A tutti voi che passate da qui: BENVENUTI
Se avete desiderio di capire che cosa insegna la Bibbia che il Magistero della Santa Chiesa, con il Sommo Pontefice ci insegna, questo Gruppo fa per voi. Non siamo "esperti" del settore, ma siamo Laici impegnati nella Chiesa che qui si sono incontrati da diverse parti d'Italia per essere testimoni anche nella rete della Verità che tentiamo di vivere nel quotidiano, come lo stesso amato Giovanni Paolo II suggeriva.
Nuova Discussione
Rispondi
 
Pagina precedente | 1 | Pagina successiva

I 7 Vizi Capitali: Superbia, Accidia, Lussuria, Ira, Gola, Invidia, Avarizia e le vere virtù

Ultimo Aggiornamento: 24/01/2016 19:22
Autore
Stampa | Notifica email    
ONLINE
Post: 39.988
Sesso: Femminile
01/03/2012 10:59
 
Email
 
Scheda Utente
 
Quota

Santi Comandamenti


Quanto segue è tratto per me e per voi, Amici, da: Filotea Mariana, una raccolta di saggi, aneddoti, preghiere e devozione della tradizione e si chiama: "Un segreto di felicità" di padre Francesco M. Avidano S.M. - Nona Edizione - Torino - con Imprimatur 1962



[SM=g1740733] I pasti e la Madonna

La santa Schiavitù ti aiuterà a nobilitare e santificare anche questa azione in sè così materiale. Quante anime pie, infatti, e anche religiose, che hanno saputo rinunciare a tutto, sono poi state invece schiave della gola!
Ascolta cosa devi fare: impara a mangiare da uomo, da cristiano, da schiavo di Maria.

1. Da Uomo: impara innanzi tutto questo, mangiare per vivere e non vivere per mangiare. Gli animali vivono per mangiare, eppure se essi sono addomesticati imparano a rispettare le regole che tu, uomo, dai loro, a maggior ragione comportati come uno che ha delle regole.
E poi pensa qual dolorosa necessità dover interrompere la preghiera, il lavoro, per pensare a mangiare e poi per digerire... Assoggetati perciò ad essa come ad una umiliante necessità "per vivere devo mangiare", ma non essere di quelli che fanno del cibo il pensiero dominante della vita e non sanno parlare d'altro che di ciò che hanno mangiato e di quel che mangeranno qualche ora più tardi; non essere di quelli che non s'accontentano mai di nulla a tavola e che se non soddisfano il gusto sono capaci di mandarsi storta la giornata. Tu mangia da uomo saggio, che se la salute te lo permette certamente, apprezza tutto ciò che ti sarà offerto in cibo, impara a mangiar ciò che ti fa bene ma forse non ti piace nel gusto, sii gioioso se qualche volta il pasto è poco saporito. Non riempirti lo stomaco fino alla sazietà, così mangiano gli animali, ma loro sono giustificati, eppure se li addomestichi s'accontentano di ciò che il padrone gli dà, impara anche poco alla volta le piccole rinuncie fino a soddisfare, piuttosto, il piacere di qualche diogiuno.

2. Da Cristiano: il primo condimenti dei tuoi pasti sia la preghiera e la mortificazione, il fioretto. Se hai più tempo aggiungi alla preghiera del pasto anche un'Ave Maria, e glieLa offrirai pensando a Lei mentre era in fuga in Egitto, quasi partoriente, non aveva molto di che mangiare. Anche durante il pasto non smettere di nutrire l'anima, se ti è possibile, ascolta qualche passo della Scrittura, in famiglia qualcuno a turno, durante il desco, può leggere qualche brano ispirato scritto dai Santi, oppure dal Trattato della Vera Devozione a Maria, o dal Segreto di Maria, o dalle Glorie di Maria, perchè "non di solo pane vive l'uomo", pensa a quanti sono senza pane e ciò che tu mangi è dono di Dio.
Questi consigli ci sono dati dall'Apostolo Paolo, quando dice:  1Corinzi 10, 31 Sia dunque che mangiate, sia che beviate, sia che facciate alcun'altra cosa, fate tutte le cose per la gloria di Dio.
Non dimenticare le pene che siscontano in Purgatorio per i peccati di gola! E ti sia di giovamento pensare alle eterne ricompense con cui Dio rimunerà anche la più piccola mortificazione che avrai fatto per amor Suo.
Quando Gesù mangiava pensava anche all'Ultima Cena, pensava a quel pane e a quel vino  che avrebbe trasformato nel Suo Corpo e nel Suo Sangue, sacrificato per la nostra salvezza, così il vero Cristiano, anche a tavola, non pensa a se stesso, ma piuttosto pensa agli altri, mentre mangia può pensare a cosa fare magari per un vicino di casa in difficoltà, o per qualche fedele della parrocchia in difficoltà, o per andare a trovare un malato, vedi come anche mangiando si può pianificare il proprio apostolato.
Infine, se sei invitato a qualche pranzo importante, non metterti in mostra, cerca sempre l'ultimo posto, non ostentare, ed anche qui, senza offendere il padrone di casa,  nascondi le tue mortificazioni.

3. Da Schiavo di Maria: pensa subito e spesso a come è divinamente bello immaginare la Vergine Santa mentre serve Gesù a tavola, mentre porge il piatto al Suo Casto Sposo san Giuseppe, dopo una giornata di lavoro. Immagina come Gesù, seduto a tavola, mangiasse con loro. Stai pur certo che la Madonna non pensava al cibo in sè, ma guardava il Suo adorabile Gesù, e sempre pensava a quel Mistero che aveva davanti: tutto Dio ed anche tutto Uomo, Suo Figlio, e pensava di certo come avrebbe potuto servirLo al meglio nel mentre che cresceva.
Che bello e che dono poter mangiare sempre alla presenza della Divina Famiglia. Maria dava i bocconi più prelibati a Gesù Bambino, così i Santi hanno imparato a fare altrettanto con i poveri, dando il meglio che avevano a loro, spesso si astenevano da qualche ghiotto boccone che offrivano alla Madonna perchè in qualche modo Ella potesse far giungere quella rinuncia a qualche povero.
Maria era tutta protesa all'ascolto di Gesù, sappi anche tu introdurre delle buone conversazioni a tavola, e se sei un religioso, sfrutta la lettura di tavola, è importante non perdersi nelle chiacchiere peccaminose, specialmente quelle vanitose, quelle in cui ci si autogratifica di se stessi.

4. Impara a vedere in chi ti serve la Vergine Santissima e ti sarà più facile:

a. mangiare con umiltà: io che sono il servo, vengo servito! Ho davvero guadagnato questo cibo? Sappi riconoscere la Provvidenza e di spesso: Oh! come la Madonna Santa tratta bene i suoi servi!

b. con la santa mortificazione: come potrei lamentarmi di tal simile Provvidenza sulla mia tavola? E questa non è fantasia! La Madonna vuole davvero che tu accetti, in nome Suo, tutto ciò che ti portano, senza lamentarti, ma ringraziando sempre il Signore prima, durante e dopo il pasto.

c. con fedeltà e devozione, cioè: sempre come se stessi alla presenza di Dio, ricordando di avere sempre accanto a te il tuo Angelo Custode. Usa la fedeltà specialmente nei giorni di digiuno prescritti dalla santa Chiesa, giungi ad un santo digiuno di devozione specialmente il Venerdì e al Sabato dedicato alla Madonna, ricordandoti che alle ore 15,00 del Venerdì Gesù moriva sulla Croce per te. Questo pensiero ti aiuterà a mantenerti fedele nella mortificazione e nel digiunare.

Se all'inizio dell'impresa ti riuscirà difficile mantenerti fedele, non scoraggiarti, aiutati con la Confessione, con la santa Eucaristia, con il Rosario, non smettere mai di impegnarti e alla fine vedrai che i risultati arriveranno, e tu guadegnerai immensi benifici e tanto giovamento. Pensa sempre che più ti impegnerai a favore dei peccatori, dei poveri, di chi è lontano dalla Chiesa, per la loro conversione, e più tu riciverai benefici.
La Madre Matilde del SS. Sacramento, Abbadessa del Monastero, aveva stabilito che fosse portata, ogni giorno, la miglior porzione ai piedi della Santissima Vergine, e così che venisse distribuita ai poveri che andavo a bussare in quell'ora.

___________________________________________


DIGIUNO....PECCATO DI GOLA..... c’è tutta una scienza, tutta una teologia, tutta una realtà schiacciante che dovrebbe farci riflettere a lungo ;-)

NON DI SOLO PANE VIVE L’UOMO…. il peccato di gola è così quell’eccesso che non ci fa vedere quale sia quest’altro “cibo” che dovrebbe nutrirci e cosa dovrebbe nutrire…
già, oltre al corpo, cosa c’è da nutrire? L’ANIMA! ;-) ma sarebbe come ammettere che l’anima esiste con tutto ciò che questa scoperta porterebbe….

Ottimo articolo!!!

 

*****************************

 

GOLA

Il cibo non è l’inferno.

Ma non è manco il paradiso.

 

Il realismo cattolico a tavola

 

 

 

Mettere in guardia dalla gola significa allora trasformarsi in asceti duri e puri, vivendo più di aria che di cibo? No, è stato già spiegato, altrimenti ci riduciamo senza forze e, se non abbiamo la fede del Curato d’Ars, il rischio è che facciamo più male che bene alla nostra anima. L’accusa rivolta a Gesù di essere un mangione e un beone, deve farci evitare qualsiasi fuga dal cibo stiamo progettando in riparazione dei nostri peccati. Non perché il Maestro fosse davvero un godereccio amante della buona tavola e a cui piaceva alzare volentieri il gomito. Il punto è un altro: evidentemente, di fronte all’esteriorità culturale praticata in Israele da molti, il suo atteggiamento sereno nei confronti del cibo lasciava indignati coloro che vedevano attentati ad una presunta purezza ovunque meno che nei loro stessi comportamenti. Dai Vangeli sappiamo che Gesù sapeva digiunare anche a lungo ma, con la stessa naturalezza, si sedeva alle tavole a cui veniva invitato.

di Claudia Cirami
 
Quando arriva la Quaresima, i primi “fioretti” che ci vengono in mente – per lo meno a noi donne, ma pare anche agli uomini – hanno a che fare con l’alimentazione. Raccogliendo buoni propositi in giro, risulta che, nel tempo quaresimale, alle pratiche del digiuno e di astinenza dalle carni, già prescritti dalla Chiesa e, si spera, seguiti dai fedeli, aggiungiamo anche altri sacrifici: via dolci e cioccolato prima di tutto, ma c’è anche chi si astiene da pizza, bevande gassate, patatine fritte, etc… Qualche malizioso potrebbe sospettare che lo facciamo per questioni di dieta – e al 60% è così – e che simili fioretti non abbiano molto valore. Con la scusa di offrire a Dio i nostri sacrifici per un serio itinerario penitenziale, saliamo più disinvolti sulla bilancia, certi che, almeno in Quaresima, questa non ci farà brutti scherzi. C’è però quel 40% che ci porta a riflettere su quello che è ritenuto uno dei sette vizi capitali ma che, in tutta sincerità, la maggior parte di noi si ricorda solo a partire dal momento in cui il sacerdote, mettendoci le ceneri in testa, ci dice: “polvere sei e polvere ritornerai” (o il più gettonato e politicamente corretto: “convertitevi e credete al Vangelo”).
 
LA PIÙ SANTA DELLE FESTE DIVENNE LA PIÙ PAGANA
 
Riflessione quella sulla gola che, di solito, torna a nascondersi nei meandri oscuri della nostra mente non appena scocca l’ora x: l’arrivo della Pasqua. Che, di solito, non è vissuta in un gioioso clima di festa e convivialità, in cui il cibo è parte integrante ma non protagonista assoluto, come conviene alla Festa delle feste che chiude il cammino di penitenza con la notizia sulla Resurrezione. La Pasqua è, invece, spudoratamente omaggiata con assalti imbarazzanti alle uova di cioccolato, pantagruelici pranzi e luculliane gite gastronomiche fuoriporta. Nemmeno fosse la più pagana delle feste e noi come poveri affamati da tempo immemore che si lanciano sulla prima pasta al forno che vedono, come nella celebre scena del film “Miseria e nobiltà” con l’inimitabile Totò. Buttandoci alle spalle, quasi con fastidio, quel poco di sobrietà dei pensieri e delle azioni che la Quaresima ci ha ispirato e non pensandoci più. Perché – confessiamolo – chi considera, per il resto dell’anno, che quell’abbuffata di Capodanno o al pranzo di matrimonio dei cugini, quel gettarsi a capofitto – in un momento di rabbia o di tristezza – sulla prima scatola di cioccolatini che ci capita a tiro, quell’ innocente “Com’è buono! Ne prendo ancora un pò”, ripetuto in serate di cene con i parenti, di pizzerie con gli amici, di spuntini con i colleghi, di aperitivi con i conoscenti (in cui quel “un pò” diventa presto un mattone sullo stomaco), chi considera – ripeto – che tutto questo abbia a che fare con la nostra vita spirituale? Che c’entrano gli scatti di ira, la maldicenza, le bugie, l’indolenza nei riguardi di Dio e del prossimo, le cadute sessuali e via dicendo con quel vasetto di crema al cioccolato, finito a tempo di record, con quel piatto speciale della nonna defunta, mangiato in quantità industriali, con quei “ravioli con cuore di noci in un letto di crema di pistacchi con tripudio di granella di nocciole e cannella” che tanto ti ha entusiasmato l’ultima volta al ristorante (e che, per imparare il nome, hai dovuto pure leggerlo più volte)? Suvvia, non facciamo i moralisti…


DEL PERCHÈ I PROTESTANTI MANGIANO MALE E I CATTOLICI BENE

 
E invece, dobbiamo ricrederci. Partiamo dal riconoscere la possibilità di peccare con la gola. Che il peccato di gola fosse un vero peccato (e non un slogan pubblicitario) lo sapeva bene Leo Moulin, intellettuale con vari interessi, tra cui la storia dell’alimentazione. A Messori, in Inchiesta sul cristianesimo, spiegò la differenza tra la cucina polacca, ottima, e quella tedesca, non particolarmente riuscita (non me ne vogliate, amici tedeschi, ma c’è di meglio tra le altre cucine), nonostante la similitudine tra le due nazioni riguardo a clima e alimenti. Disse Moulin: “la spiegazione è religiosa: ovunque la gastronomia dei riformati è meno saporita e meno ricca di quella dei cattolici. Il fatto è che il protestantesimo ha creato sì una società economicamente assai vivace… ma ha compresso la joie de vivre: l’uomo è visto come solitario davanti a Dio, deve assumere tutto il peso delle sue azioni e delle sue colpe, compresa quella dell’abbandono alla ‘sensualità’ del cibo. Il cattolico è più libero, meno complessato, perché sa che, ad aiutarlo e a giustificarlo, c’è tutta una rete di mediazioni ecclesiali e culturali, c’è soprattutto la confessione con il suo perdono liberante”. Capiamoci bene, dunque: se aspettiamo il perdono liberante anche per i peccati di gola, vuol dire che non possiamo considerarli inezie. E, a questo punto, dobbiamo dare anche alla gola tutta l’importanza che questo vizio merita per imparare a domarlo.
 
LA GOLA È LA SCINTILLA CHE FA DIVAMPARE TUTTI GLI ALTRI PECCATI
 
Come ricorda il catechismo della Chiesa Cattolica, “I vizi possono essere catalogati in parallelo alle virtù alle quali si oppongono, oppure essere collegati ai peccati capitali che l’esperienza cristiana ha distinto, seguendo san Giovanni Cassiano e san Gregorio Magno. Sono chiamati capitali perché generano altri peccati, altri vizi. Sono la superbia, l’avarizia, l’invidia, l’ira, la lussuria, la golosità, la pigrizia o accidia”. Anche la gola o, meglio, golosità, dunque, è generatrice di peccati. Qual è il nesso? San Giovanni Crisostomo spiega: “l’eccesso nel mangiare e nel bere allenta l’energia del corpo e corrompe la salute dell’anima” e “come da una fonte, così dall’intemperanza e dall’ebbrezza derivano tutte le specie dei peccati; e come l’abbondanza del materiale attizza più grande il fuoco e leva in alto la fiamma, così qui l’abbandonarsi all’intemperanza e all’ebbrezza fa sì che aumenti l’incendio dei peccati”. Roba da farci guardare storto l’ultimo snack che stavamo pensando di addentare. Soprattutto il collegamento peccati di gola-peccati carnali sembra molto forte. S. Alfonso Maria de’ Liguori chiarisce: “…chi dà libertà alla gola, facilmente darà poi anche libertà agli altri sensi; poiché, avendo perduto il raccoglimento… facilmente caderà in altri difetti di parole indecenti e di gesti scomposti. E ‘l peggior male si è che coll’intemperanza ne’ cibi passa gran pericolo la castità” e ricorda poi la frase di san Girolamo: Ventris saturitas seminarium libidinis (La sazietà del ventre è vivaio della sensualità). Non siamo ancora convinti? S. Josemaria Escrivà de Balaguer, in Cammino, scrive perentorio: “La gola è l’avanguardia dell’impurità”.

SOMMERSI DALL’OBBLIGO SOCIALE DI ANDARE PER TRATTORIE A FAR I FINTI PALATI FINI
 
Eppure liberarsi dalla tentazione della golosità non è facile. In un articolo sull’Osservatore Romano di qualche tempo fa, Lucetta Scaraffia si chiedeva: “Come si fa a condannare la gola quando siamo sommersi da ricette, recensioni di ristoranti, inviti a riscoprire il gusto del cibo e la degustazione di vini, il tutto spesso camuffato da ritorno al genuino, o da occasione conviviale in cui godere dell’incontro con gli altri? La cultura che ci circonda ci vorrebbe far saltare da un ristorantino all’altro, comprare cibi squisiti, assaporare vini pregiati ogni sera:  mangiare e bere sono diventati un fiorente settore di affari, e tutto quello che fa guadagnare è visto come positivo”. E’ un discorso che ha una sua logica persino in tempi di crisi come quello in cui stiamo vivendo, nei quali la propensione a commettere peccati di gola, pur trasformandosi, è rimasta: sebbene oggi sia diminuita la possibilità per molti di frequentare i ristoranti, c’è la corsa in tv, nei libri, ma anche tra la gente, a presentare piatti sempre più succulenti utilizzando gli avanzi del giorno prima, alimenti meno pregiati e, persino, gli scarti dell’alimentazione (come le bucce di frutta o verdura). Non tanto perché la persona venga nutrita, quanto perché – anche in tempi duri – il suo gusto venga sollecitato e il suo palato soddisfatto con pietanze apparentemente più povere ma, in realtà, sempre elaborate.
 
IL REALISMO CRISTIANO CHE HA SEMPRE SCORAGGIATO GLI ECCESSI ASCETICI
 
Certo, sentire il menù quotidiano del santo Curato d’Ars mette i brividi (culinari): qualche patata cotta, persino stantia da cui, tra lo sbigottimento dei parrocchiani che più lo conoscevano, grattava via la muffa, sostenendo che era ancora mangiabile; poi semplici frittelle di farina che si faceva bastare per diversi giorni; qualche frutto… L’iconografia ce lo presenta magro, dal volto ossuto e quasi diafano. Più volte si ammalò perché le forze non reggevano i tanti impegni parrocchiali (confessava fino a 18 ore al giorno). La sua vita spirituale, in compenso, veleggiava verso lidi sempre più lontani finché raggiunse l’approdo certo della santità. Non tutti i santi, però, si riducevano pelle e ossa come san Giovanni Maria Vianney, ma certo non hanno mai evitato di sottoporsi a penitenze alimentari, sapendo quale benessere per la vita di fede poteva venir loro da queste rinunce. Raccomandandole anche a chi li frequentava. Sempre mantenendo, tuttavia, quel sano realismo cattolico che impedisce a chi segue Cristo di praticare un’ascesi insostenibile e fine a se stessa che porta più danni che benefici. In Filotea, che accompagna i laici nella vita spirituale, san Francesco di Sales, a proposito di digiuni esasperati, scrive: “I cervi corrono goffamente in due circostanze: quando sono troppo grassi e quando sono troppo magri. Anche noi siamo molto fragili di fronte alle tentazioni sia quando il nostro corpo è troppo pasciuto, come quando è troppo debole; nel primo caso è presuntuoso nel suo benessere, nell’altro è disperato nel suo malessere. Come principio generale è meglio conservare forze corporali più di quanto serve, che perderne più di quanto è necessario; si può sempre fiaccarle, volendo; ma non sempre basta volerlo, per recuperarle”.
 
LA REGOLA DI SAN BENEDETTO: “SOLO QUANTO BASTA A TENERCI IN PIEDI. MA TUTTAVIA…”
 
In quel capolavoro di realismo che è la Regola di san Benedetto è descritta persino la quantità di cibo che il monaco deve consumare: niente più di quello che gli consenta di rimanere in piedi. Con grande sapienza, sono anche previste le eccezioni in caso di soggetti indeboliti. Ma se i monaci non hanno particolari problemi di salute “due pietanze cotte, dunque, siano sufficienti per tutti i confratelli, e qualora vi fosse la possibilità di avere frutta e verdura fresca, se ne aggiunga pure una terza. Di pane basterà una libbra abbondante al giorno” e viene ricordato “nel caso in cui il lavoro sia stato più faticoso, l’abate se lo ritiene utile, avrà la facoltà di aggiungere qualcosa in più, purché si eviti qualsiasi eccesso di cibo e si badi che mai il monaco faccia indigestione, poiché nulla è tanto sconveniente al cristiano quanto l’intemperanza nel cibo…”. L’obiezione è nell’aria: la regola è rivolta ai monaci. Vero, ma quanto detto finora ci porta a considerare che anche le nostre alimentazioni non dovrebbero essere più pesanti e ricche di questa. Ricordiamo tutti Poldo, amico di Braccio di Ferro e goloso fino al ridicolo (nonché fino alla scrocconeria più esasperata). Se immaginavamo di ondeggiare come lui, con le nostre rotondità “colpevoli”, sulla strada del cammino di fede, possiamo metterci una pietra sopra: il peccato di gola e il Regno di Dio non vanno a braccetto.


SULLE ORME DI UN MAESTRO “MANGIONE E BEONE” MA CHE SAPEVA DIGIUNARE

 
Mettere in guardia dalla gola significa allora trasformarsi in asceti duri e puri, vivendo più di aria che di cibo? No, è stato già spiegato, altrimenti ci riduciamo senza forze e, se non abbiamo la fede del Curato d’Ars, il rischio è che facciamo più male che bene alla nostra anima. L’accusa rivolta a Gesù di essere un mangione e un beone (cf Mt 11,19; Lc 7,34) deve farci evitare qualsiasi fuga dal cibo stiamo progettando in riparazione dei nostri peccati. Non perché il Maestro fosse davvero un godereccio amante della buona tavola e a cui piaceva alzare volentieri il gomito. Il punto è un altro: evidentemente, di fronte all’esteriorità culturale praticata in Israele da molti, il suo atteggiamento sereno nei confronti del cibo lasciava indignati coloro che vedevano attentati ad una presunta purezza ovunque meno che nei loro stessi comportamenti. Dai Vangeli sappiamo che Gesù sapeva digiunare anche a lungo ma, con la stessa naturalezza, si sedeva alle tavole a cui veniva invitato. Vale allora quello che ci dice l’Imitazione di Cristo a proposito delle tentazioni in genere: “Non possiamo vincere semplicemente con la fuga; ma è con la sopportazione e la vera umiltà che saremo più forti di ogni nemico. Ben poco progredirà colui che si allontana pochino e superficialmente dalle tentazioni, senza sradicarle: tosto ritorneranno ed egli starà ancora peggio.
 
Vincerai più facilmente, a poco a poco, con una generosa pazienza e con l’aiuto di Dio, più facilmente che insistendo cocciutamente nel tuo sforzo personale”. Nemmeno, però, dobbiamo guardare il cibo con sospetto, come fosse strumento di satana per condurci lontano da Dio, e servirsene con la paura di cadere nel peccato. Il cibo è un dono di Dio: mangiare non è peccato se lo facciamo con moderazione e senza ingordigia ma anche – oggi che manie dietiste e salutiste varie sembrano frenarci nelle quantità – senza la ricerca esasperata della soddisfazione del gusto, quella stessa che, a volte, ci fa considerare pessimo un buon pranzo con diverse portate solo perché “il riso non è cotto al punto giusto” o “nella crema di quella torta c’è un eccesso di liquore”. Il cibo ci è utile per sopravvivere, ma non dobbiamo dargli più valore di quanto non ne abbia, ricordandoci che i beni – che Dio ci ha dato per il nostro sostentamento – concorrono anch’essi ad aiutarci ad arrivare all’unico Bene, che è Dio, ma non possono sostituirlo. Il digiuno e l’astinenza dalla carne che la Chiesa ci richiede in questo tempo ci fanno prendere coscienza proprio del fatto che non siamo schiavi dei nostri desideri e delle nostre voglie. Abbiamo tutto il tempo quaresimale per meditarci sopra. Sperando, con l’aiuto di Dio, che le nostre riflessioni non finiscano poi per naufragare senza ritegno nel solito mare di cioccolata pasquale.

[SM=g1740738]



Fraternamente CaterinaLD

"Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
(fr. Carlos Alfonso Azpiroz Costa OP
Maestro dell’Ordine)
Amministra Discussione: | Chiudi | Sposta | Cancella | Modifica | Notifica email Pagina precedente | 1 | Pagina successiva
Nuova Discussione
Rispondi

Feed | Forum | Bacheca | Album | Utenti | Cerca | Login | Registrati | Amministra
Crea forum gratis, gestisci la tua comunità! Iscriviti a FreeForumZone
FreeForumZone [v.6.1] - Leggendo la pagina si accettano regolamento e privacy
Tutti gli orari sono GMT+01:00. Adesso sono le 10:02. Versione: Stampabile | Mobile
Copyright © 2000-2024 FFZ srl - www.freeforumzone.com