. Non si può fare un esame del sangue o test del DNA per dimostrare che “si è gay”. Dobbiamo dipendere unicamente dalla pretesa di una persona che dichiara che la sua omosessualità è innata. Chiaramente questo rende tale elemento di prova totalmente inaffidabile: auto-dichiararsi omosessuali non prova che la propria omosessualità è innata. Sulla questione della scelta, dobbiamo anche osservare che tutti i rapporti sessuali, eccetto lo stupro (ogni genere di violenza sessuale), sono atti volontari tra almeno due persone, e dunque, ogni atto sessuale implica una scelta consapevole. Oltre tutto, anche se l’inclinazione di una persona verso una forma di comportamento sessuale potrebbe, per varie ragioni, non essere consapevolmente scelta, la sola esistenza del desiderio non giustifica l’atto. Altrimenti bisognerebbe accettare come validi l’adulterio e la pedofilia. Esistono, infine, molti “gay” che ammettono liberamente che il loro stile di vita è una preferenza volontaria.

Paradossalmente, gli omosessualisti non vogliono neppure che sia trovata una causa biologica. Se la scienza dovesse identificare una causa biologica dell’omosessualità, quel giorno inizierebbe la “corsa alla cura” da parte di uomini e donne omosessuali anche se, in pubblico, continuerebbero a dichiarare il loro orgoglio gay. Dal momento che gli omosessualisti non possono dimostrare che gli omosessuali sono “nati così”, essa rimane solo un’ipotesi la quale non giustifica la modifica di politiche sociali abbondantemente collaudate. Non è la società che deve dimostrare che l’omosessualità non è innata, ma sono gli attivisti “gay” ad avere l’onere della prova. Al contrario, vi è abbondanza di prove che l’omosessualità non è innata: esiste un considerevole numero di testimonianze di migliaia di uomini e donne che una volta vivevano come “gay”. Questi “ex gay” hanno rinunciato al loro stile di vita precedente e molti sono tornati eterosessuali (in quanto ad auto-identificazione e nei desideri), mentre altri si sono fermati al raggiungimento della libertà da desideri omosessuali. La lotta del movimento omosessualista contro gli ex omosessuali (ovvero di dimostrare che essi in realtà non avevano una omosessualità innata oppure che mentono), è cruciale perchè essi si posizionano in prima linea per smentire l’immutabilità omosessuale. L’odio dimostrato nei confronti degli ex omosessuali è causato proprio dalla questione dell’immutabilità. Una persona che lascia l’omosessualità è la dimostrazione vivente che essa è mutabile.

L’unica definizione accettabile di omosessualità risulta essere quindi: condotta sessuale con lo stesso genere. Un “gay” è una persona che definisce se stessa come colei che mette in pratica (o ha il desiderio di mettere in pratica)tale condotta. I sostenitori della tesi “nato così” dovrebbero riconoscere che non possono dimostrare la verità della loro tesi, e che dal momento che non possono provarlo, devono ammettere la possibilità che l’omosessualità può essere acquisita, senza discriminare gli ex omosessuali.

FONTE: UCCR

(L’UCCR è un’associazione puramente virtuale, non ha sede, non ha statuto, non ha organico, non spaccia tessere e non batte cassa. Questo sito web viene inaugurato il 2 febbraio 2011: nasce come parodia della già divertentissima associazione UAAR (Unione degli Atei, degli Agnostici e infine -dicono- pure dei Razionalisti) e con il passare del tempo acquista una sua specifica mission. L’idea originale emerge da un gruppetto di universitari ai quali, in poco tempo, si uniscono altri amici conosciuti in rete. Non intende assolutamente rappresentare la voce della Chiesa, ma è da vedersi unicamente come uno dei tanti hobbies di alcuni giovani impegnati tra un esame universitario e l’altro. Senza voler rivelare troppo di noi, solo esclusivamente per non dare facile appoggio agli inevitabili e agguerriti detrattori, diciamo che non siamo né particolarmente progressisti né particolarmente conservatori e l’associazione non aderisce ad alcun movimento ecclesiale o alcun partito politico.)



Read more: http://sursumcorda-dominum.blogspot.com/#ixzz1fYLFVNuA

[Modificato da Caterina63 04/12/2011 09:30]
Fraternamente CaterinaLD

"Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
(fr. Carlos Alfonso Azpiroz Costa OP
Maestro dell’Ordine)
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