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La Bibbia e la sua storia

Ultimo Aggiornamento: 23/03/2010 14:59
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23/03/2010 14:59
 
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Da: cristianocattolico Inviato: 16/12/2002 20.05
Il protestantesimo ha sempre avuto le idee confuse circa l’ispirazione di alcuni Libri Sacri, la Bibbia letta fuori dalla Chiesa e contro di Essa non può che indurre all’errore?
La Chiesa è il prolungamento di Cristo, la bocca di Cristo.
Dice frà Tommaso: “che se la Bibbia non ci avesse lasciato delle norme precise su questo punto fondamentale, non crederei né a Cristo, né ai Vangeli.”
In effetti frà Tommaso ha perfettamente ragione, perché un conto era credere “vedendo”, come al tempo degli Apostoli, nel quale il popolo vedeva e sentiva la loro viva voce e i loro prodigi, un altro conto è invece credere per fede, senza poter parlare direttamente con gli Apostoli e con Gesù.
Quindi è logico che Gesù è la sua Chiesa doveva stabilire delle norme, tramite le quali si poteva provare l’autenticità della Bibbia, in modo tale che se un ateo la mettesse in dubbio chiamandola romanzo fantasioso, o comune libro storico, la Chiesa potesse dimostrare inconfutabilmente l’autenticità della Bibbia, e la sua ispirazione divina.
D’altra parte prima di frà Tommaso, molti altri credenti hanno fatto lo stesso ragionamento.
S. Agostino, che conosceva molto meglio di noi la S. Scrittura, diceva: “Non crederei ai Vangeli se non me lo dicesse la Chiesa”. Un tale maestro ne sapeva certamente più di tanti altri che pretendono di conoscere la Bibbia solo perché vi fanno lunghe e meticolose ricerche, ma col preciso scopo di trovarvi frasi o parole con le quali presumono di confondere i cattolici e di legiferare contro la Chiesa di Cristo.
Innanzitutto vanno fatte le dovute distinzioni tra Antico e Nuovo Testamento, perché la stessa Bibbia le fa.
Facciamo solo un esempio: “Così Dio parla di un’Alleanza nuova, e perciò dichiara superata l’Alleanza precedente. E quando una cosa è antica e invecchiata, le manca poco a scomparire”
(Eb 8,13).
Alcuni fratelli non cattolici si servono di queste speciose ragioni di non distinzione tra l’A. e il N. Testamento, perché con tale metodo, riescono a “trovare” le conclusioni che fan comode, specie quando la dottrina da essi professata incontra gravi difficoltà a confrontarsi con la chiarezza di alcune affermazioni neotestamentarie.
Sappiamo poi che alcuni gruppi protestanti non tengono nel dovuto conto certe norme esegetiche, ormai accettate da tutti gli studiosi e dal Magistero Ecclesiastico. Non tengono sempre conto dei generi letterari, del contesto e, in casi molto importanti neppure del testo (vedi per es. i testimoni di Geova, la cui “Bibbia” offre, agli ingenui seguaci della setta, una traduzione falsata).
E’ facile comprendere che il tal modo la Parola di Dio diventa oggetto utile per sostenere qualsiasi opinione ed offre “ricette pronte” per tutte le risposte.

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Consiglia Elimina    Messaggio 22 di 23 nella discussione 
Da: cristianocattolico Inviato: 16/12/2002 20.07
La lista ufficiale dei libri della Bibbia è detta, fin dal 4° secolo d.C., Canone, in quanto i libri sacri sono norma della fede e della morale.
La differenza (come già detto) tra il canone ebraico dell’A.T. e quello della Chiesa cattolica sta nella mancanza, in quello ebraico, dei seguenti libri: Tobia, Giuditta, 1° e 2° Maccabei, Sapienza, Siracide, Baruc con la lettera di Geremia, alcune parti di Ester e Daniele.
La parola “deuterocanonici” fu introdotta (e accettata dai cattolici) da Sisto Senese nel 1566, dopo il concilio di Trento. Così i libri non contestati furono detti protocanonici, e quelli contestati deuterocanonici.
Quindi come abbiamo detto tutti i libri dell’A.T. furono scritti tra il sec. XV e II sec. a.C.  in ebraico per la maggior parte, ma dei cosiddetti deuterocanonici il testo originale è ignorato o furono scritti in greco.
Della gran parte di questi libri (46), sappiamo che erano accettati già dalla Sinagoga come ispirati, e lo troviamo in tutte le Bibbie ebraiche. Altri invece li conosciamo soltanto nella versione greca detta dei “Settanta”, e sono quelli che chiamiamo appunto deuterocanonici. La loro canonicità, ossia il loro carattere ispirato, fu posta in discussione da alcuni Padri della Chiesa; tuttavia il fatto che gli Apostoli e la Chiesa primitiva li avessero accolti, fece sì che fossero ritenuti ispirati.
Per brevità e chiarezza, i libri comuni ai due canoni si chiamarono protocanonici e quelli esclusi dall’edizione ebraica deuterocanonici, ma il significato di questi termini, nell’accezione ecclesiastica, non va esteso ad una differenza di valore o di autenticità dei due gruppi.
Come già detto la parola greca "canon" significa "regola", "norma" ed è impiegata dal
sec. IV per designare la collezione dei libri sacri. Da allora si parla di libri "canonici" in contrapposizione ai "non canonici". I termini "protocanonici" e "deuterocanonici" sono invece stati inventati da Sisto Senese il quale volle distinguere quelli che concordarono sempre con l'A.T., da quelli sui quali alla fine del 1° secolo dopo Cristo, sorsero delle polemiche e dei dubbi che si protrassero per molti anni. Gli Ebrei e i Protestanti chiamano i libri deuterocanonici "apocrifi", escludendoli dal canone biblico.
Non dovrebbe essere difficile - almeno per chi crede nella divina istituzione della Chiesa - comprendere che, trattandosi di questioni a carattere soprannaturale, la facoltà di dichiarare infallibilmente quale libro sia dotato del carattere dell'ispirazione, e sia perciò da inserirsi nel canone biblico, é soltanto della Chiesa, depositaria della dottrina di Gesù Cristo. Quindi il criterio sicuro e anche logico per conoscere se un libro debba far parte di questa collezione è la tradizione che risalga fino all'età apostolica.

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Consiglia Elimina    Messaggio 23 di 23 nella discussione 
Da: cristianocattolico Inviato: 16/12/2002 20.08

Sta di fatto che i libri, oggi detti deuterocanonici, sono compresi nella versione greca detta dei "Settanta", realizzata da Giudei alessandrini qualche secolo prima di Cristo. Essi erano letti nelle sinagoghe ed erano considerati ispirati. La divergenza come detto nelle prime pagine di questo capitolo è dovuta ad un rigorismo degli scribi e rabbini palestinesi, che non tollerarono alcun libro originariamente in greco, e che anche verso libri composti originariamente in ebraico ed aramaico si mostrarono sospettosi quando non si presentassero come dovuti ad un autore insignito di carisma profetico (cf 1 Macc 4,46; 14,42); cosicché i requisiti indispensabili di un libro sacro furono quasi fissati nella lingua ebraica, nella qualità profetica dell'autore supposto anteriore ad Esdra, e nell'origine palestinese del libro. Tale rigorismo non era condiviso dai Giudei ellenizzati della diaspora (=dispersione, migrazione degli Ebrei fuori la Palestina) che leggevano la Bibbia nella versione greca dei Settanta. Notizie storiche ci assicurano che anche presso i Giudei palestinesi in un primo tempo questi libri, specialmente i più antichi, fossero ammessi. <o:p></o:p>

Quanto a Gesù e agli Apostoli, dalle loro allusioni conservate nel N.T. e dall'uso frequente della versione dei Settanta, risulta in pratica che ritenevano per ispirati anche i "deuterocanonici". Tale è la norma anche dei più antichi Padri, i quali citano o usano indifferentemente le due serie di libri (Clemente, Ippolito, Ireneo, Tertulliano, Clemente Alessandrino, Cipriano). Di modo che, per i primi due secoli non risulta alcuna incertezza circa l'ispirazione e l'autorità dei libri in questione. Solo verso la fine del 2° secolo, le controversie frequenti con i Giudei, che ormai concordemente rigettavano i libri "deuterocanonici", condussero gli apologisti (=difensori della fede) a non desumere i loro argomenti da questi scritti non ammessi dagli avversari. Si trattava di una norma pratica da seguire, più che di un principio teorico.  <o:p></o:p>

Come già detto ne riscontriamo i sintomi in Melitone di Sardi (+160 -180), in Origene, che tuttavia usa i deuterocanonici come libri ispirati. In tempi successivi tale opinione si diffuse più sensibilmente nella Chiesa greca; ad essa si attennero Atanasio, Cirillo di Gerusalemme, Epifanio, Gregorio di Nazianzio, e alcuni altri, sebbene anch'essi in pratica non si mantennero aderenti a quella opinione, giacché non è difficile ritrovare nelle loro opere citazioni di deuterocanonici come libri ispirati. <o:p></o:p>

Allora cominciò a circolare presso i Greci una triplice distinzione di libri della Bibbia: si parlò di libri certi od ammessi da tutti, di libri controversi e di libri spuri o apocrifi. <o:p></o:p>

Con il termine  "controversi" si intendevano i nostri "deuterocanonici". Ma quanto poco fosse radicato il rifiuto di tali libri è confermato dall'accettazione incondizionata di essi da parte di numerosi altri dottori della Chiesa e dalla decisione del Concilio di Costantinopoli del 692, detto Trullano, che sebbene in una forma non del tutto chiara riferì il canone integrale, mantenuto SEMPRE incontrastato nella Chiesa greca, almeno sino al Protestantesimo.

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