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2 Maggio Benedetto XVI si reca a venerare la Sacra Sindone

Ultimo Aggiornamento: 02/05/2010 23:37
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30/04/2010 19:11
 
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Sindone





"Il Papa si recherà a venerare la Sindone come già il suo predecessore Giovanni Paolo II (24 maggio 1998) e celebrerà la Santa Messa in piazza San Carlo".

Con il tema dell'ostensione, il Custode Pontificio, Arcivescovo di Torino, ha affermato che "si intende in questo modo sottolineare il forte collegamento esistente tra l'immagine sindonica, impressionante testimonianza della Passione del Signore, e le molteplici sofferenze degli uomini e delle donne di oggi, perché trovino nella Sindone un sicuro riferimento di fede che rinvia alla misericordia di Dio e al servizio verso i fratelli"

Relativamente agli aspetto logistici, il Cardinale Paletto ha detto che sono oltre 4 mila i volontari che "provvederanno a tutti i servizi di accoglienza dei pellegrini lungo il percorso, all'assistenza sanitaria e per i disabili, all'accoglienza nelle chiese del centro storico dove si terranno celebrazioni liturgiche o dove i pellegrini si recheranno in visita".

Oltre alle importanti iniziative culturali, tra cui le conferenze del Cardinale Schönborn, Arcivescovo di Vienna (Austria) e dell'Arcivescovo Gianfranco Ravasi, Presidente del Pontificio Consiglio per la Cultura, è prevista anche la visita alla Sindone di qualificati rappresentanti del Patriarcato ecumenico di Costantinopoli e del Patriarcato di Mosca.

Il Cardinale Poletto ha precisato che "il ricorso a Internet è stato fondamentale per il sistema delle prenotazioni: e però occorre ricordare che l'ostensione della Sindone rimane un'esperienza personale e fisica, un 'venire a vedere' che non può essere sostituito da alcuna 'visita virtuale'".

Nel sito www.sindone.org, completamente rinnovato per l'ostensione, sono raccolti i testi e le informazioni relativi a tutti gli aspetti dell'organizzazione dell'ostensione.


Domenica il Pontefice a Torino per l'ostensione della Sindone

Una nuova carica di energia spirituale



di Severino Poletto
Cardinale arcivescovo di Torino

Torino in queste settimane è come trasformata. Lungo le strade che conducono alla città si susseguono pullman gremiti di pellegrini. Il centro pullula di passanti. Se ci si sofferma davanti alla cattedrale, si ode l'eco di tutti i dialetti d'Italia e i fonemi di molte lingue del mondo.
Ma non appena si varca il portale del duomo vi regna il silenzio, spezzato soltanto dalla tenue voce dei volontari che, a turno, guidano nella preghiera quanti sostano davanti al telo sindonico e dal calpestio dei passi di coloro che, attraverso un lungo percorso di preparazione, si portano là davanti. Sono davvero moltissimi i volti di quanti si sforzano di decifrare i contorni del volto dell'uomo della Sindone ed essere così messi in contatto, per suo mezzo, col volto di Cristo.
 
È evidente, infatti, che questa fiumana di gente si spiega anche con la curiosità, l'interesse per il misterioso, la voglia di partecipare a un evento. Ma è altrettanto chiaro che, per la stragrande maggioranza, quel lenzuolo rimanda alla memoria benedetta del Signore Gesù ed è un modo per appagare il desiderio di contemplare il suo volto. "Il tuo volto, Signore, io cerco; non nascondermi il tuo volto" (Salmo 27). Non riesco davvero a guardare le migliaia di persone che stanno riempiendo Torino in questi giorni, senza vedervi incarnate queste parole del salmo.
 
Così come mi è difficile accostare questi pellegrini senza immaginare le sofferenze che, nei loro corpi o nei loro cuori, hanno sopportato o sopportano e che ora vengono con fiduciosa preghiera ad accostare alle ferite di Cristo.
Come Chiesa che è in Torino ci siamo preparati a questa ostensione della Sindone per un intero anno, perché essa fosse anche per noi un'occasione di conversione e familiarità con il Signore. Ho proposto di camminare verso questo evento, meditando su questo tema:  Passio Christi, Passio hominis, cioè sui patimenti di Cristo, come luogo in cui si rivela l'amore appassionato di Dio per l'uomo, e sui patimenti umani, che cercano luce e conforto nella croce di Gesù.

Così facendo, abbiamo anche inteso prepararci ad accogliere i pellegrini di queste settimane. Domenica, ce ne sarà uno di assoluta eccezione, Papa Benedetto XVI. Sono sicuro di interpretare il sentimento di tutta la Chiesa torinese e dell'intera città nel dire che stiamo attendendo il Papa con grande gioia e trepidazione, sin dal momento in cui abbiamo avuto la certezza della sua visita alla Sindone e alla nostra città. E ora che è finalmente arrivato il momento, siamo desiderosi di potergli esprimere tutto l'affetto che nutriamo per lui e di accogliere, come dono prezioso, la sua presenza tra noi perché in lui vediamo il vicario di Cristo e il successore di Pietro che viene per confermarci nella fede e per incoraggiarci nel nostro impegno di testimonianza cristiana.

La sua visita la sentiamo come una grazia speciale per la nostra Chiesa. Essa sembra sposarsi bene con questo momento di internazionalizzazione che stiamo vivendo e pare svelarcene la profondità. La presenza del Papa, infatti, ci aiuterà a percepire, vivere e approfondire il senso e la ricchezza della cattolicità della Chiesa, che vuole raggiungere tutti gli uomini, qualunque sia il colore della loro pelle, la provenienza, la cultura, il censo. Specie nel momento della celebrazione eucaristica da lui presieduta noi saremo stimolati ad allargare i confini del cuore per sentirci in comunione con tutti i cristiani sparsi nel mondo e sapremo, con maggiore consapevolezza, di dover metterci con generosità a disposizione di tutta la Chiesa.
 
La presenza del Papa ci aiuterà, infatti, a non porre troppe attenzioni alle nostre stanchezze, ma a vedere i doni che il Signore risorto continua a fare alla sua Chiesa universale. Inoltre essa ci sarà di stimolo a essere fedeli, fino in fondo, alla vocazione che la Chiesa torinese sembra aver ricevuto col dono dei suoi santi sociali, simbolo di una comunità cristiana che è sempre stata e continua a essere capace di una carità intelligente verso i più poveri e gli emarginati, come ancora oggi si può riscontrare nella generosità di molti preti, religiosi e laici di questa diocesi.
Il Papa troverà a Torino una Chiesa viva che non arretra di fronte alle sfide della modernità sapendo di avere, oggi più che mai, il compito di portare la sua testimonianza di fede in una società sempre più secolarizzata.

Ciò che anima particolarmente la nostra attesa del Pontefice è un sentimento di grande fiducia perché vediamo in lui il testimone coraggioso e appassionato della fede in Gesù, per cui ci attendiamo di essere da lui sostenuti e incoraggiati nella nostra stessa fede. Per molti di noi, essa è vissuta e testimoniata in contesti talvolta scristianizzati od ostili, spesso indifferenti. Per questo la parola del Papa sarà per noi una nuova carica di energia spirituale:  ci impegniamo ad accoglierla e custodirla nei nostri cuori, nella certezza che essa ci sosterrà nel nostro compito di seguire il Signore Gesù nei diversi contesti della nostra esistenza. Il Papa ci aiuterà anche a riconoscere i molteplici e confortanti segni della presenza del Signore in mezzo a noi e a saper leggere, nella fede, le situazioni di fatica che la nostra città vive, specialmente negli ammalati, in chi ha perduto il lavoro, negli immigrati, in chi è solo.

L'immagine sindonica sta dimostrando quanti frutti di commozione e di fede essa dona ai numerosi pellegrini e anche quanto desiderio di conversione suscita nei cuori.
Chiedo al Signore che la presenza di Benedetto XVI, il quale insieme con noi si fermerà in meditazione orante davanti a quel santo lino, susciti in tutti un rinnovato slancio di impegno missionario per poter essere con la parola, e soprattutto con la vita, testimoni credibili dell'infinito amore di Dio.

Affido all'intercessione della Vergine Consolata, patrona della nostra arcidiocesi, questa visita pastorale del Papa a Torino, con la certezza che essa segnerà un momento memorabile di grazia non solo per il momento presente, ma soprattutto per il futuro della nostra Chiesa e della nostra città.



(©L'Osservatore Romano - 1 ° maggio 2010)

[Modificato da Caterina63 02/05/2010 23:37]
Fraternamente CaterinaLD

"Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
(fr. Carlos Alfonso Azpiroz Costa OP
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CONCELEBRAZIONE EUCARISTICA IN PIAZZA SAN CARLO

Al termine dell’incontro con la cittadinanza, il Santo Padre entra nella vicina Parrocchia di San Carlo Borromeo per rivestire i paramenti liturgici. All’ingresso della chiesa è accolto dal Parroco, P. Mario Azzario, dei Servi di Maria, e dai religiosi della Comunità.

Alle ore 10.45, in Piazza San Carlo, il Santo Padre Benedetto XVI presiede la Santa Messa nel corso della quale pronuncia l’omelia che riportiamo di seguito:

 OMELIA DEL SANTO PADRE

Cari fratelli e sorelle!

Sono lieto di trovarmi con voi in questo giorno di festa e di celebrare per voi questa solenne Eucaristia. Saluto ciascuno dei presenti, in particolare il Pastore della vostra Arcidiocesi, il Cardinale Severino Poletto, che ringrazio per le calorose espressioni rivoltemi a nome di tutti. Saluto anche gli Arcivescovi e i Vescovi presenti, i Sacerdoti, i Religiosi e le Religiose, i rappresentanti delle Associazioni e dei Movimenti ecclesiali. Rivolgo un deferente pensiero al Sindaco, Dottor Sergio Chiamparino, grato per il cortese indirizzo di saluto, al rappresentante del Governo ed alle Autorità civili e militari, con un particolare ringraziamento a quanti hanno generosamente offerto la loro collaborazione per la realizzazione di questa mia Visita pastorale. Estendo il mio pensiero a quanti non hanno potuto essere presenti, in modo speciale agli ammalati, alle persone sole e a quanti si trovano in difficoltà. Affido al Signore la città di Torino e tutti i suoi abitanti in questa celebrazione eucaristica, che, come ogni domenica, ci invita a partecipare in modo comunitario alla duplice mensa della Parola di verità e del Pane di vita eterna.

Siamo nel tempo pasquale, che è il tempo della glorificazione di Gesù. Il Vangelo che abbiamo ascoltato poc’anzi ci ricorda che questa glorificazione si è realizzata mediante la passione. Nel mistero pasquale passione e glorificazione sono strettamente legate fra loro, formano un’unità inscindibile. Gesù afferma: «Ora il Figlio dell’uomo è stato glorificato, e Dio è stato glorificato in lui» (Gv 13,31) e lo fa quando Giuda esce dal Cenacolo per attuare il piano del suo tradimento, che condurrà alla morte del Maestro: proprio in quel momento inizia la glorificazione di Gesù. L’evangelista Giovanni lo fa comprendere chiaramente: non dice, infatti, che Gesù è stato glorificato solo dopo la sua passione, per mezzo della risurrezione, ma mostra che la sua glorificazione è iniziata proprio con la passione. In essa Gesù manifesta la sua gloria, che è gloria dell’amore, che dona tutto se stesso. Egli ha amato il Padre, compiendo la sua volontà fino in fondo, con una donazione perfetta; ha amato l’umanità dando la sua vita per noi. Così già nella sua passione viene glorificato, e Dio viene glorificato in lui. Ma la passione - come espressione realissima e profonda del suo amore - è soltanto un inizio. Per questo Gesù afferma che la sua glorificazione sarà anche futura (cfr v. 32). Poi il Signore, nel momento in cui annuncia la sua partenza da questo mondo (cfr v. 33), quasi come testamento ai suoi discepoli per continuare in modo nuovo la sua presenza in mezzo a loro, dà ad essi un comandamento: «Vi do un comandamento nuovo: che vi amiate gli uni gli altri. Come io ho amato voi, così amatevi gli uni gli altri» (v. 34). Se ci amiamo gli uni gli altri, Gesù continua ad essere presente in mezzo a noi, ad essere glorificato nel mondo.

Gesù parla di un "comandamento nuovo". Ma qual è la sua novità? Già nell’Antico Testamento Dio aveva dato il comando dell’amore; ora, però, questo comandamento è diventato nuovo in quanto Gesù vi apporta un’aggiunta molto importante: «Come io ho amato voi, così amatevi gli uni gli altri». Ciò che è nuovo è proprio questo "amare come Gesù ha amato". Tutto il nostro amare è preceduto dal suo amore e si riferisce a questo amore, si inserisce in questo amore, si realizza proprio per questo amore. L’Antico Testamento non presentava nessun modello di amore, ma formulava soltanto il precetto di amare. Gesù invece ci ha dato se stesso come modello e come fonte di amore. Si tratta di un amore senza limiti, universale, in grado di trasformare anche tutte le circostanze negative e tutti gli ostacoli in occasioni per progredire nell’amore. E vediamo nei santi di questa Città la realizzazione di questo amore, sempre dalla fonte dell’amore di Gesù.

Nei secoli passati la Chiesa che è in Torino ha conosciuto una ricca tradizione di santità e di generoso servizio ai fratelli – come hanno ricordato il Cardinale Arcivescovo e il Signor Sindaco - grazie all’opera di zelanti sacerdoti, religiosi e religiose di vita attiva e contemplativa e di fedeli laici. Le parole di Gesù acquistano, allora, una risonanza particolare per questa Chiesa di Torino, una Chiesa generosa e attiva, a cominciare dai suoi preti. Dandoci il comandamento nuovo, Gesù ci chiede di vivere il suo stesso amore, dal suo stesso amore, che è il segno davvero credibile, eloquente ed efficace per annunciare al mondo la venuta del Regno di Dio. Ovviamente con le nostre sole forze siamo deboli e limitati. C’è sempre in noi una resistenza all’amore e nella nostra esistenza ci sono tante difficoltà che provocano divisioni, risentimenti e rancori. Ma il Signore ci ha promesso di essere presente nella nostra vita, rendendoci capaci di questo amore generoso e totale, che sa vincere tutti gli ostacoli, anche quelli che sono nei nostri stessi cuori. Se siamo uniti a Cristo, possiamo amare veramente in questo modo. Amare gli altri come Gesù ci ha amati è possibile solo con quella forza che ci viene comunicata nel rapporto con Lui, specialmente nell’Eucaristia, in cui si rende presente in modo reale il suo Sacrificio di amore che genera amore: è la vera novità nel mondo e la forza di una permanente glorificazione di Dio, che si glorifica nella continuità dell’amore di Gesù nel nostro amore.

Vorrei dire, allora, una parola d’incoraggiamento in particolare ai Sacerdoti e ai Diaconi di questa Chiesa, che si dedicano con generosità al lavoro pastorale, come pure ai Religiosi e alle Religiose. A volte, essere operai nella vigna del Signore può essere faticoso, gli impegni si moltiplicano, le richieste sono tante, i problemi non mancano: sappiate attingere quotidianamente dal rapporto di amore con Dio nella preghiera la forza per portare l’annuncio profetico di salvezza; ri-centrate la vostra esistenza sull’essenziale del Vangelo; coltivate una reale dimensione di comunione e di fraternità all’interno del presbiterio, delle vostre comunità, nei rapporti con il Popolo di Dio; testimoniate nel ministero la potenza dell’amore che viene dall’Alto, viene dal Signore presente in mezzo a noi.

La prima lettura che abbiamo ascoltato, ci presenta proprio un modo particolare di glorificazione di Gesù: l’apostolato e i suoi frutti. Paolo e Barnaba, al termine del loro primo viaggio apostolico, ritornano nelle città già visitate e rianimano i discepoli, esortandoli a restare saldi nella fede, perché, come essi dicono, «dobbiamo entrare nel regno di Dio attraverso molte tribolazioni» (At 14,22). La vita cristiana, cari fratelli e sorelle, non è facile; so che anche a Torino non mancano difficoltà, problemi, preoccupazioni: penso, in particolare, a quanti vivono concretamente la loro esistenza in condizioni di precarietà, a causa della mancanza del lavoro, dell’incertezza per il futuro, della sofferenza fisica e morale; penso alle famiglie, ai giovani, alle persone anziane che spesso vivono in solitudine, agli emarginati, agli immigrati. Sì, la vita porta ad affrontare molte difficoltà, molti problemi, ma è proprio la certezza che ci viene dalla fede, la certezza che non siamo soli, che Dio ama ciascuno senza distinzione ed è vicino a ciascuno con il suo amore, che rende possibile affrontare, vivere e superare la fatica dei problemi quotidiani. E’ stato l’amore universale di Cristo risorto a spingere gli apostoli ad uscire da se stessi, a diffondere la parola di Dio, a spendersi senza riserve per gli altri, con coraggio, gioia e serenità. Il Risorto possiede una forza di amore che supera ogni limite, non si ferma davanti ad alcun ostacolo. E la Comunità cristiana, specialmente nelle realtà più impegnate pastoralmente, deve essere strumento concreto di questo amore di Dio.

Esorto le famiglie a vivere la dimensione cristiana dell’amore nelle semplici azioni quotidiane, nei rapporti familiari superando divisioni e incomprensioni, nel coltivare la fede che rende ancora più salda la comunione. Anche nel ricco e variegato mondo dell’Università e della cultura non manchi la testimonianza dell’amore di cui ci parla il Vangelo odierno, nella capacità dell’ascolto attento e del dialogo umile nella ricerca della Verità, certi che è la stessa Verità che ci viene incontro e ci afferra. Desidero anche incoraggiare lo sforzo, spesso difficile, di chi è chiamato ad amministrare la cosa pubblica: la collaborazione per perseguire il bene comune e rendere la Città sempre più umana e vivibile è un segno che il pensiero cristiano sull’uomo non è mai contro la sua libertà, ma in favore di una maggiore pienezza che solo in una "civiltà dell’amore" trova la sua realizzazione. A tutti, in particolare ai giovani, voglio dire di non perdere mai la speranza, quella che viene dal Cristo Risorto, dalla vittoria di Dio sul peccato, sull’odio e sulla morte.

La seconda lettura odierna ci mostra proprio l’esito finale della Risurrezione di Gesù: è la Gerusalemme nuova, la città santa, che scende dal cielo, da Dio, pronta come una sposa adorna per il suo sposo (cfr Ap 21,2). Colui che è stato crocifisso, che ha condiviso la nostra sofferenza, come ci ricorda anche, in maniera eloquente, la sacra Sindone, è colui che è risorto e ci vuole riunire tutti nel suo amore. Si tratta di una speranza stupenda, "forte", solida, perché, come dice l’Apocalisse: «(Dio) asciugherà ogni lacrima dai loro occhi e non vi sarà più la morte né lutto né lamento né affanno, perché le cose di prima sono passate» (21,4). La sacra Sindone non comunica forse lo stesso messaggio? In essa vediamo, come specchiati, i nostri patimenti nelle sofferenze di Cristo: "Passio Christi. Passio hominis". Proprio per questo essa è un segno di speranza: Cristo ha affrontato la croce per mettere un argine al male; per farci intravedere, nella sua Pasqua, l’anticipo di quel momento in cui anche per noi, ogni lacrima sarà asciugata e non ci sarà più morte, né lutto, né lamento, né affanno.

Il brano dell’Apocalisse termina con l’affermazione: «Colui che sedeva sul trono disse: "Ecco, io faccio nuove tutte le cose"» (21,5). La prima cosa assolutamente nuova realizzata da Dio è stata la risurrezione di Gesù, la sua glorificazione celeste. Essa è l’inizio di tutta una serie di "cose nuove", a cui partecipiamo anche noi. "Cose nuove" sono un mondo pieno di gioia, in cui non ci sono più sofferenze e sopraffazioni, non c’è più rancore e odio, ma soltanto l’amore che viene da Dio e che trasforma tutto.

Cara Chiesa che è in Torino, sono venuto in mezzo a voi per confermarvi nella fede. Desidero esortarvi, con forza e con affetto, a restare saldi in quella fede che avete ricevuto, che dà senso alla vita, che dà forza di amare; a non perdere mai la luce della speranza nel Cristo Risorto, che è capace di trasformare la realtà e rendere nuove tutte le cose; a vivere in città, nei quartieri, nelle comunità, nelle famiglie, in modo semplice e concreto l’amore di Dio: "Come io ho amato voi, così amatevi gli uni gli altri".

Amen.

Fraternamente CaterinaLD

"Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
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PRIMA DEL REGINA CÆLI

Mentre ci avviamo a concludere questa solenne celebrazione, ci rivolgiamo in preghiera a Maria Santissima, che a Torino è venerata quale principale Patrona col titolo di Beata Vergine Consolata. A Lei affido questa Città e tutti coloro che vi abitano. Veglia, o Maria, sulle famiglie e sul mondo del lavoro; veglia su quanti hanno smarrito la fede e la speranza; conforta i malati, i carcerati e tutti i sofferenti; sostieni, o Aiuto dei Cristiani, i giovani, gli anziani e le persone in difficoltà. Veglia, o Madre della Chiesa, sui Pastori e sull’intera Comunità dei credenti, perché siano "sale e luce" in mezzo alla società.

La Vergine Maria è colei che più di ogni altro ha contemplato Dio nel volto umano di Gesù. Lo ha visto appena nato, mentre, avvolto in fasce, era adagiato in una mangiatoia; lo ha visto appena morto, quando, deposto dalla croce, lo avvolsero in un lenzuolo e lo portarono al sepolcro. Dentro di lei si è impressa l’immagine del suo Figlio martoriato; ma questa immagine è stata poi trasfigurata dalla luce della Risurrezione. Così, nel cuore di Maria, è custodito il mistero del volto di Cristo, mistero di morte e di gloria. Da lei possiamo sempre imparare a guardare Gesù con sguardo d’amore e di fede, a riconoscere in quel volto umano il Volto di Dio.

Alla Madonna Santissima affido con gratitudine quanti hanno lavorato per questa mia Visita, e per l’Ostensione della Sindone. Prego per loro e perché questi eventi favoriscano un profondo rinnovamento spirituale.

Regina Cæli…

[00618-01.01] [Testo originale: Italiano]

Conclusa la Celebrazione eucaristica, il Papa raggiunge l’Arcivescovado per il pranzo con i Vescovi del Piemonte e una sosta di riposo.

Alle ore 16.15, prima di lasciare l’Arcivescovado, il Santo Padre saluta gli organizzatori della Visita.

Pope Benedict XVI arrives to celebrate an open-air mass in Turin's Piazza San Carlo, Italy, Sunday, May 2, 2010. Benedict XVI took a break Sunday from dealing with the clerical sex abuse scandal to pray before the Shroud of Turin, the linen with an image of a crucified man on it that some believe is Christ's burial cloth and others dismiss as a medieval fake.

Pope Benedict XVI looks on as he attends a mass in Turin's Piazza San Carlo, Italy, Sunday, May 2, 2010. Benedict XVI took a break Sunday from dealing with the clerical sex abuse scandal to pray before the Shroud of Turin, the linen with an image of a crucified man on it that some believe is Christ's burial cloth and others dismiss as a medieval fake.

Cardinal Severino Poletto (L) exchanges gifts with Pope Benedict XVI upon his arrival to celebrate a mass at San Carlo square in central Turin on May 2, 2010. Pope Benedict XVI will bow before the Shroud of Turin, the object of both bafflement and veneration believed by many to be the burial cloth of Jesus Christ.'It will be a propitious occasion to contemplate this mysterious visage that speaks silently to the heart of men, inviting them to recognise the face of God,' Benedict said in 2008 as he announced the planned new exposition of the mysterious cloth. The 83-year-old pontiff, in his one day visit in Turin, will celebrate an open-air mass in Piazza San Carlo next to the Turin Cathedral housing the shroud, meetings with youths and a visit to a centre for severely handicapped people.

Turin's faithfuls hold the Vatican flag as they wait for the arrival of Pope Benedict XVI at San Carlo square in central Turin on May 2, 2010. Pope Benedict XVI will bow before the Shroud of Turin, the object of both bafflement and veneration believed by many to be the burial cloth of Jesus Christ.'It will be a propitious occasion to contemplate this mysterious visage that speaks silently to the heart of men, inviting them to recognise the face of God,' Benedict said in 2008 as he announced the planned new exposition of the mysterious cloth. The 83-year-old pontiff, in his one day visit in Turin, will celebrate an open-air mass in Piazza San Carlo next to the Turin Cathedral housing the shroud, meetings with youths and a visit to a centre for severely handicapped people.

Pope Benedict XVI waves as he arrives for a mass in San Carlo's Square in Turin May 2, 2010.

Pope Benedict XVI incenses the altar as he arrives to celebrate mass at San Carlo square in central Turin on May 2, 2010. Pope Benedict XVI will bow before the Shroud of Turin, the object of both bafflement and veneration believed by many to be the burial cloth of Jesus Christ.'It will be a propitious occasion to contemplate this mysterious visage that speaks silently to the heart of men, inviting them to recognise the face of God,' Benedict said in 2008 as he announced the planned new exposition of the mysterious cloth. The 83-year-old pontiff, in his one day visit in Turin, will celebrate an open-air mass in Piazza San Carlo next to the Turin Cathedral housing the shroud, meetings with youths and a visit to a centre for severely handicapped people.

Pope Benedict XVI gets out of the popemobile as he arrives to celebrate a mass at San Carlo square in central Turin on May 2, 2010. Pope Benedict XVI will bow before the Shroud of Turin, the object of both bafflement and veneration believed by many to be the burial cloth of Jesus Christ.'It will be a propitious occasion to contemplate this mysterious visage that speaks silently to the heart of men, inviting them to recognise the face of God,' Benedict said in 2008 as he announced the planned new exposition of the mysterious cloth. The 83-year-old pontiff, in his one day visit in Turin, will celebrate an open-air mass in Piazza San Carlo next to the Turin Cathedral housing the shroud, meetings with youths and a visit to a centre for severely handicapped people.



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"Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
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VISITA PASTORALE DEL SANTO PADRE BENEDETTO XVI A TORINO (2 MAGGIO 2010)

DISCORSO DEL SANTO PADRE


Cari giovani di Torino!
Cari giovani che venite dal Piemonte e dalle Regioni vicine
!

Sono veramente lieto di essere con voi, in questa mia visita a Torino per venerare la sacra Sindone. Vi saluto tutti con grande affetto e vi ringrazio per l’accoglienza e per l’entusiasmo della vostra fede. Attraverso di voi saluto l’intera gioventù di Torino e delle Diocesi del Piemonte, con una preghiera speciale per i giovani che vivono situazioni di sofferenza, di difficoltà e di smarrimento. Un particolare pensiero e un forte incoraggiamento rivolgo a quanti fra voi stanno percorrendo il cammino verso il sacerdozio, la vita consacrata, come pure verso scelte generose di servizio agli ultimi.

Ringrazio il vostro Pastore, il Cardinale Severino Poletto, per le cordiali espressioni che mi ha rivolto e ringrazio i vostri rappresentanti che mi hanno manifestato i propositi, le problematiche e le attese della gioventù di questa città e regione. Venticinque anni fa, in occasione dell’Anno Internazionale della Gioventù, il venerabile e amato Giovanni Paolo II indirizzò una Lettera apostolica ai giovani e alle giovani del mondo, incentrata sull’incontro di Gesù col giovane ricco di cui ci parla il Vangelo (Lettera ai Giovani, 31 marzo 1985). Proprio partendo da questa pagina (cfr Mc 10,17-22; Mt 19,16-22), che è stata oggetto di riflessione anche nel mio Messaggio di quest’anno per la Giornata Mondiale della Gioventù, vorrei offrirvi alcuni pensieri che vi aiutino nella vostra crescita spirituale e nella vostra missione all’interno della Chiesa e nel mondo.

Il giovane del Vangelo chiede a Gesù: “Che cosa devo fare per avere la vita eterna?”. Oggi non è facile parlare di vita eterna e di realtà eterne, perché la mentalità del nostro tempo ci dice che non esiste nulla di definitivo: tutto muta, e anche molto velocemente. “Cambiare” è diventata, in molti casi, la parola d’ordine, l’esercizio più esaltante della libertà, e in questo modo anche voi giovani siete portati spesso a pensare che sia impossibile compiere scelte definitive, che impegnino per tutta la vita. Ma è questo il modo giusto di usare la libertà? E’ proprio vero che per essere felici dobbiamo accontentarci di piccole e fugaci gioie momentanee, le quali, una volta terminate, lasciano l’amarezza nel cuore? Cari giovani, non è questa la vera libertà, la felicità non si raggiunge così. Ognuno di noi è creato non per compiere scelte provvisorie e revocabili, ma scelte definitive e irrevocabili, che danno senso pieno all’esistenza. Lo vediamo nella nostra vita: ogni esperienza bella, che ci colma di felicità, vorremmo che non avesse mai termine. Dio ci ha creato in vista del “per sempre”, ha posto nel cuore di ciascuno di noi il seme per una vita che realizzi qualcosa di bello e di grande. Abbiate il coraggio delle scelte definitive e vivetele con fedeltà! Il Signore potrà chiamarvi al matrimonio, al sacerdozio, alla vita consacrata, a un dono particolare di voi stessi: rispondetegli con generosità!

Nel dialogo con il giovane, che possedeva molte ricchezze, Gesù indica qual è la ricchezza più grande della vita: l’amore. Amare Dio e amare gli altri con tutto se stessi. La parola amore - lo sappiamo - si presta a varie interpretazioni ed ha diversi significati: noi abbiamo bisogno di un Maestro, Cristo, che ce ne indichi il senso più autentico e più profondo, che ci guidi alla fonte dell’amore e della vita. Amore è il nome proprio di Dio. L'Apostolo Giovanni ce lo ricorda: “Dio è amore”, e aggiunge che “non siamo stati noi ad amare Dio, ma è lui che ha amato noi e ha mandato il suo Figlio”. E “se Dio ci ha amati così, anche noi dobbiamo amarci gli uni gli altri” (1Gv 4,8.10.11). Nell’incontro con Cristo e nell’amore vicendevole sperimentiamo in noi la vita stessa di Dio, che rimane in noi con il suo amore perfetto, totale, eterno (cfr 1Gv 4,12). Non c'è nulla, quindi, di più grande per l'uomo, un essere mortale e limitato, che partecipare alla vita di amore di Dio. Oggi viviamo in un contesto culturale che non favorisce rapporti umani profondi e disinteressati, ma, al contrario, induce spesso a chiudersi in se stessi, all’individualismo, a lasciar prevalere l’egoismo che c’è nell’uomo. Ma il cuore di un giovane è per natura sensibile all’amore vero. Perciò mi rivolgo con grande fiducia a ciascuno di voi e vi dico: non è facile fare della vostra vita qualcosa di bello e di grande, è impegnativo, ma con Cristo tutto è possibile!

Nello sguardo di Gesù che fissa, come dice il Vangelo con amore il giovane, cogliamo tutto il desiderio di Dio di stare con noi, di esserci vicino. C'è un desiderio di Dio che desidera il nostro “sì”, il nostro amore. Sì, cari giovani, Gesù vuole essere vostro amico, vostro fratello nella vita, il maestro che vi indica la via da percorrere per giungere alla felicità.

Egli vi ama per quello che siete, nella vostra fragilità e debolezza, perché, toccati dal suo amore, possiate essere trasformati.

Vivete questo incontro con l'amore di Cristo in un forte rapporto personale con Lui; vivetelo nella Chiesa, anzitutto nei Sacramenti. Vivetelo nell’Eucaristia, in cui si rende presente il suo Sacrificio: Egli realmente dona il suo Corpo e il suo Sangue per noi, per redimere i peccati dell’umanità, perché diventiamo una cosa sola con Lui, perché impariamo anche noi la logica del donarsi. Vivetelo nella Confessione, dove, offrendoci il suo perdono, Gesù ci accoglie con tutti i nostri limiti per darci un cuore nuovo, capace di amare come Lui. Imparate ad avere familiarità con la parola di Dio, a meditarla, specialmente nella lectio divina, la lettura spirituale della Bibbia. Infine, sappiate incontrare l’amore di Cristo nella testimonianza di carità della Chiesa. Torino vi offre, nella sua storia, splendidi esempi: seguiteli, vivendo concretamente la gratuità del servizio. Tutto nella comunità ecclesiale deve essere finalizzato a far toccare con mano agli uomini l’infinita carità di Dio.

Cari amici, l’amore di Cristo per il giovane del Vangelo è il medesimo che egli ha per ciascuno di voi. Non è un amore confinato nel passato, non è un’illusione, non è riservato a pochi. Voi incontrerete questo amore e ne sperimenterete tutta la fecondità se con sincerità cercherete il Signore e se vivrete con impegno la vostra partecipazione alla vita della comunità cristiana.

Ciascuno si senta “parte viva” della Chiesa, coinvolto nell’opera di evangelizzazione, senza paura, in uno spirito di sincera armonia con i fratelli nella fede e in comunione con i Pastori, uscendo da una tendenza individualista anche nel vivere la fede, per respirare a pieni polmoni la bellezza di far parte del grande mosaico della Chiesa di Cristo.

Questa sera non posso non additarvi come modello un giovane della vostra Città: il beato Piergiorgio Frassati, di cui quest’anno ricorre il ventesimo anniversario della beatificazione. La sua esistenza fu avvolta interamente dalla grazia e dall’amore di Dio e fu consumata, con serenità e gioia, nel servizio appassionato a Cristo e ai fratelli. Giovane come voi visse con grande impegno la sua formazione cristiana e diede la sua testimonianza di fede, semplice ed efficace. Un ragazzo affascinato dalla bellezza del Vangelo delle Beatitudini, che sperimentò tutta la gioia di essere amico di Cristo, di seguirlo, di sentirsi in modo vivo parte della Chiesa. Cari giovani, abbiate il coraggio di scegliere ciò che è essenziale nella vita! “Vivere e non vivacchiare” ripeteva il beato Piergiorio Frassati. Come lui, scoprite che vale la pena di impegnarsi per Dio e con Dio, di rispondere alla sua chiamata nelle scelte fondamentali e in quelle quotidiane, anche quando costa!

Il percorso spirituale del beato Piergiorgio Frassati ricorda che il cammino dei discepoli di Cristo richiede il coraggio di uscire da se stessi, per seguire la strada del Vangelo. Questo esigente cammino dello spirito voi lo vivete nelle parrocchie e nelle altre realtà ecclesiali; lo vivete anche nel pellegrinaggio delle Giornate Mondiali della Gioventù, appuntamento sempre atteso. So che vi state preparando al prossimo grande raduno, in programma a Madrid nell’agosto 2011. Auspico di cuore che tale straordinario evento, al quale spero possiate partecipare in tanti, contribuisca a far crescere in ciascuno l’entusiasmo e la fedeltà nel seguire Cristo e nell’accogliere con gioia il suo messaggio, fonte di vita nuova. Giovani di Torino e del Piemonte, siate testimoni di Cristo in questo nostro tempo! La sacra Sindone sia in modo del tutto particolare per voi un invito ad imprimere nel vostro spirito il volto dell’amore di Dio, per essere voi stessi, nei vostri ambienti, con i vostri coetanei, un’espressione credibile del volto di Cristo. Maria, che venerate nei vostri Santuari mariani, e san Giovanni Bosco, Patrono della gioventù, vi aiutino a seguire Cristo senza mai stancarvi. E vi accompagnino sempre la mia preghiera e la mia Benedizione, che vi dono con grande affetto. Grazie per la vostra attenzione.


TURIN, ITALY - MAY 02:  Pope Benedict XVI arrives at the Cathedral of Turin on May 2, 2010 in Turin, Italy. Later in the day Pope Benedict XVI will meet with young people and then pray before the Holy Shroud, one of the most important relics in Christianity.

TURIN, ITALY - MAY 02:  Pope Benedict XVI arrives at the Cathedral of Turin on May 2, 2010 in Turin, Italy. Later in the day Pope Benedict XVI will meet with young people and then pray before the Holy Shroud, one of the most important relics in Christianity.


Fraternamente CaterinaLD

"Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
(fr. Carlos Alfonso Azpiroz Costa OP
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02/05/2010 23:26
 
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MEDITAZIONE (meravigliosa) DEL SANTO PADRE DAVANTI ALLA SACRA SINDONE

Cari amici
,

questo è per me un momento molto atteso. In un’altra occasione mi sono trovato davanti alla sacra Sindone, ma questa volta vivo questo pellegrinaggio e questa sosta con particolare intensità: forse perché il passare degli anni mi rende ancora più sensibile al messaggio di questa straordinaria Icona; forse, e direi soprattutto, perché sono qui come Successore di Pietro, e porto nel mio cuore tutta la Chiesa, anzi, tutta l’umanità. Ringrazio Dio per il dono di questo pellegrinaggio, e anche per l’opportunità di condividere con voi una breve meditazione, che mi è stata suggerita dal sottotitolo di questa solenne Ostensione: “Il mistero del Sabato Santo”.

Si può dire che la Sindone sia l’Icona di questo mistero, l’Icona del Sabato Santo. Infatti essa è un telo sepolcrale, che ha avvolto la salma di un uomo crocifisso in tutto corrispondente a quanto i Vangeli ci dicono di Gesù, il quale, crocifisso verso mezzogiorno, spirò verso le tre del pomeriggio. Venuta la sera, poiché era la Parasceve, cioè la vigilia del sabato solenne di Pasqua, Giuseppe d’Arimatea, un ricco e autorevole membro del Sinedrio, chiese coraggiosamente a Ponzio Pilato di poter seppellire Gesù nel suo sepolcro nuovo, che si era fatto scavare nella roccia a poca distanza dal Golgota.

Ottenuto il permesso, comprò un lenzuolo e, deposto il corpo di Gesù dalla croce, lo avvolse con quel lenzuolo e lo mise in quella tomba (cfr Mc 15,42-46). Così riferisce il Vangelo di Marco, e con lui concordano gli altri Evangelisti. Da quel momento, Gesù rimase nel sepolcro fino all’alba del giorno dopo il sabato, e la Sindone di Torino ci offre l’immagine di com’era il suo corpo disteso nella tomba durante quel tempo, che fu breve cronologicamente (circa un giorno e mezzo), ma fu immenso, infinito nel suo valore e nel suo significato.

Il Sabato Santo è il giorno del nascondimento di Dio, come si legge in un’antica Omelia: “Che cosa è avvenuto? Oggi sulla terra c’è grande silenzio, grande silenzio e solitudine. Grande silenzio perché il Re dorme … Dio è morto nella carne ed è sceso a scuotere il regno degli inferi” (Omelia sul Sabato Santo, PG 43, 439). Nel Credo, noi professiamo che Gesù Cristo “fu crocifisso sotto Ponzio Pilato, morì e fu sepolto, discese agli inferi, e il terzo giorno risuscitò da morte”.

Cari fratelli, nel nostro tempo, specialmente dopo aver attraversato il secolo scorso, l’umanità è diventata particolarmente sensibile al mistero del Sabato Santo. Il nascondimento di Dio fa parte della spiritualità dell’uomo contemporaneo, in maniera esistenziale, quasi inconscia, come un vuoto nel cuore che è andato allargandosi sempre di più. Sul finire dell’Ottocento, Nietzsche scriveva: “Dio è morto! E noi l’abbiamo ucciso!”. Questa celebre espressione, a ben vedere, è presa quasi alla lettera dalla tradizione cristiana, spesso la ripetiamo nella Via Crucis, forse senza renderci pienamente conto di ciò che diciamo. Dopo le due guerre mondiali, i lager e i gulag, Hiroshima e Nagasaki, la nostra epoca è diventata in misura sempre maggiore un Sabato Santo: l’oscurità di questo giorno interpella tutti coloro che si interrogano sulla vita, in modo particolare interpella noi credenti. Anche noi abbiamo a che fare con questa oscurità.

E tuttavia la morte del Figlio di Dio, di Gesù di Nazaret ha un aspetto opposto, totalmente positivo, fonte di consolazione e di speranza. E questo mi fa pensare al fatto che la sacra Sindone si comporta come un documento “fotografico”, dotato di un “positivo” e di un “negativo”. E in effetti è proprio così: il mistero più oscuro della fede è nello stesso tempo il segno più luminoso di una speranza che non ha confini.

Il Sabato Santo è la “terra di nessuno” tra la morte e la risurrezione, ma in questa “terra di nessuno” è entrato Uno, l’Unico, che l’ha attraversata con i segni della sua Passione per l’uomo: “Passio Christi. Passio hominis”. E la Sindone ci parla esattamente di quel momento, sta a testimoniare precisamente quell’intervallo unico e irripetibile nella storia dell’umanità e dell’universo, in cui Dio, in Gesù Cristo, ha condiviso non solo il nostro morire, ma anche il nostro rimanere nella morte. La solidarietà più radicale.

In quel “tempo-oltre-il-tempo” Gesù Cristo è “disceso agli inferi”. Che cosa significa questa espressione? Vuole dire che Dio, fattosi uomo, è arrivato fino al punto di entrare nella solitudine estrema e assoluta dell’uomo, dove non arriva alcun raggio d’amore, dove regna l’abbandono totale senza alcuna parola di conforto: “gli inferi”. Gesù Cristo, rimanendo nella morte, ha oltrepassato la porta di questa solitudine ultima per guidare anche noi ad oltrepassarla con Lui. Tutti abbiamo sentito qualche volta una sensazione spaventosa di abbandono, e ciò che della morte ci fa più paura è proprio questo, come da bambini abbiamo paura di stare da soli nel buio e solo la presenza di una persona che ci ama ci può rassicurare. Ecco, proprio questo è accaduto nel Sabato Santo: nel regno della morte è risuonata la voce di Dio.

E’ successo l’impensabile: che cioè l’Amore è penetrato “negli inferi”: anche nel buio estremo della solitudine umana più assoluta noi possiamo ascoltare una voce che ci chiama e trovare una mano che ci prende e ci conduce fuori. L’essere umano vive per il fatto che è amato e può amare; e se anche nello spazio della morte è penetrato l’amore, allora anche là è arrivata la vita. Nell’ora dell’estrema solitudine non saremo mai soli: “Passio Christi. Passio hominis”.

Questo è il mistero del Sabato Santo! Proprio di là, dal buio della morte del Figlio di Dio, è spuntata la luce di una speranza nuova: la luce della Risurrezione. Ed ecco, mi sembra che guardando questo sacro Telo con gli occhi della fede si percepisca qualcosa di questa luce. In effetti, la Sindone è stata immersa in quel buio profondo, ma è al tempo stesso luminosa; e io penso che se migliaia e migliaia di persone vengono a venerarla – senza contare quanti la contemplano mediante le immagini – è perché in essa non vedono solo il buio, ma anche la luce; non tanto la sconfitta della vita e dell’amore, ma piuttosto la vittoria, la vittoria della vita sulla morte, dell’amore sull’odio; vedono sì la morte di Gesù, ma intravedono la sua Risurrezione; in seno alla morte pulsa ora la vita, in quanto vi inabita l’amore. Questo è il potere della Sindone: dal volto di questo “Uomo dei dolori”, che porta su di sé la passione dell’uomo di ogni tempo e di ogni luogo, anche le nostre passioni, le nostre sofferenze, le nostre difficoltà, i nostri peccati - “Passio Christi. Passio hominis” - promana una solenne maestà, una signoria paradossale. Questo volto, queste mani e questi piedi, questo costato, tutto questo corpo parla, è esso stesso una parola che possiamo ascoltare nel silenzio.

Come parla la Sindone?

Parla con il sangue, e il sangue è la vita! La Sindone è un’Icona scritta col sangue; sangue di un uomo flagellato, coronato di spine, crocifisso e ferito al costato destro. L’immagine impressa sulla Sindone è quella di un morto, ma il sangue parla della sua vita. Ogni traccia di sangue parla di amore e di vita. Specialmente quella macchia abbondante vicina al costato, fatta di sangue ed acqua usciti copiosamente da una grande ferita procurata da un colpo di lancia romana, quel sangue e quell’acqua parlano di vita. E’ come una sorgente che mormora nel silenzio, e noi possiamo sentirla, possiamo ascoltarla, nel silenzio del Sabato Santo.

Cari amici, lodiamo sempre il Signore per il suo amore fedele e misericordioso. Partendo da questo luogo santo, portiamo negli occhi l’immagine della Sindone, portiamo nel cuore questa parola d’amore, e lodiamo Dio con una vita piena di fede, di speranza e di carità. Grazie.


TURIN, ITALY - MAY 02:  Pope Benedict XVI prays in fron of the Holy Shroud in the Cathedral of Turin on May 2, 2010 in Turin, Italy. The Holy Shroud will be displayed at the Cathedral of Torino from April 10 to May 23. The last time the Shroud was displayed publicly was during the Jubilee Year of 2000.

Pope Benedict XVI prays in front of the Shroud in the Turin cathedral on May 2, 2010. Pope Benedict XVI will bow before the Shroud of Turin, the object of both bafflement and veneration believed by many to be the burial cloth of Jesus Christ.'It will be a propitious occasion to contemplate this mysterious visage that speaks silently to the heart of men, inviting them to recognise the face of God,' Benedict said in 2008 as he announced the planned new exposition of the mysterious cloth. The 83-year-old pontiff, in his one day visit in Turin, will celebrate an open-air mass in Piazza San Carlo next to the Turin Cathedral housing the shroud, meetings with youths and a visit to a centre for severely handicapped people.

Pope Benedict XVI leaves the Cathedral after praying during the Holy Shroud exhibition in Turin May 2, 2010.


Fraternamente CaterinaLD

"Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
(fr. Carlos Alfonso Azpiroz Costa OP
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02/05/2010 23:30
 
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INCONTRO CON GLI AMMALATI

DISCORSO DEL SANTO PADRE BENEDETTO XVI


Signori Cardinali,
cari fratelli e sorelle
!

Desidero esprimere a voi tutti la mia gioia e la mia riconoscenza al Signore che mi ha condotto fino a voi, in questo luogo, dove in tanti modi e secondo un carisma particolare si manifestano la carità e la Provvidenza del Padre celeste. E’ un incontro, il nostro, che si intona molto bene al mio pellegrinaggio alla sacra Sindone, in cui possiamo leggere tutto il dramma della sofferenza, ma anche, alla luce della Risurrezione di Cristo, il pieno significato che essa assume per la redenzione del mondo. Ringrazio Don Aldo Sarotto per le significative parole che mi ha rivolto: attraverso di lui il mio grazie si estende a quanti operano in questo luogo, la Piccola Casa della Divina Provvidenza, come la volle chiamare san Giuseppe Benedetto Cottolengo. Saluto con riconoscenza le tre Famiglie religiose nate dal cuore del Cottolengo e dalla “fantasia” dello Spirito Santo. Grazie a tutti voi, cari malati, che siete il tesoro prezioso di questa casa e di questa Opera.

Come forse sapete, durante
l’Udienza Generale di mercoledì scorso, insieme alla figura di san Leonardo Murialdo, ho presentato anche il carisma e l’opera del vostro Fondatore. Sì, egli è stato un vero e proprio campione della carità, le cui iniziative, come alberi rigogliosi, stanno davanti ai nostri occhi e sotto lo sguardo del mondo.
Rileggendo le testimonianze dell’epoca, vediamo che non fu facile per il Cottolengo iniziare la sua impresa. Le molte attività di assistenza presenti sul territorio a favore dei più bisognosi non erano sufficienti a sanare la piaga della povertà, che affliggeva la città di Torino. San Cottolengo cercò di dare una risposta a questa situazione, accogliendo le persone in difficoltà e privilegiando quelle che non venivano ricevute e curate da altri. Il primo nucleo della Casa della Divina Provvidenza non ebbe vita facile e non durò a lungo. Nel 1832, nel quartiere di Valdocco, vide la luce una nuova struttura, aiutata anche da alcune famiglie religiose.

San Cottolengo, pur attraversando nella sua vita momenti drammatici, mantenne sempre una serena fiducia di fronte agli eventi; attento a cogliere i segni della paternità di Dio, riconobbe, in tutte le situazioni, la sua presenza e la sua misericordia e, nei poveri, l’immagine più amabile della sua grandezza. Lo guidava una convinzione profonda: “I poveri sono Gesù - diceva - non sono una sua immagine. Sono Gesù in persona e come tali bisogna servirli. Tutti i poveri sono i nostri padroni, ma questi che all’occhio materiale sono così ributtanti sono i nostri padronissimi, sono le nostre vere gemme. Se non li trattiamo bene, ci cacciano dalla Piccola Casa. Essi sono Gesù”. San Giuseppe Benedetto Cottolengo sentì di impegnarsi per Dio e per l’uomo, mosso nel profondo del cuore dalla parola dell’apostolo Paolo: La carità di Cristo ci spinge (cfr 2 Cor 5,14). Egli volle tradurla in totale dedizione al servizio dei più piccoli e dimenticati. Principio fondamentale della sua opera fu, fin dall’inizio, l’esercizio verso tutti della carità cristiana, che gli permetteva di riconoscere in ogni uomo, anche se ai margini della società, una grande dignità. Egli aveva compreso che chi è colpito dalla sofferenza e dal rifiuto tende a chiudersi e isolarsi e a manifestare sfiducia verso la vita stessa. Perciò il farsi carico di tante sofferenze umane significava, per il nostro Santo, creare relazioni di vicinanza affettiva, familiare e spontanea, dando vita a strutture che potessero favorire questa vicinanza, con quello stile di famiglia che continua ancora oggi.

Recupero della dignità personale per san Giuseppe Benedetto Cottolengo voleva dire ristabilire e valorizzare tutto l’umano: dai bisogni fondamentali psico-sociali a quelli morali e spirituali, dalla riabilitazione delle funzioni fisiche alla ricerca di un senso per la vita, portando la persona a sentirsi ancora parte viva della comunità ecclesiale e del tessuto sociale. Siamo grati a questo grande apostolo della carità perché, visitando questi luoghi, incontrando la quotidiana sofferenza nei volti e nelle membra di tanti nostri fratelli e sorelle accolti qui come nella loro casa, noi facciamo esperienza del valore e del significato più profondo della sofferenza e del dolore.

Cari malati, voi svolgete un’opera importante: vivendo le vostre sofferenze in unione con Cristo crocifisso e risorto, partecipate al mistero della sua sofferenza per la salvezza del mondo. Offrendo il nostro dolore a Dio per mezzo di Cristo, noi possiamo collaborare alla vittoria del bene sul male, perché Dio rende feconda la nostra offerta, il nostro atto di amore.

Cari fratelli e sorelle, tutti voi che siete qui, ciascuno per la propria parte: non sentitevi estranei al destino del mondo, ma sentitevi tessere preziose di un bellissimo mosaico che Dio, come grande artista, va formando giorno per giorno anche attraverso il vostro contributo.

Cristo, che è morto sulla Croce per salvarci, si è lasciato inchiodare perché da quel legno, da quel segno di morte, potesse fiorire la vita in tutto il suo splendore. Questa Casa è uno dei frutti maturi nati dalla Croce e dalla Risurrezione di Cristo, e manifesta che la sofferenza, il male, la morte non hanno l’ultima parola, perché dalla morte e dalla sofferenza la vita può risorgere. Lo ha testimoniato in modo esemplare uno di voi, che voglio ricordare: il Venerabile fratel Luigi Bordino, stupenda figura di religioso infermiere.

In questo luogo, allora, comprendiamo meglio che, se la passione dell’uomo è stata assunta da Cristo nella sua Passione, nulla andrà perduto. Il messaggio di questa solenne Ostensione della Sindone: “Passio Christi – Passio hominis”, qui si comprende in modo particolare. Preghiamo il Signore crocifisso e risorto perché illumini il nostro pellegrinaggio quotidiano con la luce del suo Volto; illumini la nostra vita, il presente e il futuro, il dolore e la gioia, le fatiche e le speranze dell’umanità intera. A tutti voi, cari fratelli e sorelle, invocando l’intercessione di Maria Vergine e di san Giuseppe Benedetto Cottolengo, imparto di cuore la mia Benedizione: vi conforti e vi consoli nelle prove e vi ottenga ogni grazia che viene da Dio, autore e datore di ogni dono perfetto. Grazie!



Pope Benedict XVI salutes the faithful during his visit to the Cottolengo in Turin, Italy, Sunday, May 2, 2010. Benedict XVI took a break Sunday from dealing with the clerical sex abuse scandal to pray before the Shroud of Turin, the linen with an image of a crucified man on it that some believe is Christ's burial cloth and others dismiss as a medieval fake. At left is the Pope's personal secretary Georg Gaenswein.

Pope Benedict XVI salutes the faithful during his visit to the Cottolengo in Turin, Italy, Sunday, May 2, 2010. Benedict XVI took a break Sunday from dealing with the clerical sex abuse scandal to pray before the Shroud of Turin, the linen with an image of a crucified man on it that some believe is Christ's burial cloth and others dismiss as a medieval fake. At left, holding the umbrella, is the Pope's personal secretary Georg Gaenswein.


Fraternamente CaterinaLD

"Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
(fr. Carlos Alfonso Azpiroz Costa OP
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