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Dolce Vicario di Cristo in terra, abbiamo bisogno di Lei! Lettere aperte al Santo Padre

Ultimo Aggiornamento: 01/09/2012 11:00
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01/04/2010 19:44
 
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Interventi del cardinale Levada e dell'arcivescovo di Milwaukee

Errori sono stati fatti
Ma non a Roma


Washington, 1.
 "Sono stati fatti errori" ma questi errori "non sono stati fatti a Roma nel 1996, 1997 e 1998. Gli errori sono stati fatti qui, nell'arcidiocesi di Milwaukee negli anni Settanta, Ottanta e Novanta, dalla Chiesa, dalle autorità civili, da funzionari ecclesiastici e dai vescovi".

È quanto ha affermato l'arcivescovo di Milwaukee, Jerome E. Listecki, nel corso dell'omelia per la messa crismale nella cattedrale di St. John the Evangelist, Ha aggiunto il presule:  "Per questo chiedo il vostro perdono a nome della Chiesa e dell'arcidiocesi", "come vescovo, sacerdote e come uomo di fede, mi scuso con tutti quelli che sono stati vittime di abusi sessuali commessi da sacerdoti". Questo crimine - ha detto ancora - "questo peccato, questo orrore non dovrebbe mai accadere, specialmente ad opera di un sacerdote. Quelli che hanno commesso questi crimini e quelli, incluso qualche vescovo, che non hanno fatto tutto ciò che avevano il potere di fare per fermarli, vanno contro a tutto ciò che la Chiesa e il sacerdozio rappresentano. Per queste azioni offro le mie scuse sincere".

Tuttavia la Chiesa è impegnata ad agire fermamente:  "Non sono parole - ha detto ancora l'arcivescovo - ma azioni che proveranno la nostra risolutezza. E, in qualche modo, a prescindere da ciò che dico oggi o in ogni altra circostanza, chi ci accusa dirà che non è abbastanza. Ma questo non può impedirmi e non mi impedirà di compiere ogni sforzo possibile nell'assistenza nei confronti di chi è stato colpito e nella determinazione a far sì che  quello che è accaduto non si ripeta più". A chi accusa Benedetto XVI il presule risponde:  "Le sue azioni rapide e decise in risposta a questa vicenda e la sua compassionevole risposta alle vittime parlano per lui. Il Santo Padre è stato fermo nel suo impegno a combattere gli abusi sessuali, a sradicarli dalla Chiesa, a raggiungere chi è stato colpito, a perseguire i colpevoli. È stato una guida, incontrando le vittime e punendo i vescovi per la loro mancanza di giudizio e capacità di direzione".

Intanto il "Catholic Anchor", edito dall'arcidiocesi di Anchorage, ha pubblicato un intervento di padre Thomas Brundage, che presiedeva il procedimento canonico a carico di padre Lawrence Murphy, accusato di innumerevoli casi di abuso verificatisi a Milwaukee presso un istituto per audiolesi. Padre Brundage ha specificato che tale procedimento, nonostante alcuni organi di stampa abbiano lasciato intendere il contrario, non si è fermato se non alla morte dello stesso accusato, avvenuta nel 1998:  "Per quanto riguarda il ruolo dell'allora cardinale Joseph Ratzinger nella questione, non ho nessun motivo di ritenere che vi sia stato in qualche modo coinvolto. Coinvolgerlo nella questione significa compiere un enorme salto di logica e di informazione". Benedetto XVI - ha aggiunto padre Brundage - "è stato l'autorità ecclesiastica più attiva e reattiva della storia a livello internazionale a rispondere alla piaga degli abusi sessuali commessi da sacerdoti".

Nei confronti di Benedetto XVI - ha scritto il cardinale William J. Levada, prefetto della Congregazione per la Dottrina della Fede, in un intervento in risposta agli articoli pubblicati nei giorni scorsi dal "New York Times" - "abbiamo un grande debito di gratitudine per aver introdotto le procedure che hanno aiutato la Chiesa ad agire di fronte allo scandalo degli abusi sessuali. Questi sforzi sono iniziati quando era prefetto della Congregazione per la Dottrina della Fede e sono continuati dopo che è stato eletto pontefice.

Il fatto che il "Times" abbia pubblicato una serie di articoli in cui viene ignorato l'importante contributo che ha fornito - soprattutto nello sviluppo e nella implementazione della Sacramentorum sanctitatis tutela - il motu proprio di Giovanni Paolo II del 2001 - mi sembra tale da giustificare l'accusa di mancanza di quella giustizia che dovrebbe essere la caratteristica di ogni giornale che goda di buona reputazione".

Vescovi europei in merito al dramma degli abusi

In difesa della verità
e contro la calunnia



Preghiera, affetto e vicinanza al Papa, insieme alla riconferma della validità del celibato sacerdotale e dell'azione educativa della Chiesa nonostante i casi di abusi su minori compiuti da alcuni suoi ministri, casi venuti alla luce e amplificati, talora artificiosamente, dai mass media. Questi gli aspetti messi in luce da numerosi presuli nel corso della messa crismale del Giovedì santo. "Nessuna ombra, per quanto grave, dolorosa, deprecabile - ha detto il cardinale arcivescovo di Genova, Angelo Bagnasco, presidente della Conferenza episcopale italiana - può annullare il bene compiuto" da tantissimi sacerdoti. "Il sacerdote - ha affermato - è l'uomo della gioia, una gioia intrisa di bontà, una gioia impenitente perché non è fondata su illusioni e su beni effimeri, ma su Dio". La gente - ha proseguito rivolgendosi ai numerosi sacerdoti presenti - "vi vuol bene, vi guarda con stima e a volte con quella curiosità che la vostra vita, semplice e dedicata nel segno della gratuità, sollecita", perché "sempre e comunque, il mondo, credente o meno, guarda al sacerdote con l'aspettativa di vedere in noi il meglio dell'umanità e del bene. Vuole dal sacerdote niente meno che la santità".

Particolare vicinanza al Pontefice è stata espressa dal cardinale arcivescovo di Milano, Dionigi Tettamanzi. "Vogliamo dire a Papa Benedetto XVI, specie in queste settimane e con particolare intensità di sentimenti, la nostra fede, la nostra preghiera e il nostro affetto". Ricordando come una delegazione diocesana sarà a Roma con il Santo Padre in occasione della celebrazione conclusiva dell'Anno sacerdotale, Tettamanzi ha dedicato interamente l'omelia al suo presbiterio. "Siamo radunati a contemplare il nostro essere presbiteri come dono grande di Dio, che precede ogni nostro merito ed eccede ogni nostra attesa, come vocazione personalissima e insieme essenzialmente ecclesiale".

A Venezia, il patriarca cardinale Angelo Scola è intervenuto al termine della messa crismale sulla "questione del peccato e del crimine di pedofilia commesso da sacerdoti e consacrati". In particolare, ha ribadito l'"affetto" e la propria "appassionata sequela" a Benedetto XVI che "tanto ha fatto e tanto fa per togliere "ogni sporcizia" dalla compagine degli uomini di Chiesa" e al quale "vengono rivolte accuse menzognere". E avverte:  i vescovi italiani "moltiplicheranno i loro sforzi per prevenire i casi di pedofilia", ma la Chiesa non può subire "strategie di discredito generalizzato".

Di fronte ai numerosi casi di abusi su minori la Chiesa prova - assicura Scola - "sgomento, senso di tradimento e rimorso", ma reagisce anche con "rinnovato impegno a rendere conto di ognuno di questi misfatti, decisi a non nascondere nulla, senza tentennamenti e minimizzazioni". Tuttavia, è "fuorviante e inaccettabile" mettere in discussione il celibato dei sacerdoti sulla base di queste accuse. Un "santo celibato" - ha sottolineato - che "la Chiesa latina domanda, in piena libertà, ai candidati al sacerdozio alla luce di una lunghissima tradizione". Il celibato "quando è vissuto con lo sguardo fisso in Gesù sacerdote e con cuore indiviso per il bene del popolo di Dio che ci è affidato, è una preziosa esperienza d'amore che fa fiorire la nostra umanità. Accogliere liberamente il dono del celibato e percorrerne la via non implica alcuna mutilazione psichica e spirituale. Per coloro che sono chiamati, la grazia del celibato è strada per una singolare ma compiuta espressione della propria affettività e sessualità. Certo siamo vasi di argilla e portiamo in essi un tesoro grande ma, con l'aiuto di Dio ed il sostegno della comunità cristiana, lo portiamo con responsabilità e letizia".

Per il cardinale arcivescovo di Bologna, Carlo Caffarra, "obbedienza e sacro celibato" sono i segni caratteristici del ministero sacerdotale.
Se con l'obbedienza "il sacerdote non è più a disposizione di se stesso, è stato espropriato da se stesso", vivendo il sacro celibato ha "la capacità di donarsi totalmente a ciascuno senza possedere nessuno né essere posseduto da alcuno". E "se la nostra persona - ha concluso rivolgendosi ai sacerdoti - non fosse "stigmatizzata" da questi due segni, segnata a fuoco da essi, il mistero della nostra partecipazione all'unzione di Cristo sarebbe come il seme seminato in un terreno roccioso".

Nel frattempo, la Chiesa in Austria chiede perdono e riconosce le colpe di cui si sono macchiati alcuni suoi ministri responsabili di abusi su minori. A farlo è stato mercoledì sera il cardinale arcivescovo di Vienna, nonché presidente della Conferenza episcopale austriaca, Christoph Schönborn, nel corso di una celebrazione penitenziale nella quale hanno preso la parola anche alcune vittime degli abusi. "Riconosciamo la nostra colpa e siamo pronti ad assumerci le nostre responsabilità di fronte alla storia e al presente", ha detto il porporato. La celebrazione, alla quale hanno partecipato circa tremila fedeli, si è svolta nel duomo di Santo Stefano ed è stata organizzata in collaborazione con alcune organizzazioni come Wir sind Kirche ("Noi siamo Chiesa") e le associazioni delle vittime degli abusi.

Una decina di testimoni, donne e uomini, vittime dirette degli abusi o loro rappresentanti, hanno parlato denunciando e presentando davanti a Dio le violenze subite, le ferite insanabili, la delusione, ma anche le speranze e le richieste. Dinanzi a tanto dolore, ha osservato il porporato, ogni parola diventa "fuori luogo". Meglio il silenzio, ma non certamente quello dell'omertà, bensì quello riflessivo e sapienziale di Giobbe, la cui fede, secondo il racconto biblico, viene duramente messa alla prova. Schönborn ha così ringraziato le vittime degli abusi per aver rotto il silenzio, sottolineando tuttavia che "c'è ancora molto da fare" per far emergere con chiarezza i confini delle responsabilità. Gli abusi nella Chiesa sono particolarmente gravi - ha detto - perché "avvelenano il nome di Dio". E i colpevoli di questi orribili abusi sono in un certo senso "distruttori del rapporto con Dio". È questo "che rende ancora più gravi gli abusi nella Chiesa". È terribile "quando l'accesso a Dio viene ostacolato dagli uomini".

Il rito è culminato in un atto di contrizione pronunciato da Schönborn, in cui il porporato ha riconosciuto la responsabilità di alcuni sacerdoti, sia in casi di "violenza sessuale" che nell'aver "occultato i fatti". E ha riconosciuto, a nome della Chiesa, "di avere dato più importanza alla sicurezza, al potere, all'apparenza".

 


(©L'Osservatore Romano - 2 aprile 2010)
Fraternamente CaterinaLD

"Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
(fr. Carlos Alfonso Azpiroz Costa OP
Maestro dell’Ordine)
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