A tutti voi che passate da qui: BENVENUTI
Se avete desiderio di capire che cosa insegna la Bibbia che il Magistero della Santa Chiesa, con il Sommo Pontefice ci insegna, questo Gruppo fa per voi. Non siamo "esperti" del settore, ma siamo Laici impegnati nella Chiesa che qui si sono incontrati da diverse parti d'Italia per essere testimoni anche nella rete della Verità che tentiamo di vivere nel quotidiano, come lo stesso amato Giovanni Paolo II suggeriva.
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Il Testamento di Giovanni XXIII

Ultimo Aggiornamento: 10/06/2013 18:15
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pag.508 Acta Apostolicae Sedis - Commentarium Officiale

IOANNIS PAPAE XXIII TESTAMENTUM

Venezia, 29 giugno 1954.

TESTAMENTO SPIRITUALE E MIE ULTIME VOLONTÀ


Sul punto di ripresentarmi al Signore Uno e Trino, che mi creò, mi
redense, mi volle suo sacerdote e vescovo, mi colmò di grazie senza fine,
affido la povera anima mia alla sua misericordia : gli chiedo umilmente
perdono dei miei peccati e delle mie deficienze : gli offro quel po' di
bene che col suo aiuto mi è riuscito di fare, anche se imperfetto e meschino,
a gloria sua, a servizio della Santa Chiesa, ad edificazione dei
miei fratelli, supplicandolo infine di accogliermi, come padre buono e
pio, coi Santi suoi nella beata eternità.
Amo di professare ancora una volta tutta intera la mia fede cristiana
e cattolica, e la mia appartenenza e soggezione alla Santa Chiesa
Apostolica e Romana, e la mia perfetta devozione ed obbedienza al
suo Capo Augusto, il Sommo Pontefice, che fu mio grande onore di
rappresentare per lunghi anni nelle varie regioni di Oriente e di Occidente,
che mi volle infine a Venezia come Cardinale e Patriarca, e che
ho sempre seguito con affezione sincera, al di fuori e al di sopra di
ogni dignità conferitami. Il senso della mia pochezza e del mio niente
mi ha sempre fatto buona compagnia tenendomi umile e quieto, e concedendomi
la gioia di impiegarmi del mio meglio in esercizio continuato
di obbedienza e di carità per le anime e per gli interessi del Regno di
Gesù, mio Signore e mio tutto. A lui tutta la gloria : per me ed a merito
mio la sua misericordia. Meritum meum miseratio Domini. Domine,
tu omnia nosti : tu scis quia amo Te. Questo solo mi basta.

Chiedo perdono a coloro che avessi inconsciamente offeso : a quanti
non avessi recato edificazione. Sento di non aver nulla da perdonare a
chicchessia, perché in quanti mi conobbero ed ebbero rapporti con me
— mi avessero anche offeso o disprezzato o tenuto, giustamente del
resto, in disistima, o mi fossero stati motivo di afflizione — non riconosco
che dei fratelli e dei benefattori, a cui sono grato e per cui prego
e pregherò sempre.

Nato povero, ma da onorata ed umile gente, sono particolarmente
lieto di morire povero, avendo distribuito secondo le varie esigenze e
circostanze della mia vita semplice e modesta, a servizio dei poveri e
della Santa Chiesa che mi ha nutrito, quanto mi venne fra mano — in
misura assai limitata del resto — durante gli anni del mio sacerdozio e
del mio episcopato. Apparenze di agiatezza velarono, sovente, nascoste
spine di affliggente povertà e mi impedirono di dare sempre con la
larghezza che avrei voluto. Ringrazio Iddio di questa grazia della
povertà di cui feci voto nella mia giovinezza, povertà di spirito, come
Prete del S. Cuore, e povertà reale; e che mi sorresse a non chiedere
mai nulla, né posti, né danari, né favori, mai, né per me, né per i
miei parenti o amici.

Alla mia diletta famiglia secundum' sanguinem — da cui del resto
non ho ricevuto nessuna ricchezza materiale — non posso lasciare che
una grande e specialissima benedizione, con l'invito a mantenere quel
timore di Dio che me la rese sempre così cara ed amata, anche semplice
e modesta, senza mai arrossirne : ed è il suo vero titolo di nobiltà. L'ho
anche soccorsa talora nei suoi bisogni più gravi, come povero coi
poveri : ma senza toglierla dalla sua povertà onorata e contenta. Prego
e pregherò sempre per la sua prosperità, lieto come sono di constatare
anche nei nuovi e vigorosi germogli la fermezza e la fedeltà alla tradizione
religiosa dei padri, che sarà sempre la sua fortuna. Il mio più
fervido augurio è che nessuno dei miei parenti e congiunti manchi alla
gioia del finale eterno ricongiungimento.

Partendo, come confido, per le vie del Cielo, saluto, ringrazio e
benedico i tanti e tanti che composero successivamente la mia famiglia
spirituale, a Bergamo, a Roma, in Oriente, in Francia, a Venezia, e
che mi furono concittadini, benefattori, colleghi, alunni, collaboratori,
amici e conoscenti, sacerdoti e laici, religiosi e suore, e di cui, per
disposizione di Provvidenza, fui, benché indegno, confratello, padre
o pastore.

La bontà di cui la mia povera persona fu resa oggetto da parte di
quanti incontrai sul mio cammino rese serena la mia vita. Rammento
bene, in faccia alla morte, tutti e ciascuno, quelli che mi hanno preceduto
nell'ultimo passo, quelli che mi sopravviveranno e che mi seguiranno.
Preghino per me. Darò loro il ricambio dal Purgatorio o dal
Paradiso dove spero di essere accolto, ancora lo ripeto, non per i meriti
miei, ma per la misericordia del mio Signore.
Tutti ricordo e per tutti pregherò. Ma i miei figli di Venezia : gli
ultimi che il Signore mi pose intorno, ad estrema consolazione e gioia
della mia vita sacerdotale, voglio qui nominarli particolarmente a
segno di ammirazione, di riconoscenza, di tenerezza tutta singolare.

Li abbraccio in ispirito tutti, tutti, del clero e del laicato, senza distinzione,
come senza distinzione li amai appartenenti ad una medesima
famiglia, oggetto di una medesima sollecitudine e amabilità paterna e
sacerdotale. Pater sancte, serva eos in nomine tuo quos dedisti mihi :
ut sint unum sicut et nos (Io. XVII, 11).

Nell'ora dell'addio, o meglio, dell'arrivederci, ancora richiamo a
tutti ciò che più vale nella vita : Gesù Cristo benedetto : la sua Santa
Chiesa, il suo Vangelo, e, nel Vangelo, soprattutto il Pater noster
nello spirito e nel cuore di Gesù e del Vangelo, la verità e la bontà, la
bontà mite e benigna, operosa e paziente, invitta e vittoriosa.
Miei figli ; miei fratelli, arrivederci. Nel nome del Padre, del Figliuolo,
dello Spirito Santo. Nel nome di Gesù nostro amore; di Maria
nostra e sua dolcissima Madre; di S. Giuseppe mio primo e prediletto
Protettore. Nel nome di S. Pietro, di S. Giovanni Battista e di
San Marco ; di San Lorenzo Giustiniani e di San Pio X. Così sia.

Card. Ang. Gius. Roncalli patriarca

«... Queste pagine scritte da me valgono come attestazione della mia
volontà assoluta per il caso di una mia morte improvvisa.
Venezia, 17 settembre 1957.

f Ang. Gius. Card. Roncalli

E valgono anche come testamento spirituale da aggiungersi alle
disposizioni testamentarie qui unite sotto la data del 30 aprile 1959 ».

IOANNES XXIII PP.
Da Roma, 1¡. dicembre 1959.

****************************************************************

MIO TESTAMENTO
Castelgandolfo, 12 settembre 1961.

Sotto l'auspicio caro e confidente di Maria, mia Madre celeste, al
cui nome è sacra la liturgia di questo giorno, e nell'anno LXXX della
mia età, depongo qui e rinnovo il mio testamento, annullando ogni altra
dichiarazione circa le mie volontà fatta e scritta precedentemente,
a più riprese.
Aspetto e accoglierò semplicemente e lietamente l'arrivo di sorella
morte secondo tutte le circostanze con cui piacerà al Signore di inviarmela.
"
Innanzi tutto chiedo venia al Padre delle misericordie pro innumerabilibus
peccatis, offensionibus et negligentis meis, come tante e tante
volte dissi e ripetei nell'offerta del mio Sacrificio quotidiano.

Per questa prima grazia del perdono di Gesù su tutte le mie colpe,
e della introduzione delVa/nima mia nel beato ed eterno Paradiso, mi
raccomando alle preghiere suffraganti di quanti mi hanno seguito,
conosciuto durante tutta la mia vita di sacerdote, di vescovo, e di umilissimo
ed indegno Servo dei servi del Signore.

Poi mi è esultanza del cuore rinnovare integra e fervida la mia professione
di fede cattolica, apostolica e romana. Tra le varie forme e
simboli con cui la fede suol esprimersi preferisco il « Credo della Messa
» sacerdotale e pontificale dalla elevazione più vasta e canora, come
in unione con la Chiesa universale di ogni rito, di ogni secolo, di ogni
regione: dal «Credo in unum Deum, patrem omnipotentem» al Va et
vitam venturi saeculi ».


Fraternamente CaterinaLD

"Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
(fr. Carlos Alfonso Azpiroz Costa OP
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[SM=g9433] Discorso di Papa Giovanni XXIII ai carcerati - 26 dicembre 1958


“Miei cari figlioli, miei cari fratelli, siamo nella casa del Padre anche qui. Siete contenti che io sia venuto? Venendo qui da S.Pietro mi sono rammentato che quando ero ragazzo uno dei miei buoni parenti, andando un giorno a caccia senza licenza, fu preso dai carabinieri e messo dentro. Oh, che impressione! Oh, poveretto lui! Ma sono cose che possono capitare, qualche volta, anche se le intenzioni non sono cattive. E se si sbaglia, si sconta, e noi dobbiamo offrire al Signore i nostri sacrifici. Che grande cosa, fratelli, il Cristianesimo!

Siete contenti che sia venuto a trovarvi? Sapevo che mi volevate, e anch’io vi volevo. Per questo, eccomi qui. A dirvi il cuore che ci metto, parlandovi, non ci riuscirei, ma che altro linguaggio volete che vi parli il Papa? Io metto i miei occhi nei vostri occhi: ma no, perché piangete? Siate contenti che io sia qui. Ho messo il mio cuore vicino al vostro. Il Papa è venuto, eccomi a voi. Penso con voi ai vostri bambini che sono la vostra poesia e la vostra tristezza, alle vostre mogli, alle vostre sorelle, alle vostre mamme…”.

Prima di lasciare Regina Coeli il Papa volle essere ritratto in mezzo ai detenuti.

Mentre si avvia all’uscita della prigione, Papa Giovanni vede un uomo staccarsi dal gruppo dei reclusi raccolti attorno all’altare. Quegli lo guarda con occhi arrossati dal pianto e , cadendogli ai piedi, domanda: “Le parole di speranza che lei ha pronunciato valgono anche per me, che sono un grande peccatore?”. Roncalli non risponde. Si china sull’uomo, lo solleva, lo abbraccia e lo tiene a lungo stretto a sé.

“E’ stato a questo punto” scrisse Il Messaggero di Roma, il 27 dicembre 1958, “che la manifestazione ha fatto tremare i muri di Regina Coeli. Dell’atmosfera tipica del carcere non è rimasto più nulla. Aperti i cancelli a pianterreno, il Papa ha visitato un ‘braccio’ e l’infermeria, fra ali di carcerati usciti dalle celle con i loro vestiti a strisce. Ma l’episodio che più ha colpito il Papa è stato quello che ha appreso una volta varcato il portone del penitenziario. Egli ha saputo che trecento detenuti, chiusi nelle celle di rigore perché considerati pericolosi, non hanno potuto vederlo. Ebbene: ha inviato a ciascuno di essi un’immagine con l’assicurazione che non dimenticherà i suoi ‘figli invisibili’. Al termine dell’incontro con i detenuti un’ultima raccomandazione: ‘Scrivete a casa, raccontate alle vostre madri ed alle vostre mogli che il Papa è venuto a trovarvi’”.

Gesù visita gli ultimi.... [SM=g7430]







[SM=g1740717] [SM=g1740720]
[Modificato da Caterina63 10/06/2013 18:12]
Fraternamente CaterinaLD

"Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
(fr. Carlos Alfonso Azpiroz Costa OP
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PELLEGRINAGGIO DELLA DIOCESI DI BERGAMO NEL 50° ANNIVERSARIO
DELLA MORTE DEL BEATO PAPA GIOVANNI XXIII

PAROLE DEL SANTO PADRE FRANCESCO

Basilica Vaticana
Lunedì, 3 giugno 2013

Cari amici della Diocesi di Bergamo,

sono lieto di darvi il benvenuto qui, sulla tomba dell’Apostolo Pietro, in questo luogo che è casa per ogni cattolico. Saluto con affetto il vostro Vescovo, Mons. Francesco Beschi, e lo ringrazio per le gentili parole che mi ha rivolto a nome di tutti. Mancano alcune cose da dire, ma le dirà lui.

Esattamente cinquant’anni fa, proprio in quest’ora, il Beato Giovanni XXIII lasciava questo mondo. Chi, come me, ha una certa età, mantiene un vivo ricordo della commozione che si diffuse ovunque in quei giorni: Piazza San Pietro era diventata un santuario a cielo aperto, accogliendo giorno e notte fedeli di tutte le età e condizioni sociali, in trepidazione e preghiera per la salute del Papa. Il mondo intero aveva riconosciuto in Papa Giovanni un pastore e un padre. Pastore perché padre. Che cosa lo aveva reso tale? Come aveva potuto arrivare al cuore di persone così diverse, persino di molti non cristiani? Per rispondere a questa domanda, possiamo richiamarci al suo motto episcopale, Oboedientia et pax: obbedienza e pace. «Queste parole - annotava Mons. Roncalli alla vigilia della sua consacrazione episcopale - sono un po’ la mia storia e la mia vita» (Giornale dell’Anima, Ritiro di preparazione per la consacrazione episcopale, 13-17 marzo 1925). Obbedienza e pace.

Vorrei partire dalla pace, perché questo è l’aspetto più evidente, quello che la gente ha percepito in Papa Giovanni: Angelo Roncalli era un uomo capace di trasmettere pace; una pace naturale, serena, cordiale; una pace che con la sua elezione al Pontificato si manifestò al mondo intero e ricevette il nome della bontà. E’ tanto bello trovare un sacerdote, un prete buono, con bontà. E questo mi fa pensare ad una cosa che sant’Ignazio di Loyola – ma non faccio pubblicità! –diceva ai gesuiti, quando parlava delle qualità che deve avere un superiore. E diceva: deve avere questo, questo, questo, questo … un elenco lungo di qualità. Ma alla fine dice questo: “E se non ha queste virtù, almeno che abbia molta bontà”. E’ l’essenziale. E’ un padre. Un prete con bontà. Fu questo indubbiamente un tratto distintivo della sua personalità, che gli permise di costruire ovunque solide amicizie e che risaltò in modo particolare nel suo ministero di Rappresentante del Papa, svolto per quasi tre decenni, spesso a contatto con ambienti e mondi assai lontani da quell’universo cattolico nel quale egli era nato e si era formato. Proprio in quegli ambienti egli si dimostrò un efficace tessitore di relazioni ed un valido promotore di unità, dentro e fuori la comunità ecclesiale, aperto al dialogo con i cristiani di altre Chiese, con esponenti del mondo ebraico e musulmano e con molti altri uomini di buona volontà.

In realtà, Papa Giovanni trasmetteva pace perché aveva un animo profondamente pacificato: lui si era lasciato pacificare dallo Spirito Santo. E questo animo pacificato era stato frutto di un lungo e impegnativo lavoro su se stesso, lavoro di cui ci è rimasta abbondante traccia nel Giornale dell’Anima. Lì possiamo vedere il seminarista, il sacerdote, il vescovo Roncalli alle prese con il cammino di progressiva purificazione del cuore. Lo vediamo, giorno per giorno, attento a riconoscere e mortificare i desideri che provengono dal proprio egoismo, a discernere le ispirazioni del Signore, lasciandosi guidare da saggi direttori spirituali e ispirare da maestri come san Francesco di Sales e san Carlo Borromeo. Leggendo quegli scritti assistiamo veramente al prendere forma di un’anima, sotto l’azione dello Spirito Santo che opera nella sua Chiesa, nelle anime: è stato Lui precisamente che, con queste buone predisposizioni, gli ha pacificato l’anima.
[SM=g1740733]

E qui veniamo alla seconda e decisiva parola: “obbedienza”. Se la pace è stata la caratteristica esteriore, l’obbedienza ha costituito per Roncalli la disposizione interiore: l’obbedienza, in realtà, è stata lo strumento per raggiungere la pace. Anzitutto essa ha avuto un senso molto semplice e concreto: svolgere nella Chiesa il servizio che i superiori gli chiedevano, senza cercare nulla per sé, senza sottrarsi a nulla di ciò che gli veniva richiesto, anche quando ciò significò lasciare la propria terra, confrontarsi con mondi a lui sconosciuti, rimanere per lunghi anni in luoghi dove la presenza di cattolici era scarsissima. Questo lasciarsi condurre, come un bambino, ha costruito il suo percorso sacerdotale che voi conoscete bene, da segretario di Mons. Radini Tedeschi e insieme insegnante e padre spirituale nel Seminario diocesano, a Rappresentante pontificio in Bulgaria, Turchia e Grecia, Francia, a Pastore della Chiesa veneziana e infine a Vescovo di Roma. Attraverso questa obbedienza, il sacerdote e vescovo Roncalli ha però vissuto anche una fedeltà più profonda, che potremmo definire, come lui avrebbe detto, abbandono alla divina Provvidenza. Egli ha costantemente riconosciuto, nella fede, che attraverso quel percorso di vita apparentemente guidato da altri, non condotto dai propri gusti o sulla base di una propria sensibilità spirituale, Dio andava disegnando un suo progetto. Era un uomo di governo, era un conduttore. Ma un conduttore condotto, dallo Spirito Santo, per obbedienza.

Ancor più profondamente, mediante questo abbandono quotidiano alla volontà di Dio, il futuro Papa Giovanni ha vissuto una purificazione, che gli ha permesso di distaccarsi completamente da se stesso e di aderire a Cristo, lasciando così emergere quella santità che la Chiesa ha poi ufficialmente riconosciuto. «Chi perderà la propria vita per me, la salverà» ci dice Gesù (Lc 9,24). Qui sta la vera sorgente della bontà di Papa Giovanni, della pace che ha diffuso nel mondo, qui si trova la radice della sua santità: in questa sua obbedienza evangelica.

E questo è un insegnamento per ciascuno di noi, ma anche per la Chiesa del nostro tempo: se sapremo lasciarci condurre dallo Spirito Santo, se sapremo mortificare il nostro egoismo per fare spazio all’amore del Signore e alla sua volontà, allora troveremo la pace, allora sapremo essere costruttori di pace e diffonderemo pace attorno a noi. A cinquant’anni dalla sua morte, la guida sapiente e paterna di Papa Giovanni, il suo amore per la tradizione della Chiesa e la consapevolezza del suo costante bisogno di aggiornamento, l’intuizione profetica della convocazione del Concilio Vaticano II e l’offerta della propria vita per la sua buona riuscita, restano come pietre miliari nella storia della Chiesa del XX secolo e come un faro luminoso per il cammino che ci attende.

Cari bergamaschi, voi siete giustamente orgogliosi del “Papa buono”, luminoso esempio della fede e delle virtù di intere generazioni di cristiani della vostra terra. Custodite il suo spirito, approfondite lo studio della sua vita e dei suoi scritti, ma, soprattutto, imitate la sua santità. Lasciatevi guidare dallo Spirito Santo. Non abbiate paura dei rischi, come lui non ha avuto paura. Docilità allo Spirito, amore alla Chiesa e avanti… il Signore farà tutto. Dal Cielo Egli continui ad accompagnare con amore la vostra Chiesa, che ha tanto amato in vita, ed ottenga per lei dal Signore il dono di numerosi e santi sacerdoti, di vocazioni alla vita religiosa e missionaria, come anche alla vita familiare e all’impegno laicale nella Chiesa e nel mondo. Grazie della vostra visita a Papa Giovanni! Di cuore vi benedico tutti.

Grazie tante.

Fraternamente CaterinaLD

"Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
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