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Unione superiori generali e la Congregazione per gli Istituti di Vita Consacrata

Ultimo Aggiornamento: 23/04/2012 15:31
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08/07/2011 23:28
 
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L’INVITATO

O. PORI

Una FMA (Figlie di Maria Ausiliatrice) in vaticano

Incontro con suor Enrica Rosanna sottosegretario della Congregazione per gli Istituti di vita consacrata e le Società di Vita apostolica della Santa Sede

 

Scherzando, si potrebbe dire che lei è una primadonna! Se non sbaglio, lei è stata la prima donna che ha conseguito il dottorato alla Pontificia Università Gregoriana e ora è la prima donna Sottosegretario di una Congregazione romana.

Non sbaglia. Ma dobbiamo un po’ ridimensionare questo “essere una primadonna”. Qualcuno ha avuto fiducia in me e mi ha aiutato a fare tanti passi: le Superiore dell’Istituto delle FMA mandandomi a conseguire la licenza e il Dottorato in una Università Pontificia (teniamo presente che le Università pontificie diedero l’accesso alle donne solo dopo il Concilio Vaticano II); Sua Santità Giovanni Paolo II chiamandomi come esperta a tre Sinodi dei Vescovi e nominandomi poi Sottosegretario della Congregazione per gli Istituti di vita consacrata e le Società di vita apostolica. Mentre ringrazio per questa grande e inaspettata (e forse immeritata fiducia: perché a me e non ad altre migliori di me?, mi domando spesso), ringrazio il Signore perché mi ha permesso attraverso queste responsabilità di capire che senza di Lui non possiamo fare nulla. è Lui che ci precede e ci accompagna nella fatica e nel gaudio della responsabilità.

Ha dovuto lottare molto per sfatare certi tabù?

Ho cercato sempre di fare il mio dovere con responsabilità, gioia e sacrificio, puntando molto sulla collaborazione. Il tempo e l’esempio faranno il resto.

Com’era la sua famiglia?

Modesta e bellissima. Dalla mia famiglia ho imparato ad amare il Signore, a pregare, a servire, a collaborare. In parole povere, ho imparato quei valori umani e cristiani che fanno bella la vita, la colorano di onestà e la rendono degna di essere vissuta. Siamo in tre sorelle. La maggiore, suor Teresina, è anche lei figlia di Maria Ausiliatrice, la minore, Angela, è sposata e ha sei figli. Mamma e papà sono in paradiso. A loro mi affido spesso perché ci proteggano e diano modo a noi figlie di imitarne gli esempi.

Chi le ha raccontato per primo la storia di Gesù?

Nella mia famiglia si respirava un clima di religiosità profonda. Un esempio splendido di religiosità ci veniva dal nonno materno che viveva con noi: pregava in continuazione e frequentava quotidianamente la parrocchia. Quando non poté più camminare faceva tutte le funzioni religiose seduto sulla sedia o nel letto alternando la lingua italiana con quella latina e con il dialetto. Noi ragazze non eravamo in grado allora di apprezzare tutto questo. Soltanto con il passare degli anni ci rendemmo conto della ricchezza che avevamo ricevuto.

La mia famiglia ci ha rese “familiari” con la parrocchia, dove abbiamo ricevuto tutti i sacramenti dell’iniziazione cristiana e dove abbiamo vissuto l’esperienza entusiasmante dell’Azione Cattolica. Un contributo grande per conoscere Gesù ci è stato offerto dal nostro parroco: uomo di Dio, padre e pastore.

Com’è nata la sua vocazione?

Cominciai a riflettere seriamente sul mio futuro a 20 anni dopo la domanda di una suora, che a bruciapelo un giorno mi chiese: «Hai mai pensato a farti religiosa?». Devo dire sinceramente che durante gli anni delle scuole superiori, con le amiche più vicine, parlavamo spesso del nostro futuro, ma la scelta della vita religiosa ci faceva paura e la accantonavamo sempre. Ringrazio il mio parroco e le mie suore che mi hanno aiutato ad ascoltare la voce di Dio! Da sola non ci sarei arrivata.

Perché Figlia di Maria Ausiliatrice?

Frequentavo l’oratorio delle FMA e mi colpiva tanto la loro gioia e lo stare in mezzo a noi sempre. Non eravamo abituate a questa familiarità e a questa gioia. Ci rendevano gioiosa anche la preghiera, anche il servizio, anche il sacrificio e sapevano accettarci come eravamo: vivaci e terribili. Avevano tanta fiducia in noi e ce la dimostravano in modo concreto. Era bello stare con le suore, sempre.

 

In Vaticano mi sento a casa

Qual è il suo compito attuale?

Dal 24 aprile 2004 sono sottosegretario della Congregazione per gli Istituti di vita consacrata e le Società di Vita apostolica della Santa Sede. È stato il beato Giovanni Paolo II a chiedermi questo servizio.

Come si trova a lavorare in un ambiente come il Vaticano?

Bene. Mi sento a casa. La mia esperienza di lavoro con sacerdoti e vescovi non è però nuova. Penso al servizio presso alcune commissioni della Conferenza episcopale italiana, al Sinodo di Roma, al Convegno della Chiesa italiana a Palermo, al Progetto culturale, ai Sinodi dei Vescovi e al mio servizio come Preside dell’Auxilium, per non parlare della mia giovinezza vissuta in ambienti sociali e politici.

Dal suo posto privilegiato di osservazione, che cosa pensa della situazione attuale della vita religiosa e di quella femminile, in particolare?

La presenza delle consacrate e delle religiose è oggi particolarmente importante; esse hanno un peso notevole nell’evangelizzazione anche se molte volte svolgono una missione nascosta, sono cioè lievito nella massa. Sono però anche lampada sul candelabro perché la gente vede e riconosce in loro “persone sempre disponibili ad accogliere” per risolvere problemi, dare consigli, sostenere, guidare, confortare, educare. Esse mettono a disposizione della gente non solo il loro “genio femminile”, ma i diversi carismi che hanno ricevuto in dono da Dio: il carisma della compassione, il carisma dell’educazione, il carisma dell’evangelizzazione, il carisma del servizio ai poveri. Pensiamo alle grandi sante a cui ispirano il proprio servizio: Teresa di Calcutta, Maria Domenica Mazzarello, Angela Merici, Chiara d’Assisi, Maddalena di Canossa, Teresa d’Avila, Caterina da Siena… e tante altre ancora. Queste sante insegnano a noi religiose non solo a servire, valorizzando i nostri carismi, ma ad imparare dalle persone che abbiamo l’onore di servire. Dai poveri e dai bisognosi si impara sempre. Non dobbiamo dimenticare la parola del Signore: “C’è più gioia nel dare che nel ricevere”.

Di meno, ma più vividi

È possibile un’inversione di tendenza nelle vocazioni alla vita consacrata?

È un dato di fatto che il numero dei religiosi e delle religiose, negli ultimi decenni, è calato in modo drastico, in particolare nei paesi industrializzati. A questo proposito, un autore ha scritto opportunamente che in questi momenti di prova noi consacrati dobbiamo vivere quella “spiritualità del crepuscolo”, che ci porta ad essere più fervorosi, più impegnati, più evangelizzatori e perciò doppiamente testimoni del Signore Gesù. Precisamente perché siamo di meno, il Signore ci chiama ad essere lampade più vivide sul moggio.

Sono convinta che Dio continua a chiamare alla sua sequela, ma ci sono troppe cause che impediscono alle giovani generazioni di ascoltare la voce di Dio. Ciò nonostante, o proprio per questo, dobbiamo guardare la realtà con speranza, dando una testimonianza gioiosa della nostra sequela, nonostante l’invecchiamento, le difficoltà di ogni genere, le defezioni. Finché c’è speranza c’è vita anche per i nostri Istituti.  Dobbiamo dire con la vita alle giovani generazioni che è bello, entusiasmante, seguire il Signore, anche se la sequela è fatica e coraggio. Dobbiamo aiutare le giovani e i ragazzi a seguire Gesù e a impegnarsi per Lui e con Lui per tradurre nell’oggi il discorso della Montagna.

Quindi lei ha fiducia nel futuro?

Le vocazioni alla vita consacrata ci sono e ci sono giovani, e io lo credo fermamente, che hanno bisogno di essere guidati a comprendere come è bello seguire il Signore Gesù con cuore indiviso. Questa constatazione mi nutre il cuore di speranza: speranza che il cuore delle giovani generazioni è ancora terra fertile e vale perciò la pena seminare, anche se una parte del seme cadrà sui rovi, un’altra sulle pietre…; speranza che noi consacrati e consacrate abbiamo la forza per creare quella cultura vocazionale che porta le giovani generazioni a scoprire Cristo, a incontrarlo, a credere in Lui, a seguirlo come Pietro, Giovanni, Andrea, Simone, come Teresa d’Avila, Chiara d’Assisi, Teresa del Bambino Gesù, Teresa di Calcutta, Maria Domenica Mazzarello; speranza che tutta la vita consacrata con le sue risorse ha qualcosa da dire alla società e alla chiesa; speranza che verranno tempi migliori anche per la vita consacrata e la messe continuerà ad essere abbondante. Se è vero infatti che molti Istituti patiscono una profonda crisi vocazionale, e che gli abbandoni ammontano ad una percentuale significativa, è pure vero che gli Istituti di antica fondazione, come i nostri, sono sempre coraggiosamente in frontiera (penso per esempio alla missione Africa della Famiglia Salesiana) per essere balsamo per le antiche e nuove povertà;  che nascono nuove forme di vita evangelica, che le vocazioni fioriscono nelle giovani Chiese, che la testimonianza di tante consacrate e consacrati coraggiosi fino al martirio è realtà anche di oggi.

Come vede la Congregazione salesiana nella Chiesa di oggi?

Don Bosco, madre Mazzarello e tutti i nostri santi e beati ci hanno insegnato ad amare la Chiesa, l’hanno amata e servita con tutte le proprie forze dedicandosi all’educazione della gioventù. Ogni giorno, quando passo nella Basilica di San Pietro, mi soffermo a guardare il quadro di madre Mazzarello e la statua di don Bosco (che sono posti l’uno di fronte all’altro e si guardano) e chiedo loro di dare a tutta la Famiglia Salesiana quell’amore alla Chiesa e al Vicario di Cristo che ha caratterizzato la loro vita e li ha portati a spendersi totalmente e con gioia per l’educazione dei giovani, in particolare dei più poveri. Il mio lavoro in Curia è un gesto di fiducia del S. Padre, oggi bea-
to Giovanni Paolo II, non solo nei miei riguardi, ma verso il mio Istituto e tutta la Famiglia Salesiana e uno stimolo per ogni salesiano e salesiana a rinnovarsi nella fedeltà al Vicario di Cristo e nell’adesione sincera e generosa ai suoi insegnamenti.

Ha un messaggio per la Famiglia Salesiana?

Il Papa, nell’Esortazione apostolica Vita consacrata, coraggiosamente invita i consacrati e perciò anche ciascuno di noi e, perché no anche tutti i membri della Famiglia Salesiana, non solo a ricordare e a raccontare la propria gloriosa storia, ma a costruire una grande storia.

“Guardate al futuro – Egli afferma – nel quale lo Spirito vi proietta per fare con voi cose grandi. Siate sempre pronti, fedeli a Cristo, alla Chiesa, al vostro Istituto e all’uomo del nostro tempo. Sarete così da Cristo rinnovati di giorno in giorno, per costruire con il suo Spirito comunità fraterne, per lavare con Lui i piedi ai poveri e dare il vostro insostituibile contributo alla trasfigurazione del mondo”.

Faccio mio questo augurio e chiedo che i nostri santi aiutino tutti i membri della Famiglia Salesiana a farlo diventare realtà quotidiana.

 


Fraternamente CaterinaLD

"Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
(fr. Carlos Alfonso Azpiroz Costa OP
Maestro dell’Ordine)
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