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I 7 Vizi Capitali: Superbia, Accidia, Lussuria, Ira, Gola, Invidia, Avarizia e le vere virtù

Ultimo Aggiornamento: 24/01/2016 19:22
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08/07/2012 23:40
 
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IL POTERE DELLA PUBBLICITA' E L'ISTIGAZIONE AL VIZIO

Non c'è soltanto qualcuno che vuole imporre il suo prodotto, ma chi segue pervicacemente l'ideologia totalizzante dello schiavismo del peccato

di Cristina Siccardi

La pubblicità è una delle forme più persuasive per indirizzare i gusti e le scelte delle persone. Il primo annuncio pubblicitario risale al 1630 e apparve su un giornale di quel tempo: era una semplice inserzione che richiamava il nome del prodotto. Con la rivoluzione industriale e con l'incremento della produzione delle merci è aumentato l'uso di fare pubblicità, fino a diventare la cosiddetta "anima del commercio".
Essa è il motore trainante degli indirizzi degli usi e dei costumi delle diverse generazioni e la sua importanza ha dato vita ad una vera e propria scienza, che utilizza le tecniche e tecnologie più avanzate, avvalendosi del lavoro di psicologi, sondaggisti, sociologi, disegnatori, fotografi, grafici, registi, attori, musicisti, cantanti... e le cifre impiegate sono da capogiro.

Nel 1928 il pubblicitario statunitense Edward Bernays, scrisse nel suo libro intitolato Propaganda: «coloro che hanno in mano questo meccanismo (...) costituiscono (...) il vero potere esecutivo del paese. Noi siamo dominati, la nostra mente plasmata, i nostri gusti formati, le nostre idee suggerite, da gente di cui non abbiamo mai sentito parlare. (...) Sono loro che manovrano i fili...». Bernays si riferiva sia alla propaganda politica, che a quella commerciale, i cui strumenti sono gli stessi: la sua campagna per la American Tobacco Company negli anni Venti, per incitare le donne a fumare, consistette, per esempio, nell'associare visivamente in maniera costante la sigaretta e l'emancipazione della donna.

Se i media sono il quarto potere, la pubblicità è il quinto. Attraverso la pubblicità noi possiamo osservare storicamente e filosoficamente i cambiamenti della civiltà postmoderna. Rimanendo nel contesto italiano, si riscontra quanto siano mutati, da quando esiste la Tv, non soltanto i gusti della popolazione, ma come siano cambiati i parametri della realizzazione delle stesse pubblicità. La televisione italiana iniziò a mandare in onda le pubblicità con un programma che ebbe un successo strepitoso, il celebre Carosello, che la RAI mandò in onda dal 3 febbraio 1957 al 1º gennaio 1977.

Sebbene esso abbia attraversato la rivoluzione sessantottina, mantenne, fino alla fine, un decoro ed un rispetto dei canoni basilari del buon gusto e della decenza. Dagli anni Ottanta in poi le cose sono precipitate, sia in Tv che sui rotocalchi... Oggi la situazione è grave, considerando anche il fatto che si è aggiunto un nuovo ed invasivo canale di trasmissione: Internet. I cartelloni pubblicitari che si trovano per le strade delle nostre città e a volte le réclame che fasciano i mezzi pubblici sono un altro campo di semina nefasto e devastante per diffondere non soltanto mode cattive e perverse, ma anche esercitare pressioni ideologiche lontane dai valori e dai principi cristiani o addirittura semplicemente naturali.
Poste a veri e propri lavaggi del cervello, a volte, soltanto visivi, ma che si imprimono indelebilmente nella mente, senza difese, senza barriere, senza... pietà. Numerose sono le réclame dove i protagonisti sono volgarità, aggressività, prepotenza. E le principali vittime sono i bambini, spesso e volentieri non protetti dagli stessi genitori, ormai assuefatti alla droga pubblicitaria, che avanza come un orco famelico. Non resta che l'autodifesa: non guardare, non ascoltare, nonostante l'imposizione di un mondo senza verità e scatenato nella manipolazione innaturale delle menti.

Imperano nella pubblicità: il relativismo, l'egoismo, l'edonismo, l'idolatria del corpo, il piacere dei cinque sensi. Spesso lo stile di vita proposto non è quello tradizionale della famiglia, ma del single e tutto ruota intorno a questo unico individuo, che non si sacrifica per nessuno e vive soltanto per se stesso, per piacersi e per piacere. Il ritmo della musica è spesso serrato, il linguaggio e il tono delle voci sono veloci, penetranti, conturbanti. La figura femminile, sia essa un'adolescente o una madre di famiglia, è sovente spregiudicata e arrogante; la figura maschile occupa ruoli a volte non consoni al proprio stato. E, ormai, si è giunti alla pubblicità che inneggia, subliminalmente oppure sfacciatamente, all'omosessualità.

Oggi, la maggior parte dei locali pubblici ha il suo megaschermo televisivo, persino alcuni studi medici e dentistici possiedono l'apparecchio che trasmette, ad libitum, pubblicità su pubblicità, senza considerare chi sta di fronte: dal neonato all'ultracentenario. Non abbiamo soltanto più a che fare con qualcuno che vuole imporre il suo prodotto, ma con chi segue pervicacemente l'ideologia totalizzante dello schiavismo del peccato. Enumerare i peccati che la pubblicità continuamente propone è impressionante: le figure retoriche con le loro iperboli, antonomasie, metonimie o metafore sono concepite in modo tale da condurre la persona sulla via della menzogna e dell'illusione.

La pubblicità cerca di sedurre attraverso un'immagine del "politicamente corretto": tutti devono essere appagati ed è indubbio che siano presi in considerazione i vizi capitali. Nel 1947 Georges Bernanos affermò che i motori di scelta della pubblicità sono proprio i sette peccati capitali, per la ragione che è molto più facile puntare ai vizi dell'uomo, piuttosto che alle sue virtù.

 
Fonte: Corrispondenza Romana, 12/06/2012
Pubblicato su BASTABUGIE n.252

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Stephen Crohn, suicidio di un uomo "immortale"
 
 
di Tommaso Scandroglio 09-10-2013

 

“Dead man walking” è l’espressione che gli americani usano per indicare i condannati a morte. Persone sì vive, ma di fatto con entrambi i piedi già dentro la fossa. Stephen Crohn, l’artista gay che in tutto il mondo divenne famoso perché immune al virus dell’HIV, forse si sentiva un “dead man walking”. Ne parliamo al passato perché si è tolto la vita a New York lo scorso 23 agosto, a 66 anni, ma i familiari ne hanno dato notizia solo di recente. L’aver contratto il virus a metà degli anni Ottanta avrebbe dovuto essere per lui, come per tutti allora, una condanna a morte, ma un difetto genetico – uno di quei difetti che spingono molti ad eliminare il figlio imperfetto prima che venga alla luce – lo aveva reso immune al virus dell’HIV, il quale non riusciva ad infettare le sue cellule.

Nel 1999 Crohn in un’intervista dichiarò: «È difficile vivere con questo dolore, con questa angoscia continua: ogni anno perdi persone care. Sei, sette. Anche la settimana scorsa: sfoglio il giornale e trovo il necrologio di un amico carissimo. È dura quando l’AIDS si porta via amici così giovani e la cosa va avanti per decenni. Come in una guerra senza fine». Nonostante oggi la ricerca scientifica sia riuscita sostanzialmente a cronicizzare il male e quindi quella guerra infinita a cui accennò Crohn abbia subito sicuramente una battuta d’arresto, evidentemente gli echi di quel conflitto in lui non si erano mai sopiti. Impossibile e da sciocchi aver la pretesa di sondare i reali motivi per cui un uomo vuole farla finita, ma la vicenda di Stephen Crohn ci fa comprendere come siano vere le parole di Gesù allorquando ammoniva: «Non abbiate paura di quelli che uccidono il corpo […] Temete piuttosto colui che ha il potere di far perire e l'anima e il corpo nella Geenna» (Mt. 10, 28).

Crohn, per un motivo o per l’altro, era morto dentro perché, sebbene scampato ad un virus letale per il corpo, aveva contratto chissà quale virus mortale dell’anima. Era un “uomo morto che cammina”, graziato dall’AIDS, ma non graziato da un male di vivere che, per ipotesi, aveva le sue radici proprio in quella moria di amici a cui aveva dovuto assistere come un highlander. Un immortale tra decine di mortali. Forse che a distanza di anni ha dovuto scontare la sindrome del sopravvissuto? Forse che si sentiva un condannato a vivere? Forse che il peso di essere un eletto proprio all’interno della comunità gay la quale veniva falcidiata in quegli anni in modo continuo era ormai divenuto oggi insopportabile? Forse vittima anche lui dell’AIDS, ma in altro modo, contagiato dalle lunghe ombre dei cadaveri che questo virus nei decenni passati ha lasciato dietro di sé?

Domande oziose che però ci fanno capire che la strada del suicidio e dell’eutanasia è sempre intrapresa da chi ormai non si sente più vivo dentro e vuole quasi rettificare questa sua angoscia interiore con un gesto esteriore che porti il corpo ad assumere quella stessa condizione mortale che l’anima sta già sperimentando. Allora la storia di Crohn, lui che vinse una lotteria alla rovescia, ci insegna che la depressione e il buio interiore non devono essere assecondati, ma sconfitti con la speranza, virtù non per nulla teologale. Perché puoi avere tutte le fortune di questa terra, essere un supereroe immune da qualsiasi malattia, però se perdi il senso ultimo delle cose e della tua vita, sei affetto da una patologia letale che prima o poi ti porterà alla tomba spirituale.

[SM=g1740771]


[Modificato da Caterina63 11/10/2013 19:17]
Fraternamente CaterinaLD

"Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
(fr. Carlos Alfonso Azpiroz Costa OP
Maestro dell’Ordine)
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