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Ottimo intervento di M.Introvigne e Padre Lombardi alla trasmissione di Uno-Mattina

Ultimo Aggiornamento: 15/05/2010 11:13
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25/03/2010 19:28
 
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Genesi di un delitto. La rivoluzione degli anni '60

Lo scandalo della pedofilia c'è sempre stato, ma a ingigantirlo è stata la svolta culturale di mezzo secolo fa. Lo scrive Benedetto XVI nella sua lettera ai cattolici dell'Irlanda. Due cardinali e un sociologo la commentano

di Sandro Magister




ROMA, 25 marzo 2010 – La legge e la grazia. Dove la giustizia terrena non arriva, può la mano di Dio. Ai cattolici dell'Irlanda Benedetto XVI ha ordinato, con la sua lettera del 19 marzo, ciò che nessun papa dell'età moderna ha mai ordinato a un'intera Chiesa nazionale.

Ha intimato loro non solo di portare i colpevoli davanti ai tribunali canonici e civili, ma di mettersi collettivamente in stato di penitenza e di purificazione. E non nel segreto delle coscienze ma in forma pubblica, sotto gli occhi di tutti, anche degli avversari più implacabili e irridenti. Digiuno, preghiera, lettura della Bibbia e opere di carità tutti i venerdì da qui alla Pasqua dell'anno venturo. Confessione sacramentale frequente. Adorazione continua di Gesù – egli stesso "vittima di ingiustizia e peccato" – davanti alla sacra ostia esposta sugli altari delle chiese. E per tutti i vescovi, i sacerdoti, i religiosi senza eccezioni, un periodo speciale di "missione", un lungo e severo corso di esercizi spirituali per una radicale revisione di vita.

Un passo audace, questo compiuto da papa Benedetto. Perché nemmeno il profeta Giona credeva più che Dio avrebbe perdonato Ninive dei suoi peccati, nonostante la cenere penitenziale e la tela di sacco indossata da tutti, dal re fino all'ultimo dei giumenti.

E anche oggi molti concludono che la Chiesa resta irrimediabilmente sotto condanna, anche dopo la lettera nella quale lo stesso papa si carica di vergogna e rimorso per l'abominio commesso su dei fanciulli da alcuni sacerdoti, nella colpevole negligenza di qualche vescovo.

Eppure anche su Ninive discese il perdono di Dio, e lo scettico Giona dovette ricredersi, e Michelangelo dipinse proprio questo profeta sulla sommità della parete d'altare della Cappella Sistina, a mostrare che il perdono di Dio è la chiave di tutto, dalla creazione del mondo sino al giudizio finale.

Domenica 21 marzo, mentre nelle chiese d'Irlanda era data lettura della sua lettera, Benedetto XVI ha commentato ai fedeli, all'Angelus in piazza San Pietro, il perdono di Gesù all'adultera: "Egli sa che cosa c'è nel cuore di ogni uomo, vuole condannare il peccato, ma salvare il peccatore e smascherare l'ipocrisia". L'ipocrisia di quelli che volevano lapidare la donna pur essendo i primi a peccare.

Intransigenti con il peccato, "a partire dal nostro", e misericordiosi con le persone. È questa la lezione che Joseph Ratzinger vuole applicare al caso irlandese e, di riflesso, alla Chiesa intera.

Da un lato i rigori della legge. Il prezzo della giustizia dovrà essere pagato fino in fondo. Le diocesi, i seminari, le congregazioni religiose in cui si sono lasciate correre le malefatte sono avvertiti: dal Vaticano arriveranno dei visitatori apostolici a scoperchiare il loro operato, e anche dove non ci sarà materia per la giustizia civile la disciplina canonica punirà i negligenti.

Ma insieme il papa accende il lume della grazia. Apre la porta del perdono di Dio anche al colpevole del peggiore abominio, se sinceramente pentito.

Quanto agli accusatori di prima fila, i più armati di pietre contro la Chiesa, nessuno di loro è senza peccato. Per chi esalta la sessualità come puro istinto, libero da ogni vincolo, è difficile poi condannare ogni suo abuso.

La tragedia di alcuni sacerdoti e religiosi, ha scritto Benedetto XVI nella lettera, è stata anche di cedere a simili diffusi "modi di pensiero", fino a giustificare l'ingiustificabile.

Un cedimento che a Ratzinger vescovo e papa non può sicuramente essere imputato, nemmeno dai più accaniti dei suoi avversari, se sinceri.

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Il commento sopra riprodotto è uscito su "L'espresso" n. 13 del 2010, in edicola dal 26 marzo.

Nel finale il commento fa riferimento a un preciso paragrafo, il quarto, della lettera di Benedetto XVI ai cattolici dell'Irlanda.

È il paragrafo nel quale il papa va alle ragioni che hanno favorito, dagli anni Sessanta del secolo scorso, l'espandersi degli abusi sessuali tra il clero e soprattutto l'incomprensione della loro gravità.

Eccolo per intero.

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BENEDETTO XVI. IL PARAGRAFO 4 DELLA SUA LETTERA


"Negli ultimi decenni, la Chiesa nel vostro paese ha dovuto confrontarsi con nuove e gravi sfide alla fede scaturite dalla rapida trasformazione e secolarizzazione della società irlandese. Si è verificato un rapidissimo cambiamento sociale, che spesso ha colpito con effetti avversi la tradizionale adesione del popolo all’insegnamento e ai valori cattolici. Molto sovente le pratiche sacramentali e devozionali che sostengono la fede e la rendono capace di crescere, come ad esempio la frequente confessione, la preghiera quotidiana e i ritiri annuali, sono state disattese.

"Fu anche determinante in questo periodo la tendenza, anche da parte di sacerdoti e religiosi, di adottare modi di pensiero e di giudizio delle realtà secolari senza sufficiente riferimento al Vangelo. Il programma di rinnovamento proposto dal Concilio Vaticano Secondo fu a volte frainteso e in verità, alla luce dei profondi cambiamenti sociali che si stavano verificando, era tutt’altro che facile valutare il modo migliore per portarlo avanti. In particolare, vi fu una tendenza, dettata da retta intenzione ma errata, ad evitare approcci penali nei confronti di situazioni canoniche irregolari. È in questo contesto generale che dobbiamo cercare di comprendere lo sconcertante problema dell’abuso sessuale dei ragazzi, che ha contribuito in misura tutt’altro che piccola all’indebolimento della fede e alla perdita del rispetto per la Chiesa e per i suoi insegnamenti.

"Solo esaminando con attenzione i molti elementi che diedero origine alla presente crisi è possibile intraprendere una chiara diagnosi delle sue cause e trovare rimedi efficaci. Certamente, tra i fattori che vi contribuirono possiamo enumerare: procedure inadeguate per determinare l’idoneità dei candidati al sacerdozio e alla vita religiosa; insufficiente formazione umana, morale, intellettuale e spirituale nei seminari e nei noviziati; una tendenza nella società a favorire il clero e altre figure in autorità e una preoccupazione fuori luogo per il buon nome della Chiesa e per evitare gli scandali, che hanno portato come risultato alla mancata applicazione delle pene canoniche in vigore e alla mancata tutela della dignità di ogni persona. Bisogna agire con urgenza per affrontare questi fattori, che hanno avuto conseguenze tanto tragiche per le vite delle vittime e delle loro famiglie e hanno oscurato la luce del Vangelo a un punto tale cui non erano giunti neppure secoli di persecuzione".

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Sui fattori culturali analizzati dal papa sono intervenuti, tra altri, due cardinali e uno studioso di sociologia delle religioni.

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IL COMMENTO DEL CARDINALE BAGNASCO


Il primo dei due cardinali è Angelo Bagnasco, arcivescovo di Genova e presidente della conferenza episcopale italiana.

Lunedì 22 marzo, nella prolusione con cui ha introdotto i lavori del consiglio permanente della CEI, Bagnasco ha così concluso il passaggio dedicato alla lettera del papa ai cattolici dell'Irlanda:

"Da varie parti, anche non cattoliche, si rileva come non da ora il fenomeno della pedofilia appaia tragicamente diffuso in diversi ambienti e in varie categorie di persone: ma questo, lungi dall’essere qui evocato per sminuire o relativizzare la specifica gravità dei fatti segnalati in ambito ecclesiastico, è piuttosto un monito a voler cogliere l’obiettivo spessore della tragedia. Nel momento stesso in cui sente su di sé l’umiliazione, la Chiesa impara dal Papa a non avere paura della verità, anche quando è dolorosa e odiosa, a non tacerla o coprirla. Questo, però, non significa subire – qualora ci fossero – strategie di discredito generalizzato.

"Dobbiamo in realtà tutti interrogarci, senza più alibi, a proposito di una cultura che ai nostri giorni impera incontrastata e vezzeggiata, e che tende progressivamente a sfrangiare il tessuto connettivo dell’intera società, irridendo magari chi resiste e tenta di opporsi: l’atteggiamento cioè di chi coltiva l’assoluta autonomia dai criteri del giudizio morale e veicola come buoni e seducenti i comportamenti ritagliati anche su voglie individuali e su istinti magari sfrenati. Ma l’esasperazione della sessualità sganciata dal suo significato antropologico, l’edonismo a tutto campo e il relativismo che non ammette né argini né sussulti fanno un gran male perché capziosi e talora insospettabilmente pervasivi.

"Conviene allora che torniamo tutti a chiamare le cose con il loro nome sempre e ovunque, a identificare il male nella sua progressiva gravità e nella molteplicità delle sue manifestazioni, per non trovarci col tempo dinanzi alla pretesa di una aberrazione rivendicata sul piano dei principi".

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IL COMMENTO DEL CARDINALE RUINI


Il secondo cardinale è Camillo Ruini, presidente del comitato per il progetto culturale della Chiesa italiana, predecessore di Bagnasco alla presidenza della CEI e vicario del papa per la diocesi di Roma dal 1991 al 2008.

In un'intervista al quotidiano "il Foglio" del 16 marzo, pochi giorni prima che il papa pubblicasse la sua lettera, Ruini ha detto tra l'altro:

"A mio avviso la campagna diffamatoria contro la Chiesa cattolica e il papa messa in campo dai media rientra in quella strategia che è in atto oramai da secoli e che già Friedrich Nietzsche teorizzava con il gusto dei dettagli. Secondo Nietzsche l’attacco decisivo al cristianesimo non può essere portato sul piano della verità ma su quello dell’etica cristiana, che sarebbe nemica della gioia di vivere. E allora vorrei domandare a chi scaglia gli scandali della pedofilia principalmente contro la Chiesa cattolica, tirando in ballo magari il celibato dei preti: non sarebbe forse più onesto e realistico riconoscere che certamente queste e altre deviazioni legate alla sessualità accompagnano tutta la storia del genere umano ma anche che nel nostro tempo queste deviazioni sono ulteriormente stimolate dalla tanto conclamata ‘liberazione sessuale’?"

E ancora:

"Quando l’esaltazione della sessualità pervade ogni spazio della vita e quando si rivendica l’autonomia dell’istinto sessuale da ogni criterio morale diventa difficile far comprendere che determinati abusi sono assolutamente da condannare. In realtà la sessualità umana fin dal suo inizio non è semplicemente istintiva, non è identica a quella degli altri animali. È, come tutto l’uomo, una sessualità ‘impastata’ con la ragione e con la morale, che può essere vissuta umanamente, e rendere davvero felici, soltanto se viene vissuta in questo modo".

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IL COMMENTO DEL PROFESSOR INTROVIGNE


Il sociologo è il professore Massimo Introvigne, presidente del CESNUR, Center for Studies on New Religion.

In un commento apparso il 22 marzo sull'edizione italiana dell'agenzia internazionale "Zenit", Introvigne ha scritto tra l'altro:

"Quelli che gli inglesi e gli americani chiamano 'the Sixties', gli anni Sessanta, e gli italiani, concentrandosi sull’anno emblematico, 'il Sessantotto' appare sempre di più come il tempo di un profondo sconvolgimento dei costumi, con effetti cruciali e duraturi sulla religione.

"C’è stato del resto un Sessantotto nella società e anche un Sessantotto nella Chiesa: proprio il 1968 è l’anno del dissenso pubblico contro l’enciclica 'Humanae Vitae' di Paolo VI, una contestazione che secondo un pregevole e influente studio del filosofo americano recentemente scomparso Ralph McInerny, 'Vaticano II. Che cosa è andato storto?', rappresenta un punto di non ritorno nella crisi del principio di autorità nella Chiesa Cattolica. [...]

"Ma perché gli anni Sessanta? Sul tema, per rimanere nelle Isole Britanniche, Hugh McLeod ha pubblicato nel 2007 presso Oxford University Press un importante volume, 'The Religious Crisis of the 1960s', che fa il punto sulle discussioni in corso.

"Due tesi si sono contrapposte: quella di Alan Gilbert secondo cui a determinare la rivoluzione degli anni 1960 è stato il boom economico, che ha diffuso il consumismo e ha allontanato le popolazioni dalle chiese, e quella di Callum Brown secondo cui il fattore decisivo è stata l’emancipazione delle donne dopo la diffusione dell’ideologia femminista, del divorzio, della pillola anticoncezionale e dell’aborto.

"McLeod pensa, a mio avviso giustamente, che un solo fattore non può spiegare una rivoluzione di questa portata. C’entrano il boom economico e il femminismo, ma anche aspetti più strettamente culturali sia all’esterno delle Chiese e comunità cristiane (l’incontro fra psicanalisi e marxismo) sia all’interno (le 'nuove teologie').

"Senza entrare negli elementi più tecnici di questa discussione, Benedetto XVI nella sua lettera si mostra consapevole del fatto che ci fu negli anni Sessanta un’autentica rivoluzione – non meno importante della Riforma protestante o della Rivoluzione francese – che fu 'rapidissima' e che assestò un colpo durissimo alla 'tradizionale adesione del popolo all’insegnamento e ai valori cattolici'. [...]

"Nella Chiesa cattolica non ci fu subito sufficiente consapevolezza della portata di questa rivoluzione. Anzi, essa contagiò – ritiene oggi Benedetto XVI – 'anche sacerdoti e religiosi', determinò fraintendimenti nell’interpretazione del Concilio, causò 'insufficiente formazione, umana, morale e spirituale nei seminari e nei noviziati'.

"In questo clima certamente non tutti i sacerdoti insufficientemente formati o contagiati dal clima successivo agli anni Sessanta, e nemmeno una loro percentuale significativa, divennero pedofili: sappiamo dalle statistiche che il numero reale dei preti pedofili è molto inferiore a quello proposto da certi media. E tuttavia questo numero non è uguale a zero – come tutti vorremmo – e giustifica le severissime parole del papa. Ma lo studio della rivoluzione degli anni Sessanta, e del 1968, è cruciale per capire quanto è successo dopo, pedofilia compresa. E per trovare rimedi reali.

"Se questa rivoluzione, a differenza delle precedenti, è morale e spirituale e tocca l’interiorità dell’uomo, solo dalla restaurazione della moralità, della vita spirituale e di una verità integrale sulla persona umana potranno ultimamente venire i rimedi. Ma per questo i sociologi, come sempre, non bastano: occorrono i padri e i maestri, gli educatori e i santi. E abbiamo tutti molto bisogno del papa: di questo
papa, che ancora una volta – per riprendere il titolo della sua ultima enciclica – dice la verità nella carità e pratica la carità nella verità".

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si seguano i seguenti link per l'ìargomento completo:

Marcello Pera scrive Lettera aperta contro gli attacchi al Papa ed alla Chiesa per le colpe di pochi sugli abusi sessuali

ATTENZIONE: LETTERA DI BENEDETTO XVI CONTRO GLI ABUSI SESSUALI NELLA CHIESA

Visita straordinaria dei Vescovi Irlandesi e Tedesco dal Pontefice per condannare gli abusi sessuali


e non dimenticate una lettura anche qui:

Caro Malacoda (Le Lettere di Berlicche) di C. S. Lewis

vi assicuro che ne vale davvero la pena...

Fraternamente CaterinaLD

"Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
(fr. Carlos Alfonso Azpiroz Costa OP
Maestro dell’Ordine)
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