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Se avete desiderio di capire che cosa insegna la Bibbia che il Magistero della Santa Chiesa, con il Sommo Pontefice ci insegna, questo Gruppo fa per voi. Non siamo "esperti" del settore, ma siamo Laici impegnati nella Chiesa che qui si sono incontrati da diverse parti d'Italia per essere testimoni anche nella rete della Verità che tentiamo di vivere nel quotidiano, come lo stesso amato Giovanni Paolo II suggeriva.
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cardinale Tarcisio Bertone, Segretario di Stato Vaticano del Santo Padre Benedetto XVI

Ultimo Aggiornamento: 03/04/2016 23:20
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INAUGURAZIONE DELL'ANNO ACCADEMICO 20006-2007
DELLA FACOLTÀ DI MEDICINA E CHIRURGIA
DELL'UNIVERSITÀ CATTOLICA DEL SACRO CUORE DI ROMA

OMELIA DEL CARDINALE TARCISIO BERTONE

Cappella dell'Università Cattolica del Sacro Cuore
Martedì, 21 novembre 2006

 

Con la festa della presentazione della Beata Vergine Maria, la Chiesa intende additare ai fedeli colei che avendo "trovato grazia agli occhi di Dio" (cfr Lc 1, 30) è divenuta Madre di Dio e potente Aiuto dei cristiani. Maria ci aiuta ad esaltare Dio per la sua meravigliosa opera di salvezza.

Ricordando la Presentazione della Vergine al Tempio, è importante meditare sul legame strettissimo che esiste tra Maria e la Chiesa, quello cioè della sua inestimabile santità. Guardare a Lei vuol dire guardare al modello più fulgido della vita cristiana, che non solo ubbidisce alla Legge, ma diventa punto di riferimento per il nostro camminare nel Tempio del Signore, che è la Chiesa.

L'origine della festa della presentazione di Maria SS.ma al Tempio è legata alla dedicazione della Chiesa di santa Maria in Gerusalemme nel 543. Per questo è una delle feste più care all'Oriente. Per gli orientali la Theotòkos (Madre di Dio) è il vero tempio in cui Dio, respinto il culto antico, ha posto la sua salvezza.

Su questa donna, Dio ha posto il suo sguardo fin da principio e l'ha resa immune dal peccato in virtù della redenzione che Gesù avrebbe operato nascendo da lei e offrendo se stesso sulla croce: a questa donna arriva la proposta di Dio, e da questa donna viene l'assenso totale che dà principio al tempo ultimo, il tempo della grazia, alla nuova Alleanza. Ma tutto si svolge nel modo più comune e più semplice: la gravidanza e il viaggio al paese d'origine per obbedire al comando dell'Imperatore, la nascita del Bambino e la sua difesa da chi vorrebbe subito eliminarlo, poi la vita povera e umile a Nazaret.

Maria è una donna come le altre, eppure è "la" donna, l'unica donna senza peccato, la donna madre e vergine, la donna che ha generato l'uomo che è anche Dio. È il mistero di Maria che diventa lezione di umiltà e di coraggio per entrare nel campo della fede.

Si può immaginare la permanenza al Tempio di Maria durante l'età della fanciullezza. Fu anche attraverso questo servizio al Signore nel tempio, che Maria preparò il suo corpo, ma soprattutto la sua anima, ad accogliere il Figlio di Dio, attuando in se stessa la parola di Cristo: "Beati piuttosto coloro che ascoltano la parola di Dio e la osservano".

Sant'Agostino, nei suoi noti "Discorsi" commenta così il passo del Vangelo di oggi: "Ecco mia madre ed ecco i miei fratelli; perché chiunque fa la volontà del Padre mio che è nei cieli, questi è per me fratello, sorella e madre" (Mt 49-50). Dice: "Forse che non ha fatto la volontà del Padre la Vergine Maria, la quale credette in virtù della fede, concepì in virtù della fede, fu scelta come colei dalla quale doveva nascere la nostra salvezza tra gli uomini, fu creata da Cristo, prima che Cristo in lei fosse creato? Ha fatto, sì, certamente ha fatto la volontà del Padre Maria santissima, e perciò conta di più per Maria essere stata discepola di Cristo, che essere stata madre di Cristo. Lo ripetiamo: fu per lei maggiore dignità e maggiore felicità essere stata discepola di Cristo che essere stata madre di Cristo. Perciò Maria era beata, perché, anche prima di dare alla luce il Maestro, lo portò nel suo grembo" (Disc. 25).

Quella di Maria, dunque, è una presenza che si fa familiare e quotidiana e ci aiuta a sublimare la vita di ogni giorno. Benché la sua vita abbia conosciuto il fatto che nella storia resterà assolutamente il più eccezionale, l'incontro di Dio con l'uomo, è segnata da una "quotidianità" quanto mai normale. "Maria, ci dice il Concilio (AA 4), viveva sulla terra una vita comune a tutti, piena di sollecitudini familiari e di lavoro". Beveva l'acqua dal pozzo che era di tutti, pestava il grano nello stesso mortaio, tornava stanca la sera, dopo aver spigolato. Aveva i suoi problemi di salute, di economia, di adattamento.

Prendiamo esempio da Maria per essere incoraggiati anche noi a vivere questa Eucaristia come un culto spirituale in cui, insieme al Corpo e al Sangue di Cristo, presentiamo l'offerta del nostro corpo.

Il gesto di presentare all'altare il pane e il vino e, unita a quelli, la nostra vita, scardina il nostro modo di pensare che talvolta vuole un solo offerente, Cristo, e noi tanti spettatori della sua offerta.

Ogni cristiano, come Maria, "trova grazia" presso Dio nello Spirito Santo, per la mediazione di Cristo e diviene "Arca dell'alleanza nuova" e Tempio del Signore in forza della consacrazione dello Spirito nel Battesimo e nell'Eucaristia.

Come dice Paolo: "Voi siete pietre del tempio di Dio", che ha la sua pietra angolare in Gesù. Il paragone però si allarga e si trasforma: "per un sacerdozio santo, per offrire sacrifici spirituali graditi a Dio per mezzo di Gesù Cristo" (2, 4-5).

Questa è dunque la prima conseguenza dell'Eucaristia: l'offerta della vita quotidiana, quella che facciamo ogni giorno nella preghiera mattutina: "Ti offro, Signore, nel cuore di Cristo, tutte le azioni, le preghiere, le sofferenze, le gioie di questo giorno". Questo è il nostro culto fondamentale. Che poi si esprime nella carità, nell'amore, in tutte le opere di misericordia.

Paolo dice anche che il nostro culto è anzitutto offrire i nostri corpi. E i nostri corpi sono la nostra vita in tutta la sua fisicità, in tutta la sua estensione, il giorno e la notte, la giovinezza e la vecchiaia, la salute e la malattia, il successo e l'insuccesso, la gioia e il dolore, l'entusiasmo e la depressione. Tutto va donato quale sacrificio vivente, offrendoci a Dio come Gesù si è dato a noi e al Padre. Molte persone compiono, magari senza esserne consapevoli, questo culto spirituale quando vivono onestamente, amano la famiglia, vivono con serenità la fatica del lavoro o dello studio, si sacrificano, accettano con pazienza situazioni difficili e dolorose.

Oggi, presentiamo su questo altare al Signore tutti i malati, che partecipano al sacrificio redentore.

Presentiamo anche tutti coloro che in nome di Cristo si fanno buoni Samaritani, chinandosi con amore verso chi soffre nel corpo e nello spirito, inconsapevoli, forse, che questo loro atteggiamento accompagnato dalla preghiera e vissuto in unione con il Sacrificio eucaristico, è via di santità.

La vita è dono - condivisione - è convivenza. La vita è possibile; è frutto di un Amore misterioso e trepido, di Dio, dell'uomo e della donna. Va salvaguardata come il primo valore che è luce di ogni scelta umana.

"Assistere, curare, confortare - come diceva Paolo VI ai medici e agli infermieri - guarire il dolore umano, assicurare e restituire all'uomo sofferente il linguaggio e il sentimento della speranza, quale altra attività può essere per dignità, per utilità, per idealità, dopo e a fianco di quella sacerdotale, superiore alla vostra? Quale altro lavoro può più facilmente del vostro, con un semplice atto interiore di soprannaturale intenzione, diventare carità?".

Si tratta in definitiva, ancora oggi come ai tempi di Gesù, di portare ad ogni persona affetta da ogni sorta di malattie, consolazione, dono di sé, presenza, speranza. La vostra presenza, così intesa, può essere senz'altro sorgente di vita e di risurrezione.

Madre Teresa di Calcutta diceva: "La malattia più grave che possa affliggere una persona è il non essere amati. La vera cura sta nelle mani desiderose di servire e nei cuori desiderosi di amare".

Da questo altare ringrazio tutti coloro che contribuiscono ad alleviare il dolore e a rendere concreta la speranza della guarigione di tanti fratelli ricoverati.

L'occasione che ci vede riuniti in questa celebrazione eucaristica è quella dell'inaugurazione dell'anno accademico della Facoltà di Medicina e Chirurgia.

L'Università Cattolica è chiamata a realizzare la sua vocazione di essere luogo privilegiato per la pastorale dell'intelligenza (che è un'alta forma della carità). In ciò si riflette bene il tema del programma di pastorale universitaria della Diocesi di Roma: "Eucaristia e carità intellettuale".

È un impegno che può snodarsi su due grandi linee: quella della formazione delle nuove generazioni e quella di una presenza culturale significativa nel dibattito sulle grandi questioni antropologiche.

Circa la prima linea è necessario valorizzare la dimensione comunitaria dell'esperienza universitaria, promuovendo luoghi e occasioni di incontro e di condivisione tra docenti e studenti, affinché emerga il legame educativo proprio di ogni vera e autentica relazione universitaria. In questa prospettiva è fondamentale il ruolo della pastorale universitaria, che deve essere parte integrante della vita della comunità accademica.

Circa la seconda linea di impegno, è opportuno aprire orizzonti nuovi di fecondo dialogo tra la teologia e gli altri saperi scientifici. Il rapporto tra fede e ragione, più volte richiamato dal Santo Padre, va oltre la ricerca dei rispettivi confini, per incamminarsi verso l'approfondimento della nuova situazione dell'uomo contemporaneo, che si presenta all'orizzonte ricca di prospettive positive, anche se offuscata da pregiudizi culturali e ideologici che rendono tortuoso e incerto il futuro. Dove, infatti, è in gioco il destino dell'uomo, lì la Chiesa deve essere presente e operante, non per se stessa, come ci ricorda Benedetto XVI, ma per obbedienza al Suo Maestro, unico Redentore dell'uomo.

È quanto mai necessario richiamare la positività e profeticità della proposta morale cristiana in un contesto culturale progettuale, in cui il bene dell'uomo acquisti il vero significato e la sua bellezza.

Certamente, perché l'intelligenza si volga al bene supremo è necessario l'aiuto del Verbo, perché, a dire di S. Agostino, Egli è la luce: "ipse (Filius) est menti nostrae lumen" (cfrSant'Agostino, Quaest. Evang. I, 1: PL 35, 1323); Egli è l'amore: "amavit nos, ut redamaremus eum" (cfr Enarr. in Ps 127, 8: CCL 40, 1872).

Auguro pertanto, e di tutto cuore, che questa Università sia sempre una comunità attenta ai supremi valori dell'uomo, alla luce della rivelazione cristiana e sotto l'istanza urgente dell'Amore che tutti ci avvolge.

 

[SM=g1740771]

 

CONCELEBRAZIONE EUCARISTICA
PER I PARTECIPANTI AL PELLEGRINAGGIO
DELLE OPERE DI SAN PIO DA PIETRELCINA

OMELIA DEL CARD. TARCISIO BERTONE

Piazza San Pietro
Sabato, 14 ottobre 2006

 

 

 

Eccellenza Reverendissima,
cari Frati Minori Cappuccini,
cari fratelli e sorelle dei Gruppi di preghiera di Padre Pio,
e dell'Arcidiocesi di Manfredonia-Vieste-San Giovanni Rotondo!

 

Con gioia mi unisco a voi in questa Eucaristia per ringraziare il Signore dei tanti frutti di bene che l'opera instancabile di Padre Pio ha suscitato nella Chiesa. Tra questi mi piace ricordare particolarmente la "Casa Sollievo della Sofferenza", che il 5 maggio scorso ha commemorato i suoi primi cinquant'anni di vita. Un cordiale saluto rivolgo alla grande famiglia di San Pio:  all'Arcivescovo, Mons. Domenico Umberto D'Ambrosio, e ai pellegrini dell'Arcidiocesi di Manfredonia-Vieste-San Giovanni Rotondo; ai Frati Minori Cappuccini del Santuario di San Giovanni Rotondo e della Provincia, ai dirigenti, ai medici, agli infermieri e al personale tutto della Casa Sollievo della Sofferenza, con un pensiero ai malati che vi sono curati. Un saluto agli aderenti ai Gruppi di Preghiera "Padre Pio", provenienti da ogni parte d'Italia e da altri Paesi. Quella odierna è davvero una grande "festa di famiglia", che vede raccolti attorno all'Altare del Signore quanti a vario titolo si sentono figli spirituali di Padre Pio e si ispirano, nella vita quotidiana, ai suoi esempi ed ai suoi insegnamenti.

 

Che dire di questo "umile Frate Cappuccino"? È indubbio che la sua figura è circondata da tanta stima e devozione. Si potrebbe quasi dire, utilizzando un linguaggio moderno, che il suo indice di gradimento è assai alto in tutto il mondo. Milioni di persone lo seguono e lo venerano; gente semplice e di cultura, giovani e adulti, operai e professionisti, uomini di Chiesa e persone in cerca di Dio. Non è improprio pensare che il richiamo e il fascino esercitati da questo Cappuccino costituiscano una risposta a quel bisogno di Dio, a quella fame di Trascendenza che abita il cuore degli uomini e delle donne del nostro tempo. Egli è stato un vero apostolo dell'amore misericordioso di Dio, che si rivela nel mistero della Croce.

 

Nella seconda lettura, che abbiamo ascoltato poco fa, San Paolo scrivendo ai Galati afferma: "Quanto a me non ci sia altro vanto che nella croce del Signore nostro Gesù Cristo" (Gal 6, 14). Sono parole che Padre Pio ha fatto sue:  in lui vediamo realizzata una perfetta conformità a Cristo crocifisso. Aveva ben chiara la coscienza di essere stato chiamato a collaborare all'opera della salvezza attraverso la Croce. Crocifisso con Cristo, non era più lui a vivere, ma Cristo viveva in lui, come l'apostolo Paolo diceva di sé (cfr Gal 2, 19). Padre Pio scelse la Croce, convinto che tutta la sua vita, seguendo le orme del divino Maestro, sarebbe stata un martirio. Egli stesso ebbe a confidarlo al suo direttore spirituale: "Il Signore mi fa vedere - così scriveva -, come in uno specchio, tutta la mia vita futura non essere altro che un martirio" (Epist. I, p. 368). Una simile prospettiva, però, non lo scoraggiava; nell'intimo si rallegrava di essere chiamato a cooperare alla salvezza delle anime con la sofferenza permeata di preghiera, con una perseverante partecipazione alla Croce di Gesù. Cari fratelli e sorelle, se togliamo la Croce, come possiamo comprendere la vita e la santità di Padre Pio? Se non ci poniamo nella prospettiva della Croce, come possiamo dirci ed essere veramente cristiani? La via della Croce Gesù la propone a tutti coloro che vogliono mettersi alla sua sequela. In effetti, si diventa davvero suoi discepoli soltanto nella misura in cui docilmente si accetta questo mistero. Ma sappiamo bene che la "Via Crucis" prepara la "Via lucis"!

 

Opportunamente, pertanto, all'inizio della Santa Messa, abbiamo domandato nella Colletta che, uniti costantemente alla passione di Cristo, possiamo, per intercessione di San Pio, giungere felicemente alla gloria della risurrezione.

 

Padre Pio ci ricorda che la Croce è mistero di dolore e di gioia, di passione e di gloria. Mistero tenuto nascosto, come abbiamo ascoltato poco fa nella pagina del Vangelo, "ai sapienti e agli intelligenti", ma rivelato "ai piccoli". Alla scuola di questo grande Santo dei nostri tempi apprendiamo a percorrere il sentiero arduo della santità con l'umiltà e la fiducia dei semplici e dei piccoli. E non ci spaventino le parole del Signore, anzi producano nel cuore serenità e pace: "Se qualcuno vuole venire dietro a me rinneghi se stesso, prenda la sua croce e mi segua. Perché chi vorrà salvare la propria vita la perderà; ma chi perderà la propria vita per causa mia, la troverà" (Mt 16, 24). Se esigente è la proposta di Gesù, dolce e confortante è il suo invito a trovare rifugio in Lui: "Venite a me - Egli ci ripete quest'oggi - voi tutti che siete affaticati e oppressi, e io vi ristorerò". Ed aggiunge: "Imparate da me, che sono mite e umile di cuore, e troverete ristoro per le vostre anime". Dolce è infatti il suo "giogo" e leggero il suo "carico" (cfr Mt 11, 25-30).

 

L'esistenza di Padre Pio testimonia che la Croce è sorgente di amore, di misericordia e di perdono. Ai piedi del Crocifisso egli imparò a servire i fratelli e a spendersi per la loro eterna salvezza. La cura delle anime e la conversione dei peccatori furono impegno primario del suo sacerdozio, che svolse fino alla morte praticando l'ascolto e la direzione dei suoi figli spirituali e, per questo, trascorrendo lunghe ore nel confessionale. E proprio il ministero di confessore costituisce il maggior titolo di gloria e il tratto distintivo di questo Frate Cappuccino. Chi lo incontrava avvertiva in lui la compassione di Cristo, ed anche quando veniva talora rimandato senza l'assoluzione, il penitente sapeva che se, sinceramente pentito, ritornava al suo confessionale, sarebbe stato accolto con paterna tenerezza. Come non ricuperare, guardando a Padre Pio, la consapevolezza dell'importanza della confessione? Oggi, forse più di ieri, questo Sacramento va riscoperto e valorizzato. La quotidiana esperienza del Santuario di San Giovanni Rotondo, come del resto quella di tanti altri Santuari, testimonia del grande anelito alla riconciliazione e al perdono che pulsa nel cuore dell'uomo moderno.

 

Dalla vita di Padre Pio traspare con singolare eloquenza un altro insegnamento: l'importanza della preghiera. A chi gli chiedeva un parere sulla sua persona, amava rispondere: "Non sono che un povero frate che prega". Davvero la forza dell'orazione ha animato tutta la vicenda umana dell'umile Frate del Gargano, diventato egli stesso, con il passare del tempo, preghiera vivente. Pregava sempre e ovunque con umiltà, fiducia e perseveranza. La preghiera è l'eredità che ha lasciato alla famiglia dei "gruppi di preghiera", sparsi ormai in tutto il mondo. È importante che essi la mantengano viva, ricordando queste sue significative parole: "La preghiera è la migliore arma che abbiamo, è una chiave che apre il Cuore di Dio". La preghiera è strada sicura che ci introduce in quella vera conoscenza di Dio di cui ci ha parlato il profeta Geremia nella prima lettura; una conoscenza che diventa comunione profonda con il Signore "che agisce con misericordia, con diritto e con giustizia sulla terra" (cfr Ger 9, 23).

 

Santa Teresa di Lisieux, con una immagine ardita e profonda, ha osservato: "Un saggio ha detto: "Datemi una leva, un punto di appoggio, e io solleverò il mondo". Quello che Archimede non ha potuto ottenere, perché la sua richiesta non si rivolgeva a Dio ed era espressa solo da un punto di vista materiale, i santi l'hanno ottenuto pienamente. L'Onnipotente ha dato loro, come punto d'appoggio, se stesso e sé solo; come leva, la preghiera che infiamma di fuoco d'amore, e così essi hanno sollevato il mondo; così lo sollevano i santi della Chiesa militante; e lo solleveranno ancora i santi futuri, fino alla fine del mondo" (Manoscritto C, 338).

 

Da ultimo, non posso non ricordare i tanti gesti compiuti da Padre Pio per venire in aiuto al prossimo e specialmente ai sofferenti. L'opera più nota ed importante è sicuramente la "Casa Sollievo della Sofferenza". Sapeva bene che per recare sollievo all'ammalato non basta la corretta applicazione delle terapie mediche; c'è bisogno anche e prima di tutto di amore, da comunicare con quello stile di attenta dedizione che raccomanda il Signore: "Ero malato e mi avete visitato" (Mt 25, 36), perché chi soffre sperimenti la misericordia divina attraverso l'amorevole cura dei fratelli. Quella "umanizzazione della medicina", di cui oggi tanto si parla, egli l'aveva raccomandata fin dall'inizio a tutti gli operatori sanitari del suo Ospedale.

 

In questo modo Padre Pio ci ha insegnato con la lezione dei fatti che l'amore di Dio e l'amore del prossimo non vanno mai disgiunti; anzi, l'uno richiama necessariamente l'altro. È, questa, una verità fondamentale del cristianesimo, che il Santo Padre Benedetto XVI ha voluto mettere in evidenza, all'inizio del suo Pontificato, con la Lettera enciclica Deus caritas est - Dio è amore (cfr nn. 16-18). Ci aiuti Padre Pio a convertirci sempre più all'amore di Dio e del prossimo; ci aiuti a trovare nella Croce la sorgente di quel fuoco che distrugge l'odio e l'indifferenza. Vivificati dal mistero eucaristico, che ci apprestiamo a celebrare, potremo amare il Signore con perseverante dedizione, e saremo pronti a prodigarci con instancabile carità verso tutti, seguendo le orme di questo grande testimone del Vangelo nel nostro tempo (Orazione dopo la Comunione). Interceda per noi Maria, che l'umile Cappuccino del Gargano invocava come Madonna delle Grazie. Amen!

 

 

 

[Modificato da Caterina63 24/04/2012 19:20]
Fraternamente CaterinaLD

"Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
(fr. Carlos Alfonso Azpiroz Costa OP
Maestro dell’Ordine)
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